Nel cuore di un’America Centrale troppo trascurata, forse perchè composta da Paesi troppo piccoli (eppur interessanti, e ricchi di grande personalità) ….
gpb x mondointasca.org … sulle orme (eh sì, l’Eroe de due mondi giunse anche qui….) di Garibaldi …
Nella foto di copertina …. folklore a Masaya
A volte la tanto disprezzata politica consente di localizzare luoghi difficili da scoprire persino sulle carte geografiche. E’ il caso del Nicaragua, paese dalla natura “forte” e dalla storia interessante, ma ahilui poco noto.
L’insufficiente conoscenza del Nicaragua è soprattutto dovuta alle vicende storiche. Eccessivamente minuscolo (un tempo connotato negativo, oggi invece “piccolo è bello”) rispetto alle grandi nazioni nord (Messico) o sud americane (Argentina, Perù, Colombia ecc.), il Nicaragua non poté che ricoprire un ruolo di secondo piano nelle lotte per l’indipendenza dalla Spagna, a inizio Ottocento.
In seguito, sempre per l’esiguità dei suoi spazi e per le obiettive difficoltà logistiche, questo territorio centro-americano non fu meta del grande flusso migratorio che vide parte dell’Europa latina trasferirsi nel Nuovo Continente.
Finalmente, dopo tanto silenzio, fu appunto la politica a rendere il Nicaragua un po’ meno “carneade”. Verso la fine del secolo scorso chi non ricorda – non di rado apparse nelle prime pagine dei quotidiani – le vicende dei Sandinisti, nella drammatica ribellione al terrore del dittatore Somoza e le successive dispute con i Contras, appoggiati dai Gringos nordamericani?
Nel cuore delle Americhe
Oggidì più tranquillo e in condizioni di stabilità politica, il Nicaragua si apre al mondo con proposte turistiche non eccezionali ma sicuramente valide. La vera motivazione per una visita in questo angolo del Centro America va pertanto ricercata nel contatto con madre natura, nel godimento di panorami e paesaggi inusitati, nella certezza di non vedere cose finte e cartapesta (“turistiche” secondo i puristi dei viaggi intelligenti).
Il Nicaragua (centotrentamila chilometri quadrati, meno della metà della superficie dell’Italia, più di cinque milioni di abitanti) vanta il soprannome di “ombelico” delle Americhe perché posto (Honduras al nord, Costa Rica a sud) a metà del Centro America. Questo lungo ma non vasto serpentone di terra, poco più di cinquecentomila chilometri quadrati per circa trenta milioni di abitanti, inclusi Guatemala, Belize, El Salvador e Panamà, è turisticamente poco noto perché compresso dai due subcontinenti, a nord e a sud.
Acqua e fuoco, segni distintivi
Alcuni dati statistici consiglierebbero invece un salto nel Centro America. Possiede solo lo 0,4 % della superficie emersa della Terra ma vanta l’8% della bio-diversità. La natura è protagonista con cento vulcani inattivi e ben quattordici località e monumenti sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità.
In Nicaragua l’attento viaggiatore (e se tale, vorrà arrivare con il bel tempo, da dicembre ad aprile; meno suggerita la stagione piovosa da agosto a novembre e quella calda da maggio a luglio; occhio al termometro tra le undici e le quindici, la “hora del diablo”) non trova solo le bellezze naturali rappresentate da tanti laghi, venticinque vulcani di cui sei attivi, verdi paesaggi talvolta “non tropicali”; poco distanti dall’Equatore (tra gli 11 e i 15° gradi nord) incuriosiscono le praterie ricche di bovini.
Una passeggiata o una visita di un mercato artigianale mettono a contatto con sorprendenti – per chi non le conosce o non le vuole conoscere – realtà del Centro America, alcune inquietanti, altre aperte alla speranza.
Un Paese giovane e vivace
Il cinquanta per cento dei “nicaraguen
ses” ha meno di diciotto anni, il sessantacinque per cento meno di trentacinque, mentre il tasso di crescita è del tre e due per cento (famiglia media poco più di cinque figli e nelle campagne, dove la chiesa “manda”, comanda più sensibilmente, i figli diventano otto). Ancora: l’acqua potabile arriva al cinquanta per cento della popolazione, l’elettricità al sessanta per cento.
Nonostante questi dati non confortanti, la gente esprime un carattere mite, cordiale, allegro, gioca al “bèisbol” e tira di boxe (il calcio è solo il terzo sport del Paese); canta e balla al suono della marimba, ampliata versione nicaraguense dello xilofono. Un popolo, quello del Nicaragua, non focoso (salvo, America latina docet, per le orgogliose dispute tra Paesi limitrofi), abituato a prenderla con filosofia, da sempre alle prese con il potente e il violento di turno. La storia è, ahinoi, molto istruttiva in proposito.
La “storia” con Spagna, pirati, Somoza, Sandinisti…
Cominciarono i “Conquistadores” spagnoli; il mitico Francisco Hernandez de Cordoba fondò la bella Granada nel 1524 su ordine di Pedro Arias de Avila, familiarmente ribattezzato Pedrarias.
Seguirono i terrificanti blitz di pirati (Morgan, basta il nome) corsari e bucanieri; dal Caribe risalivano con le navi il fiume San Juan e attraversavano il lago Nicaragua/Cocibolca o sbarcavano dal Pacifico con imprese da “commandos”.
Non mancò il filibustiere made in Usa William Walzer, che nel 1856 mise a ferro e fuoco il Paese. Infine, più autarchica ma non meno tragica, la dittatura della famiglia Somoza, che tosò e terrorizzò il Nicaragua per qualche decennio a metà del Novecento, periodo cui pose fine la ribellione del FSLN il “Frente Sandinista Liberaciòn Nacional”.
… e persino Garibaldi!
Unico straniero a non fare danno e a non sottrarre ricchezze fu Giuseppe Garibaldi (dove non è stato? Altro che Hemingway, salvo bar e ristoranti) che nel 1851 “viviò” (visse) a Granada; lo ricorda una targa gentilmente posta dall’Instituto Nicaraguense de Turismo in un’umile casa a un piano, a pochi passi dalla cattedrale.
Senza entrare nel merito delle accuse rivolte alla Conquista spagnola, una goffa difesa d’ufficio potrebbe commentare che senza la “lengua castellana” il Nicaragua oggidì non potrebbe vantare (e vi provvede con grande orgoglio) il genio e la splendida poesia di Rubèn Darìo (1867-1916). Nato nella provincia di Leòn, verso il confine con l’Honduras, Darìo fu giornalista e diplomatico ma soprattutto sommo poeta che visse e onorò lo splendido momento culturale che, con la generazione del 1898, compensò la Spagna della perdita dell’impero.
Managua, capitale “mediatrice”
Visitare il Nicaragua non è difficile, soprattutto per la posizione delle tre principali località. Managua, la capitale, è infatti situata a novanta chilometri da Leòn a nord e a quarantacinque da Granada a sud, sulla strada (in gran parte si percorre la famosa pan-americana) che congiunge appunto Leòn con Granada. La città divenne capitale a metà dell’Ottocento a mo’ di compromesso (posizione geografica e neutralità) che seguì le secolari dispute tra i due citati centri, fondati dagli Spagnoli.
Con una certa perfidia si potrebbe commentare che Managua non è una città (vedasi la stranezza degli indirizzi sui biglietti da visita, spesso non precisi, quanto a strada e numero, al contrario vaghi con riferimenti a costruzioni, impianti o distributori) bensì un grande centro abitato sviluppatosi in seguito a una caotica urbanizzazione e senza un piano regolatore (contrariamente alle città dei Conquistadores, rigidamente squadrate e disegnate a graticola).
Con il Palacio Nacional, la Casa Presidencial, la Huellas de Acahualinca, il teatro Rubèn Darìo per finire al Mirador de Tiscapa, la conoscenza di Managua può dirsi conclusa.
Più intriganti e variate le visite di Leòn e Granada – e delle località limitrofe – soprattutto se compiute dall’appassionato di storia con qualche nozione di spagnolo.
La storica Granada
Sulle rive del lago Nicaragua/Cocibolca, Granada, la Gran Sultana alias la “ciudad mas antigua” del continente americano (1524), offre bei dintorni: Masaya con un interessante mercato artigiano, l’omonimo vulcano attivo poco distante e il Mirador de Catarina, dal bel colpo d’occhio sul conico vulcano Mombacho e sullo specchio d’acqua di un “apoyo” o laguna craterica. Ma è soprattutto la visita di Granada – con strutture alberghiere che permettono ottimi pernottamenti – a deliziare chi ama sentire il profumo di Spagna a poco meno di diecimila chilometri da Madrid.
Si passeggia per squadrate calles silenziose, tra case in stile coloniale a uno o due piani (nelle terre vulcaniche il terremoto è una costante) decorate da tenui colori pastello. E’ facile perdersi nel tempo. Basta una camminata e si ammirano la Iglesia de San Francisco (nel convento un bel patio e un museo con sculture precolombiane), la Catedral, l’Ayuntamiento e la Casa de los Tres Mundos.
Un giro in barca tra le trecentocinquantasei verdi “isletas” del lago Nicaragua/Cocibolca permette di apprenderne le enormi dimensioni (più di ottomila chilometri quadrati) e spiega perché questo “Mar de Agua Dulce” e la navigabilità del rio San Juan, suo emissario nel Mare dei Caraibi, costituirono nei secoli un’alternativa al Canale di Panamà.
Un progetto tuttora allo studio – da parte di Brasile, Cina e Giappone – prevede un canale artificiale di soli diciotto chilometri – la distanza tra il lago e il Pacifico – a completamento della navigazione tra i due grandi oceani.
Leòn, l’antica capitale
Ancorché a lungo “capital”, Leòn si presenta meno “historica e colonial” di Granada, accogliendo con il sussiego di chi vanta importanti tradizioni culturali.
Rubèn Darío nacque poco distante e visse in una casa, oggi museo, che racconta più di tanti libri come si viveva a fine Settecento nei Paesi del Centro America, infervorati dalla “Ilustraciòn” (illuminismo) e ormai legati a Madrid solo nominalmente.
Poco distante, grande sorpresa a conferma di una Leòn capitale culturale del Nicaragua, il Centro d’Arte della “Fundaciòn Ortiz Gurdian”.
In una tipica casa “señorial” di fine Settecento – splendido il patio -, intatta nel tempo, si ammirano capolavori del Correggio, Procaccini, Van Loo, Fragonard oltre a stampe di Braque, Chagall, Matisse,Utrillo, Picasso.
La vecchia Leòn, abbandonata per i terremoti
Prima di giungere a Leòn, da Managua, vale la pena visitare Leòn Viejo, abbandonata nel 1610 a causa di continui terremoti. A giustificare la deviazione dalla strada principale non sono tanto le scarne e scarse rovine (dichiarate Patrimonio dell’Umanità con forse eccessiva generosità), quanto un sontuoso panorama del lago Managua/Xolotlàn, le cui acque riflettono la bella sagoma conica del vulcano Momotombo.
Ombelico delle Americhe posto tra Pacifico e Atlantico, al Nicaragua non possono mancare le “playas” vantate soprattutto nel Caribe punteggiato da tanti “cayos”. Con voli da Managua, via Bluefields, si raggiunge la più grande delle Isole del Maiz, con piccoli alberghi su grandi spiagge.
Sul Pacifico – oltre a un moderno resort di proprietà spagnola a Montelimar – si soggiorna a San Juan del Sur, quasi al confine con il Costa Rica, per catturare il sole, godere il surf, cimentarsi nella pesca d’altura, ma soprattutto per assistere (luglio-gennaio) alla deposizione delle uova da parte della “tortuga paslama”.
Ma non si parte per il Nicaragua alla ricerca di grandi attrazioni turistiche, grosse sensazioni, lusso, visite di grande effetto.
Si visita questo Paese centro-americano per un miglioramento culturale, maturato tra superbi paesaggi e panorami, una natura assolutamente diversa e spesso incontaminata, contatti con gente la cui vita e costumi distano anni luce dal nostro mondo, bello o brutto che sia.
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