Si parla (e discute) tanto sull’Unità del Belpaese ma pochi ricordano che le ”prove tecniche” delle battaglie per la libertà d’Italia avvennero nel sud America a opera di Peppino (e Anita) Garibaldi…
gpb per mondointasca.org del 10/3/11 – nella foto, Montevideo, Palazzo Salvo

varie - garibaldiFesta dell’unità d’Italia. Quale migliore pretesto per ricordare agli abitanti dello Stivale – in questi giorni tutti “presi” dalle “gesta” del Colonnello libico – altri tipi di gesta, queste sì passate alla Storia. Come dire: Prove tecniche dell’Unità d’Italia….

Tra tante polemiche se festeggiare o no l’unità d’Italia (eppoi se fare il “ponte” o no) si è dimenticato di spiegare (o quantomeno se ne è parlato poco) come maturò l’unità e chi partecipò alla sua realizzazione. Unica eccezione, tra i rari personaggi ricordati (in effetti gli attuali Savoia, ‘Fili’ in testa, poco invogliano a tirar fuori dal cassetto i loro antenati) Lui, il Peppino Garibaldi. Un personaggio, come tutti quelli importanti, amato e vituperato, al punto che recentemente alcuni giovinotti padani o ultras della Serenissima ne hanno bruciato l’effigie all’uscita da una balèra. Sempre a proposito delle vicende garibaldine (e di riflesso della storia risorgimentale) non è stato dovutamente evidenziato che il Nizzardo sconfisse Borboni e Austriaci dopo essersi ‘fatto le ossa’ (e che ossa! sennò mica l’avrebbero chiamato l’Eroe dei Due Mondi!) leggasi che imparò a guerreggiare nel sud America. Più esattamente in Brasile e Uruguay. E mentre del Brasile tutti ormai sappiamo tutto (Ronaldinho, Cesare Battisti, Tanga, Carnaval, Caipirinha e a Milano c’è pure chi indica col dito la casa che abitò Kakà), dell’Uruguay qualcosa ci sfugge. Meglio dedicargli due righe.

Uruguay, con profonde radici italiane
Per i pignoli l’esatto nome è Republica Oriental del Uruguay, possiede meno di tre milioni e mezzo di abitanti su un territorio poco più grande di metà del Belpaese. Turisticamente parlando non costituisce, ma è ingiusto perché un salto lo merita, una destinazione molto visitata. I motivi? Le modeste dimensioni ma soprattutto (per la famosa e impietosa legge dell’Ubi Maior Minor Cessat la posizione geografica che vede il Paese ‘schiacciato’ (eccettuate le coste dell’Atlantico) tra Brasile e Argentina. E oppresso dai due colossi del sud America, l’Uruguay lo è stato anche storicamente, oltre che geograficamente: nel ‘700 fu disputato tra l’impero spagnolo e quello portoghese per divenire il boccone più ghiotto di Brasile e Argentina dopo la loro indipendenza (unica immensa vittoria, sul Brasile, il Mondiale di Calcio 1950, gol di Ghiggia, Maracanà ammutolito, alcuni suicidi).
Andrebbe però rivolta più attenzione, alla Republica Oriental, soprattutto da parte degli italiani per due validi motivi: le già lodate vicende di Garibaldi e la massiccia emigrazione dal Belpaese (l’elenco telefonico di una località uruguayana contiene una sensibile maggioranza di cognomi nostrani). Una emigrazione iniziata già ai primi dell’Ottocento, inizialmente composta da una èlite di gente del mare e commercianti, soprattutto liguri – definiti sardi perché da poco assimilati al regno di Sardegna – attirati dal notevole sviluppo di Montevideo, porto tra i più indaffarati del sud America.

Un confine (oggi) duty-free
Le vicende vissute da Garibaldi nel sud America hanno dell’incredibile. Si tratta di una epopea durata sette anni nell’Uruguay e preceduta da un quinquennio in Brasile: fatti d’arme e passioni, coraggio e romantiche gesta, fra le quali la tenera e coinvolgente ‘love story’ con Anita.Giuseppe Garibaldi, e come i locali sappiano bravamente affrontare sfacchinanti trasferte in pullman, sono stati i prevalenti argomenti venuti alla mente durante le 27 ore di un mio recente viaggio no stop tra Florianopolis e Montevideo (a Chuy, cittadina di confine e immenso Duty Free dall’istituzione di una zona franca, trasbordo dal più sciccoso autobus ‘brasileiro’ su un più spartano vettore ‘uruguayo’).

Peppino: Capitano di terra, di fiume e di mare
Pensieri giustificati, quelli dedicati all’Eroe dei due mondi, perché proprio in questa area del sud America, lungo l’itinerario che sto percorrendo, il condottiero dei Mille compì imprese leggendarie. Vicende tanto importanti e valorose da potersi affermare che, grazie alle esperienze acquisite in queste ‘terras gaùchas’, tra la Sicilia e le Alpi Garibaldi organizzò spedizioni e vinse scontri che culminarono nell’unità d’Italia.
Un valoroso non solo in due mondi, il Nizzardo, ma anche multiforme, perché le sue vittorie si compirono per terra (tra scontri campali e arditi colpi di mano da Commando) e per mare (fu corsaro di fronte alle coste dell’Atlantico, ufficiale della marina uruguaiana sul Rio de la Plata e nei fiumi che lo generano). Infine, come se non fossero bastate le sue sole gesta, nella vicenda vissuta tra Brasile e Uruguay da questo Libertador di stampo sudamericano, casualmente nato a Nizza, si inserisce il non meno eroico mito di Anita.

Avventure giovanili
Quando nel novembre del 1835 sbarcò a Rio de Janeiro dal brigantino francese “Nautonnier”, salpato in agosto da Marsiglia, il ventottenne Garibaldi poteva già vantare solide conoscenze marittime (aveva navigato nelle acque tunisine, nel Mar Nero e vissuto a lungo sul Bosforo nella cosmopolita Costantinopoli) e pericolosi trascorsi politici (fuggiva da una condanna a morte inflittagli dal tribunale militare di Genova per aver partecipato a un fallito moto ispirato dal “solito” Mazzini (lui sì ‘chiacchierabile’, mai una volta, a differenza del nostro Peppino, che rischiò, sapeva solo comandare “Armiamoci e partite”). – Fine prima puntata –
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”JOSE”’ GARIBALDI (E LA ”GRANDE” ANITA, PERSONAGGIO INCREDIBILE) DODICI ANNI TRA BRASILE E URUGUAY, VITE DA EROI …
gpb per mondointasca.org del 20/3/11 

Garibaldi a Granada....

Garibaldi a Granada….

Festa dell’unità d’Italia. Prosegue il ricordo delle gesta dell’Eroe dei Due Mondi. Nella precedente puntata Garibaldi affronta le prime lotte nei due paesi sud americani nei quali vivrà per 12 anni (dal 1835 al 1847). Le esperienze militari risulteranno alla fine decisive, una volta tornato in Italia, per l’unificazione del Belpaese… (seconda puntata)

Il soggiorno di Garibaldi a Rio doveva durare poco: appena fosse aumentata la tensione politica in Europa il nizzardo sarebbe tornato in Italia a lottare per la
libertà. Ma la reazione dell’assolutismo decisa dal Congresso di Vienna era (per usare un vecchio linguaggio politico) ‘in agguato’ e di libertà e indipendenza del Belpaese meglio non parlarne. A Garibaldi non restò quindi che trasformare in una sorta di bottega galleggiante una piccola nave, battezzata ‘Mazzini’ e acquistata per riportare gli esuli in patria. Su una costa del Brasile già popolata, Rio contava 140.000 abitanti, il futuro Eroe dei due mondi sbarcò il lunario comprando e rivendendo farina, frutta, miglio, distillati; facendo cabotaggio, tra Cabo Frio e Campos.
Ma i pochi guadagni dovuti alla difficile navigazione in un dedalo di isole, all’inesperienza e, scrisse nelle sue Memorie, alla “gente niente meno che ladra”, acuirono in Garibaldi la voglia di lasciare Rio. Un desiderio divenuto realtà in circostanze quantomeno bizzarre, visto che anche in quell’angolo del sud America c’era da menare le mani nel nome della libertà.

Un naviglio buono per le merci e le battaglie
L’imperatore Pedro II regnava da despota nell’immenso Brasile, otto milioni e mezzo di chilometri quadrati, terre vergini, foreste amazzoniche, pochi gli insediamenti urbani, in maggioranza lungo le spiagge atlantiche, con il risultato che le enormi distanze e la politica accentratrice del monarca generarono aneliti di autonomia e indipendenza. Fu il caso del Rio Grande do Sul, una terra vasto quanto l’Italia, all’estremo sud del Paese, al confine con l’Uruguay e l’Argentina (da poco indipendenti dall’impero spagnolo e a loro volta impegnate in guerre civili tra Caudillos o a respingere i tentativi di conquista dei brasiliani). Nel settembre del 1836 i ‘liberali’ Farropos (straccioni), in lotta contro i ‘conservatori’ Camelos, proclamando l’indipendenza della Republica Rio-grandense si misero guerra con Rio de Janeiro, un conflitto combattibile a terra grazie ai leggendari Gaùchos, ma tutto da inventare sul mare. Ci pensò Garibaldi, che, coronando il sogno di combattere una Guerra di Corsa, nel maggio del 1837 ricevette una ‘regolare’ Patente con tanto di emblema della neonata repubblica. Con il risultato che la “Mazzini” – acquistata per condurre i rivoluzionari in Italia, poi destinata al trasporto merci e infine autorizzata “a incrociare per mari e fiumi attaccando navi mercantili e da guerra del Governo del Brasile” – finisce per diventare ‘nave corsara’.

Il “Capitao-Tenente” incontra Anita

Una elegante quanto modesta opera sulla parete di un semplice ristorante di Bahia (terra da felicidade...)

Una elegante quanto modesta opera sulla parete di un semplice ristorante di Bahia (terra da felicidade…)

Ma il futuro Duce dei Mille oltre a qualche isolato arrembaggio doveva anche allestire una ‘Marinha de Guerra’, senza navi e su un litorale in cui mancavano pure porti e protezioni naturali. Basta percorrere la strada che conduce lo stato del Santa Catarina all’Uruguay per notare l’assenza di posti protetti in cui ancorare, solo piatte spiagge infinite. Conferitogli il comando con il grado di ‘Capitao-Tenente’, Garibaldi combatte, compie grandi azioni da ‘commando’ (un Chè Guevara, anzi molto di più, ante litteram?). E gli imperiali non passano. Le gesta di Garibaldi nel Brasile ribelle si protrassero fino al 1841, ardimentose non meno che romantiche. Ferito, fugge dalla prigione uruguaiana di Maldonado e torna nel Rio Grande, montando per la prima volta a cavallo, dopo una cavalcata di 500 chilometri ‘ventre a terra’, grazie all’ “escotero” (usanza ‘gaùcha’, la sostituzione di un cavallo stanco con uno fresco).
Nella immensa Lagoa dos Patos, Laguna delle Anatre (250 chilometri lungo la costa atlantica) combatte tante battaglie, indossa già la camicia rossa. Fin quando, il 27 luglio 1839, a Laguna, porto del Santa Catarina, il trentaduenne “Josè” incontra la diciottenne Anita. Inizia un mito, una Love Story, che in Brasile, alcuni anni fa, divenne ovvia preda della televisione (a lungo furoreggiò la telenovela ‘A Casa Das Sete Mulheres’, con i Garibaldis co-protagonisti in un filmato dedicato alle vicende rivoluzionarie).

Che donna, l’Eroina dei Due Mondi!
Ecco l’antefatto, la nascita del leggendario amore (e così fu per davvero, almeno secondo una delle tante versioni storiche, ma questa è quantomeno la più suggestiva). Bello, capelli e barba rossiccio-nazzareno, dal cassero di una lancia “Josè” avvista Ana Maria Ribeiro da Silva de Jesus, le domanda come si chiama, lei risponde Anita, lui chiede un po’ d’acqua, lei gliela porge e a quel punto Garibaldi la fissa negli occhi e proclama: “Tu tens que ser minha” (Tu devi essere mia). A tanta fulminante, reciproca passione, seguirono due anni di avventure belliche a dir poco inaudite. Un paio delle più impossibili? Durante uno scontro Anita monta la guardia alle munizioni, fatta prigioniera sente dire che Josè è rimasto ucciso, ne cerca il corpo sul campo di battaglia e non trovandolo deduce che è vivo, ruba un cavallo e dopo quattro giorni di fuga raggiunge il suo uomo. Sempre a cavallo, fedele amico della gente ‘gaùcha’, l’Eroina dei Due Mondi sfugge a un’imboscata portando in salvo l’appena partorito Menotti, legato alla sella come una bisaccia del pony-express. (fine seconda puntata).