GUIMARAES – EUROPEI DI CALCIO 2004 – TUTTI A CASA

Cronaca di una vicenda balompedica dalla sfiga annunciata……..

Porto, la chiesa del Carmo

Porto, la chiesa del Carmo

Prima di passare la mano al Delfino, chi scrive avrebbe potuto financo fregiarsi dello stravagante titolo di Re dei Viaggi Sportivi tanto ricco era ilpalmarès delle trasferte da lui organizzate “per Sport”. Però, un bel giorno, preferì abdicare perchè nulla aveva più da spartire con un mondo nel quale non si riconosceva più. Da ormai alcuni lustri lo Sport (non parliamo poi del Dio Football) è stato totalmente pervaso dalla demenziale Cultura di Mammona. Siamo tutti gente di mondo e pertanto consci che oggidì non si vive solo di retorica e di medaglie, la grana conta, eccome: ma si parla ancora di Sport se un fabbricante di scarpe e mutande o un imbottigliatore di acqua minerale sono diventati i veri padroni di squadre e atleti, a tal punto da poter imporre la presenza in campo di un loro testimonial ancorché privo di una gamba o sul punto di ricevere l’estrema unzione, basta solo che esibisca un marchio, una treccia, orecchini, tatuaggi? Ovvio che i tempi cambiano e non si viva più di solo pane, ma –a conferma di quanto asseriva Pitigrilli- ormai tutto ha uno sporco prezzo, anche le principesse di sangue reale (e quanto ai principini dello Sport il loro prezzo non è giusto, è soltanto folle).

Bei tempi, quando si intraprendevano pionieristiche trasferte naif in simpatica mescolanza -aerea ed alberghiera- di atleti, stampa e aficionados (accadeva nei viaggi di tennis, motociclismo, volley).

Oggidì le estremità inferiori di Totti e di Vieri possono calpestare soltanto i pregiati tappeti di un hotel 5* GL (a Lisbona si tentò, invano, di affittarlo in esclusiva e fu comunque pagato per tutta la durata degli Europei anche se i Pifferi di Montagna dovettero tornarsene dopo breve soggiorno). D’altro canto visti i magnanimi lombi da cui discendono i sullodati footballeurs, preso atto delle origini certamente non popolari dei nostri eroi, sai che degrado per loro dormire in un normale 4* e finire a contatto con gente normale che magari ha pure letto un libro in vita sua?

Molto meglio, quindi, per il deluso scriba, partecipare alle trasferte sportive en touriste, beninteso con licenza di scrivere.

Portogallo, Sagres, Cabo Sao Vicente

Portogallo, Sagres, Cabo Sao Vicente

Ed eccolo a Guimaraes in occasione della partita Danimarca – Italia degli Europei di Calcio, a rivedere con piacere questa bellissima cittadina di provincia del nord Portogallo nonché culla della nazione lusitana..

Curiosamente, pochi giorni prima dell’inizio del torneo il cronista era intervenuto in merito all’italica spedizione footballistica in Portogallo, non per disquisire su centrocampisti e mezze punte (ci mancherebbe) bensì per mere questioni enogastronomiche. Appena letto che la Nazionale di Pallone aveva pensato bene di portarsi appresso (in Portogallo, non sullo Zambesi, alla ricerca di mister Livingstone) vino e olio (non senza la minerale, usata a Lisbona –udite udite!- per cuocere l’irrinunciabile spaghetto, più emblema nazionale dell’Altare della Patria) chi scrive inviò tour court una lettera di scuse (per lavare l’onta di un “oltraggio gastronomico a una nazione amica”) alla balda Liseta da Silva e al signor Joao Renano Henriques, rispettivamente ‘factotum storico’ e direttore del Turismo Portoghese di Milano. Considerato che negli scritti di ciascuno può sempre affiorare un po’ più di vis polemica del lecito, si lascia al giudizio del lettore se il “portarsi dietro” roba mangereccia in civilissimi Paesi che la producono da più di un millennio (e aggiungiamo pure che ormai in quasi tutto il mondo hanno imparato a produrre buon vino e buon olio) può definirsi estrema attenzione dietetica evitante preoccupanti movimenti peristaltici dello stomaco di Gattuso o non spocchia da finti ricchi affetti da provinciali turbe scioviniste non meno che isteronazionaliste.

Vasco da Gama, lui e Mourinho, portoghesi illustri....,

Vasco da Gama, lui e Mourinho, portoghesi illustri….,

Si è accennato alla (ovvia) portoghesità di Guimaraes ma va onestamente precisato che il giorno di Danimarca – Italia la cittadina aveva più sembianze austriaco-danesi che lusitane. Nel lindo e ben curato centro storico le decorazioni floreali su balconi e finestre delle case medioevali della Praça de Santiago e il Largo da Oliveira –comunicanti mercè i portici degli storici Antigas Paços do Concelho- potevano indurre in errore il visitatore e fargli ritenere di essere in vacanza a Salisburgo.

E come a Salisburgo non mancava la bionda birra, mostruosamente ingerita, non dai ben noti montanari coi pantaloni di cuoio bensì dalla aficiòn danese. Per meglio dire, più che una valida ma contenuta rappresentanza di appassionati di football, quella dei danesi a Guimaraes è stata un’autentica invasione dalle dimensioni inferiori soltanto alla simpatia emanata in canti, sbandieramenti, cori e colossali bevute. Stufi, dopo secoli di bellicose invasioni a colpi di mazze e daghe, i Vichinghi edizione Europei 2004 hanno preferito i charter aerei alla navigazione sulle scomode drakkar, hanno sostituito rozze calzature e giubbe di cuoio con scarpe Nike e maglie rigorosamente rosse dell’amata Nazionale conquistando pacificamente i sorrisi dei portoghesi. E l’ammirazione di chi scrive, al quale non è parso vero di poter vedere gente che più beveva e meno si ubriacava, più asciugava boccali e meno si disponeva a risse o intemperanze. Birra, birra, birra, e ancora birra, conquistata dopo lunghe ma ordinate code ai distributori improvvisati sui marciapiedi, sì da garantire a un bar, in un solo giorno, il bilancio di tutto un anno. Più consumatori di una Ferrari, al termine della fila l’oggetto del desiderio dei bravi danesi consisteva in otto enormi bicchieri di plastica (mezzo litro cada uno) riempiti di fresca cerveja e infilati in geniali marchingegni che ne facilitavano il trasporto al tavolo. Si perdoni a chi scrive l’insistenza nel ribadire, entusiasta, che da tante libagioni non è sortito nemmeno uno schiaffo. Solo una nota patetica: a dispetto della corrente di pensiero di chi trasportò da casina olio e vino pro i nostri ciurlati Eroi, l’allegra invasione danese si guardò bene dal portarsi seco la loro pur eccellente birra: la splendida, locale Super Bock andava più che bene per le loro gole plebee.

Er Mejo dei Tifffosssi balompedici italici ....

Er Mejo dei Tifffosssi balompedici italici ….

Tifo danese, tifo danese, tifo danese a gogò. Ma dov’erano le nostrane Milizie Balompediche, i Balilla di Carraro, i Commandos di Biscardi, le Legioni romaniste de Totti? Nisba, salvo qualche gruppo incentive degli sponsors, solo pochi cani sciolti, e se qualcuno avesse dubitato ne avrebbe avuto conferma dagli spalti deserti dello stadio, riservati ai coristi di Fratelli d’Italia. E la cosa –visto che questa cronaca è destinata a un magazine turistico- potrebbe anche produrre qualche considerazione e commento (ma i tanti corifei del Pallone Italiano si guardarono bene dal notarlo). Perché così pochi tifosi, non più di poche centinaia, appetto ai più di ottomila danesi, oltrettutto provenienti da un posto ben più lontano dal Portogallo di quanto disti il Belpaese? Sarà mica che al nostrano appassionato poco frega della Nazionale e ben più interessino i destini di Inter, Juve e Milan (in fondo in fondo la lacerata Italia dei Comuni espresse importanti valori e aprì la strada alla grande Storia del Rinascimento)? Fa di tutto la Federcalcio per allappare il tifo azzurro ad andare a sostenere i beniamini o invece si limita a dare in mano i biglietti al tour operator di turno che, pagato il dazio alla Federazione, alla fine della fiera si ritrova a dover recuperare quanto esborsato ‘ricaricando’ eccessivamente sui ‘pacchetti di viaggio’ (quando non, potrebbe accadere, ricorre al guadagno mediante la sola rivendita dei biglietti)? Mah.

Ormai divenuto danese di complemento dopo un prolungato non meno che accurato tour dei bar di Guimaraes, chi scrive si sofferma pure per un gustoso pranzo (Salada de Gambas e Abacaxì prima di un ovvio, sapido bacalhau), nel bel ristorante della Pousada Nossa Senhora da Oliveira (e alla faccia della Federazione Italiana Giuoco Calcio sono stati pure degustati un eccellente olio dell’Alentejo e un delizioso Vinho Verde dei dintorni di Guimaraes).

A las cinco de la tarde (ora locale) comincia il fatidico scontro che certamente (dubitare degli immancabili destini non è da buoni italici) vedrà il Belpaese “spezzare le reni alla Danimarca”.

Invece no, solo un incolore pari e patta (ricordate, quando invece di ritirarsi il Regio Esercito “ripiegava sulle posizioni prestabilte? beh, una cosa di questo genere) ma ovviamente si glissa su anamnesi tecniche del match ancorché già sfiorate dalla Critica della Ragion Pura trapattoniana (onore a chi, per guadagnarsi la pagnotta, deve stare ore ad ascoltare gli affondi culturali del Cittì e le alte considerazioni contenute nel Totti-pensiero).

L'unico non sfigato del Risorgimento (tra il Mazz... e il Carlalb... toccasri!!!)

L’unico non sfigato del Risorgimento (tra il Mazz … e il Carlalb … toccarsi!!!)

Al termine del match per affogare i dubbi (non inferiori a quelli di un ben noto principe, guarda caso danese, ancorché i suoi problemi vertessero su cose un filino più serie) sulla meschina prova degli Assurri non resta che votarsi nuovamente alla birra. Oltre a dissetare, nessuno può escludere che una bella pinta possa esorcizzare quel peggio che nelle vicende non solo pallonare del Belpaese non conosce limiti. Ove si fa riferimento alle varie esternazioni salivarie –lo sputato giura infatti più di una- di Totti e all’anatema vieriano alla stampa –con il maledicente assistito e scortato dal capo ufficio stampa della Federcalcio (senza che costui, da ritenersi fino a prova contraria un giornalista, facesse un plissè a difesa dei colleghi insultati).

Perché quest’altra (quasi) Corea in salsa lusitana? Tanti ‘se’ e ‘ma’ si addensano in un cerebro già affaticato dalla bionda cerveja. Fin quando, sul volo di ritorno verso la Terra del Processo di Biscardi, ecco svelarsi il mistero all’impacciato scrivente alle prese con una fetta di tetilla -il sostanzioso formaggio vaccino quasi simbolo della Galizia- e la tradizionale tarta de Santiago -tipico dessert gallego decorato con tanto di croce del Matamoros- testè acquistate all’aeroporto di Vigo. Questa automerendina a 9.000 metri di altitudine conduce a un breve inciso turistico-viaggiatorio, a una audace domanda. Visto che da aprile sui voli Iberia c’è da pagare caffè e panini o ti porti la schiscetta, viene automatico chiederci: ma lu magnare gratuito d’antàn non era compreso nel costo del biglietto –e allora ‘grazie Iberia’ a scoppio ritardato- oppure la comida era compresa nel costo del biglietto –e allora perché non detrarre dalle tariffe quanto non più ammannito?

Quanto ai motivi che hanno provocato la Fatal Guimaraes dubbi non ve ne sono, è tutto chiaro, nessun mistero (sempre che il lettore escluda l’esistenza della jella ma ci creda). Basta miscelare i vichiani corsi e ricorsi storici con semplici dati geografici ed ecco svelato l’arcano (con tante scuse per le futili accuse al povero Trap).

La Geografia. L’Italia giocava a Guimaraes e nella vicina Porto, in portoghese, ma Oporto in italiano, quindi (vai col Carducci) trattasi della “mèta ultima”, triste esilio (avesse atteso circa un secolo e mezzo e nella palazzina da lui abitata, oggi Museo Romantico, avrebbero aperto una bella winehouse) dell’ancor più triste Re Tentenna al secolo Carlo Alberto.

Tifo danese allegro (non hanno avuto Maz....)....

Tifo danese allegro (non hanno avuto Maz….)….

La Storia. Il citato Carlo Alberto (da questo momento è forse meglio toccare ferro o –secondo gli spagnoli- legno o quel che capita, in tal caso no problem per i maschietti) quanto a sfiga (subìta ma anche e soprattutto menata) durante il Risorgimento non ebbe certamente rivali. Cominciò subito, da giovane, con le discusse imprese belliche nel gaditano Trocadero, indi gli abortiti moti liberali nel Belpaese, per passare al fuoco in casa (con la vicenda fiorentina del vero Vittorio Emanuele II sostituito, dicunt, dal figlio di un macellaio) e via via fino alla Fatal Novara (battaglia persa sia per il citato, congenito menagramismo del nostro, sia perché, pure lui, ricorse a uno straniero e invece di Camoranesi schierò l’incapace generale polacco Charnowsky, senza oltretutto cospargere di acqua santa il terreno della novarese Bicocca). Ma a ben pensarci -in un ideale match risorgimentale sul liderato maximo della sfiga- Carlo Alberto un grosso challenger lo dovette fronteggiare, e fu il Mazzini (se il lettore ha un bel cornetto rosso a portata di mano, lo tasti, non si sa mai). Fosse solo per controbilanciare l’indiscutibile ventura che accompagnò Garibaldi (sagace ma anche fortunato, gli andarono bene tutte, vedi la fuga da Roma e poi i Mille), al cosiddetto Apostolo dell’Unità d’Italia non ne andò mai bene una che fosse una (e un po’, anche, se la voleva, in quanto eternamente indossante vestiti nero funerale che di più non si poteva).

Porto, la chiesa del Carmo

Porto, la chiesa del Carmo

In effetti, di moti ne studiò, pensò progettò, qualche decina, dopodiché proclamava l’Armiamoci e Partite e vai con gli Austriaci che aspettavano i suoi sacrificati di turno, dopodichè pum! tutti accoppati. Ecco perchè a Sapri solo la locale Spigolatrice riteneva che Mazzini non fosse menagramo … e quanto alla Giovine Italia era tale perché i suoi adepti non facevano in tempo a diventare vecchi datosi che il Nostro non aspettava molto per mandarli allo sbaraglio.

Ma c’è di più! Dopo cotanta lezione di storia e geografia, sappia il lettore (se già non gli è noto) che il Capo Delegazione della (sfigata) Nazionale Assurra agli Europei si chiamava Mazzini (e come se ciò non fosse bastato si è pure proclamato discendente del sullodato Apostolo). Ecco pertanto svelato l’arcano.

Prima di chiudere con conclusioni non metafisiche ma scientifiche, sia ben chiaro che le colpe degli ascendenti non possono ricadere sui loro epigoni (pertanto Trapattoni può incolpare Vieri e Del Piero ma non Mazzini Senior), ma tanto meno i misfatti dei rampolli possono essere addebitati ai loro avi (ne consegue pertanto che non va colpevolizzato Mazzini Senior per aver convocato Gilardino).

Qui giunti, occorrevano forse studi ed elucubrazioni futballistiche più tecniche, tattiche, psicofisiche, strategiche di quelle suesposte, per spiegare la genesi della vergogna nazionale appetto ai simpaticamente dissetati ma mai ciucchi vichingo-scandinavi in quel di Guimaraes?