Oggi…. 11 novembre … san Martino (giornata davvero importante del calendario) ….
‘Era’ il compleanno (anzi, si diceva il genetliaco, termine aulico oggidì quasi scomparso) di S.M. Vittorio Emanuele III, re d’Italia e di Albania e Imperatore d’Etiopia, per il resto del Paese più noto come “Sciaboletta” (stante la di lui bassa statura, vabbè, ma si può mai avere dei sudditi così del menga in quanto malevoli? Però, anche VE III, sotto l’1 e 51 … roba che si dovette abbassare la statura minima del resto degli italici maschi per andare a fare la maja …. sennò che figura ci faceva “Sciaboletta” in divisa? ….).

Vittorio Emanuele II detto il Padre della Patria (nel senso che - sembra - scopasse come un riccio...)

Vittorio Emanuele II detto il Padre della Patria (nel senso che – sembra – scopasse come un riccio…)

E fu così che in occasione del  compleanno/genetliaco di Sciaboletta (giorno di ovvia vacanza nel Regno) lo scrivente riuscì a sfangare ben 2 gg di scuola, beninteso (matusa sì, ma est modus in rebus) quella elementare, dopodichè il sullodato re pensò bene di traslocare, mollando Roma, gli successe la Repubblica (quella) Sociale e ciao pepp, addio festa l’11 novembre….) ….
Mal’11 novembre, è anche San Martino e per il semplice fatto che ‘fa rima’ ecco che “A san Martino il mosto di fa vino” da cui si evince che da oggi una buona Barbera può cominciare ad essere una buon vino anzichè quella sorta i vinello detto (altra rima) Novello (fallita, o quasi, non se ne parla più, operazione commerciale dei vignaioli italici, scopiazzata dal Vin Nouveau francese e inventata solo per far cassa in anticipo…).
E l’11 novembre (poi ho chiuso…) riecco san Martino (quello della Capa, elegante  mantello, alias tabarro, tuttora usato in Spagna, e beninteso ne possiedo uno del celebre Seseña di Madrid), e a tale data (oltre al famoso’ mosto che si fa vino’ vedi sopra) nelle campagne del Vej Piemont era tradizione che scadessero i contratti di mezzadria eppertanto si traslocava, sloggiava. Tant’è che poco prima della nota battaglia di San Martino (1859, quella storicamnte “gemellata” con Solferino) re Vittorio Emanuele II (l’unico, forse, meno peggio dei Savoia, anche perchè sembra che non fosse uno di loro, bensì, soltanto, il figlio di un macellaio fiorentino…lunga storia di un incendio etc etc), rivolto ai suoi soldati (ma, visto il giorno, non poteva lasciarli a imbottigliare la Barbera invece di star lì a fargli fare la guerra, che oltretutto, alla fine di quella successiva, “costò” l’annessione di qualche parte dello Stivale mica tanto giusta? mah….) uscì con un’invocazione più ‘agricola’ che ‘storica’ (ma storica lo divenne, datosi che -rara aves- stavolta l’esercito dell’ ImperialRegio Governo risultò sconfitto).

Serafino fa garrire il tricolore..

Serafino fa garrire il tricolore..

Queste le parole del nonno di “Sciaboletta”, in perfetto dialetto torinese (quello parlato solo dai “granata” doc, e sconosciuto agli extracomunitari juventini, … e a tale proposito, ancorchè nato a Torino e beninteso non ‘gobbo, mi scuso per la precaria grafica) “Fioeu, in coeu piùma San Martìn o i fan fait san martìn a nou” (tradotto per i non pedemontani: “Ragazzi, oggi o pigliamo san Martino o ci fanno traslocare….”) … e fu così che solo un paio d’anni dopo nei cieli d’Italia cominciò a garrire il tricolore … tutto, in gran parte, merito di san Martino (ma anche di Napoleone III) …. e questa, cara gent, è storia … .