IL MITO DELLE COLONNE D’ERCOLE (miniguida, nella foto di copertina, Gibilterra)

Gibilterra dall'aereo

Gibilterra dall’aereo

Non è assolutamente vero che i miti siano soltanto eteree storielle, nient’altro che aria fritta. Niente nasce dal nulla. I miti contengono fatti realmente accaduti (vabbè con un’incerta percentuale di vero e di inventato, ma questo accade anche oggidì leggendo le vicende di politica e di nera sui giornali nostrani) ed è pertanto giusto che entrino a pieno titolo nella Storia (con la S maiuscola, fosse solo per distinguerla dalla storia della vita di Totti).

E veniamo al mito, anzi, alla Storia delle Colonne d’Ercole alias Stretto di Gibilterra. Per inciso –visto che oggidì si vive solo di termini anglosassoni, classifiche e Hit Parades- si tratta del Number One degli Stretti del Globo, del leader indiscusso in una ideale classifica (basata su importanza storica, geografica, etnologica) che vede assai staccati tutti gli altri Stretti, dai nomi ancorchè importanti: Drake, Bering, Magellano, Drake, Malacca, Messina, Dardanelli.

Ma le Colonne d’Ercole (denominazione geografica del copywriter Dante Alighieri, Inferno XXV, 32, e XXVI, 108) volete mettere? L’identikit del loro titolare è a tutti ben noto, ma non si sa mai, eppoi repetita juvant.

Ercole o Eracle nacque a Tebe, figlio di Alcmena, moglie di Anfitrione e di Giove (anche nella Storia, come sull’attuale stampa rosa, il padre non è mai certo), sopportò le ben note dodici fatiche ma soccombette alla gelosia della moglie Deianira (che lo fece fuori facendogli indossare un peplo intriso del sangue del centauro Nesso).

Salito sull’Olimpo, adottato da Giunone, divinizzato e sposatosi con Ebe, dea della giovinezza, Ercole trovò pure il tempo di sistemare due colonne a chiusura dello Stretto congiungente il Mediterraneo con l’Atlantico, per impedire ai mortali di spingersi nel grande Oceano (paura che andassero a spassarsela nella non distante –secondo Platone- Atlantide?).

Un implicito divieto di andare oltre, contravvenuto da Carlo V, che su due colonne dello stemma imperiale (oggidì presente nella bandiera spagnola) volle ben scritto un deciso non meno che polemico Plus Ultra. La deontologia vuole però che lo scriba aggiunga un’altra versione (letta nel bel Museo Cittadino di Ceuta, visitarlo) sulla presenza delle Colonne: si tratterebbe soltanto i mozziconi dei monti Calpe/Gibilterra eAbyla/Ceuta, distrutti da un attacco d’ira di Ercole che causò la separazione di Europa e Africa. Come sempre, di verità ne esistono due.

Tarifa, Punta Europa.

Tarifa, Punta Europa.

Quanto allo Stretto di Gibilterra, si sappia che l’europea Punta Canares e l’africana Punta Cires sono separate da soli 13 km di acque profonde mediamente 500 metri e mosse da forti correnti. Il tutto sotto l’occhio vigile delle due Colonne, erette da Ercole in una posizione così bislacca (se si parla di politica internazionale) certamente prevista dal suo costruttore: quella europea, la Rocca/Peñon, 423 metri, svetta su una colonia inglese in terra spagnola, mentre, dirimpetto, la colonna africana, il monte Hacho, 204 metri, fa parte dei 19 kmq (per 70.000 abitanti) concessi dal Marocco alla enclave spagnola di Ceuta.

Se la geografia non ha registrato grosse variazioni, dai tempi di Ercole la Storia delle Colonne è invece cambiata, nonostante i divieti di traffico imposti dal costruttore.

Oltre ai Tartessi andalusi (mitici secondo alcuni: tutte balle, esistettero davvero eppertanto entrino anch’essi a pieno titolo nella Storia) percorsero lo Stretto i Fenici (non senza aver precedentemente fondato Ceuta), i Romani, i Vandali ecc. ecc. finchè, nel 711, fu il turno del Raìsarabo-berbero Tarik Ibn-Ziyad che non si limitò a percorrere lo Stretto ma lo attraversò, per occupare la Spagna dopo aver sconfitto il re visigoto Roderico (in premio gli si intitolò una Colonna, Gebel El Tarik, la montagna di Tarik, da cui Gibilterra). Di nuovo europee (Ceuta fu riconquistata ai Moros dai Portoghesi nel 1416, Gibilterra dagli Spagnoli nel 1462) da qualche anno le due Colonne assistono alle tragedie dellepateras, le zattere -inseguite dalla Guardia Civil- trasportanti i disperati del Terzo Mondo verso i consumi del Vecchio Continente ammirati alla tivù.
La Storia –e i miti che ne fanno parte- non riservano mai un lieto fine.

Scheda pratica
Sulla costa africana dello Stretto (più a ovest, Tangeri, a circa 50 km) Ceuta merita un soggiorno di un paio di giorni (accogliente il Parador, custodito da antiche mura e fortezze). Oltre al Museo Cittadino, con magnifici reperti romani, si visiti quello della Legione Straniera spagnola (bandiera del Tercio de Lombardia di Filippo II) poi si salga alla Fortaleza del Hacho (vista sullo Stretto) e ai Baluartes Exteriores. Una pacchia per i gastronomi: squisiti i pesci dello Stretto per l’effetto imbuto delle correnti.
Sulla costa europea, non esaltante la parte orientale (Algeciras è solo un trafficato porto di ferry, mentre l’antistante Gibilterra merita una salita sulla Roccae intriga chi legge molta Storia, ma attenzione alla lunga fila in uscita, dovuta ai litigi ispano-britannici sulla sovranità). A ovest , bella Tarifa, sulla Punta Marroquì o de Tarifa (il centro abitato, all’estremo sud dell’Europa, è dominato da una possente fortezza espugnata da Guzmàn El Bueno). Splendidi i quasi 10 km di spiaggia che termina a Ensenada de Valdevaqueros –più oltre, deviazione per Cabo Trafalgar- con buoni alberghi 2* e 3* dal quasi perenne tutto esaurito (siamo nella mecca del windsurf).

per mondointasca.org 2008