“Due Maggio” (… y Tres… perchè nella capitale spagnola la rivolta proseguì il giorno seguente) allorquando i Gabachos (termine spregiativo usato in Spagna a inizio ‘800 per definire gli occupanti Francesi) agli ordini di quel baloss, nonchè rompiballe, del Napoleone furono cacciati da Madrid (come appunto Goya mirabilmente dipinse).
Franzosi che anche in Italia erano venuti a far danno (datosi che nel Lombardo – Veneto, con gli Austriaci, si stava più che bene, come dal qui scrivente già rammentato a proposito di Giuditta Meregalli, fedele compagna del maresciallo Radetzsky von Radetzsk), oltretutto, con i lumbard e i venexian, già illuminati, pochi decenni prima, dal buon, anzi ottimo, imperial – regio governo di Maria Teresa (e – come il qui scrivente ricordò anni fa a una esaminanda scolaresca… – a S.M.I. i milanès devono Brera, la Scala etc etc …. roba che, se – salvo la Galleria ‘di V.E. II – in piazza del Duomo e dintorni stavano ad aspettare quei pidocchiosi – l’ha detto Gianni Brera – dei Savoia … adesso… cipperimerlo…).
Ma torniamo alla Madrid di Francisco de Goya (y Lucientes), constatando, però (e purtroppo), che con tutta ‘sta pandemia che c’è in giro (figurati, poi, ay ay ay, in questi giorni di fiesta) non si può nemmeno salutarla con un fuerte abrazo (Madrid Madrid Madrid, pedazo de la España en que nacì...) …
Scrivi un commento