per mondointasca.org … nella foto (di un poster del Turismo di Salta): Cono de Arita (dev’essere bellissimo….)

A scuola di gastronomia, la Kozina del (territorio del) Monte Athos

A scuola di gastronomia, la Kouzina del (territorio del) Monte Athos

Allora: “com’è andata la Bit”? Solita domanda, mi sia concesso, del menga. Come è infatti mai possibile procedere a valutazioni mediante una scarpinata (breve o veloce che sia) tra stand e padiglioni dopodiché vai con le bofonchiate conclusioni, le illuminate sentenze? A mio modesto parere (non si dice sempre così? e non costituisce forse –questa battuta- una stupida forma di, appunto, stupida immodestia quando poi a pronunciarla è sovente il solito immodesto pirla afflitto da saccenteria?), a mio modesto parere (non senza aver dato la tara ai sedicenti analisti economici che -almeno antan, adesso non so- alla fine di una fiera, un salone, un mercato, fornivano l’importo del “volume d’affari trattato”, ma mi faccia il piacere….), queste kermesse para turistiche (ma ormai, l’ho visto alla Fitur, vi si vendono pure golfini & profumini) vanno convenientemente valutate in base a due inoppugnabili dettagli, meglio dicasi empiriche verifiche.

1) Primo criterio di valutazione. Indipendentemente dalla tanta o poca gente che hai visto durante la tua scarpinata (ne puoi aver visto tanta o poca, dipende dal giorno, dall’orario e dai flussi) hai notato eccessivi spazi liberi, che -al contrario dell’andirivieni dei sedicenti addetti ai lavori e degli arraffa pennette, caramelline e calendarietti- non si muovono,  è facile vederli ancorchè mimetizzati da moquette, piante e panche? Inoltre: hai avuto occasione di godere (che sarebbe poi –non gli affari- il vero motivo e valore di questi happenings) qualche rimpatriata, ad esempio l’amico tour operator venuto da Barcellona o il collega scrivano arrivato da Ferrara?

Ed eccomi rispondere a quanto sopra, implicitamente fornendo una valutazione sulla testè conclusa Bit. Di gente nota e venuta da lontano ne ho vista pochina (tanto meno el mè amìs Angelo Linardatos che volava da Parigi per parlare velocemente di traghetti coi suoi paìs greci eppoi si fiondava a casa mia a vedere l’amata Inter in tivù), non parliamo poi se si parla di istituzionali espositori europei (ma, si sa, Franzia & Spagna –e sempre aggiungo “purchè se magna”- sono, ahiBit, da tempo scomparsi e con loro tanti altri Paesi del Vecchio Continente). Ma non si affliggano di scoramento i probabilmente delusi Bit-organizzatori: a ‘sti happening dedicati a Viaggi&Turismo va sempre meno gente (già, perché nelle edicole vedi ancora esposte in bella mostra le cartacee riviste viaggiatorie?). Di chi la colpa? Elementare Watson: di web, uotsàpp, astàg o quel che l’è.

2) Criterio di valutazione (premesso che come disse Ludwig Feuerbach “L’uomo è ciò che mangia” e che secondo una accreditata Vox Populi “Non si vive di solo pane”): cosa c’era da pappare & da bere alla Bit (nel senso, anche, di promozione turistica, di presentazione di posti e destinazioni più o meno nuove, di PR –nel senso di Pranzi & Ricevimenti-)?

Ed eccomi rispondere, precisando che in questa particolare (e goduriosa) branca della manifestazione turistico – viaggiatoria milanese le cose sono andate decisamente bene (parlo per me, a nome del mio palato, mica quello degli astemi).
Dopodichè non mi resta che dettagliare le mie triple Bit-godurie (la prima perpetrata nello stand della Romagna-Emilia, le altre due ‘extra moenia’ in due “locations” –bella eh? quantomeno fa fino scriverlo- di questa Milano finalmente “Expò free” (non amo le grandi manifestazioni blablabla, basta lavorare sodo con la normalità, e si vince).

STAND ROMAGNA-EMILIA.. Che poi, per il mio immaginario personale, chiamerei più

Coloriti tortellini di ricotta, così tipicamente 'rumagnol'....

Coloriti tortellini di ricotta, così tipicamente ‘rumagnol’….

appropriatamente (e americaneggiando: se nel business dell’advertising non la metti sullo yankee, che follow up è?) lo “Standolcini” laddove per “Stand” intendo la zona ristorantesca, dove si pappa (“lo dice” anche uno spot tivù, che se il Belpaese fosse una casa, la suesposta e da me assai amata regione sarebbe una cucina). E dalla Lina & dal Vanni (appunto Dolcini) -nel senso di Bit tra le 12 e le 15, stand Romagna-Emilia- le “Furzèin (forchette) lavurèn” (cantava il grande Dino Sarti, nei Biassanot) ma anche i bicchieri non è che stiano a poltrire sul tavolo (e ogni volta –vabbè tante- che regalo al palato un sorso di Sanzvès penso a quei –lasciamo perdere- dei toscani che l’han rubato alla Romagna-Emilia per chiamarlo Chianti..). Ma tiremm innanz (non senza confermare ai Dolcini un mio imminente sangiovesano blitz predappiese a riabbracciare loro e salutare il simpatico sindaco).

SALTA, ARGENTINA… Non si vergognino l’informato cronista di turismo o il globetrotter ad ammettere che non conoscono ‘sto posto nordargentinoo (è ignoto financo allo scrivente nonostante varie trasferte a Bue & dintorni, non solo per contarla su col mè paìs Luìs Zanone ma anche per vedere il resto del Paese).

E vai (te pareva) col Tango!

E vai (te pareva) col Tango!

E a proposito di mondanità e posti da promuovere, il cocktail – presentazione di Salta è stato davvero bello, ok, anche perché oltre a eccellenti vini (ça va sans dire di Mendoza, Cabernet & Malbec in primis) si sono pappate (chiara origine gallega – galiziana, nordovest de mì querida España) magnifiche “empanadas”, il tutto in un delizioso contorno di davvero belle (non meno che eleganti) sciure della Argentina Bene di Milano & Roma (da cui il giustificato compiacimento di Claudio Neri, gran capo AR, nel charlar a tanta venustà mentre venivano canonicamente officiati Tango e Danza con susseguente Inno Nazionale). Tutto quanto sopra in un hotel, il Magna Pars, ovviamente a me sconosciuto (e ce credo: trattasi di un 5 stelle per di più esclusivo ed elegante ….).

MONTE ATHOS, GRECIA … O per meglio dire il suo territorio. Eh sì, perché a prima vista, anzi alla

lettura dell’invito, mi era parso un filino strano che si presentasse (oltretutto in versione gastronomico- culinaria) un insieme di monasteri (per questo il Monte Athos è noto) laddove i monaci non pensano certo alle leccornie (e come se non bastasse, a causa della voluta e imposta assenze del gentil sesso opposto, si sono pure fatti una fama mica tanto divertente, almeno per lo scrivente). No, in un efficiente quanto moderno Laboratorio di Cucina di via Adige è stata presentata & ammannita (da cuoche da là venute la Cucina del Territorio (del Monte Athos) la cui capitale Ouranopolis era oltretutto a me nota e visitata (detto molto immodestamente, sono tra quei pochi che per Grecia non intendono solo Mykonos e il Partenone, isole comprese). Una cena davvero nuova (anzi N maiuscola se si parla di qualcosa di diverso) e quindi un Efkaristò – Grazie alle brave cuoche (nonché alle tante addette all’ellenico turismo milanese, e vada loro un casto S’Agapò).

Brave cuoche della Grecia.... aristotelica....

Brave cuoche della Grecia…. aristotelica….

Ma ai gastronomi ellenici giunga anche una bonaria quanto serena richiesta: la prossima volta (sempre che fossi degno di ulteriori inviti) p.f. chissà che spunti un bel mezzo litro di vino (fosse anche Retsinato, niente in contrario): perché si può anche cenare sorseggiando Tzipùro (acquavite distillata nel nord della Grecia laddove pensò e fece scuola Aristotele) e vabbè diluito nel peraltro a me gradito ma alcolico Oùzo (tanto tempo fa inciucai un intero paese delle Cicladi facendo recitare, e bere, ai curiosi isolani: “Uso obbedir tacendo, e tacendo morir…”), però, poi, l’auto per tornare a casa, chi la guida? I monaci del Monte Athos?