La mia gita a Torino la metto nero su bianco. Perché si parla di una trasferta in una città importante alla quale sono oltretutto legato da mie vicende personali. A Torino posso infatti risalire nella ricerca delle mie radici. Di Torino era mio nonno materno anche se le origini della Gens Bonomica, come da tomba quasi mausoleo nel locale cimitero, conducono a Porlezza, nordica località del Ceresio. Quanto a me, sembra che l’idea di portarmi a nascere a Torino si dovette alla aficiòn alla città più che all’esistenza di un prozio primario ginecologo.
Comunque sia, fortunatamente a Torino non nacqui ‘gobbo’, laddove le virgolette spiegano che non si tratta di malformazione fisica bensì del termine spregiativo omaggiato dagli aficionadosai correligionari calcistici di Lapo (si parla di quella ‘Giuve’ tanto maldida dal mai troppo amato Helenio Herrera).
E doppiamente meno male, perché, se bianconero fossi nato, oltre a dovermi immantinente suicidare – in tal modo togliendo uno juventino dalla circolazione – non sarei potuto tornare a rivedere la mia città in compagnia di Gian Paolo Ormezzano. Perché il mio paìs Gpo è veracissimo torinista doc, ma che dico, è Vate, Spirit, Lider Maximo dell’Orgoglio Granata nonché, in subordine, tanto eccelso giornalista e pensatore da aver meditato e scritto il Vangelo del Vero Anti Juventino.
Eccoci dunque in piazza Castello, in una sorta di vertice dei 2 Gian Paoli, pronuba la comune crociata contro il Satana Calcistico. Vissuta in differenti contesti. Sadomasochista, la resistenza di Gpo, serenamente sopportante una minoranza cittadina di impuniti lupi travestiti da agnelli razzianti partite à gogò.
Combattuta su due fronti la mia battaglia, perché – ebbene lo ammetto – pure io tifai toro, fin quando, giovinetto, in un derby a San Siro restai folgorato sulla via nerazzurra di Damasco e fu così che, tra giovanili sentimenti granata e nuove antipatie mutuate dal già lodato HH, la Juve mi sta sulle palle come se non più di quanto occupa gli attributi dell’altro Gian Paolo.
Risulta più prolungata del previsto la sosta in piazza Castello. Vuole il caso che proprio davanti al Granata Store (ovvi ricordi del Grande Torino, maglie calze e tute ufficiali, gagliardetti e posacenere, tori rampanti col pallone tra le corna, sia situato lo storico non meno che magnifico Caffè Mulassano.
Lì giunti si disquisisce col barman sulle differenze tra il Carpano e il Punt e Mes testè degustati,Gloriae Loci della vita torinese. Non meno tradizionale – ma meno noto ai forestieri – è ilBicerìn (cioccolata, caffè e panna) che degusterò al caffè Nuovo Talmone (che bella, tanto tempo fa, quella tenera affiche dei due teneri vecchietti con la tazzina di cacao).
Lasciata piazza Castello l’altro Gian Paolo mi scorrazza per la città e grande è il mio piacere ammirando storiche strade (quella via Po, che più torinese di così …), ampie piazze e spaziosi viali contornati da palazzi e magioni assai ben ripuliti, ristrutturati, ripittati, ripresentati. Tutto merito dei soldi delle Olimpiadi Invernali, l’evento che trasformò Torino da zucca in carrozza.
Oltre alle magnificenze di un’architettura deliziosamente francesizzate (mansarde, ardesia, gallerie, eleganti caffè che Milano se li sogna) Torino documenta e testimonia l’importanza (anzi la leadership) della cucina locale con Eataly, fenomeno della gastronomia oltre che ulteriore spunto per correre a visitare la capitale del Vej Piemont. Descriverlo? Elementare Watson: trattasi di una festa di palato, occhi, olfatto (ahhh.. si degusta carne cruda, tagliata al coltello) e quant’altro vivaddio crea i presupposti del nobilitante edonismo.
Nello scorrazzamento torinese Gpo mi ha portato a vedere dove fu travolto il beatnik granataGigi Meroni, la birreria in via Pietro Micca in cui fu fondato il Torino (3 dicembre 1906)più sospiri sotto quel che resta (monumento volutamente salvato) di una curva del Filadelfia, stadio, anzi tempio, del Torino che fu Grande. Anzi grandissimo.
La versione integrale del testo nel sito www.gianpaolobonomi.it col titolo “Ciao Turin! Tra caffè, Punt-e-Més, Bicerìn e vecchio cuore granata”
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