1 ACCADE IN ITALIA, TURISTI E RISTORANTI (IN OMAGGIO ”10 COMANDAMENTI” PER DIFENDERSI)….

Poareti ‘sti ristoratori, devono pur ”far giornata”
gpb x mondointasca.org del 6/9/12 – nella foto di copertina, la Rocca di Soncino

il castello di Corigliano d'Otranto

il castello di Corigliano d’Otranto

Nel Belpaese l’arte di arrangiarsi ha coinvolto anche i ristoranti. A farne le spese i turisti che in qualche caso subiscono dei veri e propri furti, sul conto. Mondointasca ha stilato un decalogo per arginare questo malcostume

La fregatura è servita…
Il Turismo in Italia non solo fa (quasi) pena ma costa pure assai. E non dica il critico lettore che sbaglio perché nello Stivale, di turisti, ne arrivano tanti. Bella forza, rispondo: qualsiasi viaggiatore mica può fare a meno di conoscere bei posti tipo Firenze, Venezia e Roma. Eccolo pertanto obbligato a venire costì, laddove, però, oltre a godere monumenti tenuti e presentati assai male (nella città di Alemanno crollano pezzi di Colosseo e mura varie; su Pompei e dintorni leggansi i giornali; non so se adesso a Piazza Armerina i magnifici mosaici sono civilmente esposti, antan che schifo) rischia pure di essere furteggiato.

Il conto è salato se hai l’aria del turista
Furti che stranamente non avvengono in strada o sui tram: bensì nei ristoranti. E non parlo della trattoria sotto casa o della pizzeria in cui sfami i figli o del locale in cui porti i clienti per i pranzi di lavoro: mi riferisco invece al posto in cui mangi mentre sei in viaggio, quando “sembri un turista” (e infatti lo sei, e vieni trattato come un limone da spremere). E se mai stonasse il termine furto si parli di furbizia perpetrata dal ristoratore mediante il conto. Che solo un cliente inesperto non meno che incazzato contesterà. Perché questa Sfida all’Ok Corral la vince sempre, e dico sempre (o quasi), l’esercente (lui i conti sa da una vita come redigerli, tu sei soltanto uno sprovveduto capitato lì per caso/errore). Da cui il mio consiglio (posso umilmente vantare lunga milizia ristorantesca) a chi si ritenesse fottuto: paghi e smammi. Perché alla fine della fiera tutto si concluderà con un nulla di fatto (non nel senso sportivo tipo un pareggio tra Inter e Milan, bensì col cliente che bestemmiando paga e se ne va, perché, come si diceva del duce, “il conto del ristorante ha sempre ragione”).

bonomi guida Ristoranti SpagnoliRistoratori ammazzaturismo
“Ce l’ho su” coi ristoranti”? Ma quando mai! Ce l’ho con quei “ristoranti ammazzaturismo” che sovente ti mandano a puttana un viaggio in auto, il più bel modo di fare turismo (un tempo molto praticato, adesso molto meno, colpa del caro-benzina e del ‘mangiare’). Posso dimostrare questa mia gastroeconomica incazzatura? Ma certo! Sono appena tornato da due gite in Sardegna ed Emilia in cui col Nicola (accademico della Cucina, mica un pirla) si è girato per ristoranti. Meglio glissare. Entri, ti squadrano e poi decidono quanto “devi rendere” (Nicola dice “35 euro” e forse ha ragione perché su alcuni conti è apparso questo importo, tanto o poco che si fosse mangiato). Comincia poi la manfrina e intanto (memore di quel che succede a Venezia laddove gli indigeni pagano la metà di quel che esborsi tu) dai un occhio agli altri tavoli e la tua esperienza ti dice che quei due operai dell’Enel e, al tavolo vicino, quei due tecnici della Telecom, di euro, per un normale pasto, è già tanto se ne pagano una dozzina.
Sarà anche stato agosto, ma che tragedie mangerecce!
Da cui l’idea di consigliare al cortese lettore un’autodifesa basata sui seguenti …

10 Comandamenti del turista nel Belpaese
1) Se mai vi sarà portato, consultate attentamente il Menu e ordinate (per porzione) solo quanto elencato (se vi offrono piatti non in lista o – ascoltando voglie varie – vi propongono “misti” tipo grigliate o arrosti, potendo così fare il prezzo che vogliono, per certo ve lo ritrovate in quel posto).
2) Oltre all’aggettivo “bel” applicato a quanto vi vogliono far mangiare, diffidate anche (stupidamente padroni & C. li ritengono convincenti) dei vezzeggianti diminutivi (si scusi la volgarità ma quando mi sento proporre un “bel prosciuttino e meloncino” mi assale tanta voglia di suggerire all’ammiccante cameriere come destinare il suo “sederino”).
3) Non accadrà mai, ma l’utente abbassi la difesa (è stranamente finito in un ristorante per bene) se (mai) gli fosse suggerito un piatto dal costo medio/inferiore.
4) Chi (stoltamente) legge le recensioni della stampa turistico/gastronomica si fidi (ma non più di
tanto) solo se il “critico”: a) precisa di avere mangiato ‘sotto mentite spoglie’ (barba e baffi finti, se è persona nota, o senza presentarsi, sennò casca l’asino); b) precisa pure di avere (o lui o il giornale) pagato il conto (chi mangia a sbafo ha poi la coda di paglia quando scrive).

5) Sempre a proposito della stampa turistico/gastronomica fidarsi di quei giornalisti che recensendo un ristorante forniscono (o almeno ‘ce provano’) il costo medio di un pasto (facile: si prendono il prezzo più alto e il più basso dei ‘primi e dei ‘secondi’, si divide per 2 e la spesa indicativa è fatta). Dove invece una recensione non segnala prezzi, stare in campana (il ristoratore ha vergogna a dirli e il giornalista ha probabilmente mangiato “a gratis”).
6) Nella sfida (ormai) infernale con (certi) ristoranti, oltre alle tattiche si ricorra anche a convenienti strategie (è ad esempio da pirla sperare di mangiare il pesce – solo perché si è al mare – quando si sa che c’è il “fermo pesca”).

gastronomia - maiale testa 17) Non si ceda a stupide credenze/sogni alias “gastro-luoghi comuni” (“al mare il pesce”, vedi precedente comandamento; a Napoli “pizza buona”, ma ormai tutti i pizzaioli sono egiziani (e per inciso va meglio così: “là” impastano farina da 4000 anni); in Valtellina si mangia la Bresaola (che però nel 70% dei casi arriva dai culacci di bestiame brasileiro).
8) Attenti alla scritta Nuova Gestione! Il locale può anche essere migliorato, ma in tanti posti turistici può pure accadere che ‘ristoratori-pirati’ aprano, ‘fanno stagione’ fottendo chi capita – tanto che je frega, mica devono affezionare la clientela – dopodiché spariscono).
9) Evitare ristoranti vuoti o con poca gente! La necessità di “fare giornata” (vedi sopra, i 35 euro che tu devi ‘rendere’) e la scarsità di prede rendono più famelico il ristoratore.
10) Più che alla sciccheria di un ristorante (è venuta qui per mangiare o per pisciare? chiese antan Chilone di Lugo a una principessa Savoia lamentante lo stato dei cessi) date importanza a come vi trattano. Se ordinate un piatto e vi dicono che non c’è – ma non l’hanno cancellato da menu o non vi hanno avvertito – quel locale è poco serio.

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MILANO, CITTA’ (ORMAI) DEL MENGA…

per mondointasca,org del 9/11/2006

Per le vie di Milano con la mascherina
“Odi et amo”, come Catullo insegna. Si può amare odiando oppure odiare amando. Io so solo che Milano prima l’ho amata e adesso la odio. O meglio, visto che l’odio è un sentimento mica carino ed elegante, che oltretutto ti alza la pressione e ti fa venire una “punta al fegato”, Milano mi limito ad averla (ormai) sulle balle.

inter e il dommEppertanto la fuggo pur abitando nel pieno centro. La evito, ne percorro nell’angoscia solo i sessanta metri (unico mio itinerario milanese da tanto tempo in qua) che separano casa e officina, imbattendomi in disperati che mangiano pezzi di sugnosa pizza gelida, guardando una vetrina sotto una pioggerella intrisa di smog e polveri acide, ascoltando auto che strombazzano se al verde del semaforo quello davanti non parte sparato come Schumacher. Poveracci che bofonchiano idiotamente abbarbicati al telefonino, nuovo status symbol e finto deterrente della solitudine, mentre una bicicletta li sta tirando sotto nel bel mezzo di un marciapiede.

Essere o apparire?
Milano, una città ormai di M …. sì, nel senso di cacca o del Menga, una città che non solo “ha perso il treno”, ma ha perso pure il Metrò (coi giornali che demenzialmente scrivono, vedi il Corriere: Bloccata la Linea 5; ma come si fa a bloccare una cosa di immateriale, inesistente, che non c’è? Oltretutto non c’è nemmeno la Linea 4 e già che ci sono, cosa fanno, “bloccano” anche quella?).
Milano che adesso sta pure perdendo l’aereo: quei marpioni dei romani (che han capito tutto della politica e per la loro città stanno facendo grosse cose, “chapeau!”) lavorano di fino su Fiumicino e lo stanno tirando in quel posto a Malpensa.
Milano sta spegnendosi lentamente, come si spegne lentamente tutto ciò che non ha un’anima, non possiede una ragione di vita, un ideale, qualcos’altro che non sia soltanto il Dio Denaro, l’Effimero, il solo Apparire.
Ogni tanto si ascolta qualche rantolo nell’agonia, voci isolate contro il film della Comencini che (giustamente) dipinge Milano città schiava del denaro; ogni tanto ti capita di leggere rare missive di giovani (vedi lettere a Gian Giacomo Schiavi, Corriere Milano) lamentanti la scemenza della “moda dell’happy hour”, il “niente” espresso da tanti loro coetanei che mostrano mutande e affollano le “Jeanserie” solo perché non hanno nient’altro da mostrare.

Ma poi? Il “vuoto”, tutti rassegnati. A parte le solite puñetas.
Esempi? A iosa.
Il “Corriere della Sera” lamenta la chiusura del Teatro Nuovo.
Le solite “coccodrillate”, nient’altro che gratuita ipocrisia. La solita pistolata lamentante che i locali storici d’antàn scompaiono, spariscono teatri, caffè storici, spazi di cultura, librerie, per far posto a negozi di moda, boutiques, locali con vetrine psichedeliche e manichini rivestiti di straccetti e pezzi di plastica.
Il “Corriere” condanna, una volta si diceva “stigmatizza”, depreca. Ma poi, girata la pagina, ecco fiumi di inchiostro, servizi a gogò, valanghe di parole e foto “lancianti e facenti la rèclame” a jeans, mutande demenziali, stivaletti orrorosi “firmati” però da uno che prima faceva il tennista o il footballeur, presentati da due “maschi” che si fanno linguainbocca in pubblico, anonimi capetti di plastichetta a 1000 euro ma garantiti da una nobilotta decaduta, snobbata persino da S.M. Vittorio Emanuele IV.
In compenso, se qualcuno fa qualcosa di intelligente, un altro fa nascere un’iniziativa degna di menzione, una libreria inventa qualcosa di curioso e intrigante, beh in tal caso il “Corriere” si guarda bene dal riferirlo (o lo confina in pagine mai lette). “Pecunia (modaiola) non olet”, d’accordo. Ma occorrerebbero pure un po’ di buon gusto e meno lacrime di coccodrillo.

“Tavoli” di lavoro …
Poi, a peggiorare il futuro di Milano, c’è pure il “politichese”, le idee (si fa per dire) e l’aria fritta. Tipo (scrivono i giornali): la Moratti e Formigoni hanno chiesto a Prodi un “Tavolo su Milano”. E sul tavolo Prodi, Veltroni e Rutelli serviranno: Puntarelle, Carciofi alla Giudìa, Fettuccine all’Amatriciana, Abbacchio ar Forno, Coda alla Vaccinara, Pecorino Romano, Vino dei Castelli. Scherzi a parte (e dato che Prodi governa a Roma) è come se tu andassi in Germania e leggessi sui giornali “Monaco di Baviera chiede a Berlino un Tavolo su Monaco” o in Spagna “Barcellona chiede a Madrid un Tavolo su Barcellona”.
Tutte balle? Sono esagerate ed eccessivamente drammatiche le mie critiche nei confronti dell’ex amata Milano? Beh, a ‘sto punto lo Scrivano Lamentante, fattosi da parte, si limita a trascrivere (“testualmente”) quanto riportato, lamentato, scritto nello scorso ottobre sulle vicende cittadine dal Corriere della Sera (quotidiano da ritenere al di sopra di ogni sospetto).

Cronache giornalier
“… Atm commenta: si, è vero, i trasporti fanno schifo, ci sono ritardi e disservizi, ma la colpa è della provincia” … “cinquemila abusivi nelle case popolari, dopo nove mesi nessun cantiere aperto” … “Via Ceva, viaggio nella Casbah tra topi, rifiuti e abbandono” … “Sporcizia, degrado e rumori, fuga da Porta Ticinese, case svalutate, totale assenza di sicurezza, agenzie immobiliari lamentano crollo affitti, doveva essere un polo della moda; adesso nessuno vuole abitarci, la prostituzione occupa palazzi” …

Nerazzuri sperando che (anche) nel 2016 non prevalga l'Impero del Male (bianconero)

Milano nerazzura sperando che (anche) nel 2016 non prevalga l’Impero del Male (bianconero)

“Alle Colonne di San Lorenzo ogni sabato e domenica mattina l’Amsa raccoglie dieci quintali di bottiglie e vetri rotti” … “il Tribunale di Milano (stavolta il lamento proviene dal TG3 del 20 ottobre h 19.40) non ha più soldi per le fotocopie, per le gomme e per le matite e in queste condizioni i cancellieri si rifiutano di lavorare” …
(e sempre il Corriere): … “Il vice sindaco lamenta che Volanti e Gazzelle sono ferme perché non hanno i soldi per la benzina e nemmeno per manutenzione” … in compenso (è sempre il vicesindaco) … “Due commissariati sono pronti, ma il questore non ha i soldi per aprirli” … “Serrata, chiusura e manifestazione dei Commercianti di corso Buenos Aires che lamentano ‘diamo lavoro a cinquemila persone, ma la via è diventata un grande suk, con centinaia di abusivi’ (al che il sociologo Aldo Bonomi – a dimostrazione del fatto che ci sono anche dei Bonomi sbagliati – commenta ‘c’è necessità di maggiore integrazione politica’ dopodichè finita la dichiarazione sarà andato a farsi un bel piatto di rigatoni e tutto per lui sarà finito lì, mentre i citati commercianti, rimasti disperati coi loro problemi, avranno chiamato i vigili urbani…) e infatti si legge … “Corso Buenos: duecentoventi interventi con trecentotrentaquattro sequestri di merce contraffatta” (ma tutto sarà tornato come prima) …

Scarpette di Cenerentola
In mezzo a tutto ‘sto “sfaccimme” milanese è contenta (te pareva) Lina Sotis, che (sempre sul Corriere) informa le sciure snob (quelle Over 45 e/o 47% della Finanziaria) che (testuale) “Caudile in via Bagutta ti fa sedere sul sofà per provare le scarpe, tu dici che ti vanno bene e allora un’elegante commessa ti porta il conto su un pregiato vassoio (aggiunge “di stile”) d’argento (te pareva) e tu metti la carta di credito e guarda un po’ che bello, eviti di andare alla cassa”.
Voleva il lettore che la Lina Sotis non chiudesse il brillante pezzo informando che nel citato posto scarpaio vendono sandali tempestati di zaffiri e diamanti per novantamila euro, ma se proprio vuoi risparmiare li porti a casa anche per solo venticinquemila (euro) però senza i diamanti?

Finaletto “andaluso”…
Ahhh… Milano, poi, è pure buia (lampioni con luce fioca, tante le zone d’ombra in molte vie del centro: mai stati in altre grandi città europee?) sozza (bastano e avanzano i graffiti…) e soffoca giovani e vecchi con le “polveri sottili” …
Ma se scrivi tutto ciò, passi per un “cattivone”. Saluti da un perfido (che sta tossendo da un mese e mezzo).

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ROMAGNANO, A SCIACQUARE I PANNI IN SESIA…

Un Amarcord, riportante a varie vicende di gioventù, e la cronaca di una manifestazione Slow Food (con annuncio di una ”Grappa da inginocchiatoio”).
per mondointasca.org del 21/10/10

Messico, Frida Kalho

Messico, Frida Kalho

Un Amarcord su vicende di gioventà nonchè recenti storie di architetti, slow food, montagne, sport e chi più ne ha più ne metta. Senza per questo rinunciare ai vini e alle grappe. Prosit!

Mi chiama il Formignani (so che sciupo prezioso spazio precisando che trattasi del direttore di questa sbarazzina rivista viaggiatoria, lo sanno tutti; ma qualche ignorante in giro lo trovi sempre) e mi invita a raggiungerlo a Romagnano Sesia. Luogo dell’incontro la Villa Caccia, opera del neoclassico Antonelli, prolifico architetto piemontese. Tra le sue opere la torinese Mole (progettata per la locale comunità israelitica, adesso alberga un bel museo del Cinema) e la Cupola di Novara, ardita e svettante fin che si vuole ma secondo me colpevole di fare ombra al magnifico campanile barocco di Benedetto Alfieri, zio del ‘repubblicano’ drammaturgo Vittorio (ma sotto i Savoia ci voleva mica tanto per diventare repubblicani, così come in Romagna, sotto i preti, non doveva essere così difficile farsi scappare qualche bestemmia).

Colline novaresi: vino e slow food
BAGNA CAUDA 2015Ma perché, chiedo al signor direttore, trovarmi a Villa Caccia, che poi, più che una villa, è un gran bel edificio neoclassico dalla facciata simile a quella di tante colonnate Mansions dei ricchi schiavisti del Deep South degli States ante Guerra Civile (tipo quelle, per intenderci, di Via Col Vento)? A Villa Caccia, vengo informato, è programmata una manifestazione di Slow Food e di Terra Madre, quest’ultima una “grande famiglia (informa il dèpliant della manifestazione), una rete che è esempio vivente della biodiversità culturale” (info interessante e quindi gradita, anche se, per piacermi, di questa associazione mi bastava il solo nome, così simile a quel Pacha Mama che le a me care genti delle Ande dedicano all’Ente Supremo che dà vita, leggasi quindi Madrenatura).

Sul Rosa in “scarp de tenis”
Parto quindi per Romagnano Sesia, non tanto per deferenza se non obbedienza nei confronti del Capo e nemmeno per motivi gastropalatali (ancorché sappia da precedenti indagini che le manifestazioni di Slow Food non si concludono al Burghy o al McDonald’s). Mi reco nel nord del novarese (laddove solitamente mi spingo soltanto per acquistarvi il Gorgonzola, da un bravo produttore di Castellazzo) soprattutto perché attratto dalla possibilità di un Flash Back in un passato lontano e piacevole, come lo sono tutti i ricordi di gioventù. Un Amarcord lungo un asse ideale che si diparte dalle (in autunno) dorate risaie appena fuori Novara e attraverso la partigiana Valsesia culmina sul Monte Rosa. Montagna da me conquistata in occasione dell’inaugurazione della ristrutturata Capanna Margherita, 4500 e passa metri; un’impresa non impossibile nemmeno per i paralitici, se non fosse che io – non tempestivamente avvertito sull’abbigliamento necessario per la scarpinata – la compii in ‘scarp de tenis’.
E più sotto, tra i tognini Walser, ad Alagna (appunto Valsesia) vissi, dodicenne, la mia prima ciucca (un fiasco di Barbera ‘inaffiante’, così almeno si diceva un tempo, una ben agliata Bagna Cauda; morale: lavanda gastrica e tre giorni di prognosi, così piccolo).

Agnolotti ad Alagna
E pochi anni dopo trascorsi ad Alagna un Capodanno da sballo: già allegrotto nel primo pomeriggio secondo la nota formula NSC – no stop ciucc –, nella cucina dell’ “albergo bene” di Alagna feci da palo mentre un altrettanto dissetato, anziano conoscente – il Pierette della dinastia Grober, storica famiglia tessile locale – passeggiando sui tavoli della dispensa provvedeva alla pedestre distruzione di tutti gli agnolotti destinati al Cenone al grido di “Abbasso l’onorevole impostore” (con chiara allusione al sindacalista Giulio Pastore – evidentemente non amato dal mè amìs Grober per vicende lavorative o soloperchéantipatico – che partito dalla natia Valsesia divenne a Roma importante lìder del sindacato diccì).

La Saga dei Brugo

Bonarda alias Croatina (sinonimi)

Bonarda alias Croatina (sinonimi)

E da Romagnano partiva quotidianamente per il Liceo Classico Carlo Alberto di Novara il mio compagno di banco “X Brugo”, che con lo scrivente e l’Umberto Orsini fondò una squadra di Volley che battezzammo Squirrel (e fondare una compagine di pallavolo, lo ammetto, è un po’ da tutti, se non fosse che – come se in questo sport la statura costituisse solo un optional – nessuno di noi tre fondatori superava il metro e cinquanta, nel senso che si passava sotto la rete senza fare un plissè). Ho scritto “X Brugo” perché da tempo ne ho dimenticato il nome ed è anche (ma non lo sappia il direttore) per saperne di più su questo antico compagno di scuola che ho accettato l’incarico di inviato speciale a Romagnano. Missione fallita, perché, intervistati alcuni Brugo presenti alla manifestazione di Slow Food, mi è stato commentato che in questa città dell’alto novarese c’è più gente con questo cognome dei Dupont a Parigi e degli Smith a Londra. Impossibilitato (“è passato tanto tempo” disse Bogart/Ricky in ‘Casablanca’) a dare un nome proprio al Brugo compagno di banco, cerco altri Brugo (a Romagnano, vedi sopra, un’impresa non titanica) che almeno possiedano anche un nome di battesimo.

Una grappa da “inginocchiatoio”
E così brindo (con un buon Nebbiolo, finalmente rosso, mentre una precedente versione rosè non m’aveva, almeno visivamente, convinto) insieme a Gianni (ça va sans dire, Brugo) che a Romagnano si considera una sorta di extracomunitario solo perché vive a Gattinara (lontana un tiro di schioppo, ma da sempre insisto nell’affermare che la grandeur del Belpaese consiste nell’esasperato campanilismo –ma proprio per questo aguzzante l’ingegno – mutuato dall’Italia dei Comuni). Prende poi la parola Carlo (occorre forse precisare Brugo?) che mi intriga informando che sta per uscire una Grappa che, da quanto ho capito, potrebbe definirsi “da inginocchiatoio”. Attendo fidente. Non tanto per non tediare proseguendo con l’elenco dei Brugo, quanto per l’importanza di ciò che ho ascoltato, informo poi che Alfredo Papale ha infiorato il meeting di Slow Food con una dotta conferenza sulla storia della Cucina (massimo il mio entusiasmo quando ha citato il gaditano Columella, un andaluso che, chissà, fu forse l’inventore del saporito Gazpacho – almeno lasciatemelo credere -).
Da Romagnano (Sesia) ho concluso, a te Formignani.

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PICENO, BOLOGNA GRASSA, CASTELLI/BORGHI DEL DUCATO DI PC E PR (+ TORO GIAPPONESE)

In visita a un’Italia diversa (dal quel bordello che è Milano), un Belpaese tranquillo, tradizionale (vedi Piceno), godereccio (Bologna), storico (castelli e borghi del Ducato) e nippobucolico (Ming, unico toro in Italy di razza Kobe)
per mondointasca.org del 5/12/09

Pecore&Piceno

Pecore&Piceno

C’è un Belpaese godereccio, accogliente e non litigioso. Storie e curiosità di una gita “fuori Porta”, o un po’ più in là: Bologna, Borghi e Castelli Ducali con “scoop” finale alla scoperta del Toro del Mikado

Ascoli Piceno
È possibile tenere turisticamente informata la “aficiòn” lettrice, anche facendo l’autista della propria sposa. È esattamente quanto accadutomi trasportando – novello Eric Von Stroheim, “chauffeur” di Gloria Swanson nel “Viale del Tramonto” – la Lady a Bologna, invitata a un workshop del Turismo Piceno. E poiché in occasione delle degustazioni delle Tipicità Picene ammannite a fine lavori, ho forse eccessivamente “magnato” il saporito Ciauscolo e sorseggiato la profumata Anisetta Meletti, provvedo immediatamente a sdebitarmi facendo “l’areclàm” del citato ente di promozione (i curiosi visitino pertanto www.picenoconnoi.it; i posti sono davvero belli, lo garantisco disinteressatamente e già che ci sono proclamo anche che il tartufo dei Sibillini vale quello albese, gli incerti leggano www.iltartufodeisibillini.it).

Ricordi Ascolani, non solo per le famose “Olive”…
Piceno alias Ascoli. Una città a me assai cara perché più di mezzo secolo fa, oltre a essere stata testimone del da me agognato ottenimento del RAM (Ridotta – meglio dire nulla – Attitudine Militare, fui infatti ignominiosamente cacciato per indegnità dal locale Corso AUC, Allievi Ufficiali di complemento) mi diede pure modo di conoscere (e da allora che piacevole dipendenza!) le magnifiche Olive all’Ascolana. E ad Ascoli perfezionai anche le mie doti sportive specializzandomi nello sprint, affrontato tutte le sere di libera uscita. All’apertura del cancello della caserma scattava infatti una corsa forsennata con traguardo finale uno dei due casini cittadini. Ma essendo le case di tolleranza ascolane tanto minuscole da poter sì e no dare da amare (nelle tre ore del permesso serale) a non più di un centinaio di futuri ufficiali (salvo lo scrivente), mentre noi del Corso si era poco meno di mille, ne conseguiva che solo chi arrivava tra i primi di questa quotidiana Olimpiade serotina avrebbe potuto conoscere i piaceri dell’Eros (da me mai goduti non essendo mai riuscito a classificarmi sotto il 388° posto).

Bologna la dotta e la ghiotta: coppe, mortadelle, zéppole, eccetera
Finito il workshop e pregati i gentili Piceni di portare i miei saluti alla diletta Ascoli (chi non la conosce ci vada e godrà un piccolo, colto, civile e bell’angolo del Belpaese) conduco la mia sposa in libera uscita (ma stavolta senza correre) nel centro della a me assai cara Bologna. Cara anche questa località (sbotterà il cortese lettore)? Eh sì! perché l’Italia non è poi un posto così brutto e le voglio bene assai nonostante gli Italiani. Eppoi come si fa a non voler bene a una città detta la Grassa, la Dotta, e pure la Sexy, mercé quella corrente di pensiero assurta fino ai fasti della Casa Bianca grazie alle opere della stagista Monica Levinsky? Ma cerchiamo di essere seri (soprattutto se si va in giro con la propria Lady) e quindi si parli di cose serie. Il mangiare, “magnèr”, ad esempio. E appagate le esigenze culturali soffermandomi alcuni istanti sotto le torri della Garisenda e degli Asinelli (nel medioevo Bulàgna poteva financo vantarne cento, vedi www.comune.bologna.it/iperbole) eccomi accelerare il passo verso Tamburini: il Tempio, la Mecca, il Peck, il Fauchon della Gastronomia petroniana (chi ahilui non conosce questa benemerita istituzione mangereccia, clicchi subitowww.tamburini.com). E lì giunto, vai con lo shopping, tra cui una (ovvia) “Bologna” (per il volgo: mortadella) tanta bella Coppa di testa, molti Ciccioli (nella capitale emiliana noti come Zèppole, in Romagna Zizulèn, nel mortarese Grattoni, e lì si fanno anche d’oca) nonché alcune porzioni di Turtlèn (sia giustiziato il lettore ignaro sulla fine che devono fare i Tortellini, in Romagna Caplìt, cappelletti: mo in brodo, veh!).

Borghi, manieri e rocche dell’antico Ducato

Saggezza del Belpaese rinascimentale "Franzia o Spagna, purchè se magna..."

Saggezza del Belpaese rinascimentale “Franzia o Spagna, purchè se magna…”

Lascio Bologna, punto su Carpi e come ogni signore per bene non penso solo al mangiare ma anche al bere, che da queste parti si chiama Lambrusco. Eccomi pertanto alla Cantina Santa Croce (www.cantinasantacroce.it) laddove imbarco varie cassette di Salamino e Grasparossa (se mai occorresse ricavare posto-vino nell’auto, per la sposa c’è sempre un bell’accelerato che va comodo comodo a Milano Centrale, legge una rivista e arriva che nemmeno se ne accorge). Ma la missione in Emilia non finisce qui. Mi unisco “al mè Paìs” (viej Piemont, è della alfieriana ‘Asti repubblicana’) Sandro Chiriotti, ispezionante i Castelli del Ducato di Parma e Piacenza (www.castellidelducato.it) e accompagnati da una solerte direttrice di questa associazione scorrazziamo tra manieri, borghi e rocche di pianura e Appennino. Ho davvero visto tante belle realtà turistiche (roba da poter far parte della giornalistica “Task Force” della Ministra Brambilla, se non fosse che supero di mezzo secolo l’età richiesta).
Vicino al Po si citi il castello di San Pietro in Cerro (www.castellodisanpietro.com) con museo di Arte Moderna e a pochi metri la deliziosa Locanda del Re Guerriero (www.locandareguerriero.it) un posto sì quieto e ben arredato da poter intrigare chi progetta vicende d’amore e di relax. Traversata la Camionstrada del Sole, in collina, ho il piacere di scoprire (nel Veneto dicono ‘mai coverto’) il borgo medioevale di Vigoleno(www.comune.vernasca.pc.it e www.appenninopiacentino.it) e dopo uno stop per ammirare il bel romanico della chiesa di San Giorgio, corro a Castell’Arquato ad assaggiare Gutturnio e Ortrugo (www.vinipusterla.it) assai simili ai da me amati Bonarda e Malvasia del non lontano Oltrepò pavese.

Sorrisi e coccole al Toro Giapponese
Ma il grande “scoop” della giornata l’avevo già perpetrato nella bassa, facendo la conoscenza, ammirando, fotografando, nonché intervistando (fino a diventarne amico) Ming, il primo “toro imperiale giapponese” nato nel Belpaese. Ming appartiene infatti alla famosa razza Kobe, i famosi tori – un tempo riservati al Mikado ‘imperatore’ del Sol Levante – allevati a birra e quotidianamente massaggiati, dopodiché la loro carne finisce dai “maslè” (macellai) di Tokyo che la vendono a un milione (di lire, 500 euro) al chilo (importo poi non così stratosferico almeno per i milanesi, visti i folli prezzi praticati nel centrocittà in 2 o 3 boutiques per carnivori).
Presentatomi dal dottor Piero Carolfi, veterinario e “Dominus” dell’Azienda Agricola Mario Bassi di Fiorenzuola d’Arda, Ming mi riserva alcuni amichevoli sorrisi (ma per davvero, è socievolissimo) e contrariamente a quel che accade in questo triste e litigioso Belpaese (laddove tutti si incazzano sul niente) la mette subito sul ridere. Cosa che ho pensato bene di fare anch’io nel commentare non burberamente (suvvia un po’ di ironia: fa pure rima) questa gita emiliana facendo da autista alla mogliera. Arigatò, Ming, Sayonara.
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HO VINTO LA SCOMMESSA (Italia  – Spagna)!!!!!

Mercoledì 21 marzo. Ci sono giornate che cominciano bene fin dal primo mattino. Oggi è una di quelle. Premesso che ai miei cortesi lettori (stavo scrivendolo al singolare) è (ormai) ben nota la mia “aficiòn” per la Spagna, grazie al servizio Ore 7 alle 5.30 di stamattina mi ero già divorato l’articolo di Mino Vignolo (corrispondente da Madrid del Corriere della Sera) esaltante gli incredibili traguardi raggiunti dal Paese iberico. Tremenda la soddisfazione nel leggere i progressi, i

Cervantes

Cervantes

miglioramenti epocali di tante città spagnole (e non parliamo delle Comunidades, regioni, vedi l’Andalusia che in pochi lustri è passata dal sottosviluppo a un accettabile benessere con buona qualità della vita). Trasformazioni dovute alla creazione di monumenti (a Bilbao il Guggenheim, a Valencia la Città delle Arti), all’organizzazione di grandi eventi sportivi (a Barcellona le Olimpiadi, a Valencia la Coppa America) e manifestazioni (a Siviglia l’Expò 92 e a Zaragoza nel prossimo 2008) per non parlare dei 3 grandi musei (2 recenti) di Madrid.

Una gioia, dunque, cominciare la giornata apprendendo che ho vinto una scommessa. Una vincita virtuale perché purtroppo non esiste un totalizzatore in cui si possa puntare sulla vittoria di un Paese appetto a un altro in una ideale corsa con traguardo il benessere, la buona qualità della vita, la non litigiosità nei rapporti politici e sociali e quel saper godere la propria esistenza che dovrebbe far parte del bagaglio umano e culturale di noi latini. Una scommessa che feci tanti lustri fa, conoscendo via via la Spagna e gli spagnoli e (ahimè) confrontando i loro progressi e miglioramenti con quanto accadeva nel mio amato ma sgangherato (almeno la penso così) e cicalassimo Paese. Dopodichè, grazie all’“ordine d’arrivo” pubblicato oggi sul “Corriere”, mi ritengo pienamente intitolato a passare alla cassa.