Nella splendida città che ha dato il nome al Marocco trovi ogni tipo di turismo, dal raffinato sciur che scende all’albergo di Churchill al fricchettone con sacco a pelo…
gpb per mondointasca.org del 27/7/2011
Al termine della narrata gita automobilistica col Bruno Alegi, cicerone nel montagnoso Marocco dell’Atlante, visitando molte Kasbah e calpestando sabbie del deserto, dormendo in Riad e Ksar da “sciur”, avvisto infine la snella sagoma della Koutoubia di Marrakech…
Le mura rosse di Marrakech
Ero già stato in visita alla ‘Perla del Sud’ ma “è passato tanto tempo” come disse Rick alla curiosa Yvonne in “Casablanca” (Michael Curtiz, 1942, l’ho visto 58 volte; a proposito: ho notato l’aeroporto di Casà assai diverso da quello, hollywoodiano, in cui Bogart accoppa il maggiore Strasser e scappa col capitano Renault; poi dicono che i Cult Movies non rincoglioniscono…). E siccome da sempre predico e scrivo che dopo 30 anni un sito già visitato, turisticamente parlando, è “come nuovo” (un po’ perché è cambiato, un po’ perché l’Alzheimer incalza) eppertanto va rivisto, rieccomi a Marrakech.
Hotel moderni da “Mille e una Notte” moderne..
Un posto invero “magic”, un highlight, un – tanto per insistere nella terminologìa dei viaggiatori Yankees – must, destinazione obbligatoria del turismo mondiale, Marrakech. E’ anche, se non soprattutto, un luogo unico o almeno raro per quanto concerne (specialmente dopo la presenza di voli Low Cost) la eterogeneità della gente che vi affluisce. Perché nella “Perla del sud” marocchino trovi il ricchissimo turista sceso al celeberrimo non meno che costoso “Mamounia” (1924) hotel amato da Churchill e set – e dagli con i Cult Movies – del film “L’Uomo che sapeva troppo”. E per quei dilapidatori ancor più ‘sciur’ che cercano l’esatto contrario del Low Cost, al “Mamounia” si è recentemente aggiunto l’ancor più caro “Royal Mansour” – royal perché, mi precisa Alegi, di proprietà del re Mohamed VI – uno sciccosissimo e ovviamente isolatissimo rione, o quasi, di palazzine, beninteso esclusivissime, dotate di vari piani, terrazza finale con Jacuzzi di serie, stucchi e arabeschi e quant’altro può esservi di raffinato, senza citare la possibilità di fruire dei servizi di un butler (maggiordomo) 24 ore su 24.
Tutto il mondo a Marrakech
Ma a Marrakech puoi anche trovare il tranquillo viaggiatore piccolo borghese dal budget contenuto (tanti ovviamente i francesi, datosi che dal 1912 al 1956 il Marocco fu un loro Protettorato) e il fricchettone europeo che con zaino e scarponcini è venuto a svernare, o a crogiolarsi al sole africano, oltre che a farsi pure qualche fumatina.
Ci sono poi avventurieri del deserto (non necessariamente fuorilegge, bensì solo amanti del turismo di avventura) e golfisti, turisti-fai-da-te reduci da ore di internet ed escursionisti giornalieri delle spiagge atlantiche, plotoncini di (soliti) giapponesi e partecipanti di più sostanziosi gruppi (più appetiti dalle guide di quanto un leone sogni di sbafarsi una gazzella: finiranno prigionieri nel Suk davanti a tappeti, puff e olio d’argan, fino all’acquisto liberatorio pro-commissione del cicerone). Sempre tanta è a Marrakech la “gente che va e gente che viene” (diceva Mischa Auer nel finale di “Grand Hotel”), anche dopo il recente attentato al Cafè Argana, affacciato sulla animata – quanto colore e folclore – Djemaa el Fna (“piazza dei trapassati” perché un tempo sede di esecuzioni capitali, con susseguente esposizione della testa del reo, oggi Patrimonio dell’Umanità, così va la storia).
La “Torre”, gemma della città
Perché Marrakech è bellissima, e la Koutoubia (absit iniuria verbis, e i musulmani vorranno scusarmi) è il suo “profeta”. Gemello della a me cara Giralda sivigliana (e della Tour Hassan di Rabat) il magnifico minareto (voluto nel 1150 dal sultano Almohade Yacoub el Mansour, alta poco meno di 70 metri, quadrata come in tutto l’Islam occidentale, dalla Tunisia al Marocco) è ben più del simbolo di Marrakech. Visibile da lunga distanza e vieppiù abbellita dallo sfondo delle innevate montagne dell’Alto Atlante, la Koutoubia induce a ricordare l’importanza della cultura araba. Una civiltà destinata a sfiorire, ma solo dopo eccellenti scoperte nell’ambito della geografia, delle scienze, della medicina, della letteratura. Leggo una guida (quantomeno quelle stampate non ti
obbligano a lunghe soste nel Suk per la sola, esecranda fame dell’oro) e mi affascina sapere che un tempo la Koutoubia era rivestita da intonaco dipinto e policrome, rilucenti piastrelle. Chissà che splendore (ancora un po’ e cado nel banale accennando alle Mille e Una Notte).
Dentro le Mura, la Storia
Ma è tempo di muoversi dalla piazza dei venditori d’acqua (ragazzi che vista possiedono! Anche posteriore: puoi scattargli la più furtiva delle foto, roba da 007, e quelli ti zompano addosso a chiederti il bakshish-mancia), dei saltimbanchi, dei pifferai incantanti il cobra e di tante altre comparse che campano svagando turisti High, Low Cost e fai-da-te (così quei ladri degli agenti di viaggi imparano). Ed è anche venuto per me il momento di distogliere lo sguardo dalla Koutoubia. Perché Marrakech (da cui Marocco) città più che millenaria (fondata nel 602 d.c. secondo una brochure del Turismo marocchino, oppure nell’XI, secolo, ‘lo dice’ la guida Vallardi, ma va bene lo stesso) ha ovviamente tanto da mostrare, fuori e dentro la vasta Medina circondata da chilometriche rosse mura interrotte da sei eleganti porte. Ma tutte quelle bellezze artistiche e architettoniche (palazzi e Madrasse, seminari islamici) giardini e Riad (magioni signorili, alcune divenute minihotels quando non lussuosi B&B ‘à la page’) andrà ad ammirarli di persona il gentile lettore (mica volerà a Marrakech solo per fare shopping nei Suk e affollare le Disco e il Casinò, che la sera fagocitano turisti nella zona moderna della “Perla del Sud”).
(2 – Fine)