da… Brindisi – San Foca – Valle dell’Ittria – Castellana Grotte – Galatina (nella foto di copertina, una Tarantolata…) – Nardò – Castro – Melendugno – Corigliano – Calimera – Martano – Sternatia – Zollino…

il castello di Corigliano d'Otranto

il castello di Corigliano d’Otranto

Salento: terra di sorprese e meraviglie … Paesaggi, storia, cultura, buon cibo sono gli elementi che caratterizzano la Puglia e il Salento. Non da meno è l’accoglienza e la capacità dei suoi abitanti di saper sfruttare, per il “business”, i suoi tesori: il sole, la terra, l’arte, il mare. Il viaggio di Mondointasca nella Puglia salentina comincia da San Foca…                               1ma puntata………

Ben al corrente che il polemico derby Nord – Sud non è invenzione leghista bensì vige dai tempi dell’Unità del Belpaese ed è giocato ovunque esistano i due succitati punti cardinali, rischio il licenziamento in tronco commentando su questo baldo web magazine (il cui editorpadrone ènordista pugliese in quanto di Foggia) che la parte più bella della oraziana Apulia è quell’estremo Sud popolato da quei (tali sono, pure per l’editorpadrone, vedi sopra) terùn del Salento. E che il Salento intrighi per paesaggi, storia, mangiare & bere e quant’altro, non lo dico soltanto io, umile scriba di gite, bensì possono confermarlo i vacanzieri utenti di alberghi, masserie, B&B recentemente creati dagli imprenditori turistici salentini (che guarda caso fa rima con levantini, e tali sono, non solo geograficamente bensì pure per capacità nel business).
Mica per niente rispondo immantinente Sìgnorsì!, come un soldatino, ogni volta che (e per mia fortuna accade abbastanza sovente) mi viene proposto di partecipare a un cosiddetto eductour (alla mia età, eppur ancora da educare!) in quello che, in tempi non sospetti quindi ben prima del Bossi, era forse un filino dispettosamente chiamato il Tacco d’Italia. Ah rieccomi, quindi, arruolato dalla Carmen Mancarella (terùna, si, di – ma che bel nome la località della sua residenza – Cavallino, ma più fattiva ed efficiente di un’altoatesina) in una gita in cui dovrò “vedere e imparare eppoi scrivere” (meglio la prolissità che quel eductour che sa tanto di agenzia di pubblicità yankee minded).

Comincio pertanto la narrazione.

Galatina, santa Caterina di Alessandria

Galatina, santa Caterina di Alessandria

Parto da Linate con volo AZ per Brindisi e (abitando a Milano) il fatto di non dover ricorrere a rifocillamenti al bar mi evita sensibili incazzature. Mi adonto infatti in altri aeroporti, ad esempio a Bergamo, laddove pagando una (almeno per me, alta) cifra per un panino e un bicchier di vino penso subito alla rapacità del bar, non senza temere che possano contribuire all’alto costo anche le mazzette slungate per poter vendere dentro l’aerostazione cose mangerecce, bevande, souvenirs e mutande firmate.
A bordo della ex compagnia di bandiera scopro piacevolmente che (chissà se per gentile concessione dei Qatarioti nuovi padroni della AZ) i volti delle belle hostess non sono oscurati dal Niqab. O forse trattasi soltanto di una tolleranza eccezionalmente accordata sui voli nazionali, ivi inclusa quelli diretti verso la Puglia Saudita (così io definivo la sua terra – ottenendone una contestuale non meno che scontata e bonaria incazzatura – al mio grande amico Mimì Ricapito, mio fraterno dubàt leccese …. che la terra – come diceva il Giuanìn Brera – gli sia lieve).

Brindisi, S. Maria del Casale tra santi e crociati
E nel dolce ricordo di Mimì eccomi a Brindisi. Laddove – anticipo brevemente il finale della gita – prima del volo di ritorno a Milano riuscirò finalmente (era trascorso tanto tempo) a rivisitare, a pochi passi dall’aeroporto (5 minuti a piedi, non la tralasci chi ha un po’ di tempo in arrivo o partenza), la storica chiesa di Santa Maria del Casale. Una chicca romanico – gotica, fine XIII secolo, in cui – dicesi – pregarono San Francesco e gli ultimi crociati. Gente in generale abbastanza pia, ancorchè alcuni avessero da ripulirsi da certi peccatucci, vedi i reduci dalla IV crociata, che per pagare il nolo ai veneziani dirottarono le navi su Bisanzio mettendo a ferro e fuoco l’odierna Costantinopoli. Non senza fregarsi – a gentile richiesta del doge Enrico Dandolo – magnifiche opere d’arte, tra cui, la più celebre, la quadriga di bronzo dorato che si ammira sulla facciata di San Marco (n.b. trattasi di una copia, da quasi 40 anni l’originale è stato trasferito nel museo della basilica).


Prima tappa San Foca

Meno complicato, e ancor meno storicamente deprecabile appetto alle suesposte vicende della IV crociata, il mio trasferimento da Brindisi a San Foca predisposto dalla succitata, e sullodata, Carmen. Già, San (e non santa, meno male, con quel riferimento al mammifero marino) Foca, e parafraso la famosa domanda di don Abbondio chiedendomi, chi era costui? Ma non ho tempo per compiere pie ricerche su santi e beati imperocchè appena giunto in questa località balneare (capitale Melendugno) divento oggetto di assiduo e attento coccolamento da parte della signora Ornella (troppo) gentile proprietaria del B&B Lungomare (di nome e di fatto).

Torri di avvistamento volute da Carlo V

A Martano, dall'agave di Naturalis elisir di lunga vita (sembra il Messico....)

A Martano, dall’agave di Naturalis elisir di lunga vita (sembra il Messico….)

Il tempo di arrivare a San Foca e – da vecchio aficionado alla storia – decido che la località mi piacerà ammirando una delle torri di avvistamento (oggi sede della Capitaneria di porto) che il da me amato (in quanto creatore dell’Imperio de España) Carlo V volle lungo la costa adriatica pugliese affinchè potesse essere urlato col massimo anticipo Mamma li turchi!!!!! (Un grido d’allarme che, ahiloro, a poco servì nella vicina Otranto, laddove i maomettani accopparono ben più cristiani di Bin Laden).
Partiranno pertanto da San Foca, località per tanti decenni a me colpevolmente ignota, le mie gite quotidiane sponsored by Carmen nel suo Salento e nel Nord di quello che definirei il Chiantishire della Puglia (imperocchè non credo proprio che possano vantarsi di essere salentini quei polentoni di Castellana Grotte, e non parliamo poi quei nordisti dei foggiani ….).

1° 9/4/15 …. continua giovedì 16 aprile.

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2° LA PUGLIA “DI SOTTO” E I PIACERI DELLA TAVOLA

Il nostro tour nella Puglia salentina continua, questa settimana, con la visita alle Grotte di Castellana, meraviglioso complesso di cavità sotterranee tra i più belli e spettacolari d’Italia. Non senza assaporare i piatti della cucina tradizionale pugliese e salentina

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Il tipico paesaggio delle campagne della Valle dell’Itria
Nella precedente, prima, puntata ho narrato il viaggio da Milano a San Foca (la Capo Canaveral, nel senso di base di lancio, delle mie quotidiane eductouranti visite nel Salento) raggiunta dopo volo da Linate a Brindisi eppoi, mediante transfer predisposto dalla Carmen (Musa concertante la gita degli scrittori turistici) al B&B Lungomare (di none e di fatto) della citata località posta sul Canale d’Otranto (o è ancora Adriatico? mah!).
Nel precedente scritto ho pure anticipato la fine della gita rivisitando la storica (fine XIII secolo) chiesa romanico – gotica di Santa Maria del Casale, giusto fianco all’aeroporto brindisino ….

Grotte di Castellana: spettacolo della natura…
Inizio pertanto la vera e propria narrazione dell’escursione nel Salento, cominciata, però, con la visita di due località che (per quel che ne so, e consultando le mappe) in termini rigorosamente geografici, proprio Salento doc non è. Ma nei viaggi vale, come in politica, l’antica massima Ubi Maior Minor Cessat, eppertanto sembra ovvio (anche se in cucina c’è chi preferisce servire il Dulcis in fundo, e se si parla di musica il Galop Finale) che la Musa Carmen (per inciso direttore del travel minded magazine mediterraneantourism.it) esordisse nella programmazione con le Grotte di Castellana e Alberobello. Come arcinoto, due Highlights (direbbero le guide che se la tirano) di assoluto valore non solo del turismo nazionale e fiore all’occhiello del turismo nelle Puglie.
Mancavo da molto tempo dalle Grotte di Castellana e temevo di soffrire un’incazzatura turistica, a causa del miserrimo stato, se non di abbandono quantomeno di trascuratezza, in cui si trovano molti eccelsi monumenti del Belpaese (leggo sovente del troppo cemento iniettato a Pompei e antànnotai di persona la precaria presentazione dei superbi mosaici romani di Piazza Armerina).

La Grotte di Castellana – evviva! – invece no.

Le grotte di Castellana

Le grotte di Castellana

Non solo le ho trovate ben migliori di quando le ammirai per la prima volta (e vabbè, solo qualche anno prima avrei assistito in diretta alla loro scoperta, 1938) ma ho pure piacevolmente constatato che nei loro immaginifici spazi si godono artistici spettacoli (Hell in the cave, l’Inferno di Dante e – chissà che aulici suoni – financo concerti). Per chi non ci fosse ancora stato, le Grotte di Castellana si aprono nelle Murge sud orientali e sono situate alle porte della Valle dell’Itria, a poca distanza da borghi altrettanto particolari come Alberobello, Cisternino, Polignano a Mare.
Verificando tanto appeal turistico capisci il record di 250.000 visitatori nello scorso anno (godenti un intrigante tour sotterraneo con termine nella Grotta Bianca, ciliegina finale della visita che, come scrivevano le vecchie guide viaggiatorie, “vale il viaggio”).
Più scientificamente, seguendo la brava guida tra stalattiti e stalagmiti e ricordando le non meno celebri Grotte di Postumia, situate laddove l’Adriatico ha termine nel golfo di Trieste, penso alla stramberia di questo mare a me caro, con quei bislacchi fenomeni carsici che contraddistinguono le terre contornanti.

La cucina pugliese salentina

Ma prima di narrare Alberobello segnalo (ogni tanto qualche lettore prende nota) che si è provveduto a Mangiare & Bere (che sarebbe poi l’enogastronomia) con buoni piatti del posto, al Park Hotel la Grave dopo il giro nelle Grotte, e, la sera dell’arrivo, all’hotel Belvedere a Torre dell’Orso (che parimenti a San Foca ha per capitale Melendugno). Un vedere invero bello, quello goduto da questo moderno e pure luminoso hotel, assegnato dalla Musa Carmen agli scrittori turistici più Vip e a chi – accreditandosi forse eccessive eccellenze professionali – non riteneva acconcio doversi coricare in un anonimo B&B. Ai piedi del Belvedere ammiro infatti una delle poche spaziose e lunghe spiagge della costa adriatica salentina, così irregolarmente frastagliata da rocce e dirupi – tante, quindi, mini spiagge e calette – da far pensare financo alle White Cliffs, le bianche scogliere di Dover.
Mangiare & Bere nel Salento, dicevo (o, come detto, enogastronomia nella prosa degli scrittori turistici à la page, fa tanto chic, e comunque quel che conta è pappare a sbafo). Una pacchia per il palato, peraltro ovvia in una regione, si sa, vocata alla coltivazione della terra, non parliamo poi della vite, da cui innocenti non meno che gioiosi piaceri per il mio umile ma allenato palato (ancora un po’ e saranno tre quarti di secolo che giro il mondo mangiando & bevendo).

Viva le Orecchiette i Lampascioni e i vini Rosé
Eccomi degustare gaudiosi primi piatti (ça va sans dire le pugliesissime orecchiette con ovvie cime di rapa), sapide carni pertanto non di vitellone (non si vive solo di fettine di fesa al burro più sette gocce di limone, come usano i miei amici novaresi) e beninteso – viva i lampascioni! – verdureà gogò (mica per caso il 70% dei fruttivendoli milanesi proviene dal Salento e dintorni).

Quanto ai dolci, faccio la conoscenza del rico (direbbero gli spagnoli)Pasticciotto Leccese (crema pasticcera in pastafrolla) mentre, per i vini, in Puglia godo molto quando mi capita (e per fortuna le occasioni non sono mancate) di assaggiare uno dei loro Rosè. Nutro infatti una certa passione per questo vino, in Italia, ahilui e ahimè, poco valutato.

Ma lo spazio sindacalmente accordatomi dall’editorpadrone (ancorché si tratti di cantare la sua Puglia natale) è esaurito eppertanto sposto Alberobello alla prossima puntata.
(16/04/2015)

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3° SALENTO ….. ALBEROBELLO E IL MISTERO DEI TRULLI

Il nostro tour in Salento giunge questa settimana al suo terzo episodio. Oggi venite con noi ad Alberobello, paese nominato Patrimonio dell’Umanità che gode della protezione dell’UNESCO. Qui, tra cultura e succulenti piatti culinari, c’è spazio anche per leggende e misteri

Nella Grecìa (accento sulla A) salentina ... sembra ovvio....

Nella Grecìa (accento sulla A) salentina … sembra ovvio….

Terza puntata della Gita nel Salento degli scriventi di Viaggi & Turismo arruolati dalla Musa Carmen con l’ordine di vedere eppoi narrare la sua terra davvero bella (tant’è che vi sono tornato). Nei due precedenti scritti oltre al trasferimento da Milano a Brindisi eppoi al Campo Base (di lì partiranno le mie esplorazioni nel Salento) fissato al coccolante B&B Lungomare di San Foca (Melendugno) ho descritto, lodandolo, il bel panorama che si gode dal vetrato hotel Belvedere (areopago degli scriventi più doc, vip e chic della gita) a Torre dell’Orso (capitale, sempre Melendugno) e infine raccontato la Magìa delle Grotte di Castellana, “stranamente” assai ben curate (visto lo scempio che si commette a danno di tanti altri bei monumenti turistici del Belpaese, e adesso sembra che vogliano pure coprire il Colosseo, tanto per scimmiottare il Madison Square Garden di New York ….).

Alberobello, Patrimonio dell’Umanità

Entrato finalmente in cronaca diretta, da Castellana vado ad Alberobello, un’altra Highlight, o (meglio parlare come si mangia) chicca del turismo pugliese davvero Magica (anche se l’ho già detto delle Grotte). Solo che, mentre sul futuro Magico di Castellana nutro pochi dubbi (mica facile andare a fare danni financo sottoterra, e per certo gli shows dentro le Grotte non oltrepasseranno il lecito), sull’avvenire di Alberobello non nascondo qualche timore. Mi conforta però l’importante dettaglio che da anni la località è divenuta un Patrimonio dell’Umanità e la Protezione dell’Unesco mica vale quella a capocchia di qualche nostrano ministero, fosse anche del Turismo, o dei Beni Culturali, e financo di …. tutt’e due messi insieme.
Il motivo dei miei stolti dubbi sulla possibile (siano perdonati i neologismi) Turisticizzazione alias Disneyzzazione di Alberobello? Si tratta soltanto di una vaga sensazione, eppure, aggirandomi tra il rione Monti e l’Aia Piccola, medito su quei cartelli, pubblicità, annunci, Affittasi, e soprattutto mi spaventano i Vendesi, che sanno tanto di Real Estate, di quell’affaristico business presente nelle località (dicono i bravi gazzettieri turistici) esclusive, diventate di moda, posti, per intenderci, tipo Chiantishire.

A Galatina, la meraviglia di santa Caterina di Alessandria

A Galatina, la meraviglia di santa Caterina di Alessandria

Ad ogni buon conto lascio questa grande attrazione della Val d’Itria abbastanza sereno, per l’usbergo dell’Unesco e per la buona conoscenza che possiedo dei pugliesi, e in subordine dei salentini, gente la cui origine contadina (e pure levantina, concretezza nel badare al sodo) sa bene che non è il caso di accoppare una gallina (in ‘sto caso turistica) dalle uova d’oro.

Il mistero dei Trulli
Ma anche stavolta mi congedo da Alberobello (e da tempo la faccenda mi intrigava, che schifo la pigrizia) senza aver approfondito il – per me – quasi mistero dei simboli sui trulli. Se non che, fortunatamente, a proposito del loro significato, mi arricchisco di molte info grazie al “dotto” dèpliant /menu di un ristorante cittadino (!). Prima di succulente tentazioni note anche come purè di fave con cicoria e strascinati integrali al pomodoro, è infatti spiegato che esistono Simboli Primitivi (e c’è pure una Menorah, curiosamente ma non meno che correttamente definita “candeliere ‘settemplice’ ebraico”), Simboli Cristiani (tra cui un’ostia ‘raggiata’ con la scritta IHS Jesus, che ricorda tanto l’emblema dei Gesuiti) e infine i Simboli Magici (disegni variè assai simili agli Hierros, i marchi delle a me care Ganaderias, allevamenti spagnoli di tori da corrida). E non ho esagerato definendo “dotto” il dèpliant/menu del ristorante di cicoria & strascinati (al secolo Il Trullo d’Oro, te pareva) datosi che, oltre alla esauriente spiegazione (e riproduzione) dei Simboli trullici è pure pubblicato “Un salto nel passato” di Alberobello (tratto, precisa con giusta correttezza il ristoratore, da “Alberobello, la nostra storia a fumetti”, edizioni Aga 1994).
Un passato abbastanza remoto in quanto risalente al medio evo, con Arburbella o Silva citata nel Codice Diplomatico Barese riportante l’ordine di re Roberto di Napoli al Giustiziere di Bari (!) di “far rispettare i diritti del bosco di Arburbella”. E da quel che si capisce trattasi della solita vicenda storica medioevale, tipo Robin Hood, del popolo vessato dal feroce feudatario (in combutta col Giustiziere di Bari, che dell’ordine se ne fregò) e del bravo re che al popolo rese giustizia (ma invito la cortese aficiòn lettrice di credere solo fino a un certo punto a queste, appunto, storie imperocchè da sempre i potenti hanno fatto pappa & ciccia, e il popolo, lasciamo perdere).
Poi, ad Alberobello, vennero i trulli.

Prosegue la settimana prossima la gita combinata dalla Musa Carmen.
(23/04/2015)

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4° LA GITA STA FINENDO ARRIVEDERCI SALENTO

Quarta ed ultima puntata della nostra gita in Salento. Dopo le Marine di Melendugno, Castellana Grotte, Alberobello e Galatina, oggi vi porteremo in due località pugliesi poco conosciute: Nardò e Castro

Zollino ... bel Liberty all'Agriturismo Samadhi

Zollino … bel Liberty all’Agriturismo Samadhi

I faraglioni di Torre Sant’Andrea
Ho già spiegato all’attento lettore (e spero tanto che l’uso del singolare si riferisca al gergo giornalistico e non alla quantità dei miei aficionados) che la colpa del dover ricorrere a ben tre puntate per descrivere quanto visto nel Salento non è stata tanto dovuta a una mia (peraltro innegabile, ebbene sì, lo confesso, e mi scuso) prolissità quanto alle numerose ‘belle cose’ che ma Musa Carmen ci ha portato a vedere (nel mio caso ri-vedere, se non ri-ri, essendo la Puglia troppo bella).
Ma Panta Rei, tutto scorre, nel senso che tutto ha, non un (ormai mica si va più al sodo, basta solo dare aria alla bocca, vigono i blablabla, aria frittaepperò divenuta social) fine, bensì, ahimè, tutto ha una fine. E chiarisco che, dopo le Marine di Melendugno, Castellana Grotte, Alberobello e Galatina (e tralascio Lecce, nel senso che non la descrivo perché già nota a chi si vantasse di essere buon viaggiatore) non è che si esauriscano le tantissime bellezze del Salento (per vederle tutte ci sarebbe da stare qui qualche mese).
Si esaurisce, invece, il tempo a disposizione degli scrivani turistici (ormai lequattro paghe per il lesso sono ahinoi ulteriormente diminuite e si lavora sempre più per sempre meno, o financo per niente, e vabbè, da cui il ridursi a scrivere persino i bollettini parrocchiali, quantomeno ci scappa una benedizione) mentre escludo un esaurimento della pazienza (continua a sorridere, e genuinamente) e tanto meno delle forze della Musa Carmen (ma quanto si sbattono questi salentini).
Ma non disperi il (spero non unico, già detto) lettore. C’è ancora spazio per qui descrivere quanto visto, sentito, notato (nonché sbafato & bevuto, l’appetito di chi descrive i viaggi è inferiore soltanto alla onnivoracità dei giornalisti di tennis in visita a una fabbrica di magliette, ne ricordo uno che – in piena Intifada – dovendo vestire un po’ di figli finì per essere chiamatoArrafàt ….).

Le due chicche turistiche di Nardò

Eccomi alle prese con Nardò e Castro, ma prima racconto il mio evviva alla vista (sono ritornato sul Canale d’Otranto, dopo una puntata sulla costa ionica) dei Faraglioni di Sant’Andrea, roba fina, se si parla di paesaggi turistici, per non parlare della susseguente visita a Roca Vecchia, definita dalla Musa Carmen la Micene del Salento. Un valido sito archeologico, fu anche scalo marittimo, che va obbligatoriamente visitato per ammirarvi una piscina naturale tanto bella da essere finita sul National Geographic Magazine e non dico altro.
Più che per il ricco barocco di chiese e alcuni edifici cittadini, Nardò (dalla natura alquanto curiosa, la messapica Naretòn sorse su un territorio paludoso, non comune nel Salento) mi è piaciuta assai per due chiccheextra moenia tanto inaspettate quanto diverse. La prima, fianco alla strada verso la marittima Santa Maria al Bagno, è consistita in una suite di belle magioni, eleganti residenze di campagna dei sciur (vescovo compreso), dai vari e tanti – e tutti per me piacevoli – stili architettonici fioriti nell’’800 e nel primo ‘900. Seconda chicca, ancor più impensabile e invitante a una seria meditazione storica, il Museo della Memoria e dell’Accoglienza sul lungomare di Santa Maria al Bagno. E detto tra noi, un abbastanza buon conoscitore (tale mi ritengo, e non solo per aver visto Exodus) delle recenti vicende storiche degli israeliti nella Seconda Guerra mondiale, mai avrebbe pensato di trovare in un borgo marittimo sul Mar Jonio un (molto) interessante Centro di documentazione di quanto accadde nella zona tra il ’43 e il ’47 a migliaia di ebrei diretti verso la futura Israele.

Castro: una bellezza arroccata sul mare

Altrettanto sconosciuta, e quindi inaspettatamente apprezzata e goduta, è stata la ahimè breve (ma chissà che MusaCarmen non vi combini una gita bis) sosta a Castro. E avrei dovuto prevedere che la località fosse importante, con quel nome così intrigante, perché anche i toponimi contano, eccome, per spiegare e nobilitare un posto, una città. Seppoi occorresse una conferma concordo (al netto dell’entusiasmo e dell’interesse commerciale dell’autore) quanto è scritto sul corposo opuscolo redatto dal Comune: “Un palcoscenico di natura e cultura … Castro arroccata su un promontorio a strapiombo sul mare, borgo antico culla di noobili civiltà”. Tutto vero. Provare per credere (previa una deliziosa passeggiata sotto il castello Aragonese, di fronte il mare tra Otranto e la candida Leuca.

per mondointasca.org 07/05/2015