LA ”SAGRA DELLA MISERIA” IN QUEL DI RO (FERRARESE)

A fine agosto una cittadina sul Po ricorda che or non è molto esistevano povertà e bisogno di arrangiarsi laddove adesso spuntano centri commerciali con i carrelli pieni di cose effimere e superflue …
gpb per mondointasca.org del 29/9/10 …. in copertina: Ro Ferrarese, Il Mulino (moderno…) sul Po

Ro Ferrarese, "La Beicamina" ricordata da Bacchelli....

Ro Ferrarese, “La Beicamina” ricordata da Bacchelli….

In provincia di Ferrara da qualche anno si celebra la Sagra della Miseria. In memoria di un passato fatto di carestie e rinunce si assaggia “Anguila e pès gat frit” e si riscoprono le tradizioni della gente figlia del Po
Girava antan una battuta a proposito delle tre cose che non servono a niente e che per la precisione sono: gli auguri di Natale, le balle del papa e l’H di Rho. Sull’inutilità degli auguri e degli attributi papalini lascio la parola ai sociologi e ai vaticanisti. Posso invece dire la mia sul terzo e ultimo oggetto della battuta.
Va anzitutto rivalutata l’importanza dell’ “H” di Rho. Questa lettera dell’alfabeto serve infatti per differenziare la Rho lombarda, alle porte di Milano, sede della nuova grande Fiera, dalla meno nota Ro Ferrarese (ancorché vi abbia avuto i natali Sgarbi, polemico ‘maitre à penser’ della nostra repubblica). E su Ro (quella ferrarese, senza l’H) trovo giusto e anche interessante spendere qualche riga, beninteso documentata grazie a svariati sopralluoghi e soggiorni allietati da tantissimi piaceri. Laddove mi riferisco: alla bella non meno che elegante e storica casa di campagna, la Beicamina, del mè amìs Nicola; alle ariose e toniche biciclettate sugli argini del Po; e soprattutto alla minor ferocia – appetto alle sconce zanzare milanesi, sembra incredibile ma è così – dei più umani mini insetti volanti della bassa padana, che oltre ad attaccarti mediante voli isolati e non in squadriglie tipo Luftwaffe operano solo in stagione e secondo ben precisi, quasi sindacalizzati orari di lavoro; mentre a Milano ti ritrovi sbranato 24 ore su 24, all year around, anche in gennaio e financo negli ascensori, che invece a Ro non ci sono.

In riva al Po, tra Serenissima ed Estensi
Il paese che descrivo (circa 3000 abitanti), tra Ferrara e Rovigo, è affacciato sul Po (che nel ’51 si divorò l’antistante Polesine e dicesi che se ci sarà un’altra alluvione ad essere aperti sarebbero stavolta gli argini emiliani) e insieme alla vicina Guarda costituì per secoli la vigile scorta dapprima del Ducato degli Estensi eppoi del papalino Stato della Chiesa, semmai la dirimpettaia Repubblica Serenissima avesse pensato di invadere l’Emilia, non paga delle lombarde Bergamo e Brescia. Siamo (unica eccezione gli argini difensori) in una pianura che più piatta non si può; e credo proprio che a Ro di iscritti al Club Alpino non sia nemmeno il caso di cercarli.

Luoghi descritti da Riccardo Bacchelli

Quando si traghettava ....

Quando si traghettava ….

Domina il Po (definito da Guareschi “Piccolo Padre”) si vive nel nome del grande fiume (alle elementari, mi dissero, lungo 652 chilometri, poca roba appetto a tanti altri fiumi, ma contentiamoci padanamente di quel che abbiamo) da cui un paesaggio sul quale si fiondò Riccardo Bacchelli per scrivere il celeberrimo Mulino del Po, non tanto un ‘mattone’ quanto un (enorme) ‘macigno letterario’ (diciamoci le cose come stanno) che alcuni ricordano (forse perché decenni fa ‘sceneggiato’ in tivù) ma pochi hanno letto (e forse nessuno è mai arrivato alla fine: due palle). Non perché scrissi tempo fa un articolo su un mulino ricostruito all’ombra del ponte che congiunge Ro a Polesella (chi passa di lì lo visiti, non perde il tempo) ma la vicenda dei Mulini potrebbe anche risultare intrigante (ve n’erano circa 140 nel percorso finale del Po); fecero ad esempio da esselunga per le signore di allora (che andavano a comprar farina una volta la settimana, dopo più di sette giorni appaiono le farfalline) e furono testimoni di due diverse culture gastronomiche (a Ferrara frumento, farina bianca, tortellini, nel Veneto granoturco polenta, con osèi, se c’erano, sennò si emigrava).

Sagra della Miseria, ricordando le carestie di un tempo
Già, la gastronomia, un nome che non mi va, meglio dire Cucina, soprattutto in queste terre che la fame l’hanno patita abbastanza, talché nella vicina Romagna il grande Olindo Guerrini (o se si preferisce Lorenzo Stecchetti) scrisse “Come far da mangiare con gli avanzi” (un gran bel libro, per favore leggerlo). E fu così che in tanto scenario di “sparagninità” contadina, alcuni anni fa inventarono a Ro la Sagra della Miseria (copyright del solito Bacchelli che nel II° volume scrisse “…La Miseria viene in Barca…”). “Il nome” spiega il patron della Sagra, Giuseppe Zagatti, “contiene la memoria di un passato durissimo fatto di privazioni e carestie, a causa delle difficili condizioni di un ambiente in cui terra e acqua ne modificavano continuamente l’assetto e dove il fiume imperversava con frequenti tracimazioni e alluvioni. La Miseria è anche l’occasione per recuperare antiche tradizioni culinarie cadute in disuso per le mutate condizioni di vita”.

Ma ora, è tutta un’altra “Cucina”!
Durante le tre settimane della Sagra (seconda metà d’agosto, primi di settembre) a Ro (ferrarese, quello senza l’H) propongono: Macarunzin dla Miseria (maccheroni della Miseria) – Mnestra ‘d fasò e malintajà (minestra di fagioli con maltagliati) – Pinzìn e salùm (Gnocco fritto detto anche crescentine e salumi) – Sumarìn e pulènta (Somarino con polenta) – Anguila e pès gat frit (Anguilla e pesce gatto fritti) -Caplàz con la zùca (cappellacci con la zucca). E poteva mai mancare la “Salamina ad còdga con purè” (che poi sarebbe la celeberrima Salama da Sugo ferrarese con purè, da gustarsi con qualche fogliolina di prezzemolo)? No per certo!

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1 BASSA FERRARESE, PERFETTO ”BUEN RETIRO” AGOSTANO (1)

Bucoliche (non meno che alcolico/cultural/gastronomico) vacanze lungo il placido dio Po…)
gpb x mondointasca.org

ita - ro beicamina  targaAltro che sudaticce e affollate spiagge agostane… C’è chi è andato al mare “a mostrar le chiappe chiare”, a me è bastata la Bassa Ferrarese, isole e golene del Delta del Po comprese Divitias alius fulvo sibi congerat auro … gli altri accumulino pure ricchezze, a me basta e avanza una vita tranquilla, sentenziò Tibullo. Un outing, quello del sommo esponente dell’elegia erotica latina, che, turisticamente parlando, e riferendomi al per me tremendo agosto (in alta stagione corro il rischio di pagare quanto, mercè al mio status di scriba, nel resto dell’anno riesco a ottenere scontato quando non gratis) tradurrei come segue. Gli altri si abbronzino pure su sudaticce spiagge incasinate o si spintonino in charter raggiunti dopo code autostradali ‘bollino rosso’ … io me ne vado in campagna in grazia di dio.
In riva al Po per assaporare le cose buone della vita
E fu così che per l’ennesima volta, reduce da belle non meno che dotte gite (come ovvio sempre puntualmente descritte) in India e Uzbekistan piuttosto che alle Maldive (laddove, per inciso, andarvi adesso non è cosa per colpa dei monsoni) a cui vanno aggiungete le mie periodiche trasferte nella mì querida España, ho pensato bene di dedicare una ventina di giorni agostani alla ahilei troppo poco nota Bassa Ferrarese, isole e golene del Delta del Po comprese. Laddove, preciso, tra Ferrara e Rovigo, godo di un (molto) buen retiro g.c. nella casa del Nicola, che alla faccia del ben interpretare la parte del sussiegoso notaro milanese non ha (fortunatamente, per lui, e in ‘sto caso anche per me) ripudiato le Radici provincial – campagnol – ferraresi eppertanto appena può molla la Milano/Bene ricca sì ma un filino tristarella e monotona (forse forse per i troppi danèe) e se ne viene in riva al Po a vivere una vita meno finta. Casa, si fa per dire, quella del Nicola, in quanto trattasi di una signora magione pertanto dotata di nome, la Beicamina, in quel di Ro Ferrarese (lo so, è il luogo natale di Sgarbi, ma anche i Genius Loci non sfuggono alla regoletta che Nessuno è perfetto).
Tra biciclettate, tende beduine e Salama da Sugo…
Dalla Beicamina (la recensì Bacchelli nel Mulino del Po, buon libro/mattone che – se già non se l’è sciroppato – consiglio al lettore di cominciare a leggere dopodiché veda lui fino a che pagina può arrivare) spazio à gogò potendo far di tutto: cultura, biciclettante ecologia, sport, gastronomia (e persino social life in una sorta di tenda beduina montata nel parco e giustamente dotata di Salama da Sugo e Lambrusco). Delizie (niente a che vedere con le omonime fastose dimore, sparse nel Ducato, volute per goduria da quei balossi degli Estensi) che passo a disordinatamente narrare con l’auspicio che servano da ancorchè goffa guida per chi continuerà, sì, a frequentare l’esclusiva Beach di Montecarlo e/o ad andare a vedere gli yachts dei Vips alla fonda a Portofino, ma, vivaddio, potrebbe pure ritagliarsi un weekend per vedere posti e cose che, ne son certo, non gli spiaceranno.
Gite e gustose fiere
Di Ro (e della Beicamina) già scrissi in abbondanza e già descrissi il Mulino ricostruito e alla fonda nell’adiacente Po nonché la Sagra della Miseria (e altre Feste gastronomiche estive sono officiate nei dintorni (del Somarino a Tresigallo, della Lumaca a Casumaro, del Salame alla Brace a Dodici Morelli, dello Storione a Burana, per non parlare della Fiera dell’Aglio a Voghiera, a me cara in quanto gemellata con la Feria della leonesa Santa Marina del Rey patria di un Ajo Morado da inginocchiatoio).

Il Po alla sacca di Scarodvari....

Il Po alla sacca di Scarodvari….

Nuova è invece risultata una escursione a Santa Maria in Punta (laddove poco distante si separano il Po cosiddetto di Venezia e quello di Goro) eppoi, direzione nordest e lasciata sulla destra Taglio di Po, su su fino a Loreo e alla sua frazione Tornova. In questa località, a pochi metri dalla riva dell’Adige, il turista ammirerà (io entusiasticamente, l’ho trovata una delle mie più intriganti scoperte dei miei giri nel delta) una lastra marmorea (double face, notevoli le dimensioni).
Memorie della Repubblica veneziana…
Datato 1785, questo (almeno per me) monumento notificava le tariffe dei traghetti su questo fiume il cui corso fu deviato dalla a me cara Repubblica di Venezia affinchè non interrasse la laguna (naturale non meno che magnifica difesa della potenza della Serenissima). E leggendo quanti schei costava il passaggio dal delta alla terraferma l’aficionado alle scienze politiche apprende pure che in tema di furbizie i Dogi (giustamente) non scherzavano: chi sgarrava facendo la cresta sul conto veniva dapprima incarcerato eppoi espulso (si parla del tempo che fu, oggidì in un caffè di piazza San Marco hanno fatto pagare 100, 40 euro per 7 caffè e l’ex sindaco Cacciari non solo non ha fatto un plissè ma ha pure difeso i peraltro legali rapinatori). Ma si è fatto tardi e sindacalmente mi fermo. Alla prossima puntata la narrazione delle (tante) altre visioni godute lungo il Po e dintorni, tipo la già citata Santa Maria in Punta, Loreo, Mesola, corse dei cavalli a Ferrara (!!!), un gioiellino di miniMuseo delle Acque a Crespino ecc. ecc. ecc. –

1 continua, la seconda parte giovedì 12 settembre.(05/09/2013)

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2 BASSA FERRARESE: DELIZIE, ACQUE, TAJADEL E CORSE AL TROTTO (2)

Seconda (e per sollievo del lettore, ultima) puntata di una bella, oltremodo lunga scampagnata agostana tra musei acquatici e ippofile badanti moldave, ragassole tiranti tagliatelle ed estensi Delizie…
gpb x mondointasca.org del 12/9/13 …

Coloriti tortellini di ricotta, così tipicamente 'rumagnol'....

Coloriti tortellini di ricotta, così tipicamente ‘rumagnol’….

Estate tra argini e pioppi, lungo rive e meandri del grande Po. Ecco una vacanza di “riposo” a contatto con le bellezze nascoste di paesini e quelle in pieno sole della natura del Delta
Nella precedente puntata ho spiegato (ricorrendo persino a una Elegia di Tibullo) perché, stanco per recenti gite più o meno intercontinentali, decisi di trascorrere a Ro Ferrarese un agosto relaxing ma variè, leggasi bucolico, ecologico, cultural-letterario (Goldoni, “Trilogìa della Villeggiatura”), sportivo (da Stellata a Gorino, 120 km di argini ciclabili) nonché ça va sans dire mangereccio (il Nicola anfitrione e sedicente – ma, come disse il Carducci, “c’è del buono” – cuoco anche perchè accademico culinario) più la Giovanna, divina Sacerdotessa della Pasta, dalle sue mani bionde tajadèl e sapidi gnocchi, lei sì verdadera cocinera). E avevo anche anticipato la narrazione (che bella una lapide/tariffario della Serenissima Repubblica a un traghetto sull’Adige) di sopralluoghi compiuti partendo dal mio Buen Retiro (per certo non paragonabile a quello di Carlos V a Yuste, là ascetico silenzio e ricordati che devi morire).

Acque chiare …

Passo pertanto a notificare quanto godutamente visto, ribadendo la viva speranza che le sia pur abborracciate descrizioni possano costituire guida per chi, stufo di perder tempo – e sciupar denaro – al “Forte” o a “Santa”, farà un salto (intelligente) nella parte finale del Grande Fiume, maestoso e bello alla faccia di otto milioni di diurne cacche di maiali (tanti allignano tra reggiano e mantovano) e dei mefitici scarichi di tossiche aziende (alcune già assassine del brianzolo Lambro antan residenza di svelte trote e saporiti lucci). Schifezze varie (fortunatamente) non impedenti al delta del Po la candidatura a Riserva della Biosfera.

Sopra e attorno al Po. Dentro, c’è il pesce siluro

Durante l’escursione in auto guidati dal Marco (sa tutto di tutti, dalle gloriose vicende degli Estensi alle genti di Lorenzago – inclusi i papi ivi nati o in vacanza – per non parlare delle corse al trotto) oltre a una già descritta lapide a Tornova si è ammirato una signora chiesa a Loreo (opera di Baldassarre Longhena, quello della Salute a Venezia, quanto lo maledissi al Scientifico tentando di disegnarne le volute). E nella stessa scampagnata si è scarpinato fino a una sabbiosa punta separante il Po di Goro da quello detto di Venezia. Pochi metri più a monte una golena (che sarebbe poi quel lembo di terra tra fiume e argine, meglio precisare se mai l’unico mio lettore fosse cittadino metropolitano) ospita un minivillaggio austriaco (mica tutti i tognini vanno a Rimini o Riccione) con tanto di ampio imbarcadero per acquatici safari padani. E non scherzo, dall’est Europa arrivano in tanti a cacciare il pesce siluro, e ben vengano, perché questo sciaguratissimo neoabitatore del Po si pappa tutto quanto può introitare la sua inquietante, gargantuelica bocca. Sempre con Marco tuttologa guida (ma mica il solito, noioso bofonchiatore) eccomi a Santa Maria in Punta (Ariano nel Polesine), un tranquillo e isolato posto che più di tanti altri spiega – e lo rammentino i giovinastri d’oggi – quanto l’era dura campare sul delta (fianco a un composito non meno che umile monumento a chi sull’acqua la sfangava è segnato il top dell’inondazione del novembre ’51, due terzi degli abitanti dovettero fare fagotto).

Un solido Museo di “cose” liquide!

Antica immagine dell'antico mulino ....

Antica immagine dell’antico mulino ….

Po, quindi acqua, acqua e acqua, così tanta da andare al Comune di Crespino e, incontrato il signor Ronconi, essere gentilmente accompagnati in una visita nel mini (ma assai bel) museo delle Acque (ospitato nello stesso edificio comunale). Da poco creato, quindi non ancora “operativo” (parola di moda ma serve) questa esibizione di esempi e ricordi di come si viveva in questi difficili posti interessa e intriga (a tal punto che mi azzarderei a mettere sullo stesso piano questa quasi sconosciuta esibizione con il più serioso Museo dei due Fiumi di Rovigo). Storicamente supercolto, il signor Ronconi spiega inoltre al Nicola e all’incuriosito scrivente che Crespino – enclave estense oltrepò, vai a saperlo! – fu terra di arditi e bellicosi cittadini antifranzosi (Napoleone ne ghigliottinò uno) e Carbonari (penso ai bei film di Gianni Magni e a quella SS che fu il Cardinal Rivarola nelle Romagne). Prova ne sia un convegno sulla “La Carbonerìa padano veneta” (novembre 2002) concluso da un “Banchetto Carbonaro con menu da ricettari ottocenteschi” (curiosi i piatti che avrei voluto gustare, con in tasca l’Alka Seltzer). Un evviva a Crespino, orsù.

Delizie Estensi e cavalli a Ferrara

Meno meditativi, invece, i sopralluoghi a due Delizie (già detto: dimore di campagna volute dagli Estensi per ozi e godurie, chiamali scemi). A Fossadalbero, introdottomi clandestinamente (m’avrebbero cacciato: in vacanza sembro più un barbone che un anziano signore quasi perbene) in una Delizia divenuta sciccoso Country Club della Ferrara Bene, oltre a un severo e ben disegnato torrione ho ammirato le pareti a scacchi bianchi e rossi del salone delle feste. Viepiù valida la visita al castello della Mesola (mega Delizia più adibita a piaceri e cacce che come parabellum) tanto valido per la didattica esposta quanto poco frequentato (solita storia, tutti al mare, Adriatico a un quarto d’ora d’auto). Ma è a Ferrara che ho goduto la più stramba scoperta della mia campagnola vacanza. Chi mai avrebbe pensato che un giovedì pomeriggio d’agosto, nello scenario di un ippodromo imprevisto (epperò a suo modo storico: fu centro raccolta degli stalloni del Regio Esercito Italiano) di una città della provincia italiana (vabbè Patrimonio dell’Umanità) si potessero svolgere regolari (pareva d’essere a San Siro) corse al trotto (con tanto di totalizzatore)? Unica differenza rispetto all’eleganza british di Gentlemen e Ladies nella vittoriana Ascot, le canotte di popolani ferraresi e i due pezzi con psichedeliche paillettes di sudaticce badanti moldave. Io c’ero.

fine