tanto per non prendere troppo sul serio questo sporco mondo… per mondointasca.org dal 7/12/2007
ONU FRIVOLE MINISCHEDE ….6a puntata (Cuba – Eritrea)
Cuba – Ecco un altro posto che è superfluo descrivere; lo conoscono tutti. Anche quelli che ci sono andati dicono di conoscerlo, ma in realtà hanno trascorso sei giorni e dodici ore della “settimana charter + Villaggio” su una spiaggia (pagando settanta dollari per una gitarella su un vicino Cayo e una sedicente aragosta che altro non è che un cicalone di mare) e le restanti dodici ore in una insulsa escursione all’Avana così composta: otto ore di lungo transfer dal Villaggio e ritorno, shopping ed “hemingwayani” Mojiito e Daiquirì alla Bodeguita del Medio e al Floridita (tre ore) totale undici ore; e a ‘sto punto non resta che una sola ora per vedere (malissimo, poco o niente) la interessante capitale dell’isola. E il bello è che questa escursione è oltretutto assai poco richiesta, non tanto per l’eccessivo costo quanto perché l’alto livello culturale dei nostrani turisti suggerisce che sono molto meglio due ore di tintarella appetto alla conoscenza di una bella città. Si parli allora degli spagnoli: che hanno avuto un impero tanto grande che “non vi tramontava mai il sole”, ma nessun altro dei posti in cui hanno portato lingua e cultura gli è rimasto nel cuore (o per dirla volgarmente “sul gozzo”) come Cuba.
Danimarca – Antàn i turisti italiani in Danimarca si ritrovavano coinvolti in un atroce dilemma, con obbligata risposta al tragico interrogativo: “E’ più buona la Carlsberg o la Tuborg”? Birre locali a parte, che là sono buone per davvero, mentre nel Belpaese, fabbricate su licenza, sono come tutte le altre, si può comunque scherzare (invece di dare coordinate e dettagli) visto che nel Belpaese il primo dei Paesi scandinavi che si incontra venendo dal centro Europa è abbastanza noto. Nota ad esempio è la Sirenetta (narrata da un bravo “fiabeggiatore” danese, Hans Christian Andersen) alla quale ogni tanto qualche pirla taglia la testa eppoi chiede il riscatto. Ed è pure danese (ma stavolta la vicenda l’ha inventata un inglese, Shakespeare) la testa alias cranio del re finita nelle mani del figlio che (domandandosi se era mai il caso di “Essere o non Essere”) se la palleggiava sugli spalti del castello di Elsinore (visitarlo, mica allegro ma bello). Buoni i freschi gamberetti pescati nel Sund (lo stretto che divide dalla Svezia) e mandati giù da una buona birra. Ma non si chieda quale.
Dominica – Poco più grande dell’Isola dei Pescatori (Lago Maggiore) ma con un po’ più di abitanti (settantunmila a stare abbondanti) di Roccasecca (Frosinone) non poteva che essere inserita tra le Piccole Antille. Turismo ce n’è (ma non molto) soprattutto British (quindi si astengano i gitanti tipo la Marta Marzotto). Parimenti non facevano turismo a Dominica i miti e pacifici Arawak (l’altra popolazione delle Antille) per il semplice fatto che l’isola era abitata dai Caribi o Caraibi, gente che … vabbè essere incazzosi, ma pure impenitenti cannibali!
Ecuador – Un posto (sezionato dall’equatore, sennò si chiamerebbe differentemente, grande quasi tre volte l’Italia ma con solo dodici milioni di abitanti) da tenere presente per una gita (senza contare il loro bel fiore all’occhiello, le fantastiche Galapagos). Contiene infatti l’essenza del Sud America andino (prevalente l’etnia Quechua). Bella la altissima capitale Quito, magnifica la strada per giungervi dal Pacifico, vulcani e nevi perenni delle Ande a far felice l’occhio, colore e folklore alla grande. In generale gli Ecuadoriani (e non Ecuadoregni) sono brava gente (soprattutto a casa loro, mentre a Milano, nei giorni di festa tirano su tremende sbornie di birra in piazza Mercanti e qualche volta fuoriesce pure il coltello). Duelli rusticani (tra ciucchi) a parte, l’Ecuador andrebbe visto. Ah, stranezza: come valuta hanno il dollaro Usa. Per i “nauti” di internet www.inec.gov.ec
Egitto – Tantissimi dicono di conoscerlo “perché ci sono stati” ma purtroppo si tratta di gente finita coi charter-low-cost a Sharm El Sheikh, che non è l’Egitto (bensì solo una Disneyworld di plastica e neon con cammelli di pelouche). L’Egitto (oltre a Cairo, Museo e Piramidi) è Alessandria (rifatta e ripittata, adesso è bellissima) è Aswan, per non parlare della splendida Luxor e del vittoriano mitico Old Winter Palace. Sarkò vi ha portato la Carla Bruni (ma lui è uno che sa vivere … mentre la nostra intellighentzia cultural mondano politica finisce in alberghi che gli Yankees chiamano mickeymouse).
El Salvador – Il più piccolo dei Paesi del Centroamerica (ventunmila chilometri quadrati, come l’Emilia-Romagna, sette i milioni di abitanti, quasi tutti meticci, un decimo Amerindi parlanti Nahua e Maya). Sul Pacifico, confina con l’Honduras e il Guatemala. Dopo una tragica guerra civile negli anni Ottanta (vescovo Romero accoppato in chiesa, Brigate della Morte, guerriglieri del Fronte Farabundo Martì ecc. ecc.) il Paese sembra tranquillo e se uno passa da quelle parti vede lussureggianti paesaggi di madrenatura, belle spiagge sul Pacifico. Gli insoddisfatti di questi dati clicchino www.rree.gob.sv.
Emirati Arabi Uniti – Per gli amici EAU. Stesso panegirico dedicato al Bahrein (vedi seconda puntata): ‘sti staterelli arabi nel Golfo Persico son tutti uguali, tanto petrolio e (ancor più) danée (volevano comprare pure Figo).
Eritrea – Dall’antico greco Eritròs, rosso, appunto il mare su cui si affaccia. Di lì cominciarono le avventure coloniali del Belpaese (chi non ricorda? Ce la contarono alle elementari: la compagnia Rubattino che compra la baia di Assab, Massaua ecc. ecc) poi venne Tripoli Bel Suol d’Amore, poi Faccetta Nera e infine patapùm, con il Gheddafi che adesso chiede pure i danni (un’autostrada, ma fatta bene, mica la Salerno-Reggio Calabria). Gli Eritrei sono brava gente (dicono in questura a Milano che sono l’etnia più per bene) e (giurano i sub) le loro isole Dahlak (almeno lì, mai stato) sono bellissime.
fine 6a puntata ….
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ONU FRIVOLA MINIGUIDA ….7a puntata (Estonia – Francia)
Estonia – Il primo in ordine alfabetico dei cosiddetti Stati Baltici. Per localizzarlo “si scende giù” col dito dalla Finlandia alla Polonia, lungo la costa orientale del Mar Baltico (meglio chiarire questa classificazione, onde evitare campanilistiche incazzature ancorché i nordici siano gente più frigida dei “terùn”). Seguono a ruota, sempre da nord a sud, la Lettonia e infine la Lituania (provveda il lettore a memorizzare il tutto, perché capita a tanti di incasinarsi e non sapere dove e come collocare il tutto sulla mappa del Nord Europa). Per inciso, tutti e tre gli Stati furono indipendenti dal 1918 al 1940, quando il cosiddetto “Orso Russo” (si diceva ai tempi degli Zar, ma l’appetito non cessò con l’apparizione di Baffone Stalin) se li pappò fino al 1991. Parimenti alle due “cugine”, l’Estonia (45.000 chilometri quadrati 1.400.000 abitanti, capitale Tallinn, quasi il 26% di Russi, ottimo 36° posto di indice di sviluppo umano) merita una visita, soprattutto se ci si trova dalle parti di Helsinki: ottimi collegamenti con navigazione allietata da colossali ciucche di Vodka & C. al bar del traghetto. Sempre a proposito di Estonia, Lettonia e Lituania, belle le capitali con architetture medioevali dai colori pastello, ma soprattutto magnifiche visioni pianeggianti di una natura che più ecologica di così non si può.
Etiopia – Faccetta Nera? Tèla chì! Era quella etiopica! Laddove si fa riferimento alla notissima (almeno nel 1935) canzoncina usata (con i cannoni e una spolveratina di gas) per la conquista di questa immensa terra dell’Africa Orientale (quasi quattro volte il Belpaese, ma meno abitanti) da parte del cav. Benito Mussolini e di S.M. Vittorio Emanuele III re d’Italia (che appunto divenne pure, il 5 maggio del 1936, Imperatore d’Etiopia). Un italico impero che durò poco più dell’ “espace d’une nuit” (facciamo cinque anni).
Fiji – Un gran bell’arcipelago polinesiano “sopra” la Nuova Zelanda e a “destra” dell’Australia. Un tempo di grandissima moda (almeno per quel che riguarda il mercato italiano). Nei piccoli arcipelaghi contornanti le due isole principali (Viti Levu e Vanua Levu) raffinatissimi “Resorts All Inclusive” per Sciùr, dal costo un filino eccessivo se si è astemi, oppure ragionevole se il cortese ospite (vedi gli Australiani) “ci dà dentro” dal mattino alla notte (c’è chi prima di andare a coricarsi passa dal Bar Self Service eppoi si dirige verso il “deluxe bungalow” con due belle bottiglie di Champagne Millesimè sotto le braccia). Il problema delle Fiji è politico: gli indigeni (“bestiùn” di razza polinesiana tipo i rugbisti della vicina Tonga, generalmente fanno i soldati o i poliziotti) si incazzano periodicamente con gli Indiani (portati decenni fa dai Britannici per coltivare la canna da zucchero) che, arricchitisi con commerci e traffici, vogliono comandare (fregando i nativi Fijiani). Di qui turbolenze politiche e casini tra le due etnie con conseguenti “problemi” per il Turismo.
Filippine – Ben 7.002 isole, così battezzate in onore di Filippo II di Spagna (che possedette questo assai composito arcipelago del Pacifico, grande complessivamente come l’Italia ma con poco meno di novanta milioni di abitanti, fino al 1898, anno dell’indipedenza post guerra Usa/Spagna).
Quanto a genti c’è di tutto: Neomalesi, Indonesiani, Cinesi, Paleomalesi, Indiani ecc., parlanti il “Pilipino” o l’Inglese. Andarci? Affermativo (anche perché resorts e alberghi costano meno rispetto ad altre destinazioni esotiche!) Manila è una bella capitale ingentilita da tradizioni e costumi spagnoli (nel vero senso della parola, vedi le camicie maschili tipo Guayabera cubana e gli abiti con le maniche a sbuffo delle belle filippine: somigliano ai Trajes de Gitana andalusi). Spiagge mare e palme a volontà. E allora perché le Filippine sono così poco battute dal Turismo del Belpaese? Forse (ma solo forse) c’è una spiegazione (freudiana). Chi dovrebbe andarci (probabilmente) fruisce dei servigi domestici resi da qualche poveraccio che di là è venuto fin nello Stivale per spolverare e portare a passeggio l’altrui cane. E ai ricchi i poveri danno fastidio. Meglio evitarli.
Finlandia – In un Paese poco più grande dell’Italia gli abitanti sono poco più di cinque milioni. E pertanto hanno enormi spazi sui quali far scivolare snelli sci di fondo (montagne poco o niente, in compenso una miriade di bei laghi). C’è il boscaiolo che all’imbrunire (d’inverno verso le 14, 14,30 …) va a trovare un amico a dieci o venti chilometri, fanno insieme una bella sauna e una robusta ciucca di Vodka, dopodiché se ne torna a casa spingendo gli sci per i già citati venti o trenta chilometri. Perché i Finlandesi sono fantastici atleti (parlanti un canchero di lingua, il Suomi, della famiglia Ugro-Finnica, una sorta di incomprensibile “ungherese del nord Europa”). Oltre a loro, ci sono i Lapponi (pochi e a nord, non disturbano e fanno folclore), i Golia Russi (ai quali i Davidi Finlandesi diedero una paga della madonna agi inizi della seconda Guerra Mondiale) e gli Svedesi (circa un otto per cento che i locali hanno cordialmente sulle balle, ma da freddi nordici fanno finta che non ci siano). Turismo (verso la Finlandia): praticarlo, sia d’estate che d’inverno (davvero intrigante, e non è poi così ghiaccio).
Francia – Talvolta dolce, “douce” (almeno per Charles Trenet, Giovanna d’Arco e Ribot, il mitico mai battuto cavallo nato a Dormelletto Ticino che a Longchamps vinse due “Arco di Trionfo”). Talvolta ingrata, all’Italia fascista solo perché si voleva tenere Gibuti, Tunisi e la Corsica (da cui la canzone “Vincere” che recitava: “Malta, Gibuti, Tunisi, Corsica e Gibilterra sono le mète fulgide di questa santa guerra”). “Chi troppo vuole” (nel senso dell’Italia; e dire, oltretutto, quei tre posti non erano mai stati italiani) “non solo nulla stringe” ma pure perde la guerra che dichiara per eccessivo appetito. Ah già… la Francia, ma descrivere un posto così vicino è superfluo. Unica precisazione: non dicano in giro di “essere stati in Francia” quelli che vanno a mangiare le ostriche al nizzardo “Cafè de Turin”. Nota bene: il 96,3 % degli avventori italiani ci va in agosto, quando le ostriche sono cattive e talvolta anche rischiose, risultando chiusi da maggio a ottobre gli allevamenti nel Mare Nostrum.
fine 7a puntata……………..
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ONU FRIVOLA MINIGUIDA ….8a puntata (Gabon – Giamaica)
Gabon – Attraversato dall’equatore, sull’Atlantico, solita ex colonia francese, grande quasi come l’Italia, ma con solo un milione e trecentomila abitanti (e se c’è così poca gente è segno che il posto non è poi così attraente, quindi di andarvi per turismo nemmeno parlarne…); indipendente dal 1960 e subito allietato da un partito unico. Primo autocrate fu Monsieur M’bà, che nel 1967 lasciò il posto (tenuto incollato con il vinavil fino ai nostri giorni!) a Omar Bongo (il primo che pronuncia due volte il cognome e poi aggiunge “stare bene solo al Congo” riceverà in premio una settimana di soggiorno nella capitale gabonese, Libreville; secondo premio, due settimane). Meglio fare un po’ di cultura informando che il Gabon fu esplorato (sotto bandiera francese) dal “furlàn” (ancorché nato a Roma) Pietro Savorgnan de Brazzà e a Lambaréné il dottor Schweitzer allestì il celeberrimo ospedale.
Gambia – Paese piccolino (come l’Abruzzo) un milione e mezzo di gente, infilato dentro il Senegal. Poca costa sull’Atlantico alla foce del fiume Gambia, acqua fangosa. Antan un (rinomato) tour operator pensò bene di venderlo come destinazione turistica. Chi scrive gli disse che il posto non andava bene. Aveva ragione chi scrive.
Georgia – Laddove si parla della Georgia del Caucaso, sul Mar Nero, non di quella “Georgia on my mind” (deep south degli States) cantata da Ray Charles. Un posto (poco meno di un quarto dell’Italia e meno di cinque milioni i suoi abitanti) che diede i natali al compagno Stalin (che vuol dire “acciaio”) eppertanto si potrebbe concludere che se nella seconda metà dell’Ottocento le mamme georgiane e quelle austriache (Hitler nacque a Braunau, Linz) fossero state sterilizzate, il XX secolo si sarebbe risparmiato alcune decine di milioni di morti. Ma bando all’Ucronìa (la storia fatta coi “se” e coi “ma”) e pensiamo alla attuale Georgia, Stato ex Urss, con la sua brava lingua (appunto il georgiano) e un bel casino di genti che convive con l’84% dei Georgiani (Azeri, Armeni, Russi, Osseti, Abasi ecc ecc. Vanto della Georgia (oltre al difensore del Milan Kaladze) un orrido vino spumoso di cui si sborniava la Nomenklatura sovietica (mentre Stalin tirava su ciucche mica male con l’ugualmente orrido cognac locale).
Germania – Descriverla geograficamente è superfluo perché tutti i veri “Itagliani” sanno dov’è, trattandosi di quel posto in cui Materazzi inferse la testata a Zidane. E’ invece difficile descrivere politicamente questo Paese per colpa di quel tragico Asse (poi Patto Tripartito coi Giapponesi, 27/9/1940) messo su tra Mussolini & C. e i Tedeschi (Germanici dei nostrani Bollettini di Guerra). Una bislacca alleanza che l’8 settembre del 1943 si concluse con una gentile visita delle loro panzer-divisionen i cui carristi, tornati a casa, pochi anni dopo invadevano nuovamente l’Italia con le famiglie (ma stavolta in Volkswagen) “okkupando” la Riviera Romagnola (da cui la felicità di tanti bagnini votati all’assistenza “morale” di eserciti di tettute Traudl). Quanto alla faccenda dei Tedeschi “soldatacci” non meno che guerrafondai, non inganni la recente storia. Nei secoli scorsi (almeno fin quando i duri Prussiani unificarono il Paese) i biondi Tognini se la spassavano nei loro tanti staterelli (pressoché privi di eserciti, ma lardellati di sterminate birrerie) e al massimo si davano qualche sberla sulle guance ballando dentro le braghe corte di pelle. Infine, culturalmente (e turisticamente parlando) la Germania è un gran bel posto, con belle città (chi scrive adora Tubingen, poi ci sono Augusta, Dresda ecc ecc e adesso va di gran moda Berlino) e piacevoli paesaggi (nella Foresta Nera, pinete e gran mangiate, mal che vada si torna a casa con il souvenir tipico della zona: l’orologio a cucù).
Ghana – Che sarebbe poi l’ex colonia british della Costa d’Oro, affacciata sul Golfo di Guinea, 240.000 chilometri quadrati con dentro un casino di genti che per fortuna non vanno giù pesante in tema di pulizia etnica (sennò sopravvivrebbero soltanto le imprese di pompe funebri). All’anagrafe (sempre che ci sia) sono infatti registrati: gli Akan, i Mole Dagbani, gli Ewe, i Go-Adenghe, i Gourma, gli Yoruba, dopodiché ci sarebbe un altro 8,7 % di altre stirpi, ma è forse meglio non tediare oltre (anche perché chi scrive non sa bene a quale dei sullodati lignaggi ghanesi appartiene il calciatore Appiah, ex centrocampista dell’Udinese). Il casino ghanese (nel senso di “cocktelino” di genti) prosegue con le lingue, Kwa (Twi e Fanti) e Gur (More e Dagomba) tenute insieme dall’inglese e con le religioni: protestanti, cattolici, cristiani variè, musulmani, animisti ecc. ecc. ecc. (e tre “ecc.” non sono nemmeno sufficienti). Turismo: ma chi ci va mai da quelle parti, con tutti quei nomi lì!
Giamaica – La cantava (non il Paese, ma una canzone chiamata Giamaica) Giorgio Consolini, cantante bolognese degli anni Cinquanta. Quasi certamente le note di questa appassionata melodia da balère postguerra non giunsero mai nell’isola caraibica. Anche perché in Giamaica stava per nascere il Reggae (che tra il ritmo un filino da posseduti dal demonio e le treccine “rasta” di chi lo cantava avranno fatto inorridire il povero “tenorino” Consolini a tal punto da anticiparne l’andata al Creatore). Una bella isola (ci mancherebbe) dalla giusta collocazione (proprio “sotto” Cuba) e proporzioni (undicimila chilometri quadri) circa duecentoventi volte la sarda Asinara, per meno di tre milioni di abitanti, in prevalenza neri e meticci, mentre gli ex cannibali Caribi sono stati a loro volta fagocitati dalla cosiddetta Civiltà Bianca, portatavi prima dagli Spagnoli e poi dai British). Quindi Turismo ok? “Minga tant” (direbbero in una agenzia viaggi milanese) per colpa di una criminalità organizzata (mille e cento vittime nel 2004).Si consiglia pertanto chi va in Giamaica di stare un filino “accorti” (suggerirebbero in una agenzia viaggi napoletana). Non male il Rum locale.
fine 8a puntata…..
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ONU FRIVOLA MINIGUIDA ….9a puntata (Giappone – Guatemala)
Giappone – Esteso arcipelago di isole del Pacifico nord-occidentale (Hokkaido, Honshu, Kyushu, Shikoku le quattro più grandi) situato davanti a Russia, Cina e Corea, poco più grande del Belpaese ma con dentro circa centotrentamilioni di “musi gialli” (chi scrive ha visto almeno trecento volte -imparandone a memoria battute e terminologie – tutti i film sulla Guerra nel Pacifico tra Marines di John Wayne e i Banzai Nippon dell’ammiraglio Yamamoto; eppertanto sa, quasi, tutto quello che è successo tra il 7 dicembre 1941 (Pearl Harbour) e il 2 settembre 1945, resa dei Japs a Mac Arthur sulla “Missouri”, nella baia di Tokyo). Sempre sull’abbrivio dei citati trecento film, rimembranti quanto accaduto a Iwo Jima, Okinawa, Saipan, Tarawa, Guadalcanal ecc ecc (e se vivaddio almeno una volta uno può scrivere quello che pensa) si potrebbe anche commentare che (forse per la loro religione un filino decisa e burbera, si fa per dire) durante l’ultima Guerra mondiale i Giapponesi ne fecero di così grosse (l’eccidio di Nanchino 1937, l’eliminazione “a freddo” dei prigionieri alleati ecc. ) da far sembrare Hitler e Himmler una coppia di educande delle Orsoline. Ma veniamo a oggi (che è meglio) e pensiamola positivamente ricordando Sony, Toyota, Hitachi, Honda. Sennò ci tocca commentare che gli attuali residenti all’ombra del Fujiyama (3776 metri sul livello del mare) invece di saltare i pasti aspettando il pucciniano “fil di fumo” (eppoi ricorrere alla loro grande specialità, l’Harakiri) scorrazzano nei mari di tutto il mondo (sono arrivati financo nel mite Adriatico) ad accoppare indiscriminatamente tonni e balene alla faccia dei divieti e senza dire “bà” (anzi, banzai).
Gibuti – Ex Costa dei Somali francese, grande come la Toscana, solo settecentomila abitanti: 700.000; non vale una seconda riga.
Giordania – Circa novantamila chilometri quadrati con più di cinque e meno di sei milioni di abitanti (valli a contare quelli che attraversano il deserto, senza il problema di mari o montagne, valli, posti di controllo, muri e filo spinato) nel centro del Medio Oriente (tra Siria, Irak, Arabia Saudita, Israele e Cisgiordania). E basta questa descrizione geografica e un minimo di conoscenza della storia contemporanea (si parla dei posti ex turchi, prima Guerra mondiale, Lawrence d’Arabia, attentati, faide tribali, beduini, veri o sedicenti discendenti del Profeta in lotta eccetera) per spiegare che ogni giorno in più vissuto dal loro re (dal 1999 Abdallah Ibn Husayn) è tutto di guadagnato. E meno male, perché politicamente parlando si parla della parte migliore (o comunque meno sfigata) della dinastia degli Hascemiti, peraltro ben protetta dalla ben nota Legione Araba (fondata dal mitico generale british Glubb Pascià). In sede turistica la Giordania va vista perché (oltre a qualche vestigia romana ad Amman e a bagni di mare (Rosso, ad Aqaba) custodisce quella meraviglia di Petra, la famosa invenzione dei Nabatei premiata dall’Unesco.
Grecia – E’ troppo vicina al Belpaese e quindi conosciuta per far perdere tempo al cortese lettore. Ecco pertanto soltanto un paio, massimo tre, chiose su Grecia e Greci. Sono stati loro (i Greci antichi) a insegnare “tutto” (filosofia, arte, teatro ecc. ecc) ai Romani SPQR, perché loro erano gente colta e raffinata mentre i Romani erano soltanto soldatacci privi di gusto (anzi peggio: la salsaccia Garum doveva fare proprio schifo mentre sul vino Falerno allungato col miele meglio glissare). In segno di gratitudine per aver regalato tanto ben di dio intellettuale i Greci (quelli
moderni) furono invasi (si fa per dire, non ci fecero nemmeno passare il confine e se non fosse stato per i Tedeschi col cavolo che saremmo mai arrivati ad Atene) dai Romani (quelli di Mussolini). Sono passati quasi settant’anni ma non si sa ancora bene il perché (si voleva “spezzare le reni alla Grecia”, quando il loro duce era un ammiratore del nostro). Quanto al Turismo, il gitante italico usa dire che sulle isole “va a dormire nelle case dei pescatori” ma in realtà si tratta di commercianti del paese o contadini: in Grecia di pescatori ce ne sono pochi (forse perché il mare non è assai pescoso; nessuno è perfetto).
Grenada – Meglio non chiedere all’umile estensore di queste schede come due isole caraibiche (Grenada 311 chilometri quadrati e Carriacou 33, vabbè più grandi, ma solo di poco, dell’isola Bella e dell’isola Pescatori sul nostrano lago Maggiore) possano essere diventate uno Stato indipendente e sovrano, pure accolto nell’Onu (nel cui locale dell’Assemblea ci starebbero, ancorché un po’ stretti, tutti i suoi centomila o poco più abitanti. Nell’ultimo trentennio, oltre che da un po’ di silenziosi turisti british e canadesi, Grenada è stata rumorosamente visitata dall’uragano Ivan (2004) e (1983) dai Marines figli di quelli capitanati da John Wayne nella “WWII” World War Two, finiti a Grenada per punire un dittatorello locale che aveva tentato di giurare eterno amore a Fidel.
Turismo (salvo quello british) ma va là, con quel rumore che c’è stato.
Guatemala – Un bel posto del Centro America, un terzo del Belpaese con dodici milioni di abitanti (più un milione e duecentomila guatemaltechi negli Usa) “ sinistra e a destra” il Pacifico e l’Atlantico, sopra il Messico e il Belize, sotto l’Honduras e El Salvador. Oltre al posto, bello il nome (così sembra allo scriba) dell’unità monetaria, il Quetzal. Ogni tanto vige qualche guerra civile però abbastanza “civile” (anni fa, recandosi al magnifico variopinto, coloratissimo mercato di Chichicastenango – da non perdere – chi scrive fu fermato a cinque o sei posti di blocco, metà dei “regolari” e metà dei guerriglieri, ma ricevette miglior trattamento di quello riservato dalla polizia yankee controllanti l’immigrazione negli aeroporti degli States). Se si parla di viaggi, il Guatemala è un po’ un’appendice turistica del Messico, mentre una volta (impero Spagnolo) costituiva un vero e proprio Virreinato (de Nueva Granada, voluto nel 1717 da Filippo V) importante come quelli “mejicano” e “peruano”.
fine 9a puntata……
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tanto per non prendere troppo sul serio questo sporco mondo… per mondointasca.org dal 7/12/2007
ONU FRIVOLA MINIGUIDA ….10a puntata (Guinea – Iran)
Guinea – Tante (forse troppe, e per di più tutte all’Onu), ‘ste Guinee, ben tre. Tante, ma non così importanti da doversi infierire su quel poveraccio che non sapesse bene “cosa e dove sono”. Per maggiori “info” del poveraccio ecco scarni dati (bastano) in “versione Bignami”:
– Nell’Africa occidentale, affacciate sull’Atlantico e di poco sopra l’equatore, ci sono (dall’alto in basso): la ex portoghese Guinea-Bissau, 36.000 chilometri quadrati; vi abita circa un milione di Balante, Fulbe, Malinke, Maniaco, Papeis eccetera (tribù a gogò)-
– La ex francese Guinea (senza altre aggiunte) “sotto” la Guinea-Bissau, 254.000 chilometri quadrati per “circa” (anagrafe, censimenti? ma mi faccia il piacere!) sei milioni di Fulbe, Malinke, Sussu eccetera; infine, poco sopra l’Equatore,
– la Guinea-Equatoriale, la più “pequeñita” (è ex spagnola), 28.000 chilometri quadrati con “circa” trecentomila abitanti (valli a contare), capitale Malabo (ci va l’Iberia, non per business ma per ragioni politiche). Turismo? Tiremm innanz.
Guinea-Bissau – Vedi sopra.
Guinea Equatoriale – Ri-Vedi sopra.
Guyana – Una volta era un bel casino: come se non fossero bastate le tre Guinee (vedi sopra), c’erano tre Guyane. Una olandese (vedi Suriname), una francese (che ha fatto strada passando bellamente da Papillon – chi non ricorda la tremenda colonia penale della Caienna? – a Dipartimento di Oltremare) e una british. Quest’ultima è grandicella, poco più di due terzi dell’Italia, ma conta meno di ottocentomila abitanti, che – così vicini all’equatore – se la sfangano male con un clima “horroroso”, sia troppo caldo che troppo umido. Turismo, pertanto, manco parlarne (salvo qualche olandese, non tanto perché avvistati, quanto perché ovunque vai trovi un’auto targata Olanda).
Haiti – Poveracci, sfigatissimi, oppressi da una tragica miseria (153° posto nell’indice di sviluppo umano). E dire che l’isola (la cui metà orientale appartiene alla Repubblica Dominicana, 98° posto, almeno campano) è situata nel bel centro delle (turisticamente) ricche Antille o Caraibi, dove clima e terra dovrebbero garantire quantomeno da mangiare. E andarci è pure rischioso (esci a fare due passi e non ti trovano più o se ti va bene ti ritrovano “machetato”).
Honduras – Posto caro (nel senso di amato) agli italiani (aficionados ai programmi nazionalpopolari della tivù generalista) perché lì è posta l’Isola dei Famosi. Se poi i sullodati seguaci dei Famosi sono pure interisti, l’orgasmo prodotto dalla parola Honduras è vieppiù violento,perché colà ha visto la luce il centrattacco nerazzurro Suazo). Per il resto è una delle “solite” (nel senso di più o meno uguali, provi l’ancorché esperto appassionato di geografia a sistemarle come se fosse un puzzle e avrà i suoi problemi) Repubbliche del Centro America.
L’Honduras è grande un terzo dell’Italia o poco più, possiede circa sette milioni di abitanti, uno dei quali nella capitale dal curioso nome (Tegucigalpa) ma ancor più curioso è il nome dell’unità monetaria, il Lempira. L’Honduras si affaccia sia sul Mar dei Caraibi (e li è posta la già lodata Isola dei Famosi) che sul Pacifico (coste forse meno belle e balneari ma almeno prive di Famosi).
India – Nota come la “Fabbrica della Materia Grigia del Mondo”, entro breve l’India compirà un incredibile balzo dal 12° al 3° posto (dietro soltanto a Cina e Usa) nella classifica delle potenze economiche del pianeta, con un robusto “fatturato” che potrebbe raggiungere i 57 miliardi di dollari. Ma niente nasce dal caso. La “materia grigia” è il derivato di un contesto storico che da millenni vede l’India eccellere nella cultura delle religioni e del pensiero. L’umanità deve tantissimo a questo sub-continente asiatico. Che va pertanto assolutamente visitato (nonostante la bestemmia mentale di arricchite sciurette-bene che non vanno in India “perché sono poveri”). Andarci, dunque.
Indonesia – Sarà anche così grande da cominciare nell’oceano Indiano e finire in quello Pacifico (mica pochi i suoi 1.900.000 chilometri quadrati, più di sei volte lo Stivale, con 220.000.000 di abitanti, l’87% musulmani) ma è anche vero che forse esagera un pochino quanto a terremoti, tsunami, eruzioni (e ogni tanto pure qualche sconvolgimento politico, vedi i trascorsi generali Suharto, Sukarno, mentre l’ultimo dei militari al potere, Susilo Bambang Yudhoyono, forse perché imbarazzato da sì complicato nome, pare un po’ meno disinvolto). Ex colonia olandese (alcuni stati europei più erano minuscoli più godevano di possedimenti sterminati, vedi il Belgio) l’Indonesia vanta quella dolcissima non meno che incantevole perla turistica che è Bali (e infatti ci vanno meno italiani di quanto meriti) ma è tutta bellissima. Un po’ incasinato il visitarla (disastri naturali permettendo).
Iran – Ex Persia, quasi sei volte l’Italia, sessanta i milioni di abitanti, per localizzarlo basta dire Farah Diba, lo Scià, Soraya, l’Ayatollah Khomeini e Ahmadinejad, noto amicone degli Israeliani. E’ inoltre quel Paese dal quale la Tiziana Ferrario del TG1 e le altre inviate televisive del Belpaese ci parlano indossando il velo come usavano (ma almeno non era imposto) tanti decenni fa le nostrane beghine. I motivi di tanta osservanza? Solo rispetto delle regole altrui o “più rispetto” solo perché in Iran c’è (tanto) petrolio eppertanto vi si fanno affari? Mah!
Turismo? La sola Isfahan meriterebbe il viaggio. Ah, hanno la bomba atomica e sono coranamente proibiti gli alcolici (meglio così: perché mai escludere che un Pasdaràn possa tirar su una bella ciucca di Bonarda eppoi faccia casino?).
fine 10a puntata
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