1 ANDALUSIA NASCOSTA I PUEBLOS BLANCOS
Da Malaga, via Ronda, agli appollaiati Pueblos Blancos, bianca calce e cielo blu…
gpb x mondointasca.org del 18/7/13 … nella foto di copertina, Gaucìn
La splendida e vasta regione andalusa, nel Sud della Spagna, non racchiude solo i tesori e le magnificenze delle ‘grandi protagoniste’ (Siviglia, Cordoba e Granada) ma riserba infinite e piacevoli sorprese anche nei centri e nei paesaggi meno conosciuti……………….
Di Spagne ce ne sono tante (basti pensare che le lingue “ufficiali” parlate nel regno di Juan Carlos I sono ben quattro), ma c’é Spagna e Spagna, eppoi c’è una parte del Paese che, turisticamente parlando, è “un po’ più Spagna”: l’Andalusìa (che, a sua volta, non è solo Siviglia, Cordoba e Granada). Fenicia, cartaginese, romana e visigota, Al Andalus (per gli arabi la terra dei Vandali) bagnata da Atlantico e Mediterraneo fu invasa nel 711 dal condottiero arabo Tarik (Gibilterra da Gebel El Tarik, la montagna di Tarik). Totalmente musulmana per cinque secoli, gran parte dell’Andalusia orientale lo rimase per altri 300 anni, fino alla caduta del regno di Granada nel 1492: il confine tra Moros y Cristianos può essere tracciato lungo le località il cui nome è seguito dalla locuzione de la frontera. Mentre in Europa si faticava a uscire dal Medio Evo, Al Andalusvisse splendidamente, grazie al momento magico, e unico, della felice convivenza delle tre religioni monoteiste (cristiana, musulmana ed ebrea) oggidì impegolate in diatribe, olocausti e integralismi.
Costa atlantica e mediterranea
Il problema, per l’Andalusia, venne dopo, quando decadde la cultura araba e contestualmente si svegliava l’Europa (lontana, con i mezzi di trasporto e di comunicazione di allora). Grazie allo sviluppo economico della Spagna post franchista, nonché ai jet e alle autostrade (frutta e ortaggi raccolti il pomeriggio nella campagna di Malaga o Almerìa sono in vendita la mattina seguente in un mercato tedesco od olandese); l’Andalusia, con la Costa del Sol e il suo retroterra, offre da decenni un turismo moderno, variato e intelligente. Si pensa alla tintarella e alla mondanità tra Malaga a Gibilterra, su una costa che invita al relax e a ogni tipo di sport, di moda e popolare, acquatico e terrestre.
Tesori e sorprese dell’entroterra
Nell’interno dell’Andalusìa si pratica invece un turismo intelligente e intrigante, a Ronda e ai Pueblos Blancos, sulle strade tortuose delle tante Sierras – catene montuose punteggiate di bianchi villaggi – tra i profumi della natura e i sapori della gastronomia. Fare un salto in Andalusìa? Ovvio. E in auto (sennò come si trasporta a casa tutto quel ben di dio di roba, mangereccia e non – olio, jamones de pata nega de Jabugo, tonno e sgombri dello Stretto di Gibilterra, cuoio di Ubrique, l’anice Machaquito di Rute, ceramica, mille oggetti di artigianato, selle di cavallo – che si compra lungo strada)? E una gita in auto non è poi così tragica: Ventimiglia dista da Malaga solo 1.700 kilometri, in autostrada (a pagamento, in Francia e dal confine spagnolo a Murcia) e in autovia (gratuita e veloce superstrada spagnola a doppia carreggiata). Buon viaggio in Andalusìa, dunque, con qualche info sui posti meno noti, solo perché oscurati dalle solite Granada, Cordoba, Siviglia.
Meraviglie Malagueñe
L’Alcazaba
Per conoscere Malaga e la Costa del Sol non resta che affidarsi a Al-Idrisi, il primo geografo arabo che alcuni secoli fa descrisse il percorso da Algeciras a Granada, via Malaga (l’itinerario tra la prima località conquistata e l’ultima ceduta). Piacevole da visitare, Malaga risalterebbe ancor più se non fosse relegata in secondo piano dallo splendore delle altre grandi città andaluse. Bella l’Alcazaba e soprattutto interessante la salita al panorama dal castello di Gibralfaro (niente male il risveglio dopo un pernottamento nell’omonimo Parador): sullo sfondo il mare Mediterraneo, più sotto un mare di verde di giardini epalmeras del Paseo del Parque, un trionfo botanico tra la Plaza de la Marina – epicentro del traffico cittadino – e la Plaza de Toros della Malagueta (Feria malagueña nella seconda metà d’agosto, da non perdere ammirandosi costumi andalusi non meno belli di quelli della Feria di Siviglia).
Vini dolci e fritti di mare
Oltre la Plaza de la Marina giganteggiano i pioppi secolari della Alameda Principal e si fa conoscenza con il dolce Moscatel (Vino de Malaga) mediante un corso teorico su uvaggi e produzione presso il Consorzio dei Produttori, in un edificio sulla parte sinistra del viale. Si fa invece piacevole pratica, voluttuosamente gustando un Pajarito alla quasi prospiciente ‘Antigua Casa di Guardia’, un secolo e mezzo di storia della mescita del vino (e si gustano pure cozze/mejillones deliziosamente non condite da salse e intrugli vari). Dopo un dovuto shopping di alabastro, vanto di Malaga, nelle tiendas intorno a Plaza de la Constituciòn, è tempo di provare la cucina malagueña (l’Ajo blanco – mollica, aglio, mandorle e uvetta). A Palo, poi, sobborgo sulla strada per Motril e la lussureggiante Costa Granadina, Casa Pedro costituisce il tipico esempio dei caciarosi ristoranti del sud Mediterraneo, la caccia a un tavolo all’aperto, viavai di camerieri, clienti alla ricerca del fresco e di un fritto giusto a costo onesto. Visitata la Malaka greca e fenicia destinata a dare i natali a Picasso (magnifico il museo a lui dedicato, si prega di passarvi lungo tempo in ammirazione) si proceda lungo la Costa del Sol. (1-continua)
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2 ANDALUCIA, LA MAGIA DEI PUEBLOS BLANCOS E IL FASCINO DI RONDA (MINIGUIDA)
La regione ”più spagnola” della Spagna racchiude i magnifici Pueblos Blancos, macchie di bianca calce sul verde dei monti….
gpb x mondointasca.org del 16/8
Vasta regione quella andalusa: praticamente, una piccola Spagna. Alla quale non manca nulla per piacere e talvolta entusiasmare il visitatore. Dai paesaggi, alle città e paesi ‘bianchi’ di calce, alle bellezze degli storici monumenti, alla cucina
Andalusia e Pueblos Blancos
Lungo la descritta Carreterache da Malaga conduce ad Algeciras-Gibilterra, chi arriva a San Pedro de Alcantara e gira a destra, affrontando i tornanti dell’omonima Serranìa, finisce per giungere a Ronda. Una località davvero magica. Giusto il tempo di invadere l’Europa agli ordini di Tarik e il capo arabo Zayde Abn Kesadi Al Sabsaki conquistò Ronda e la ribattezzò Izn-Ran Onda, città dei castelli. La felice coabitazione tra musulmani e cristiani lasciò una durevole traccia anche dopo la Reconquista, nel 1485, e ancor oggi la città si rivela un angolo di Andalusia unico e cosmopolita.
Personaggi e monumenti. Ronda….
Ronda
Arte e cultura sono sempre state di casa, la frequentarono Rainer Maria Rilke, James Joyce, Hemingway, Orson Welles e Francesco Rosi vi girò Carmen. A fine ‘700, mentre il rondeño Pedro Romero dava vita alla moderna tauromachìa (ed è ricordato ai primi di settembre con una Feria culminante nella corrida goyesca, per le divise degli espadas disegnate dal pittore aragonese), Josè Martìn Aldehuela vi profuse il meglio della sua architettura costruendo l’ardito Puente Nuevo sulla spaccatura-tajo formata dal Guadalevìn e la barocca Plaza de Toros (monumento nazionale, in perenne disputa con l’omologa sevillana sull’anzianità di servizio).
Un pernottamento a Ronda è d’obbligo: valido il Parador e suggestivo il ‘4 stelle’ british style “Reina Victoria” (ma chi vi scende non speri che gli venga assegnata la camera 34: lasciata per decenni come Rainer Maria Rilke la abitò a lungo; ahi ahi … ultimamente ‘ristrutturata’).
Gazpacho e Perdiz, da scoprire e gustare
Specialità andaluse al ristorante ‘Pedro Romero’ (davanti alla Plaza), che oltre a non chiudere mai e a proporre un museo fotografico taurino (ovvia un’alluvione di immagini degli Ordonez, padri padroni della Ronda taurina, immortalati da Hemingway), serve il rinfrescante gazpacho andaluz, il chivo asado-capretto al forno, il guiso-stufato di toro e la prelibata perdiz-pernice al tajo (in umido con aglio e salsa). Oltre allo shopping (Ceramica Rondeña in Plaza de España e in tutte le calles intorno al Puente Nuevo) è poi suggerita una visita al Museo Taurino de la Real Maestranza (nella stessa Plaza de Toros) e chi va porti al direttore i saluti del Club Taurino di Milano (impossibile ma esistente clan di aficionados a los toros sotto la Madonnina, ne fui membro attivo e a Ronda si era di casa). Dato un occhio al museo del Bandolero (ma solo per capire come campavano i Passator Cortesi del posto) si cominci il tour dei Pueblos Blancos de Andalucia.
I Pueblos, tutti diversi, ma tutti bianchi!
Caposaldi militari in posizione strategica cui si aggiunse un centro abitato, o semplici villaggi de la frontera, costante comune dei Pueblos Blancos è l’accecante candore della calce. L’assetto urbano e le caratteristiche delle costruzioni ricordano l’influenza musulmana: una calle principale, con case dalle finestre decorate da cancellate sporgenti-rejas, sulla quale confluiscono stradine tortuose talvolta incrociate da archi. Essendo tanti e sparsi non esiste un itinerario definito per visitare i Pueblos Blancos in un su e giù di strade nelle sierras (piccoli gruppi montagnosi) tra il Mediterraneo e la pianura del Guadalquivir. Dipende dalla curiosità del visitatore. Esiste comunque, suggerita dal Legado Andalusì la Ruta de los Almoràvides y Almohades, via di comunicazione da Marrakesh a Granada impiegata per la protezione dei deboli regni di Taifa dalle incursioni cristiane. In Andalusia tutte le strade sono buone e praticabili, anche quelle secondarie. Un motivo in più per girare liberamente alla conoscenza del Pueblo Blanco che più ispira, talvolta solo per il nome o per caratteristiche e dati storici che lo rendono importante. Vicino a Ronda, Setenil incuriosisce per quella fetta di paese costruita sotto una roccia lungo il greto di un torrente. Ben visibili da lontano, Arcos de la Frontera e Olvera impressionano per l’arcigna posizione strategica, su Zahara de la Sierra domina un castello teatro di eventi memorabili.
Artigianati e leccornie dei ‘Pueblos’: valgono il viaggio
Grazalema
A mezza costa Grazalema si fa ammirare in un trionfo di fiori e verde vegetazione (e shopping di coperte e tessuti di lana), a Algodonales i liutai espongono Guitarras de Artesania, mentre la lavorazione del cuoio a Ubrique attira non solo ippofili (oltre ad accurati i finimenti per i cavalli, borse, scarpe, stivali) e aficionados taurini in quanto terra natale del bel Jesulìn, unico matador ad aver organizzato una corrida per sole mujeres. Tanti, quindi, i piaceri e le esigenze soddisfatte dai Pueblos Blancos. Mentre l’ecologo affronta montagne alla ricerca della Cabra Montès e delPinsapo – una rara conifera, sottospecie dell’abete – chi privilegia il folclore segue i riti religiosi della Semana Santae del Corpus Domini nei villaggi della Serrania (a Igualeja, Passione del Venerdì Santo) e i remakes delle lotte traMoros y Cristianos (a Benadalid e Banalaurìa). E i predestinati al girone dei golosi assaggeranno i Pestiños di Alcalà de los Gazules (di chiara origine arabo-ebraica: farina, miele, sesamo, zenzero, noce moscata, anice, garofano, limone, vino, olio d’oliva), iDamascos di Bornos, gli Amarguillos e i Cubiletes di Grazalema, i Suspiros di Benaocaz. Ce n’è per tutti i gusti – e non solo del palato – nei Pueblos Blancos de Andalucia.
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3 PUEBLOS BLANCOS DE ANDALUCIA
Come miraggi, sulle sommità o incastonati tra monti andalusi, appaiono bianchi Pueblos (molti ‘de la Frontera’) a lungo contesi da Moros e Cristianos
gpb x mondointasca.org
Sono molti, nelle estrema regione meridionale della Spagna: ben conservati, vivaci e, naturalmente, bianchi. Case abbacinanti sotto il sole, aggrappate a rocce scure, ingentilite da una flora più che mai mediterranea. Luoghi carichi di storia e di pura bellezza da gustare
La bianca Arcos de la Frontera
Il bianco e il verde, disposti come il giallo e il rosso in quella spagnola, colorano la bandiera dellaComunidad dell’Andalusia. Bianco e verde predominanti e caratteristici nei paesaggi dell’estremo sud della penisola iberica. Soprattutto in quella parte dell’Andalusia tra Atlantico e Mediterraneo, nelle province di Cadice e Malaga, che custodisce i Pueblos Blancos de la Frontera.
Andalusia: Arabi prima e Re Cattolici in seguito
In primavera e in autunno, le stagioni migliori per la dolcezza del clima, il viaggiatore percorrerà strade sinuose su colline e montagne ricche del verde propiziato dall’umidità proveniente dall’Atlantico e macchiate dal bianco dei centri abitati. Si ammirano i Pueblos Blancos de la Frontera, tali fino al 1492 perché avamposti di confine tra il nascente regno di Spagna dei Reyes Catolicos e quello di Granada dell’emiro Abu Abd Allah, occidentalizzato in Boabdil. I Pueblos Blancos, grazie a Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, trovarono finalmente un po’ di pace con la fine di scontri armati ma non si liberarono del retaggio lasciato dall’Islam. D’altro canto la riprova è a portata di mano: da Tarifa, Pueblo Blanco sullo Stretto di Gibilterra (lì sbarcarono gli arabi nel 711) si raggiunge Tangeri in meno di un’ora di navigazione e si incontrano le stesse stradine tortuose, incrociate, gli identici chiaroscuri, giochi d’ombra, gli effetti luce, i finestroni arricchiti da inferriate in ferro battuto.
Pueblos Blancos: da visitare come si vuole
Nonostante le ricchezze in arrivo nelle non distanti Cadice e Siviglia la vita è sempre stata dura e sofferta nei Pueblos Blancos, per la precarietà delle vie di comunicazione, cammini impervi, la posizione isolata e una terra avara e difficile da coltivare non meno che bella e affascinante. Non esiste un vero e proprio itinerario per visitare i Pueblos Blancos, scopribili in un territorio compreso tra Arcos de la Frontera a ovest, Ronda a est, Olvera a nord e Castelar de la Frontera a sud. Una ventina di paesi, solo Arcos e Ronda contano più di quattromila abitanti. Nel ricordare Chiclana de la Frontera, Tarifa, Conil, va chiarito che la caratteristica peculiare del Pueblo Blanco è la posizione collinare, montana, tra i saliscendi della catena del Pinar e la Serranìa de Ronda. Arcos de la Frontera affascina per la collocazione su un promontorio dominante il rio Guadalete, oggi magnifico per i panorami, un tempo per la difesa. Un posto antico quanto l’età dell’uomo, quindi, e ricco di bei monumenti, chiese la Casa del Corregidor, Parador. Tra Arcos e Ronda chi ama la guida sportiva si diverte affrontando curve e dislivelli della Catena del Pinar. Correvano meno rischi per la propria incolumità, ma molti di più per il portafoglio e altri averi, quei viaggiatori che un tempo percorrevano questa terra infestata dai Bandoleros.
Villaggi d’impronta araba e la magnifica Ronda
A Grazalema, in un tripudio di gerani, basilico, garofani e rosmarino, i commercianti ambulanti garantiscono al turista che gli indumenti in vendita erano appartenuti a qualche temibile fuorilegge (i tempi di Carmennon sono poi così lontani). Da queste parti il tempo scorre lentamente, può essere compiuta una deviazione a Ubrique, fosse solo per vedere come campa un Pueblo Blanco un filino isolato eppertanto meno vessato dalla caciara e dai ritrovati della vita moderna (la cittadina è oltretutto una vera e propria fucina dell’artigianato del cuoio, grande shopping). Ecco poi Ronda, che proprio Pueblo non è (ed essendo città, per di più abbastanza grande e comunque magnifica, di Blanco ne è rimasto poco). Compiuto l’itinerario ovest-est, da Arcos a Ronda, chi vuol proseguire la scoperta dei Pueblos punta verso Zahara (de la Sierra, per non confonderla con quella marinara de los Atunes, dei tonni). Un Pueblo, circondato da agrumeti, mandorli, profumi di timo e rosmarino, pittoresco, intrigante e storico (oltre che Blanco doc): la dominante, e ben conservata, fortezza ne ha viste di tutte, in primis il medioevale incontro tra re Alfonso X e il sultano del Marocco.
La poca distanza obbliga a fare un salto anche a Villamartìn, Alcalà de los Gazules, Algodonales e Torre Alhaquime (quando mai un nome più arabo di questo?) ma le soste dovute (gli americani dicono i ‘must’) devono aver luogo a Setenil e Olvera.
Sole, case bianche e “pinsapos”
La curiosa attrazione del primo Pueblo sorprende, non solo perché non è Blanca, è solo stranissima. Una parte di Setenil è infatti costruita non tra bensì sotto pareti rocciose, scavate da un corso d’acqua in tali dimensioni da permettervi la costruzione di abitazioni e persino una strada, una sorta di minipaese – con bar, negozi, botteghe – al riparo pioggia e sole. In arrivo a Olvera il viaggiatore si fermerà più di una volta, attratto da uno ‘scenario fotografico’ comprendente il Blanco Pueblo e il quasi millenario castello riservante uno dei più bei panorami dell’Andalusia (monti trapuntati di sugheri, noci, pini e gli ‘strani’ Pinsapos, conifera autoctona dalle forme non armoniose). Chi è venuto in Andalusia (anche) per il mare (ne dispone addirittura di due, il Mediterraneo della Costa del Sol e l’Atlantico sulla Costa de la Luz) completa il giro dei Pueblos Blancos scegliendo tra Casares, Medina Sidonia, Vejer de la Frontera. C’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma quando andarci? Sempre: d’estate non troppo caldo (o comunque secco, non si parla della valle del Guadalquivir); d’inverno può anche andar bene (ma dall’Atlantico arrivano nuvole che sono… più nuvole di quelle mediterranee).
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