Scrivere che su un corso d’acqua aleggia uno spettro è forse un tantino bizzarro e curioso. Ma se si analizzano i recenti avvenimenti nell’intricato -morfologicamente e politicamente- subcontinente centroamericano, la battuta è accettabile.

nicaragua - artigianato a masaya 1

Nicaragua, artigianato a Masaya … conquistadores e nativi

Il celeberrimo Canale di Panamà sente il peso degli anni. Dopo tante vicende belliche e militari (alcune solo progettate, è il caso dei piani hitleriani e giapponesi di sabotarlo; altre accadute, vedi i tanti incidenti con la popolazione locale durante la lunga occupazione Yankee) il Canale più famoso del mondo -nonché più caro, prima per costruirlo, adesso per percorrerlo- sta attualmente affrontando una crisi multiforme. Le strutture invecchiano nonostante la periodica e attenta manutenzione, le navi che lo attraversano sono costruite in dimensioni impreviste e financo la meteorologia ci mette del suo. A causa delle note alterazioni nell’atmosfera le precipitazioni nella zona del Canale stanno diminuendo sensibilmente e il divieto del governo panamense di abbattere gli alberi della foresta pluviale –favorente le piogge- costituisce soltanto un palliativo. Ne consegue, con preoccupazione, un sempre più scarso afflusso d’acqua ai laghi alimentanti le chiuse che sollevano le grandi navi in transito tra i due maggiori oceani della Terra.

Come affrontare la “crisi” del Canale di Panamà? Tra le eventualità allo studio –scartata per motivi logistici la possibilità di ingrandire la via d’acqua esistente- restano solo la costruzione di un altro canale poco distante oppure l’attraversamento marittimo del Centro America navigando sul maggiore dei due grandi laghi del Nicaragua (e proseguendo su un canale artificiale, lungo meno di 20 kilometri e di non difficile costruzione, fino allo sbocco nel Pacifico). Ecco l’alternativa, lo spettro (quantomeno per chi vi lavora e per chi ne possiede le azioni) incombente sul Canale di Panamà, una minaccia non tanto remota se si tiene conto che è attualmente allo studio un progetto sulla fattibilità del Passaggio Nicaraguense voluto congiuntamente da Brasile, Cina e Giappone.

nicaragua - Masaya - Baile 1Che il Nicaragua (ombligo, ombelico de America, perché esattamente posto a metà del Nuovo Continente) abbondasse di acqua lo scoprì nel IV secolo dopo Cristo una migrazione di Indios provenienti dal lontano Messico meridionale. La loro lunga ricerca –secondo la leggenda motivata da ispirazioni religiose o più probabilmente per fuggire dalle grame condizioni di vita imposte dalle cime andine e dai deserti- di un Terra Promessa “contornata da picchi circondati dall’acqua” era finalmente terminata. E con totale soddisfazione ed entusiasmo, se si pensa che in nella lingua della antica popolazione precolombiana Nicaragua significava “Dove c’è acqua siamo arrivati”.

Se si eccettuano vicende di poco conto -probabilmente più leggendarie che effettivamente accadute- quali la trasmigrazione dal Messico dei citati Indios “cercatori di acqua”, prima dell’arrivo dalla Spagna dei vituperati Conquistadores la Storia latitò a lungo nell’attuale Nicaragua e nel resto del Centro America. Un angolo di mondo, quest’ultimo, dalla forma di montagnoso serpentone che si distende dal Guatemala al Panamà (500.000 kmq con una trentina di milioni di abitanti), a torto dimenticato dai viaggiatori, non solo perché non facilmente raggiungibile dalle trasferte organizzate ma soprattutto perchè penalizzato dalle poco distanti mète del turismo di massa. Se le attrazioni costituite da località e monumenti dichiarati Patrimonio dell’Umanità non sono particolarmente numerose (si tratta comunque di 14 riconoscimenti dell’Unesco), il Centro America può invece vantare di possedere l’8% della biodiversità della Terra a fronte del solo 0,4 % della superficie occupata, per non citare i 100 vulcani in attività (il solo Nicaragua ne conta 25, di cui 6 attivi).

Garibaldi a Granada....

Garibaldi a Granada….

Ma se si parla di acqua è soprattutto nel Nicaragua che questo bene incommensurabile acquista un’importanza tale da averne persino modellato gli ultimi 500 anni di storia. Non senza ricordare e sottostimare la presenza di due oceani nella geografia del Paese (a est le belle spiagge sabbiose sul Mare dei Carabi e a occidente le coste frastagliate del Pacifico) per grande ricchezza del Nicaragua si intendono le acque interne, in gran parte contenute nei due grandi laghi, il Managua o (in lingua india) Xolotlàn e il Nicaragua o Cocibolca su una superficie (10.381 kmq) rappresentante poco meno di un decimo del territorio.

Il primo, dalle dimensioni nettamente inferiori rispetto al lago Nicaragua (rispettivamente 1.042 e 8.264 kmq, per facilitare un raffronto si ricordano i 370 kmq della superficie del lago di Garda) ha una lunghezza massima di 58 km e una larghezza di 32 con una profondità media di 9 metri (massima 30). La sua forma vagamente semicircolare, interrotta dalla penisola Chiltepe, ne attesta l’origine vulcanica confermata dalla bella sagoma dell’attivo vulcano Momotombo che si specchia nelle sue acque e sovrasta un’isola dal dolce nome disneyano, Momotombito). Curiosamente, i due laghi cessarono di comunicare (attraverso il fiume Tipitapa) ai primi del ‘900 per l’abbassamento del livello del Managua (9 metri più alto del Nicaragua), fin che nel 1998 il terribile uragano Mitch pose fine alla separazione colmando il dislivello con piogge tropicali di immani dimensioni.

Oltre alla particolarità di offrire i suoi non entusiasmanti lidi alle voglie balneari della capitale Managua (città che non è una …città ma solo un agglomerato –valido qualche edificio istituzionale, in buon stile neoclassico- di costruzioni erette quasi a casaccio, basti commentare che negli indirizzi invece dei numeri civici si leggono bizzarre indicazioni come “30 metri dopo il distributore di benzina…”), il lago omonimo (oXolotlàn) non propone grandi bellezze, salvo qualche accettabile panorama lungo la strada che conduce a Leòn. E nemmeno esalta una sosta aLeòn Viejo -costruita dagli Spagnoli ai primi del ‘500 e abbandonata pochi decenni dopo per le bizze eruttive del Momotombo- le cui poche rovine sono state sommariamente rabberciate (e stranamente dichiarate Patrimonio dell’Umanità da una Unesco in questo caso eccessivamente generosa).
nicaragua - bandieraBella, invece, Leòn, sorta nel 1610 a monte del citato insediamento distrutto da un terremoto, capitale del Nicaragua per più di 200 anni (supremazia secolarmente contestata da Granada fino allo scoppio –come si conveniva nelle repubbliche sudamericane- di in una guerra civile cui fu posto fine nel 1857 con un compromesso che designò Managua nuova capitale del Paese). La città profuma di cultura (interessante una visita alla casa natale del sommo poeta delle lettere ispaniche, Rubèn Darìo), è importante centro religioso (la cattedrale, del 1747, costituisce l’edificio più grande del Centroamerica) e fu teatro di recenti e tragiche vicende politiche (si rivivono le rivolte sandiniste contro Somoza e i suoi sostenitori Yankees visitando la Casa delle Madri dei Caduti del Fsln). Leòn, infine, si distingue anche nell’arte vantando un bellissimo (non meno che impensabile, in questo recondito angolo del mondo) museo voluto dalla Fundaciòn Ortìz Gurdiàn e ospitante con capolavori invidiati dalle esposizioni di molte grandi città europee.

Il lago Nicaragua / Cocibolca (Luogo del Grande Serpente) supera il Managua / Xolotlàn sia in dimensione (è vasto quanto l’Umbria) che per motivi storici, commerciali, paesaggistici e per varietà di flora e fauna (ospitava l’unica specie di squalo di acqua dolce, oggi estinta o, si mormora scomparsa nelle acque profonde circondanti l’arcipelago di Solentiname) .

nicaragua - Managua - Lago CocibolcaDi forma ovale, 177 km di lunghezza, 31 metri s.l.m., ha come punti di riferimento (collegate da un trasporto quotidiano in battello) l’importante città di Granada a nord ovest e San Carlos a sud est, dove il Rio San Juan, emissario navigabile per la gran portata d’acqua, inizia il percorso verso il Mare dei Caraibi. Granada profuma di Spagna coloniale e intriga con case color pastello ed edifici (San Francisco, 1631, laCasa de los Tres Mundos, la cattedrale) ben vivi nonostante il logorio del tempo, il clima tropicale, eruzioni vulcaniche, incendi e saccheggi. Belli anche i dintorni: negli ultimi dei 40 km che la separano da Managua. Dopo una sosta nel variopinto mercato artigianale di Masaya il Mirador de Catarina, offre una superba veduta da cartolina postale, con il vulcano Mombacho (1.400 m.) a destra, in primo piano il sottostante Apoyo(una laguna craterica di acqua salata) e sullo sfondo la città e il lago Nicaragua. Di fronte a Granada, a soli 3 km, un arcipelago dalla superficie non vasta ma dotato di ben 356 Isletas -mèta di gite in barca da Puerto Cesar- delizia per il dedalo di vie d’acque sorvolate da tante varietà di volatili. Nell’Isla Grande, San Pablo, non manca un (mini) Fuerte eretto nel XVIII secolo a difesa di Granada da pirati, corsari, bucanieri, filibustieri attentanti alle ricchezze dell’impero spagnolo.

Pochi kilometri più a sud, l’isola Zapatera propone una zona archeologica con statue di roccia e caverne con tombe (altre sculture in pietra nella non lontana Isla del Puerto).

Quasi al centro del lago l’isola Ometepe spiega la sua origine con il nome (Azteco, significa 2 montagne) come se non bastasse la ben visibile morfologia disegnata da 2 vulcani. A forma di 8, è proclamata dai 35.000 abitanti (agricoltori coltivanti soprattutto banane) la più grande isola lacustre del mondo.

Mirador a Leòn

Mirador a Leòn

All’estremo sud del Nicaragua / Cocibolca, infine, il secondo arcipelago del lago, le Solentiname, 36 isole dalle caratteristiche (accesso limitato, scarseggia la luce elettrica, tranquilla e poca gente dedita all’agricoltura e all’allevamento) invitanti alla meditazione e alla creatività (nei rari villaggi buoni lavori di artigianato).

L’interesse e la notorietà del più grande lago nicaraguense sono comunque dovuti in gran parte al Rio San Juan, un vero e proprio cordone ombelicale di circa 200 km trasportante le acque del lago nel Mar dei Carabi. Ampio e tranquillo dalla lacustre San Carlos a El Castillo, il fiume si restringe aumentando la velocità della corrente fino alla confluenza con il Rio San Carlos per riacquistare maestosità entrando nelleReserva Biologica Indo-Maiz e infine giungere al mare con un delta paludoso ramificato in numerose lagune (ultima, e più vasta, quella di San Juan del Norte, nota anche come Greytown Bay).

Non è arduo spiegare l’importanza economica e storica (ma densa anche di prospettive) del San Juan. Per più di 3 secoli costituì perConquistadores, pirati, bucanieri e corsari (ultimo il filibustiere Walker nel 1857) una sorta di autostrada acquatica conducente nel cuore del Nicaragua. Quanto al futuro economico-politico interessa lo studio sull’utilizzazione del fiume nella costruzione di una seconda via d’acqua (in alternativa al Canale di Panamà) collegante l’Atlantico con il Pacifico.

Meno intriganti delle acque dolci dei due grandi laghi, ma pur sempre attraenti come gran parte della Natura ai tropici, i mari del Nicaragua. Nella zona del Caribe esplorata nell’ultimo viaggio di Colombo le Islas del Maiz (in inglese Corn Islands, a 20 minuti di volo da Bluefields) circoscrivono l’offerta turistica a qualche piccolo hotel e alcuni ristoranti. Sulla Isla Grande bella passeggiata lungo 10 km di bellissime spiagge, sulla Pequeña, in agosto, Fiesta del Cangrejo (granchio). Nell’arcipelago dei Cayos (gli inglesi Keys) Miskito, seducente per il reef, il bel corallo e le bianche sabbie frequentate da paciose tartarughe, si pernotta solo nelle case di pescatori che invitano a evitare soste notturne a Cayo Grande (infestato dai fantasmi di antichi pirati caribeños).

Meno inquietanti le acque nicaraguesi del Pacifico. A San Juan del Sur (il porto terminale del progettato istmo conducente al lago Nicaragua e di lì all’Atlantico) tante opportunità di pesca d’altura e windsurf. Sulle belle spiagge di Playa Chococente e La Flor, eccezionale visione della tartaruga paslama che depone le uova. Per chi non potesse proprio fare a meno di vivere una vacanza in un hotel con management e accoglienzaall’europea, l’unico disponibile si trova a Montelimar, la spiaggia di Managua, a solo 50 kilometri dalla capitale nicaraguense.

Passaporto

Nicaragua TortillaIl Nicaragua 131.812 kmq (Italia 301.338 kmq) per circa 5 milioni e mezzo di abitanti (un quarto nella capitale Managua) è situato a metà del Centro America tra gli 11 e i 15° di Latitudine Nord (agli stessi paralleli, Senegal, India meridionale, Thailandia e Filippine) e confina a nord con l’Honduras e a sud con il Costa Rica (rispetto ai quali possiede meno risorse economiche). Dati interessanti: l’alta percentuale (il 50%) di giovani inferiori ai 18 anni (il 65% ne ha meno di 35), la crescita annua (3,2 %) e (scherzosamente commentata come “l’unica produzione valida nel Nicaragua”) la media di 5,2 componenti per famiglia (quella di un campesino non raramente registra 8 figli). Come altri Paesi tropicali, il Nicaragua non lamenta tanto la fame –grazie alla già segnalata abbondanza d’acqua la terra è estremamente fertile, generosa- quanto il sottosviluppo nelle vaste terre agricole (solo il 60% circa riceve l’acqua potabile ed è privo di elettricità).

Quando visitarlo? In una regione che più tropicale non si può (con la rituale visita autunnale degli huracanes dal Caribe, e basta anche solo una loro coda per impensierire) il viaggiatore non vorrà sfidare il calendario: pioggia a volontà da agosto a novembre, temperature gradevoli da dicembre ad aprile, caldo da maggio a luglio (anche infernale, visto che il tempo intercorrente tra le 11 e le 15 è definito la hora del diablo).

I fatti
Come per tutti i Paesi del Centro America (salvo le vicende Maya nel Guatemala) la Storia “che conta” del Nicaragua (non eccezionali le vestigia lasciate dalle locali popolazioni precolombiane, i Nicaraos, Chorotegas e i Chontales) inizia con la Scoperta dell’America. Pochi anni dopo (1524) proveniente dalla non lontana Panamà, il Conquistador Francisco Hernandez de Cordoba -agli ordini del mitico Pedro Arias de Avila, familiarmente ribattezzato Pedrarias- fondò Granada, che pertanto vanta (oltre al pomposo soprannome Gran Sultana) di essere laciudad mas antigua del continente americano. Per circa 3 secoli sonnecchiante colonia spagnola (salvo improvvisi risvegli per le incursioni di corsari e bucanieri provenienti dal Mar dei Carabi navigando sul fiume San Juan e sul lago Nicaragua / Cocibolca), nel 1821 il Paese conquistò l’indipendenza nell’ambito di una Federazione Centro Americana (con Guatemala, Costa Rica, Salvador, Honduras). Una unione che ben presto si dissolse per la nota conflittualità esistente tra i popoli dell’America Latina. Degne di nota le scorribande del filibustiere yankeeWilliam Walker a metà del XIX secolo e (quantomeno per il lettore italiano) un soggiorno di Garibaldi a Granada (1851). Più movimentate le vicende del Nicaragua nel ‘900 (iniziato con una occupazione degli Usa nel 1912). Negli anni ’30 il generale Augusto Sandino dà vita a una rivolta nazionalista anti Usa, soffocata dalla dittatura di Anastasio Somoza (che con gli americani si mise invece d’accordo). Più che storia sono cronaca le vicende dagli anni ’80 a oggi (il FSLN Fronte Sandinista Liberazione Nazionale, i Contras, Daniel Ortega e l’attuale “dialogo nazionale”).