Oltre a edifici di pregio (il Colosseo, l’Acquedotto di Segovia, le Arene di Verona, Nimes, Arles e quant’altro) l’antica Roma ha lasciato una ricca collezione di massime e sentenze. Celebre è “Ubi Maior Minor Cessat”, laddove il Minor cornuto e mazziato subisce danni non solo morali (leggasi di immagine) ma pure materiali.
Campania interna, fai-da-te
È il caso, prosaicamente parlando, dei “Turismi” di Caserta, Benevento e Avellino, vittime del Maior napoletano. E fu così che, stufi di vivere nel Cono d’Ombra proiettato dalla Posizione Dominante (roba da Antitrust) dell’ex Neapolis, nonché penalizzati (la cosiddetta gente fa in fretta a fare di ogni erba un fascio, sente parlare la Jervolino e pensa a tutta la regione) da quanto recentemente accaduto nella Caput Campaniae (Monnezza, Gomorra, Ultras non oxfordiani sui treni) i reggitori delle vicende turistiche di Caserta, Benevento e Avellino hanno pensato bene di mettersi in proprio. O per meglio dire, hanno creato un “loro” prodotto turistico che con la chiacchieratissima ex Partenope nulla ha a che vedere. Dopodichè hanno invitato a quella che gli Yankees chiamano “spot visit” (o forse “visit spot”, che in parole povere vuol dire “sbafa sul posto”) alcuni giornalisti eno-gastronomici nonché il qui presente scrivano (che di turismo sa quasi molto, mentre dell’enogastronomia – salvo una ormai sessantennale, o giù di lì, robusta utenza – poco o nulla conosce, tant’è che cambierebbe quel lungo non meno che dotto termine vino-gastrico con la più concreta, casereccia, tradizionale e forse più saporita parola Cucina).
Meraviglie casertane
Allora, Caserta, Benevento e Avellino, mète turistiche indipendenti, in grado di presentare e sostenere una propria programmazione (turistica, enogastronomia, culturale)?
Si potrebbe dire di sì, almeno adesso, nel senso che la “highlight” (l’attrazione massima di un possibile tour di tre o quattro giorni nelle citate province) laddove si intende la Reggia di Caserta, è stata da poco ripittata e appare molto ben presentata (mancano solo alcuni lavori stradali lungo la facciata principale). Un doppio evviva, per il piacere del turista visitatore e per la serenità che finalmente pervade chi scrive, nel passato un filino incacchiato alla vista di tanto abbandono e menefreghismo verso magnifici monumenti. Una reggia, quella di Caserta (beninteso Patrimonio dell’Umanità) che oltretutto è Una e Trina, datosi che oltre all’imponente palazzo vanvitelliano sono proposte due chicche. La prima, si potrebbe dire ovvia quando si fa riferimento a residenze reali, è rappresentata dai giardini, all’italiana e all’inglese, e dal sontuoso parco. La seconda chicca, inattesa e per questo più goduta, è costituita dal Quartiere (Borgo e anche noto come Belvedere) di San Leucio, un intrigante complesso di costruzioni di grande bellezza e interesse storico e sociale (un plauso pertanto a chi ha progettato e ridato vita a tanto elegante complesso e chi volesse saperne di più richieda all’Ept di Caserta il bellissimo libretto, fotocopia dell’originale, “Origine della popolazione di San Leucio di Ferdinando IV MDCCLXXXIX”).
Borboni illuminati per la Reggia e San Leucio
Chi poi ha a cuore le vicende storiche della Spagna, prova pure una sorta di affetto verso la reggia casertana perché sorse per volontà di un grande re (per certo il migliore dei Borboni) Carlos III, che nel 1759 dovette lasciare il regno di Napoli e Sicilia (e forse sarebbe cambiata la storia del sud Italia se non dell’intero Belpaese se il figlio di Filippo V ed Elisabetta Farnese fosse rimasto a Napoli) perché divenuto re di Spagna. Giunto a Madrid l’intelligente monarca ordinò la costruzione di tante opere pubbliche e monumenti da essere definito (e tuttora ricordato con affetto) “sindaco” e “architetto” della capitale spagnola.
Assai meno sagace di Carlos III, suo figlio, Ferdinando IV, non brillò per acume e laboriosità (a parziale giustificazione si potrebbe commentare che con quel ben di dio racchiuso nella reggia casertana la voglia di lavorare poteva scappare con facilità) ma quantomeno ebbe la fortuna o la capacità di circondarsi di ministri in possesso di buone conoscenze del contemporaneo Illuminismo. Tra i più noti consiglieri di Ferdinando IV eccellono il Tanucci, suggeritore delle Seterie Reali (o Real Colonia) di San Leucio, e il celebre Filangieri che ispirò le leggi e le regole di questa sorta di esperimento sociale (un comunismo utopico ante litteram) che solo il secolo dei Lumi poteva contemplare. San Leucio, pertanto, è qualcosa di più che una appendice della sottostante reggia vanvitelliana.
Caserta Vecchia e dintorni: la “storia” è di casa
In una classica programmazione turistica delle tre province composta da storia, natura e piaceri del palato, Caserta lascia spazio ad Avellino e Benevento, quanto a paesaggi ed eno-gastronomia, insistendo nell’offerta di monumenti e cultura. Appollaiata su un monte sovrastante la reggia, Caserta Vecchia propone i resti di un castello risalente a Federico II e un Duomo dalla composita facciata di puro romanico. Ulteriore vanto di Caserta, ormai alla XXXVIII edizione, nella prima settimana di settembre il Festival “SettembreAlBorgo” si segnala per spettacoli teatrali e musicali sempre curiosi e mai banali, proposti nel castello svevo e nella medioevale piazza dell’antico abitato, un tempo Casa Irta, in salita, da cui la Caserta poi costruita intorno alla reggia.
Poco distante da Caserta, in una fitta rete di località dai nomi arrecanti confusione per l’accavallarsi di tante vicende storiche, a Santa Maria Capua Vetere (da non confondere con Capua, sorta dopo la distruzione della Vecchia ad opera dei Saraceni) va ammirato un pregevole anfiteatro dotato di un curioso Museo del Gladiatore.
Ma è il caso di non tediare oltre il cortese lettore, e si allevia la sua stanchezza per overdose di storia e monumenti con la garanzia che la prossima – e ultima – puntata del racconto sulle tre sullodate province, tratterà pressoché interamente aspetti naturali ed eno-gastronomici (e dagli! della Cucina!) della Campania Felix.
….continua (con l’uxoricidio….) ….
…. ed ecco l’uxoricidio ….
“Campania Felix” tra monumenti, arte, cultura e mozzarella (2)
La strabella Reggia di Caserta (vieppiù intrigante visitando – oltre al Parco e ai Giardini – il citato storico Quartiere o Borgo o Belvedere di San Leucio, autentico fenomeno economico-sociale di fine Settecento) la Caserta Vecchia di Federico II e la ancor più storica Santa Maria Capua Vetere con un valido Anfiteatro (per favore, una bella pulitina non guasterebbe), costituiscono pertanto la componente monumentale di una visita alle tre province “nordiche” campane, vogliose di crearsi un proprio spazio turistico con proposte indipendenti dalle vicende dellavicinaNapoli.
Musica Artigiana
In termini culturali esulanti da storia e architettura, in una ideale classifica con Benevento e Avellino, Caserta continua a fare la parte del leone proponendo il già menzionato Festival “SettembreAlBorgo”, una rassegna culturale che non avrebbe potuto sommare trentotto edizioni senza l’eccellenza delle annuali programmazioni. Per una decina di giorni, ai piedi della pianura ospitante la Reggia e un ininterrotto agglomerato urbano, si fa cultura di ogni genere. Curioso, intrigante, avanguardista e innovativo lo spettacolo Experimentum Mundi, goduto da chi scrive. “Opera di musica immaginistica” (per sedici artigiani e quattro voci femminili) ideata composta e diretta da Giorgio Battistelli; l’Experimentum altro non è che una sinfonia di suoni e gesti, più volgarmente rumori, prodotti (e “diretti” dall’autore, concertatore) dal lavoro degli artigiani (bottaio, calzolaio, fabbro, arrotino, falegname ecc. ecc.) mediante i loro strumenti. Curiosamente, il testo è ricavato da quella “Encyclopèdie française ou Dictionnaire des Artes et des Mètiers” degli “Illuministi” Diderot e D’Alembert, che per certo ispirarono i saggi ministri del re Borbone nella creazione del poco distante “Esperimento” di San Leucio.
Bufale e Mozzarelle
Messa da parte l’arte e la collegata cultura, più prosaico e quindi palatalmente sfizioso è risultato il Buffalo Tour, ameno termine per indicare una gita proposta per conoscere non tanto (la lavorazione avviene nel cuore della notte e la stampa non va stressata oltremisura) la Mozzarella “campana doc” (sembra ovvio) quanto l’animale lattifero che a questo divino formaggio dà vita: la Bufala.
Tra spiegazioni dell’ospitante “casaro” e domande a lui rivolte, il cronista è riuscito a scoprire (spera definitivamente) arcani che svela con piacere al cortese lettore (se a lui non già noti). In primis (e contano balle coloro che raccontano il contrario) che la Mozzarella doc non solo può ma soprattutto deve essere esclusivamente ottenuta dal solo latte di Bufala (eppertanto – secondo il cronista – chi usa il latte vaccino “frega in commercio” chiamando Mozzarella un prodotto che non è doc o quantomeno, se non frega in commercio, vende un prodotto totalmente diverso). Inoltre, importante, si è appreso che per essere doc (alias di latte di Bufala) una Mozzarella non può che costare cara, datosi che una odierna mucca di litri di latte può fornirne quotidianamente financo 25 o 30, mentre dalle mammelle di una povera Bufala i litri di latte ogni dì elargiti non superano la dozzina.
Il “furbissimo” Don Gesualdo di Taurasi
Esaurita con la Mozzarella (beninteso di Bufala) anche la parte eno-gastronomica (ma come già accennato in precedenza, perché – nelle zone campagnole dotate di sani prodotti dei campi e quindi di piatti “caserecci” – non parlare di “Cucina” invece che di eno-gastronomia?) sembra chiaro che alla provincia di Caserta non ci sia, turisticamente, più nulla da chiedere. È quindi il caso di emigrare verso est e puntare su Taurasi, provincia di Avellino, nel cui Castello visse un gran bel personaggio, il principe Carlo Gesualdo, madrigalista e compositore di musica polifonica, nipote di San Carlo Borromeo e sposo della ferrarese Eleonora d’Este, non prima di aver fatto fuori la moglie Maria D’Avalos (storica famiglia de España) mercè una sorta di “divorzio all’italiana ante litteram” meritante un cenno. Ben al corrente della tresca amorosa tra la mogliera fedifraga e Fabrizio Carafa duca d’Andria e conte di Ruvo, il Gesualdo disse furbescamente che sarebbe andato a caccia per un paio di giorni e invece si nascose nell’avito maniero e cuccò gli amanti ben insediati nel talamo famigliare. Per inciso, il suo citato, secondo matrimonio non tardò molto tempo a venire, datosi che il Vicerè spagnolo provvide ipso facto ad assolvere il nipote del “San Carlone” (statua ad Arona) non tanto perché “noblesse oblige” quanto (e nel codice italico questa “legge” sarebbe sopravvissuta per altri quattro secoli) per “giusta causa”.
Aglianico, Benevento longobarda, Sant’Agata dei Goti
Tornando al turismo, nel Castello, teatro di sì tante gesta e corna è stato da poco inaugurata una Enoteca Regionale nel nome del divino nettare locale, l’Aglianico. Grande vino dalla non inferiore nobiltà, ma per saperne di più il viaggiatore si rechi in visita e se c’è attacchi il discorso (nessun problema, è uomo alla mano e di grandissimo humour) con l’ineffabile Antonio Caggiano, produttore eccelso del sullodato vino (nonché grande fotografo – nel senso di artista – di opimi vigneti e di gran bei nudi femminili).
“Last but not least” laddove si intende che le mete turistiche del Beneventano appaiono all’ultimo posto solo perché visitate per ultime, il viaggiatore concluda il tour nel nordest della Campania dedicando l’attenzione sui non molti (ma interessanti) monumenti di Benevento (il Teatro Romano, l’Arco di Traiano, la longobarda chiesa di Santa Sofia e la Rocca dei Rettori). E compirà uno stop a Solopaca per una visita del Meg (Museo Eno Gastronomico) fosse solo per imparare (sono infatti mostrate sofisticazioni e adulterazioni) a non farci fregare dai “falsi” che quotidianamente ci tocca ingurgitare (vino al metanolo, mozzarella alla diossina e chi più ne ha più ne metta …).
Non facoltativa ma un “must”, un obbligo, è invece una sosta con pacata visita di Sant’Agata dei Goti, una località davvero notevole perché contiene ciò che una vera meta turistica deve offrire: monumenti, posizione naturale, storia, tradizioni (e gastronomia, ma perché non dire, più realisticamente – Viva il casereccio “Cucina”, Abbasso le cosiddette “Rivisitazioni Elaborate”).
(seconda puntata – fine)
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