Terzo appuntamento con il racconto del Turismo Sportivo che prende le mosse negli anni Settanta e si chiude entro il secolo. Storia di avventure e disavventure legate agli sport (Calcio, Tennis, Formula Uno, Motociclismo, Basket, senza dimenticare le Olimpiadi) e alla vita.
Viaggi sportivi, i miei? Beh sì, ma lardellati anche da tante vicende e fatterelli politici, capitati nei più svariati angoli del mondo. A Lisbona nel 1967, cinque ore di volo, andata e ritorno in giornata, su un DC7 turboelica, cattiva pressurizzazione, caviglie molto gonfie dopo aver tolto le scarpe, tre giorni in giro a piedi nudi, finale di Coppa dei Campioni, ahimè tragedia nerazzurra causa sconfitta con il Celtic di Glasgow e preliminare incontro con Umberto, ex Re d’Italia, nella sua villa di Cascais. Il sovrano ci offre pure da bere ma ci confonde con i ricchi di un viaggio di più notti, organizzato dalla concorrenza e ci chiede dove alloggiamo, al che io gli urlo “sul pullman, Maestà!”.
Lui ci rimane male, ma erano le 11 del mattino, forse era già alticcio, mi gira le spalle e io ritiro la delegazione, gli aficionados dell’Inter Club Novara, talché nella foto ricordo di tanti suoi ex sudditi, magari anche di sinistra ma vogliosi di essere immortalati al fianco dell’“odiato” Savoia, appare un buco prodotto dalla mia rivolta alla monarchia assoluta.
Cile e Sudafrica: da un “regime” all’altro
È politica anche in Cile, che pertanto non va ricordato soltanto per le già menzionate Casas de Putas: il 15 dicembre 1976 la Russia sovietica implicitamente riconosceva il regime di Pinochet accettando lo scambio tra il comunista cileno Corvalàn, in carcere a Santiago, e il dissidente russo Bukovsky. Un evento importante che trasformò i nostrani giornalisti sportivi, inviati in Cile per la finale di Coppa Davis, in cronisti politici, con ore e ore trascorse al ministero degli Interni cileno a raccattare notizie da mandare ai giornali. Come già accennato, allora mica c’erano i computer, schiacci il tasto e invii, si stava delle mezze ore a fare spelling di nomi, maiuscole e virgolette.
Non meno curioso, a proposito di vicende politiche vissute durante i viaggi sportivi che organizzai nel mondo, lo “scoop di Soweto”. In Sud Africa vigeva una dura “apartheid”; l’Italia va a giocare una semifinale della solita Coppa Davis, tra la stampa sportiva partita per Johannesburg si erano annidati due inviati che – più interessati alla segregazione razziale che alle volèe e agli smash – andarono a Soweto, città ghetto proibita a giornali e fotografi stranieri, e ne scrissero di cotte e di crude. Morale: il ministero degli Esteri sudafricano si incacchia, ne deriva un’inchiesta e la polizia setaccia l’albergo ospitante squadra, stampa e tifosi per scoprire gli autori dei misfatti.
Una trasferta da “Smith & Wesson”…
Meno grane politiche dovetti affrontare nei viaggi organizzati in occasione dei Gran Premi di Motociclismo (Imatra in Finlandia, Assen in Olanda, Estoril in Portogallo ecc.) e in grande maggioranza composti dai seguaci del leggendario Giacomo Agostini, 15 volte campione del mondo. Per la mitica 200 Miglia di Daytona Beach (“If You wanna race,Daytona is Your place”) si partì in 180 e stavolta invece di problemi politici altrui, vissuti di riflesso, dovetti affrontare una vicenda giudiziaria personale.
Accadde che sulla infinita spiaggia atlantica dalla durissima superficie di sabbia, su cui si correvano i GP di auto e moto prima della creazione del circuito, si poteva sì guidare, ma a una velocità non superiore alle 10 miglia. Ma il barbino piacere della trasgressione o forse qualche birra di troppo, fecero sì che fui cuccato mentre di miglia orarie ne superavo 40. E datosi che il policeman mi invitò a seguirlo alla stazione di polizia e io feci il dritto tentando di scappare dalla parte opposta, eccomi sotto il tiro di una Smith & Wesson, perquisito con le mani ben stese sul cofano dell’auto eppoi invitato a trascorrere la nottata ospite del locale carcere. Negli States non si scherza, nel senso che là con i pirla non scherzano (e fanno bene).
Motori per motori, ovviamente organizzai gite pure per i Gran Premi di F1 ma rispetto alla cameratesca atmosfera, tutti amici e pari grado, piloti, addetti ai lavori e aficiòn, del “mundillo” del motociclismo, vuoi mettere, la F1 scadeva per la presenza di tanta gente, o forse tutti, con la puzzetta sotto il naso. Non parliamo poi della Ferrari (non per niente tifavo per la romagnolaMinardi, anche se di soddisfazioni ne arrivarono poche o niente), una sorta di “casta” braminica con tanti soldi da spendere da potersi permettere di bloccare interi aerei e i paria in fondo alla coda.
Viaggi al galoppo
I Viaggi Sportivi li ho inventati un po’ per campare (se fai solo poesia a fine giornata ti ritrovi con lo stomaco allungato dalla fame), un po’ per caso e molto per hobby. E se mai qualche viaggiatore insoddisfatto mi avesse suggerito di darmi all’ippica, organizzai pure le trasferte “a vedere le corse dei cavalli”. Quasi quasi stavo per fidanzarmi con Tornese, eroe trottatore, baciato con grande trasporto (ci avevo messo su metà dei guadagni della gita) dopo una sua vittoria al Criterium de Vitesse a Cagnes sur Mer. E sempre in Francia, che bello tirar su una balda comitiva di appassionati, l’ultima domenica di gennaio e andare al parigino Grand Prix d’Amerique a Vincennes. Quanto al galoppo, più snob dire turf, impossibilitato a sfruttare, per motivi anagrafici, la popolarità del mitico Ribot, mi rifeci trasportando ippofili (meglio dire ippomani e meglio ancora definirli scommettitori, che giravano con pacchi di soldi grandi così) fino alla Royal Ascot a “veder correre” Sirlad, un fenomeno, nel vero senso della parola, in quanto assolutamente atipico, del galoppo italiano.
Oggi “mordi e fuggi”
E oggi, cosa capita? Come diceva Ricky- Bogart in “Casablanca“, è passato tanto tempo”. Dalla mia specializzazione viaggiatoria, che è ormai un simpatico ricordo, ai viaggi odierni il confronto non regge. Il processo di imbarbarimento ha coinvolto ogni momento e aspetto della nostra esistenza, per cui turismo e sport – materie prime e personaggi della vicenduola che sto finendo di narrare – non potevano sfuggire al degrado, dei comportamenti e dei rapporti umani, professionali, sociali. Tanto per fare un esempio, ritorno sulla faccenda dei biglietti delle manifestazioni sportive meta dei viaggi, indispensabile ingrediente per organizzare una gita. Orbene, anche “una volta” c’erano i comitati d’affari (non così potenti come oggi), i corrotti (pochi e si accontentavano di una mancia), i furbetti del quartierino (molto meno organizzati). Ma, alla faccia di costoro, se uno era bravo e faceva andare la testa, i biglietti li trovava, non sparivano prima ancora di essere messi in vendita.
Oggi, col business imperante, con tanta gente che si venderebbe mamma e sorella per un pugno di euro, se non sei nel solito giro giusto (corrotto come loro) dei furbi e dei potenti, vai tu a cercare i biglietti di Juve- Amburgo o di Wimbledon. Non quelli della F1, che quelli li si trova senza problemi, cari come sono e abbinati a gare dal fascino ridotto. Contano i pit stop, i duelli di un tempo sono un caro ricordo.
da sportivamente mag
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