La capitale navarra deve tanta fama all’autore che la immortalò in ”Fiesta”… e per ricordarlo ha stampato una guida che accompagna nei locali preferiti dallo scrittore, una Heming-way…
gpb per mondointasca.org del 26/5/11
La via più celebre di Pamplona? Naturalmente la Heming-“Way”. Gli alberghi e i ristoranti più frequentati? Quelli nei quali personaggi celebri hanno messo piede. Garibaldi e Hemingway più di altri….
A Madrid, in Calle Cuchilleros, a pochi metri dalla scalinata che conduce alla Plaza Mayor, un ristoratore ha scritto bene in vista: “Hemingway never ate here” (Hemingway non ha mai mangiato qui). Una spiritosa precisazione o anche una reazione nei confronti delle località, alberghi e locali vari, ricordanti, con foto o altre memorabilia, che “Hemingway è stato qui”.
Innumerevoli, infatti, le segnalazioni dell’avvenuto passaggio o soggiorno di ‘Papa’ (così lo chiamava Fernanda Pivano, mia ‘prof’ di storia al liceo eppoi traduttrice nonché cara amica e confidente di Hemingway), inferiori soltanto alla dovizia di targhe, lapidi e monumenti sciorinate in Italia per ricordare che Garibaldi “è stato qui”.
Lo scrittore americano e i suoi “luoghi”
Ma quanto a varietà geografica, posti e luoghi del mondo, l’americano premio Nobel per la Letteratura 1954 la vince sul nostrano Eroe sia pur dei Due Mondi (ancorché il Peppino – oltre alle infinite “attestazioni di presenza” nello Stivale, possa vantare un monumento e targhe varie nella natia Nizza nonché altri ‘attestati di presenza’ a New York, sud America e financo in Nicaragua).
In compenso Hemingway, volete mettere?, “è stato”, e si cita solo una minima parte delle sue trasferte giornalistico-letterarie: a Venezia (quanta gente sarà mai entrata ‘nel suo nome’ all’Harry’s Bar?) e a Parigi (ricordi in bar e bistrots della Avenue George V); in Africa (a Nairobi, suoi ricordi al New Stanley hotel) e ovviamente negli States, a Key West, Florida (ogni anno, il 4 luglio, si svolge un Contest per eleggere un suo sosia); a Cuba (quanti Mojitos e Daiquirì saranno stati ammanniti dai tempi delle sue mitiche sbronze alla Bodeguita del Medio e al Floridita, ça va sans dire oggidì ricolmi di ricordi dell’autore di ‘Il Vecchio e il Mare’?).
Una “Guia” (guida) personalizzata
Ma se si parla di Ernest Miller Hemingway come cantore, musa, per non dire grande ‘pierre’ di una città e di una terra (finite le colossali bevute e le emozionanti corride, Papa andava a Burguete, nel nord della Comunidad, a cercare relax pescando trote) Pamplona con i suoi Sanfermines (la Feria che si celebra dal 6 al 14 luglio, conosciuta in tutto il mondo appunto grazie a Papa) costituisce l’esempio più intrigante. E la capitale della Navarra, riconoscente per la immensa popolarità procuratale, ha onorato Hemingway con attestati e attenzioni a dir poco sontuosi (pochi personaggi posso vantare due monumenti nella stessa città: Ernest a Pamplona ne ‘possiede’ uno davanti alla Plaza de Toros e un altro all’interno del Cafè Iruña). Non solo. Recentemente è stata stampata una corposa “Guia Hemingway” riportante le vicende del più illustre visitatore ‘pamplonica’, evidenziate con segnalazioni e targhe lungo un itinerario, un percorso, (in inglese Way) che la fantasia del grafico propone come Heming’way’.
Gli hotel, oggi celebri, delle sue presenze a Pamplona
Una doverosa cronologia segnala la prima apparizione di Hemingway (con la prima moglie, Hadley) a Pamplona, nel luglio del ’23. Entrarono nell’hotel La Perla ma ne uscirono subito. Due le versioni sulla decisione della coppia: 1) l’hotel era troppo caro per le finanze di Ernest, corrispondente da Parigi del ‘Toronto Star’ (strano, perché il La Perla, oggi 5*, fino a pochi decenni fa ne contò solo una, con tariffe tanto abbordabili da permettere di dormirvi pure a chi scrive). 2) la camera non piaceva alla signora e la coppia si trasferì in un appartamento al numero 5 di calle Eslava. L’albergo, mirabilmente posizionato sulla Plaza del Castillo, epicentro godurioso dei Sanfermines, e soprattutto dotato di camere con vista su Calle Estafeta, quella dell’Encierro delle 8, può comunque esibire i “ricordi” di Hemingway perché lo scrittore vi soggiornò nel ’59 (ultima visita a Pamplona, l’anno dopo, il 2 luglio, si sarebbe suicidato). Per la cronaca la “camera di Hemingway” (la 217, oggi 201) attualmente costa (o almeno l’albergo “ce prova”) 1800 euro e quanto alla nazionalità di chi accetta di pagare tale importo (o spunta cifre inferiori dopo una sana trattativa) la classifica è guidata da dollarati Yankees, seguiti da Russi e Spagnoli.
Nelle ultime delle complessive 9 presenze a Pamplona, interrotte dalla Guerra civile spagnola che lo scrittore raccontò dalla Madrid repubblicana, Hemingway preferì, salvo il citato soggiorno al La Perla, alloggiare in appartamenti privati (Papa tornò nella a lui poco simpatica Spagna franchista, peraltro cordialmente ricambiato, solo nel ’53, quando gli Usa cambiarono politica nei confronti di Franco in seguito alla Guerra Fredda).
Nel libro “Fiesta”, nomi diversi per protagonisti locali
Ma il leggendario legame tra Hemingway e Pamplona nacque e va datato tra il ’23 e il ’27. E il ‘libro galeotto’ fu “Fiesta” (inizialmente titolato “The Sun Also Rises”, Il Sole Sorge Ancora), pubblicato da Scribner’s nell’autunno del ’26 e destinato a una immediata fama mondiale (altrettanto successo riscosse l’omonimo film con Ava Gardner, Tyrone Power ed Errol Flynn). “Fiesta” narra una intricata storia di amore e corride, passioni e smodatezze vissute – oltre che, ovviamente, nella Plaza de Toros – nei bar e nei caffè della ‘pamplonica’ Plaza del Castillo e nei ristoranti della città vecchia. Sono ormai entrati nel mito – ogni anno durante i Sanfermines gli aficionados di tutto il mondo vi si ritrovano compiendo alcoliche rimpatriate – il bar Txoko (ci vanno in prevalenza gli scandinavi), il Windsor (anglosassoni), ancor più un “must” (un obbligo andarvi) è il ben preservato, tanta Belle Epoque, Cafè Iruña (che però al ‘secondo’ Hemingway di Pamplona stava poco simpatico perché nel ’36 aveva ospitato le riunioni dei golpisti navarros), la Casa Marceliano (per il cui Ajoarriero Hemingway andava pazzo).
Un esempio? “El señor Montoya”
Ma ahimè scomparso è il vero e proprio quartier generale di Hemingway negli anni d’oro della sua gioventù, degli inizi della sua incredibile produzione letterario: l’hotel Quintana, quello degli ammirati toreri (mitico, Cayetano Ordoñez, “El Niño de la Palma”). Hotel, Quintana, che in “Fiesta” Papa ribattezza Montoya, e fu così che il grande amico di Hemingway e proprietario del’hotel, Juanito Quintana, divenne ‘el señor Montoya’.
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