… e che bello, sarebbe, in queste seratine promozionali, mangiare (fosse anche, soltanto, una umile pasta & fagioli) ma “belli tranquilli con le gambe sotto il tavolo” …
Prima di tutto mi scuso per quello spatafiato titolo in idiomi stranieri, (più semplicemente, annunciante che a Milano sono cominciate le sbafatine inventate dai vari uffici del turismo e compagnie aeree e t.o. variè pro stampa turistica). Solo che, pur io (come diceva Longanesi), “tengo famiglia” eppertanto per essere letto (e già mi accontento di poco riferendomi a non più di 4 o 5 aficionados…) devo necessariamente scrivere (e parlare) in “straniero”. Laddove (al 99%) mi riferisco all’inglese. Lingua – breve inciso – che, costituendo ormai una sorta di Esperanto, nei Paesi civili viene insegnata, e quindi parlata, già alle elementari, mentre nel Belpaese quasi nessuno la sa/parla, e il 90% di quelli (rari, anche tra gente perbene che se la tira) che dicono di saperlo/parlarlo ne bofonchiano 7 od 8 parole a dir tanto (più bravi, di tante sciurette milanesi andate alla Berlitz, il cameriere di Trastevere o il tassinaro di Milano).
D’altro canto è pur vero che financo i nostri politici, ivi compresi quelli al Governo, in gran parte ignorano le lingue straniere (non parliamo poi del ministro Poletti, che ad ogni buon conto parla un buon imolese, facendosi pertanto comprendere perfettamente sia in Emilia che nelle Romagne), solo che (anche a proposito di faccende circoscritte al solo Stivale, tipo i contratti dei netturbini e/o delle mondariso) usano/bofonchiano l’English financo dove (pare ovvio) esistono normalissime parole belpaesane per dire la stessa cosa.
Ciò premesso, condite il tutto ed ecco serviti presidenti della Repubblica e del Consiglio che ritrovatisi in gita all’estero farfugliano dichiarazioni in un orrido inglìsh, o peggio ancora in una lingua italiana pure rovinata da inflessioni dialettali e/o voleri/problemi della glottide (perché, vanno bene il localismi, ma lo capite voi – con tutto il rispetto – un siculo che parla in una lingua straniera che non sia il calabrese? Per info citofonare Mattarella….).
Dopodichè, a ‘sto punto non mi resta che chiedere perdòn per il tempo perso (vedi sopra) e venire al dunque, cioè al titolo (antan provocante entusiasmi tra la “Banda della Tartina”).
E chiedermi (ma no problem, mi accade all’inizio di ogni season, quella autunnale in quel di Milano, dedicata alle manifestazioni promozionali dei vari ‘turismi stranieri’) perché mai in questo mondo che ha ormai imparato a badare al sodo, evitando orpelli e quisquilie, si continua a sacrificare (per la precisione: i palati e le gambe necessarie per stare in piedi) più alla forma che alla sostanza.
Per farla breve. “Serata stampa” del Turismo di XYZ. Ci sono andato, tutto Ok anzi (ma non si dice) Very Ok. Una location che (si diceva antan) lèvati! Très très chic non meno che historique (c’è pure, ancora lì, il tavolo della Callas né manca, e vabbè, una foto del Celentano). Roba che, se dici agli amici che quella sera sei stato invitato ad andare in quel posto, loro, giù, a crepare di invidia (con notevole, contestuale aumento del tuo ‘tasso di mondanità & sciccheria’).
Solo che, procedutosi a presentazioni, short film, discorsini, applausi finali, etc etc, viene (finalmente) il momento di mettere qualcosa sotto i denti dei graditi ospiti ….
Ed è qui che (come usavasi dire) “casca l’asino”. Nel senso che alcune decine di persone si ritrovano a dover imitare il Gustavo Thoeni, slalomizzando tra le poltroncine usate per la presentation, nel tentativo di arrivare prime a un traguardo costituito dal bancone del Buffet (faticosa manovra solitamente compiuta dai pirla, mentre il qui scrivente, con qualche altro vecchio volpone di ‘ste serate, va ad aspettare i camerieri uscenti dalla cucina, li stoppa con un sorriso e, zac!, si frega dal vassoio quanto più mangereccio possibile…).
Superfluo, a ‘sto punto, commentare che tutta la magnata della serata si ridusse a una sorta di miniorgia di minimangiarini (beninteso deluxe e très chic, vabbé, ça va sans dire, trendy), roba un tempo detta anche “tartine”, da un po’ di tempo, però, molto più meschine di quelle ammannite ai miei tempi. Col risultato che, per colpa del volume di quei cosini mangerecci, per sfamarti ne devi ingurgitare almeno 3 se non 400 esemplari.
Un’impresa ardua, in quanto compiuta in posizione eretta (piedi fumanti), tra la calca, gomiti vaganti, viavai di camerieri con vassoi in bilico, non senza il bicchiere di rosso in mano. Roba da Circo Togni… .
Qui giunti (e precisando, ma non mi pare necessario, che non si tratta di danèe, costi) non mi resta che rivolgere l’ennesimo, mio accorato (e pure annoso, lo urlo da tantissimi lustri) seguente appello …..
……….. Ma, per gli Happenings di una più godibile e umana Milan Tourist Set’s Social Life Season un bel (e bravo) ristorantino (e in subordine va bene anche un’accettabile trattoria o financo un’osteria) nel mediocentro (ma anche nella media periferia), tutti seduti in grazia di dio (mica in piedi, come accade invece, già detto, alle galline), serviti anche al minimo sindacale (un cameriere/a che porti lu magnare e cambi i piatti), tutti con le gambe sotto il tavolo …. proprio no??????
per mondointasca.org
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