S.M. ”AL ANDALUS” TRENO-ALBERGO DA RE NELLA MAESTOSA ANDALUSIA
Da Siviglia a Siviglia, 6 giorni sul lussuoso treno-hotel visitando Cordoba, Ubeda, Baeza, Ronda, Granada, Jerez de la Frontera, Cadice, il Coto de Doñana….
gpb per mondointasca.org del 10/5/12
Vacanze in treno-hotel di lusso, ovvero sei giorni spesi a gironzolare in una delle regioni più belle della penisola iberica, assistiti – quasi coccolati – da personale all’altezza, buoni cibi, vini e carrozze dedicate al riposo e allo svago
Non per vantarmi (abbasso la falsa modestia, tanto disdicevole quanto il suo opposto, l’immodestia) ma avendo scritto parecchio sulla mia “querida España” posso affermare di conoscere (molto) bene l’Andalucia (la più nota, non solo turisticamente parlando, delle 17 regioni-comunidades componenti la cosiddetta Piel del Toro). Ovvio pertanto che questa terra, dal nome mutuato dai Vandali, sia stata da me percorsa mediante svariati vettori: auto, bus, barca (sul Guadalquivir e le coste di ambo i suoi mari) e financo in carretta (che bellezza quel ‘camino’ tra le Marismas del citato fiume, il romano Betis, mèta la pittoresca Romerìa del Rocìo). Ma l’Andalusia in treno non l’avevo mai girata.
Datosi però che c’è sempre “una prima volta”, eccomi a bordo del “glorioso” treno-hotel nonché, ‘noblesse oblige’, lussuoso “Al Andalus”. Un edonistico piacere, oltre che un’intrigante esperienza, divenuto realtà solo adesso, dopo averlo a lungo agognato. Perché tempo fa, per alcuni anni, “Al Andalus” aveva già viaggiato tra i dolci uliveti della terra di Jaèn e gli altopiani contornati da aspre montagne sovrastate dagli innevati (lo dice il nome) picchi della Sierra Nevada (n.b. nella geografia iberica abbondano le altitudini medie sui 6-700 metri, talché la Spagna – come sovente commentava el mè amìs Ignacio Vasallo, ex Jefe di Turespaña nel Milanesado – se proprio non è un Paese freddo, poco ci manca).
Transcantabrico e Al Andalus. Supertreni turistici
Per quel marasma di vicende chiamate “fato” ebbi però modo di conoscere il sospirato Tren de Lujosolamente durante una rapida visita alla stazione di Siviglia (stupidino, a quei tempi preferivo dedicarmi alle corride di Toros piuttosto che ad altri piaceri più sardanapaleschi ma meno hemingwayani). Lo stesso fato, poi, ci mise del suo, perché “Al Andalus” (allora della Renfe, le ferrovie spagnole) chiuse bottega a causa delle disinvolte non meno che allegre operazioni finanziarie del suo gestore, la “Iberrail”, un defunto carrozzone turistico iberico con ascendente politico-affaristico (faccende ben note nel Belpaese, vedasi, tanto per far nomi, la scomparsa e non rimpianta Cit).
Trascorso qualche anno, siamo al presente, “Al Andalus”, novella Fenice, è risorto al mondo del turismo – mediante perfetto non meno che costoso restauro – mercè la asturiana Feve (Ferrocariles Españoles Vias Estrechas, seconda ‘empresa’ pubblica ferroviaria del Paese, operante da anni nella Spagna Verde con un altro prestigioso Tren de Lujo il “Transcantabrico”).
Un tempo, treno per teste coronate
Ho definito “Al Andalus” un treno “glorioso”, come possono esserlo personaggi e cose che bene meritano della storia. Per alcuni anni, infatti, nella prima metà del secolo scorso le sue carrozze trasferirono la Casa Reale di Gran Bretagna e i loro augusti ospiti dalle coste francesi sulla inospitale Manica alle meritate ferie sulla Cote d’Azur. Si potrebbe pertanto commentare che, in fieri il turismo aereo, con i servizi concessi a cotanto Parterre des Rois, “Al Andalus” fu presente nelle cronache del Train Set della Belle Epoque. Riecco dunque il treno “reale”, ben restaurato mediante valido restyling, ma il dettaglio più piacevole – almeno per chi scrive – consiste nel ritrovarsi a bordo del viaggio inaugurale (con la invitante Feve chissà preoccupata per lo scadimento dei suoi ospiti, dal Sangue Blu di His Majesty King George V al mio Rh+, ma i tempi, si sa, sono cambiati).
Attraverso le “meraviglie” andaluse
Una breve ma doverosa scheda tecnica dà l’idea dell’importanza dell’ “operazione turistico ferroviaria” programmata nel tour della più emblematica regione spagnola. “Al Andalus” misura quasi mezzo kilometro e chi passeggia (450 metri!) dalla ‘locomotora’ ai ‘coches’ dei servizi supera tante carrozze riservate (7) al riposo – treno fermo nelle stazioni – dei graditi ospiti (max 64) e altre 4 allestite per i loro svaghi, vizi e relax (ristorante, bar, salone lettura, panoramico, feste, ‘recepciòn’, video e biblioteca nonché tivù e l’ormai irrinunciabile wi-fi).
Un dèpliant turistico d’antan informerebbe inoltre con sussiego che l’elegante viaggio su rotaie dura 6 giorni (5 notti, domenica-venerdì) per un tour dell’Andalusia ‘più classica’ che inizia e termina a Siviglia. Un autobus segue “Al Andalus” e conduce il viaggiatore nelle escursioni e ai ristoranti cittadini (invero buoni, ma secondo lo scrivente, cronista e goffo gourmet, ancor meglio gli eccellenti menu proposti a bordo dallochef-cocinero asturiano Ramòn Celorio). E datosi che l’itinerario previsto è quello ‘classico’ va da sé che “Al Andalus” ferma a Cordoba (la sola Mezquita, come si usa dire “vale il viaggio”), Ubeda e Baeza (splendide gemelle ma ahimè poco noto Patrimonio dell’Umanità), Granada (l’Alhambra, “basta il nome”), Ronda (la Plaza de Toros e la sua Corrida Goyesca), Jerez de la Frontera (mitici vini e gli splendidi cavalli andalusi) e Cadice (ay ay ay quel tramonto alla Caleta e la cena al “Faro”) con gran finale anfibio all’ecologico Coto de Doñana, previo attraversamento del Guadalquivir (da Sanlucar de Barrameda, di lì partirono Colombo e Magellano verso la gloria).
Una vacanza diversa e gratificante
Fine del viaggio del Tren de Lujo , o ‘dei re’, in cui come tali si è trattati, perché al “tutto compreso” (pasti, visite ed escursioni, pochi gli eventuali ‘extra non compresi’) vanno aggiunti attenzioni, coccole e premure del personale viaggiante (musici, animatori, baristi e camerieri). E inizio della riflessione. Che fa astrazione dal costo del viaggio, ovviamente ‘non regalato’, ma in tema di soldi vige la (sto scherzando) “Teoria della Relatività” (talché 2 o 3000 euro possono costituire tanto per molti ma non molto per altri, senza contare che c’è pure tanta gente, ricca o meno ricca, che, costi quel che costi, desidera sibariticamente ‘farsela bene’ fosse solo perché del doman non v’è certezza).
La riflessione (e chi vende viaggi potrebbe essere intrigato da questa goffa ‘mini-inchiesta’) si rivolge invece con curiosità all’esistenza di un ‘mundillo’ (un boss di marketing lo definirebbe ‘nicchia’, segmento) che tuttora ama i viaggi, il turismo in treno (e non per tema dell’aereo). Gente che (pare chiaro) con quel che spende per l’ “Andalus” (vabbè “tutto compreso”) potrebbe viaggiare più a lungo e lontano, ma preferisce prendersela calma, non sottoporsi a stripteases, perquisizioni e palpeggiamenti aeroportuali, eliminare ritmi che già lo assillano nel resto dell’anno, evitare o quantomeno ritardare il “cynariano” logorio della vita moderna (consistente financo nel solo fare e disfare valige quotidianamente). E di questi viaggiatori “aficionados al tren” (non parliamo poi se De Lujo) ne esistono ancora parecchi, sennò Josè Antonio Rodriguez Garcìa, ‘director gerente’ della Feve, non si dichiarerebbe soddisfatto del livello di richieste già pervenute.
D’altro canto, oltre a “Al Andalus” (e all’omologo “El Transcantabrico”) di Treni Turistici – di più o meno lusso – è stato (e molti son quelli tuttora vivi e vegeti)– pieno il mondo.
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”TRANSCANTABRICO”, UN ALBERGO SU ROTAIE IN VIAGGIO TRA NATURA, STORIA, ARTE
Nel nordovest della ”Spagna Verde” dalla bella Leòn (importante tappa ”castigliana” del Camino de Santiago) alle coste del Mare Cantabrico fino alla Fine del Camino a Santiago de Compostela
GPB per mondointasca.org
Il Transcantabrico, un albergo itinerante
Andy Warhol asserì che in questi tempi moderni la popolarità non dura più di un quarto d’ora. Se si parla di turismo, il treno, grande innovazione del trasporto terrestre, resistette ben più a lungo, fin quando venne sostituito dall’automobile e con l’avvento dell’aereo finì tra i “memorabilia”.
Epilogo del turismo ferroviario rimase l’Orient Express a combattere una battaglia persa dalla Belle Epoque contro la tecnologia, il consumismo di massa, gli alberghi dormitorio.
La Spagna Verde del nord ovest
Recentemente qualche proposta di viaggio in treno – non solo in funzione di vettore ma anche di albergo itinerante – riappare negli opuscoli degli operatori turistici.
E’ il caso del Transcantabrico che adempie una doppia, meritoria funzione: presenta un turismo diverso dal solito e porta a conoscere la Spagna nord occidentale, assai interessante ma ancora poco nota.
In effetti, non certo per assenza di bellezze naturali e artistiche, la cosiddetta Spagna Verde e la Castilla y Leòn sono visitate meno di quanto meritino. Ciò è dovuto – oltre alla posizione geografica defilata rispetto alle vie di comunicazione a sud dei Pirenei – alla pesante concorrenza delle regioni mediterranee, dispensatrici di svaghi balneari e abbronzature doc e soprattutto dell’Andalusia che della Spagna turistica tradizionale (e nella mente del potenziale viaggiatore) resta la quintessenza.
Mille chilometri all’insegna del relax
In un viaggio settimanale inferiore ai mille chilometri, lungo un itinerario che raggiunge Santiago de Compostela dalla “castellana” Leòn (o viceversa; un identico treno viaggia contemporaneamente nel senso contrario) il Transcantabrico conduce alla scoperta di quella che si potrebbe definite l’altra Spagna, trasformandosi via via in vettore, albergo bed&breakfast, salotto, biblioteca, bar e discoteca.
L’esperienza turistica sui binari si svolge senza concitazioni. Dopo il pernottamento nelle principali stazioni – non sono previsti spostamenti notturni – e la prima colazione non innervosita da sveglie antelucane, il treno si muove per coprire una parte dell’itinerario programmato, sbarcando poi il viaggiatore per una visita, con il pullman al seguito, guidata da un accompagnatore poliglotta.
La giornata trascorre piacevolmente in un succedersi di paesaggi goduti dal finestrino, escursioni – delle quali una in battello – passeggiando o godendo il panorama dal belvedere di un ristorante a pranzo e a cena.
Composto soltanto da otto carrozze, quattro “letto” e altrettante “salones” sociali, El Transcantabrico ottempera ai due vecchi adagi “poca brigata… e chi va piano…”, garantendo una tranquilla vivibilità sia nelle soste sia, grazie alla relativa velocità, in movimento.
La Spagna più “vera”. Lo testimonia la storia.
Perché le regioni nord occidentali della penisola iberica rappresentano l’altra Spagna? Facile dimostrarlo, ricorrendo alla storia, alla cultura e alla meteorologia.
L’invasione araba, iniziata nell’anno 711 con l’attraversamento dello Stretto di Gibilterra, impiegò pochi anni per raggiungere i Pirenei e valicarli, ma non occupò totalmente la penisola iberica.
Le terre comprese tra le aspre montagne della “Cornisa” (cordigliera) Cantabrica e le inquiete acque dell’Atlantico rimasero cristiane: non perché i seguaci di Maometto le avessero volutamente trascurate (ovviamente provarono ad assoggettarle) ma per la fiera resistenza opposta dai misteriosi Baschi nonché dagli Iberi celtizzati, gli Astures (nel Principato delle Asturie si commenta con non celata superiorità: “solo le Asturie sono la Spagna, il resto è tutta terra conquistata).
La basilica di Covadonga
A Covadonga, sotto gli svettanti Picos de Europa, re Don Pelayo vinse una battaglia (in realtà una scaramuccia di poco conto) così importante da dedicare alla Vergine un eremo che nel corso dei secoli è divenuto basilica, orgoglioso simbolo dell’indipendenza della Spagna iniziata con la Reconquista.
A unificazione da poco avvenuta iniziarono le grandi avventure marinare, dall’Atlantico al Nuovo Mondo, la corsa alle ricchezze dell’El Dorado.
Sulle orme di Legazpi, “conquistador” delle Filippine (e prima di lui il suo compaesano Elcano aveva compiuto il giro del mondo cominciato da Magellano) i Baschi, e con loro i Cantabri e gli Asturiani solcarono le vie del “Mare Oceano” più di quanto imboccassero quelle per Barcellona o Madrid.
Queste vicende possono spiegare il vezzo degli spagnoli delle terre visitate dal treno-albergo nell’etichettarsi “Iberici doc”, con origini addirittura risalenti alla nascita dell’uomo, testimoniate dai graffiti e dalle pitture rupestri di Altamira (la Cappella Sistina del Quaternario).
Itinerari religiosi, culturali e artistici
L’interesse culturale e storico, non meno che turistico e paesaggistico, dell’itinerario del Transcantabrico è ulteriormente arricchito dal percorso iniziale (o finale, se si compie il viaggio nel senso contrario partendo da Santiago de Compostela) tra Leòn e Bilbao, nella Castilla y Leòn, culla della Spagna attuale.
Dopo aver visitato Leòn per ammirare il rosone e le vetrate della cattedrale e i teneri dipinti romanici nel “Panteon” di San Isidoro, il viaggiatore percorrerà parte di quel “Camino de Santiago” di cui rivedrà – una settimana dopo – il leggendario punto di arrivo, la Plaza del Obradoiro a Santiago.
Superate le Asturie (il Principato, destinato a diventare di gran moda con la prossima regina di Spagna nata a Oviedo) si entra nella Galizia, dalla gente ovviamente affine ad asturiani e cantabri, ma con qualche distinguo.
Nell’estremità occidentale dell’Europa – da Capo Finis Terrae, Finisterre in spagnolo, Fisterra in gallego, i legionari romani contemplavano la sparizione del sole nell’ignoto orizzonte – generazioni di galiziani vennero al mondo per affrontare un mare generoso ma ribollente e una terra struggentemente amata ma negata da una retrograda proprietà di nobiltà e clero.
La loro lingua, somigliante all’idioma del vicino Portogallo, verso la fine del Trecento era esclusiva dei poeti; si componevano versi in gallego, non in castigliano, e fu sul punto di divenire lingua nazionale spagnola, analogamente a quanto accadde in Francia tra la “langue d’oc” e quella “d’oil”.
Santiago, Giacomo
Obbligata a emigrare, la laboriosità dei Gallegos edificò ricchi palazzi a Cuba e a Buenos Aires (ove gallego è sinonimo di spagnolo) popolò di politici, Guardias Civiles e ristoratori Madrid e gran parte della Spagna, mentre nella terra natìa sopravviveva radicatissimo il sentimento religioso originato da una leggenda.
Le spoglie di Santiago (San Giacomo), miracolosamente ritrovate agli inizi del IX secolo dove oggi sorge Compostela, richiamarono torme crescenti di pellegrini fino a costituire un grande evento della cristianità, il Camino de Santiago, che rappresentò per secoli un viavai di cultura e religiosità colleganti lontane città europee ad un remoto angolo di Spagna. Lungo il Camino sorsero eremi e cattedrali, palazzi e università, ospedali e conventi per ospitare i pellegrini con la conchiglia di San Giacomo, divenuta il simbolo di un risveglio di menti e coscienze forse più importante di quello turbato dagli eccessivi connotati mercantili dalle Crociate.
Da circa un trentennio il Camino è sempre più affollato, soprattutto nell’Anno Santo Compostelano quando il 25 Luglio, giorno di Santiago Apostol, festa nazionale spagnola, cade di domenica. Accade nel 2004 e c’è da prevedere che, oltre a quelli giunti a piedi e in bicicletta, passerà sotto il Portico de la Gloria anche qualche “peregrino” sbarcato dal Transcantabrico.
Tra oceano e monti, un clima bizzarro
Terza motivazione per definire “altra Spagna” le regioni del nord ovest, la meteorologìa. Raramente esistono giorni belli o giorni brutti, pioggia continua o sole costante: differentemente dalla accecante “meseta” della Mancha, dalle assolate spiagge mediterranee, la Cornisa Cantabrica dispensa quotidianamente quasi tutte le bizzarrie elencabili in un bollettino meteorologico.
Dall’Atlantico provengono l’umidità e le nubi che assicurano un perenne verde “svizzero” ai monti delle Asturie ricchi di foraggio, bestiame e mele; per quanto riguarda il frutto, è davvero un peccato non assistere ai festeggiamenti autunnali dedicati alla nuova “sidra”, lo spumeggiante succo di mele che delle Asturie è bevanda nazionale.
Ma dall’Atlantico tira anche deciso quel vento che spazza cirri e cumuli, lasciando spazio a luminosi raggi di sole. Sono indubbiamente meno numerose le giornate serene rispetto a quelle bagnate dal “sirimiri”, la fastidiosa pioggerella che si infila anche su per il naso e non a caso certi angoli di Bilbao ricordano le brumose stradine di Plymouth o di Bristol; ma chi ama gli squarci di cielo azzurro prima o poi è accontentato.
Tanto infrangersi di onde atlantiche ha scavato profonde insenature, è indubbia la somiglianza tra le “rias gallegas” e i fiordi norvegesi, ha plasmato spiagge uniformi e maestose, le sabbiose distese tra Laredo e Santoña, quelle contornanti Llanes e Luarca.
E la “buona tavola”, dove la mettiamo?
L’orografia della Cornisa, alti monti a ridosso del mare, produce fiumi e torrenti ricchi di trote e salmoni (un tempo paradiso di pesca per il deprecato “Generalisimo”) e porti pescherecci assai riparati, oggi attrazione turistica, come Cudillero, Luarca, Ribadesella, oltre che gastronomica (e chi viaggia sul Transcantabrico, con i pasti principali serviti in ristoranti selezionati, ne trarrà piacevole sorpresa).
La cultura della buona tavola, con tutto quel ben di dio di pesce e frutti di mare elargiti dall’Atlantico, è universale in Galizia, Asturie e Cantabria per divenire epicurea ossessione nei Paesi Baschi, con le loro “Sociedades Gastronomicas”, circoli i cui soci si esibiscono nell’elaborazione di piatti ricercati.
A fronte della raffinatezza basca, un menu gallego si rivela estremamente semplice: si pensi alla saporita ma umile “empanada”, carne o tonno sminuzzati e avvolti in un involucro di pastafoglia, ma prelibata; basti pensare alle tante varietà di frutti di mare (tipici i succulenti “percebes”) e crostacei: eccellente la carne del centollo (granseola) e del “buey de mar” (granchio gigante).
Se a tanti piatti elaborati i Baschi alternano vecchi piatti popolari (il “marmitako”, minestra di tonno e patate, il “bacalao a la vizcaìna”, baccalà ammollato con peperoni e cipolle) non sono da meno gli Asturiani con una cucina marinara tradizionalmente votata alla “terra”! Per esempio la “fabada”, una vera e propria sfida al colesterolo affrontata con fagioloni bianchi, salsiccia, lardo, guanciale e sanguinaccio.
Chi, insoddisfatto, cerca ulteriori sapori forti, chiuderà il pasto con il potente “cabrales”, un forte formaggio, tipo Gorgonzola, di latte di pecora. Ma non si spaventi il viaggiatore del Transcantabrico: prevista a metà viaggio la cucina asturiana non risulterà indigesta nemmeno d’estate, sia per il ricorso a piatti di pesce, sia per il fresco clima del Principato.
Paesaggi e monumenti. Binomio perfetto
Oltre alle bellezze paesaggistiche e ai piaceri gastronomici, la settimana turistico-ferroviaria propone opere d’arte e monumenti di assoluto valore: dall’argentea mole del nuovissimo Museo Guggenheim di Bilbao, al trionfo del barocco nella Plaza del Obradoiro a Santiago de Compostela; dagli eleganti palazzi del lungomare di Santander al genio di Gaudì a Comillas. La grande sorpresa è poi costituita dai capolavori del romanico nelle Asturie e in Cantabria.
Come si suole dire, la Collegiata di Santillana del Mar – cittadina tanto ricca di secolari e storiche case nobiliari da pensare che sia finta – e la pre-romanica Santa Maria del Naranco, affacciata sulla nobile Oviedo, valgono il viaggio.
L’emozione nel visitare questo monumento aumenta se si fa riferimento ai secoli bui in cui fu concepito – dopo aver respinto i “Moros” a Covadonga nel 722, Don Pelayo si dedicò ad abbellire il suo regno – e ci si sofferma su alcuni elementi decorativi provenienti dalla lontana cultura bizantina.
Se il colto viaggiatore del Transcantabrico non fosse ancora soddisfatto dello splendido romanico ammirato alla partenza da Leòn, nessun problema: all’arrivo del treno-albergo a Compostela, dopo una settimana di un viaggio diverso e intelligente, sarà accompagnato in visita nella cattedrale, meta finale del Camino de Santiago e sepolcro dell’apostolo “Matamoros”.
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