Sabbioneta (in copertina, Palazzo Ducale, affresco … quando il meraviglioso Rinascimento non proibiva pretesche non meno che oscurantiste bacchettonerie … ).

D’amblè, una, doverosa, spiegazione scientifica del misterioso, non meno che quasi folle, suesposto titolo. Spiegazione che recita: mediante pullman, da Milano, debitamente imbucato tra quelli della ”Accademia della Cucina” (ivi cooptato motu proprio del mè amìs Nicola che dei ‘Cucinieri’ è Gauleiter Maximo, vabbè solo di un dipartimento di Milano però bello grande…), sono andato in gita paraculturale (il ‘para’ è dovuto ai tempi ristretti del sopralluogo, causa geoincertezze dell’autista o allungamento della strada da parte dell’Anas, producenti ritardi nel transfer) dapprima a Sabbioneta eppoi, con anabasi  trasformatasi da intellettuale in mangereccia, a Villastrada di Dosolo.
Il tutto, per i non lettori del da me adorato Calendario Atlante (geografico, ndr) De Agostini (quindi non aficionados alla geografia), in terra virgiliana. Nel senso che (un pizzico di storia e letteratura non guastano mai) il grande poeta latino (che ad ogni buon conto non vuol dire romano…) Publio Virgilio Marone nacque ‘proprio’ da quelle parti, per la precisione ad Andes (e per l’esattezza il 15 ottobre del 70 A.C.).

Nizzoli, Tempio Enogastronomico Zavattiniano a Villastrada

E nonostante la non nascita a Roma (da millenni, se non nasci nella oggidì monnezzata ex capitale Imperiale del cav. Benito Mussolini e del suo augusto sodale, Re Sciaboletta, non sei nessuno…), quel baloss del Virgilio fu così bravo a scrivere l’”Eneide” (ma anche le Bucoliche e le Georgiche non sono male…) a tal punto che adesso la sua natale ‘location’ mantovana si chiama, appunto, Borgo Virgilio.
Per venire al sodo, giudicandomi ‘abile arruolato’, non solo ‘in virtù’ (si fa per dire) di una più che medio secolare amistad (ancora un po’ e si festeggia il secolo, ma il vino lo decido io, le bottiglie che straparla lui costano troppo), il Nicola mi ha coinvolto in una balda gita (appunto, v. sopra) a Sabbioneta e Villastrada (di Dosolo, già precisato).
Allora…. .
Quanto a Sabbioneta, poche righe, in quanto dallo scrivente già abbondantemente vista e, usasi dire, ‘rivista’ (da quando, amìs dell’allora sindaco di Mantova, Gianni Usvardi, da quelle parti c’era, molto sovente, qualche vicenda a cui assistere… e quanto ai bianchini dei Colli morenici e al Bianco di Custoza -scrissi pure un dissetato articolo “Finalmente una vittoria!”- mica si scherzava…).

Sbrisolona, gloria mantovana (e poi c’è anche il Virgilio…).

Pochissime righe, dicevo, per proclamare che un normale individuo dotato di un normale quoziente di intelligenza (vabbè gli concedo di guardare anche le cosiddette tivù generaliste) a Sabbioneta ci dovrebbe proprio andare.
Perché, contrariamente a quel che – con quel suo saccentismo tosco – pensa il Renzi, anche fuori da Firenze ‘c’è stato’ un (meraviglioso) momento storico (anzi, il più bello del Belpaese) chiamato Rinascimento.
E a Sabbioneta, oltretutto in spazi così graditi (soprattutto da chi ha ricevuto dal medico il salutare consiglio di passeggiare) di Rinascimento ne vedi, eccome. E il turista lascia  questo curiosissimo borgo ‘sapendone di più’ (vabbè, poi dimentichi tutto per stare a sentire il Pippobaudo, ma, si sa, nessuno è perfetto….). Epperò sono rimasto anche assillato da un interrogativo (fortunatamente solo economico, non culturale). Perché / vabbè i (tanti) danèe che giravano nelle casse dei Potenti del tempo (per info, fare un salto nella vicina Ferrara degli Estensi), ma, ‘sto Vespasiano dove cacchio li avrà trovati tutti ‘sti soldi necessari per costruire un simile, meraviglioso gioiello di architettura rinascimentale?
(Due conti, antan detti ‘della serva’: apparteneva al ramo cadetto dei Gonzaga, quindi, presumibilmente, meno danèe; vabbè un po’ di terreni, ma mica si parla di immensi feudi tipo quelli delle ricche casate papaline laziali; i bravi architetti ed esperti costruttori ingaggiati mica erano balabiòt da un soldo al mese, e tanto meno magùt tipo quelli delle piramidi (che non erano schiavi, ma gli bastavano gli avanzi del lunch del faraone…). Mah.
Qui giunti mi è forse capitato di sforare un filino (tutta colpa del Vespasianogonzaga….).
Col risultato che mi resta assai poco spazio per cantare le giuste odi e lodi alla Cuciniera Accademica Pappata (da adesso in avanti Cap) voluta dal Nicola pro adepti nonchè miei compagni di gita da Milano a Villastrada (di Dosolo, già precisato).
E fu lì che il mio coscritto (ma ahimè non collega, la prossima volta invece di Scienze politiche…) Arneo Nizzoli accademicamente (non meno che zavattinianamente) ammannì ai ‘Nicola’s Believers’ un accademico menu di cui al seguente dettaglio: Spalla Cotta, Salame all’Aglio mantovano, Mortadella, Rane Fritte, Lumache Fritte, Tortelli di Zucca mantovani, Consommè di Tagliolini in triplo brodo (pardòn alla madàm accademica che avevo davanti se vi ho ‘versato dentro’ un bel sorso di rosso… sorry, ndr), Stufato alla Zavattini con Polenta, Sugo d’Uva Flambè (quelli che in Romagna chiamano i Sugòl, Paolofigna mi dirà se sbaglio), Sbrisolona mantovana (te pareva, ma aggiungo pure ‘secondo doveroso copione’, eppoi, non deve forse, la ‘Nicoliana Accademia’ fare l’’areclàm’ al (pardòn Nicola) Mangiare & Bere del posto?
E poi dicono che dopo giornate così -che comunque dovrebbero “servire per la pensione”- uno non vede l’ora di tornare a lavorare….).
In fede, nell’Alka Seltzer, gpb (parasuddito del Nicola).