Ma che bella quell’Isla Tortuga – Lufthansa e le valige trapanate – Hugo Habla Habla – Barcelona, quella ‘venezolana’ – Vespucci? Ma mi faccia il piacere – Lecheria ma im polvere

gpb … per www.mondointasca.org del 12/05/2009

varie - Pacifico © Piero OLIOSI-007Mini cartoline di un’esperienza sud americana. Dal Paese di Chavez, nuovo populista “patriota-padrone” della Repubblica affacciata sui Caraibi, ecco le considerazioni di viaggio e gli immancabili raffronti con le abitudini dello Stivale….

* “Perdone señorita”… mi rivolgo alla cameriera durante il “desayuno” (prima colazione) in un albergo di Lecheria (che in spagnolo-castellano vuol dire Latteria, località del Caribe poco distante da Barcelona, sulla costa orientale del Venezuela), e sorridendo concludo “nonostante il nome di questa località servite il latte in polvere”. “Lo siento, caballero”, mi fa con aria estremamente contrita.

* Durante il viaggio di ritorno scopro di aver risparmiato un po’ di soldi. All’andata ero infatti pronto a scommettere che durante la gita avrei ascoltato chissà quante volte Alma Llanera, una sorta di ufficioso inno nazionale venezuelano, trascinante, coinvolgente “joropo” (musica e danza, appunto, dei “llanos”, la pianura) gran finale di una Zarzuela composta nel 1917 da Pedro Elias Gutierrez e reso celebre da Hollywood in uno dei tanti film (Los Tres Caballeros, di Walt Disney) che celebrarono il folklore latino americano negli anni Quaranta. E invece niente. Anche da queste parti “non c’è più religione”; ormai suonano solo roba “reggae” urlata dai Rasta. Come da noi non si sente più cantare “Parlami d’Amore Mariù” e “Oggi che Bellissima Giornata”.

Il presidente del Venezuela Hugo Chávez
* Ho visto due volte Caracas ma da lontano, in atterraggio e decollo dell’Airbus 340 600 della Lufthansa (a proposito, che bell’aereo, cara gent, e se volete volar bene – beninteso in economy in assenza di classi più infime – scegliete i posti C-D-E della fila 26, la prima, nessuno davanti che rompa i marroni, stendi le zampe, c’è il video regolabile, roba quasi “da business”).
Vedere Caracas più da vicino? Mi sarebbe ovviamente piaciuto compiere il canonico giro della città, ma l’impresa si è rivelata impossibile, per colpa dei miei compagni di gita, grandi cacasotto che non hanno voluto noleggiare una autoblindo, elmetto, giubbotto corazzato e kalashnikov. A sentire i bene informati (e pure quelli di Sin Fronteras che mandano i turisti dall’Italia e amorevolmente ci tengono a farli tornare integri nel Belpaese) sembra infatti che si cucchino più pallottole passeggiando per le strade della capitale venezuelana di quante ne spediva la Wehrmacht sui soldati Yankees diEisenhower mentre sbarcavano in Normandia. Quelli poi informati ancor meglio, aggiungono che se ti va bene te la cavi con il solo assalto del fuorilegge; se invece sei pure in giornata di sfiga totale, superata la vicenda criminale ti ritrovi a dover fronteggiare la polizia. Paese che vai turismo (e terminologie) che trovi. Secondo i mezzibusto tivù nel Belpaese i turisti “prendono d’assalto” spiagge e quant’altro. Qui sono i turisti a essere “presi d’assalto”.

Barcelona
* A Barcelona, Venezuela (quasi 900.000 abitanti con le vicine Lecheria, Puerto la Cruz e Guanta) si trattano bene, mangiano e bevono, si godono la vita, spendono e (si diceva antan) spandono. I catalani della Barcelona spagnola, ancorché più ricchi, in rapporto spendono meno, sono più “agarrados”, avari. La vecchia barzelletta del catalano, raccontata dal resto degli spagnoli: sta facendo pipì, vede nel water una moneta da 5 pesetas, non ritiene di sporcarsi le mani per così poco; poi però ci ripensa e butta una moneta da 25 pesetas, concludendo: “Adesso sì che vale la pena”.
* Molto probabilmente tanto “spendi e spandi” (vedi sopra) barche di lusso, case vistose, costosi fuoristrada, è dovuto alla felice simbiosi tra il “gozar de la vida”, godersela, della filosofia spiccia andaluso-castigliana (e guarda caso gli andalusi trascorsero secoli sotto l’occupazione della allora illuminata civiltà musulmana) e la propensione al piacere tipica del mondo arabo. Perché a Barcelona venezuelana e dintorni gli arabi (si equivalgono i cristiani, in prevalenza siriani e libanesi, e i seguaci del Corano) abbondano; la loro comunità è la più numerosa arrivando financo a superare quella italiana. Il governatore dello Stato (Anzoategui, curioso nome di origine basca) si chiama Tarek (chissà se parente dell’Aziz, ministro degli Esteri irakeno, pecora nera cristiana tra i tanti Sunniti agli ordini di Saddam).
* Un bel “busillis”, chi ha chiamato questa terra Venezuela? Mica vero, o meglio, mica sicuro (e non mi si accusi di attentato alla Santità della Patria, ben nota accozzaglia di Navigatori Santi Poeti Eroi e Tronisti) che la parola sia un’invenzione dell’Amerigo Vespucci. Secondo alcuni (ad esempio Wikipedia) potrebbe (anche) essere stato il Conquistador nonché esploratore (scoprì pure la magnifica Isla la Tortuga di cui riferirò più seriamente a parte) navigatore e governatore Alonso de Ojeda (Cuenca 1468 circa-Santo Domingo 1515) a chiamare Venezuela o Pequeña Venecia l’abitato su palafitte avvistato sulla Laguna di Sinamaica, nel lago di Maracaibo. Secondo altri ci avevano già pensato (da tempo) gli stessi indigeni a chiamare Veniçuela il loro probabilmente umido centro abitato. Poi venne il Vespucci che li fregò e deposito il “copyright”. Succede.
* Si torna con la Lufthansa incazzata (con quelli dell’aeroporto di Caracas, così informa una gentile hostess sull’aereo) e incazzati pure i viaggiatori che la compagnia tedesca fa volare. La prima perché – partendo per ultima nel pomeriggio – si cucca tutti i ritardi accumulati dalle compagnie europee che la precedono. Motivo dei ritardi, la accurata e solerte bucatura alias trapanatura (ma mica coi trapani stradali, solo minitrapanini tipo ferri da lana) dei bagagli da parte della polizia venezuelana alla ricerca della (solita) droga. Col risultato che a Francoforte la compagnia aerea tedesca non sa dove sbattere gli arrivati che hanno perso le connections e gli sprovveduti passeggeri si ritrovano le valigie “bucate come il gruviera” (così si diceva antan nel milanese, ma in realtà trattasi dello svizzero formaggio Emmenthal).