Il mio amico Nicola (70) non nasconde un mucchio di cristiana pietà nei confronti di chi scrive (80) solo perché il matusa gli ha espresso l’intenzione di andare a vedere quel che succede a Rèmmin (Rimini, capitale balneare della Libera Repubblica di Romagna) durante la Notte Rosa 2017, 7 luglio. Manifestazione presentata a Milano, in un posto vabbè ok nonchè à la page epperò privo di vino, laddove mi riferisco all’assenza del Sanzvès (Sangiovese) e/o altra imitazione del medesimo (vabbè, mi rifarò in pellegrinaggio predappiese dai Dolcini). Perché penso proprio – e tutti concorderanno – che il vino è (quello) “rosso” (antan dicevasi pure “nero”) mentre son ben certo che non vanno chiamati “vino” quei liquidi bianchi (ai quali non appartiene, ça va sans dire, il profumato Albana) che in versione più fighetta sono detti anche “frizzantini” (ma che dico, adesso se a Milano non chiedi le “bollicine” ti considerano un paria pirla).
Una notte, quella Rosa (durante la quale si potrà per certo degustare il delizioso ancorchè bianco Pagadebit, ma che bella la storia del suo nome), una Festa che con magnanimità Rèmmin estende, per ben 130 km di costa fino a terre ahiloro meno umane in quanto non romagnole. Laddove mi riferisco alla anguillara Comacchio, delta del Po (che un faceto presentatore della Notte Rosa ha ben definito la “Camargue del Belpaese”, bravo, bellissimo) a nord.
Mentre, se invece si parla di meridione (quello che antan, le breriane genti lungo il Po chiamavano la Bassa Italia), la Notte Rosa espatria dalle Romagne fino a comprendere quei terùn di Pesaro. Vabbè, solo una manciata di km, ma se è per questo, i rumagnòl doc vessopè, tipo quelli di Lugo (lì nacque il mio babbo), con un filino di – forse – eccessiva severità definiscono sprezzantemente “i marchigiani” i rumagnòl viventi “A sud del Rubicone” (e ditemi se questa – con tutto il rispetto per Giulio Cesare… – non costituisce una strenua difesa della purezza della razza…).
Laddove (meglio chiarire…) sulle spiagge (e pure sulle colline) rumagnòle esiste, sì, una razza, ma è open, aperta a tutti coloro – bianchi, gialli & neri – che hanno voglia di darsi da fare (in milanese fa andà i ciàpp), alias sudare un filino prima di un meritato tuffo dal moscone, meglio ancora se condendo il tutto con un pizzico di creativa inventività.
Un esempio? Tutti gli addetti ai Lavori Turistici nel nostro pianeta hanno sempre creduto (e forse non a torto) che, in un anno, di Capodanno ce ne fosse uno solo.
Se non che, quelli di Remmin ci hanno pensato un pochino dopodichè, et voilà, tèl chì, ecco inventato “Il Capodanno dell’Estate Italiana”.
D’altro canto, ohèi, sono anni che lo canta il Casadei … “Romagna. Romagna mia lontan da te non si può star….” (figurati a Capodanno… non parliamo poi in occasione di “quello estivo”, sulla spiaggia, una bella boccia al fresco nella sabbia….).
Da quanto sopra elogiato anche il più malaccorto dei lettori avrà divinato che, in Romagna, il 7 luglio ci sarò (pare ovvio) pure io.
Laddove, alla faccia del mè amìs Nicola, sul ducesco bagnasciuga chissà che non ci scappi un bel brindisi al levare del sole. Poi farò un salto al cimitero di Zìrvia (Cervia) a salutare Max David (“Max” gli disse Hemingway“vorrei saperne di toros quanto ne sai tu….”) chiedendogli di convincere l’a me caro San Fermìn a perdonarmi (comme d’habitude, il 7 de Julio, dovrei essere a Pamplona, ma stavolta bigio…).
E infine approderò al Lido di Spina a papparmi i pesciolini (prima li pescava e adesso li cucina, questa si chiama expertise) del mè amìs William, gran viaggiatore doc.
P.S. Aaahhh, quanto a tutto quello che succede durante la (per certo meravigliosa) “FNR Felliniana Notte Rosa” (ma ci sono anche tantissimi divertissements, e pure cultura, prima e dopo…) mi pregio rinviare (ci sarebbe troppa roba da trascrivere …) la cortese aficiòn lettrice a ….
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