1 MADRID E LA SUA ”CORONA”

Madrid, Corral de la Moreria

Madrid, Corral de la Moreria

Le località che contornano la capitale spagnola
per www.mondointasca.org 7/6/2008 – nella foto di copertina: Madrid, Chotìs a San Isidro nella Pradera….

Non solo la splendida capitale spagnola tra le mete del viaggiatore. Nelle immediate vicinanze, nella corona appunto di centri grandi e piccoli che circondano Madrid, si incontrano località ricche di storia e di arte

Anche nel turismo Ubi maior minor cessat. Si citi ad esempio Madrid. Il viaggiatore che soggiorna nella capitale spagnola raramente ne esce per esplorare le località che la coronano, salvo compiere una visita alla splendida Toledo (che comunque non appartiene alla provincia di Madrid – divenutaComunidad all’istituzione delle Autonomias postfranchiste – ed è capitale di una delle cinque province e dell’ntera Comunidad della Castilla-La Mancha, un tempo Nueva Castilla).

Gli alibi per evitare una sia pur breve fuga dalla capitale spagnola sono in effetti validi: con tutto quel ben di dio da vivere e godere tra musei, paseos,movida, tapas y bodegas, chi riesce a ritagliarsi altro tempo per una escursione “fuori porta”?
Un doveroso tentativo per saperne di più va invece affrontato, perchè Alcalà de Henares, San Lorenzo del Escorial, Aranjuez, Chinchòn, Manzanares el Real, e altre località minori, meritano davvero una visita. Soprattutto da un punto di vista storico e folkloristico. Perchè Madrid, sia pure affascinante capitale di un ex impero che dettò la storia del mondo, recita il ruolo di parvenu tra le nobili città spagnole, priva com’è (nacque villaggio musulmano nel IX secolo e divenne capitale nel 1561, quasi cinquant’anni dopo l’unificazione della Spagna) del lignaggio della cultura romana, visigota, araba. Ne è prova l’università Complutense, trasferita a Madrid nel 1831 ma fondata ad Alcalà de Henares (la Complutum romana) nel 1498 dal cardinale Cisneros, in pieno fulgore rinascimentale.

Girotondo nella meseta

Cva Baja

Cva Baja

Beninteso, le località circondanti Madrid non propongono soltanto sbadiglianti visite, noiosi monumenti e banale folklore. Anzi. Grazie a una variata morfologia della meseta – l’altopiano mediamente di 700 metri d’altitudine, occupato dalle due Comunidades della Spagna centrale, la storica Castilla y Leòn, a nord di Madrid, e la donchisciottesca, già citata Castilla/La Mancha, a sud – i panorami e le bellezze naturali non mancano. In meno di un’ora d’auto si spazia dalle pinete della Sierra de Guadarrama ai campi di zafferano (e mulini a vento) di Consuegra, dall’accecante distesa manchega alle colline di vite e ulivo lungo la strada per Valencia.
Tra un colpo di vita notturno e l’ammirazione per uno dei tanti Goya e Tiziano del Prado, un salto in auto nei dintorni di Madrid non stona, anzi. ritempra chi ha dribblato la folla della Gran Via e sopportato il traffico dell’interminabile Paseo della Castellana. Le distanze nella Comunidad sono davvero ragionevoli (si completa una bella gita anche in mezza giornata), le strade sono ottime (in uscita ed entrata le M, 30 e 40 funzionano davvero) e le proposte, quanto a interesse e divertimento, non mancano.

Madrid, Escorial, Valle de los Caidos
Delle escursioni nei dintorni della capitale è la meno frivola, ma doverosa: chi la compie sarà pertanto perdonato se, percorsi i circa 50 kilometri di ritorno dall’Escorial sulla sempre trafficata autopista A6, giunto a Madrid si concederà qualche veniale peccato riparatore nella movida notturna.
In effetti non invitano certamente all’allegria le severe mura volute dal bigotto – ma con imperiale licenza d’adulterio – Filippo II e tanto meno fanno sorridere i 150 metri della granitica croce -alla congiunzione della Vecchia con la Nuova Castiglia- voluta da Franco a sovrastare una basilica, scavata nella montagna, accogliente la tomba del Caudillo e di molti caduti di ambo le parti della Guerra Civil. Ma all’Escorial l’arte, ancorchè un po’ funerea, abbonda tra Monasterio, Panteòn e Biblioteca e pertanto non va assolutamente persa. Mentre nella Valle de Los Caidos – a una dozzina di chilometri da San Lorenzo dell’Escorial – l’imponenza della costruzione e il disegno storico di chi la volle, fanno meditare e comunque meritano una visita.
Di fronte alle scarne opportunità di shopping (lo sport preferito dal turista in trasferta, massime quello italiano: dicono che sia una reazione alla paura di morire) il visitatore può consolarsi con un almuerzo (seconda colazione) al non costoso ristorante del Golf Club dell’Escorial. E chi è aficionado a los toros ha l’opportunità di visitare, a poca distanza dall’imponente monastero disegnato da Juan de Herrera, una delle poche ganaderias (allevamento) di tori nella Comunidad di Madrid (quella di Baltazar Ibàn). Se poi si passa da quelle parti il 10 agosto, San Lorenzo, dìa de Fiesta, non si perda la corrida nella piccola plaza de toros, immancabilmente piena zeppa, hasta la bandera (gente fino alla sommità delle tribune, dove sventolano le bandiere). Una chicca, poi, per chi ama le tradizioni storiche e l’ecologìa, l’aria pura e il senderismo (andar per sentieri): le Cañadas. Si tratta di itinerari, Caminos della transumanza, con tanto di dormitori, corrales (recinti) e botteghe di tosatura, gestiti e regolamentati dalla Mesta, una sorta di corporazione dei pecorai.
Le vestigia di queste strade maestre delle greggi che disegnarono la geografia della Spagna dal XIII al XIX secolo sono tuttora evidenti; attraverso Collado Villaba, ad esempio, passava la Cañada Real Segoviana (per chi vuole saperne di più, Libreria de la Comunidad, calle Fortuny 43, Madrid).

Madrid, Aranjuez, Chinchon

Chinchòn, il Castillo

Chinchòn, il Castillo

Una gita ad Aranjuez, sempre intrigante, diventa eccellente in primavera, quando da Madrid riprende le corse il tren de la fresas (treno delle fragole, servite a bordo), per un festival del dolce frutto non inferiore a quello officiato, con panna, tra i campi da tennis di Wimbledon. Chi non rinuncia all’auto -e può quindi proseguire per la non distante Chinchòn- percorre 47 kilometri della N IV oggi anche E 5, un tempo chiamata la Carretera de Andalucia, per ritrovarsi in un ben di dio della natura, vitalizzata dal Tago e incastonata da costruzioni neoclassiche, barocche, rococò. Già Sitio Real con Filippo II, Aranjuez deve ai re Borboni (al solito Carlo III, l’illuminato re architetto e ‘sindaco’ di Madrid, i meriti maggiori) gli splendidi giardini ispiratori del noto concerto di Rodrigo.
Raffinato l’artigianato locale per chi non può proprio fare a meno dello shopping: arazzi (Maria del Valle in calle San Isidro 2 e Consuelo Lopez, Gobernados 20) ed ebanisteria (Francisco Puertas, Mar 24).
Nella bella stagione e non solo in occasione delle Fiestas tradicionales – San Fernando il 29 maggio e la Feria del Motìn il 5 settembre – Aranjuez propone molte rituali corride culminanti in ricche meriendas.
La campesina Chinchòn – l’opposto di Aranjuez – è tanto interessante e divertente quanto poco nota al viaggiatore. Eppure chi la visita non se ne pente. Affascinante la Plaza Mayor (fotografata durante una corrida, negli anni ’50, ne derivò un poster che costituì una delle prime immagini promozionali del nascente turismo spagnolo), bello il panorama dal castello, interessante il monastero de los Agustinos ora Parador. Ma la vera Chinchòn consiste nella sua semplicità contadina, nella tipicità dei suoi prodotti: l’anice (di cui è la capitale spagnola), la panaderìa (il fornaio della Plaza Mayor propone un curioso pane all’anice), il profumato aglio, il vino forte e deciso. Dopo lo shopping nelle tiendas della balconata Plaza (altro che i moderni e frigidi centri commerciali), cena con gridolini di sorpresa entrando nel Mesòn Cuevas del Vino, un ritorno al passato nel ricordo di bandoleros, racconti donchisciotteschi e scenari di bodegas da Carmen.

Madrid, Alcalà de Henares
Raggiunta dopo aver superato di una dozzina di chilometri l’aeroporto di Madrid, sulla N II per Barcellona, Alcalà de Henares sorprende piacevolmente. Romana (Complutum), poi araba (basta il nome), rappresentò la coscienza culturale di Madrid con un’università – trasferita nel secolo scorso nella capitale e parzialmente riaperta nella località originaria pochi anni fa – inferiore solo a quella di Salamanca.
real madrid barcellona liga  aprile 2011Il 23 aprile del 1547 Alcalà diede i natali a Miguel Cervantes Saavedra, immortale creatore di Don Chisciotte e Sancho Panza: da alcuni anni – è ormai divenuta una data importante nella vita culturale spagnola – nel giorno anniversario della nascita re Juan Carlos consegna il Premio Cervantes di Letteratura nello splendido Paraninfo dell’università. Il solo Collegio Mayor di San Ildefonso con la Capilla e il Patio di Santo Tomàs, valgono, come si usa dire, il breve viaggio da Madrid.
In più, nello spazio di una modesta passeggiata, Alcalà offre la casa natale di Cervantes (oltre a poter essere originale si ha quantomeno un’esatta visione di come si viveva nel ‘500), il convento de las Bernardas, il palazzo arcivescovile e tanta altra storia di Spagna in palazzi, conventi e seminari.
Chi non si accontenta di un minipeccato di gola (Gelateria Dall’Agnese Venezia, Plaza de Cervantes 31) da opporre al misticismo espresso dalle tante chiese e conventi di Alcalà, consulti il ricco menu di piatti tipici dell’Hosteria del Estudiante (l’antica mensa dell’università, unico ristorante non hotel-Parador appartenente alla catena di questi alberghi di Stato); le specialità gastronomiche manchegas intrigano. Non é invece peccato comprare lealmendras garrapiñadas (mandorle caramellate) al convento di San Diego. Beninteso vendute dalle monache di clausura attraverso il torno (ruota).

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2 MADRID …. LA ”MIA” MADRID

Ricordi e descrizioni dopo più di mezzo secolo di simpatica amicizia
per mondointasca.org del 12/6/2008 …

Manzanares el Real (Comunidad de Madrid)

Manzanares el Real (Comunidad de Madrid)

Un racconto “sui generis”, non certo il ripetuto compitino delle riviste turistiche con “boutique hotels”, alberghi “fighetti” (pardon, trendy!), “à la page”, eccetera. Soltanto un “passaparola”, curioso e vario, per far amare una delle più belle città del mondo

“Madrid Madrid Madrid, pedazo de la España en que nacì” recita il refrain di una canzone (un Chotis, musica-danza, dal tedesco Schottisch-scozzese, di gran moda nel XIX secolo e ballo tipico nelle Verbenas, feste madrilene) dedicata alla capitale spagnola dal grande compositore Agustìn Lara.
………….Curiosità; il celebre musicista messicano (autore, tra tanti altri motivi di successo, di “Noche de Ronda”, “Maria Bonita”, “Solamente una Vez”) soprannominato El Flaco de Oro, perché bruttino ma mitico Tombeur de Femmes (vedi il suo flirt matrimoniale con l’attrice Maria Felix, la Señora, per molti la più “bella donna del mondo”) stese le note di “Madrid Madrid Madrid” senza esservi mai stato………………..

Plaza Mayor
Ma se è per questo compose anche la celeberrima Granada senza avervi posto piede; ciò nonostante le due città spagnole gli dedicarono altrettanti monumenti.
Ciò premesso – e considerato che posso vantare più di mezzo secolo di assai frequenti viaggi, visite e soggiorni nella città tanto amata da Alessandro Dumas (sognante di “diventare cittadino spagnolo e scegliere la residenza a Madrid”) – dalla capitale spagnola non pretendo un monumento ma almeno l’autorizzazione a poterla qui di seguto raccontare.
Ma attenzione. Non intendo scrivere l’ennesimo compitino elencante i soliti dati che trovi su tante guide e dèpliants. Questa mia Ode a Madrid celebrante la citata, lunga conoscenza tra me e la Capital de las Capitales (in Spagna un capoluogo di provincia è detto Capital) sarà composta (insieme a qualche dato storico,che non guasta mai) soltanto da dissennati non meno che disordinati ricordi ed esperienze, buttati lì, raccontati alla rinfusa.

Antico villaggio in riva al Manzanares

Cibeles

Cibeles

Prima che arrivassi io, Madrid poteva già vantare una certa storia, gloriosa e intrigante il giusto, ma onestamente non antichissima e millenaria come le altre capitali europee oggi sue concorrenti nell’attirare turisti Low e High Cost (questi ultimi sempre più rari, ci stiamo globalizzando, evviva, solo che ahinoi ci ammassiamo sempre più Low, in basso, ma va anche bene così).

Una storia non remota, perché Madrid non è antica, nulla a che fare con l’Impero romano, vedi Parigi-Lutetia, Londra-Londinium, Vienna-Vindobona.
Mentre nella Hispania di Roma dettavano legge Tarraco-Tarragona, Augusta Emerita-Merida, Hispalis-Siviglia, sui terreni oggi resi importanti dalla seicentesca Plaza Mayor e dallo stadio Santiago Bernabeu, spuntava soltanto qualche albero di “madroño” (corbezzolo) con tanto di orso su due zampe che ne gustava i frutti. Narrano infatti i dèpliant turistici e le guide dei pullman (in attesa di portarti a far shopping nei magazzini, dove hanno la loro convenienza) che i primi vagiti di Madrid risalgono soltanto a circa un millennio fa e citano un anonimo villaggio arabo di nome Mayrit o Magerit o Matrit.

Padrona del mondo
Madrid non discende da magnanimi lombi, si è “fatta dal nulla” conquistando in breve tempo fortuna e successo.
Perché solo nel 1561 – ponendo termine a quella strana abitudine medievale della monarchia spagnola, consistente nel far girovagare la Corte di città in città – Madrid divenne capitale della Spagna per volere di Filippo II, il Rey Prudente.

Prudente ma anche triste e bigottissimo: è infatti quel monarca, sempre dipinto con un bel vestito nero lutto, che nell’Escorial si fece fare la camera da letto con un buco, attraverso il quale assistere a tutte le quotidiane funzioni sacre celebrate nella chiesa del bellissimo non meno che lugubre mega-monastero.
Ma proprio in quegli anni cominciavano ad arrivare dall’America gli immensi tesori spediti dai Conquistadores (ecco perché in Spagna si dice “vale un Potosì” e in Italia “vale un Perù”, ma sempre di oro e argento scavati dagli Indigenas nelle Ande, si parla). E fu così che Madrid da capitale di un regno europeo si ritrovò d’amblè “Caput” di quell’immenso impero sul quale (chiedo scusa ma questa citazione non finisce di far colpo sul lettore) “non tramontava mai il sole”.
Un sole che scompariva nelle Filippine dopo essere sorto in Italia, Stivale quasi interamente – salvo Venezia e il Papato – posseduto da Madrid, compreso il Milanesado, la manzoniana, nostrana Lombardia dei Tercios, colonia spagnola come Cile, Messico, Guatemala eccetera, eccetera.

Le tracce architettoniche dei secoli
Madrid, dunque, metropoli imperiale. Come Londra e Parigi. Ma per favore niente paragoni, chiose su “quale città è più bella”, si eviti di stilare classifiche (mai farle! nel turismo non devono esistere ordini d’arrivo, punteggi tra posti e luoghi come se si parlasse della Spal o dell’Atalanta!). Se però dovessi emettere giudizi (ma, ripeto, mai classifiche!) commenterei che Londra esibisce i frutti delle grandi conquiste economiche e sociali conseguite dalle genti anglosassoni nel XIX e XX secolo; Parigi custodisce valori e bellezze imperial-napoleoniche nonché il pensiero illuminista del XVIII secolo; mentre Madrid (oltre a un innegabile primato artistico: tre musei, Prado, Reina Sofia e Thyssen a pochi metri di distanza) può vantare il grande momento storico vissuto nel XVI e XVII secolo, all’insegna di un predominio politico e culturale non solo europeo. A tale proposito è forse utile ricordare che oggidì dei quattrocentocinquanta milioni di persone parlanti lo spagnolo nel mondo, solo quaranta milioni vivono nel vecchio continente, talché Madrid (che nelle sue strade profuma più di Montevideo o Buenos Aires che di Zurigo o Vienna) può essere considerata la meno europea delle capitali europee.

Museo Prado
Due secoli, il Cinquecento e il Seicento (quest’ultimo addirittura “de Oro”) oggi rivivibili nella “Madrid de Los Austrias”. A quell’epoca appartengono, oltre alla decorata Plaza Mayor (ricordo la Casa de la Panaderia in condizioni a dir poco trascurate, ma si parla di quando per andare in Spagna occorreva il “certificato di buon cattolico” redatto dal tuo parroco), il palazzo dell’attuale Ministero degli Esteri, gli edifici della Plaza de la Villa (Ayuntaminento) e il Palacio de Uceda (oggi Capitania General). Ma soprattutto -così a me sembra e suggerisco- vanno visitati i due conventi (reali: a quei tempi per le figlie del re non sposate veniva costruito un ricco monastero e lì entravano senza più uscirne) de la Encarnaciòn e de las Descalzas. Trattasi di preziosità storico turistiche tanti interessanti quanto poco divulgate, sia dalle guide scritte che da quelle in carne e ossa (forse soltanto perché gli orari di visita sono scarni e per accedervi va sempre prevista un pò di attesa?).

Nell’incanto del Prado

Alpargats in spagnolo - castellano, Espadrillas in catalano....

Alpargats in spagnolo – castellano, Espadrillas in catalano….

La Madrid del Settecento (si estinguono gli Asburgo, arrivano i Borboni) si identifica soprattutto in due grandi monumenti, il Palazzo Reale e il Prado, e nella Puerta de Alcalà, uno dei principali simboli cittadini (con la vicina fontana della Cibeles e il già citato orso alle prese con la pianta di corbezzolo). Il primo, in bello stile neoclassico Palazzo della Plaza de Oriente, è da qualche lustro assai appetito dai visitatori dopo un lungo oblio denotante l’allora scarso interesse nei confronti del “turismo di città”.

Accadeva infatti che il ministro “franquista” del Turismo, Manuel Fraga Iribarne, pensasse più alle spiagge di massa che ai monumenti (come peraltro fanno tutti gli addetti ai lavori turistici: i soldi si fanno con i tanti beceri della tintarella e i “villaggisti all inclusive del ballo del quaquà”, mica con la scarna “nicchia” dei viaggi intelligenti).

Puerta Alcala, © Sociedad publica turismo Madrid

Un Palazzo Reale diventato di moda (i mezzibusto dei tiggì italiani direbbero “preso d’assalto”) soprattutto perché, oltre a essere stato spolverato e ripittato (come detto, “ai miei tempi” appariva un filino in abbandono) re Juan Carlos – più mondano del Caudillo – vi organizza frequenti ricevimenti e festeggiamenti, talché il turista va a vederlo non tanto per conoscere i lussuosi appartamenti di Carlos III, il re architetto, quanto per ammirare il Salone del Trono, mèta finale dell’ascesa sociale della giornalista Letizia, divenuta principessa mediante la love story con Felipe. Potere del gossip.
Quanto al Prado, credo che per dimostrarne l’assoluto valore universale di quanto possiede ed esibisce, basti citare il commento espresso da Manuel Azaña, presidente della seconda Repubblica Spagnola (1936-1939): “Il Prado vale la Repubblica e la Monarchia messe assieme”. Aveva proprio ragione. Intriganti, poi, durante la Guerra Civile, le non tranquille vicende dei suoi capolavori (furono nottetempo trasferiti con alcuni camion da Madrid a Valencia, capitale antifranchista, per finire a Ginevra e di lì tornare a Madrid a guerra ultimata: una storia emozionante, sull’argomento sono stati scritti libri e girato un film).

Dumas e De Amicis tra gli estimatori
Si giunge alla Madrid del XIX secolo, cominciato con Goya (da non perdere le sue e tante altre belle opere d’arte alla Real Accademia de Bellas Artes de San Fernando, male segnalata nei “giri della città”, notevole pure il palazzo che la ospita) e la contestuale Guerra dell’Indipendenza contro quel rompiballe di Napoleone che agli Spagnoli impose come re suo fratello Giuseppe I, un “povercrist” vocato ad alzare il gomito, talché il popolino non ci mise molto a battezzarlo “Pepe Botella”.

gp0357Archiviati Goya e Napoleone, la Madrid della seconda metà dell’Ottocento non solo affascinò il già citato Dumas, ma intrigò pure il De Amicis che in un bel libro, diario di viaggio pubblicato nel 1873, definì la Puerta del Sol “un colpo d’occhio stupendo” (forse perchè abituato a vivere nella provinciale Torino, silenziosa capitale dei pedemontani “bùgia nejn”).
Se per Madrid quest’ultimo periodo storico non fu artisticamente rilevante, lo fu invece sotto il profilo culturale e sociale, perché vide la nascita del cittadino madrileno doc: “castizo”. Fu allora che la città definita da Machado “Frangiflutti di tutte le Spagne” cominciò ad accogliere e ad assimilare gente, personaggi e modi di vivere che il geniale David Trueba (scrittore, regista di “Soldati di Salamina”) ben descrisse durante una deliziosa conferenza all’Instituto Cervantes di Milano. Una piacevole chiacchierata che tento di riassumere.

I “racconti” di Trueba
Trueba cominciò descrivendo la Madrid “porto di mare” accogliente chi viene dal resto della Spagna a cercar fortuna (gli eredi dei “maletillas” d’antan, giovinotti che con un solo fagotto sulle spalle tentavano la “suerte taurina” girando per le Plazas de Toros). E citò un noto personaggio da poco scomparso, un “poderoso” arricchitosi come i nostri palazzinari romani con il “ladrillo” (mattone).

Simpatica la sua vicenda. Voglioso di comprare un terreno messo in vendita dall’Esercito, il nostro si informa e scopre che l’ufficiale incaricato della vendita ha un’amante. Attende la coppia all’uscita da un ristorante, aspetta che il militare metta in moto l’auto dopodiché si fa investire diventando testimone con licenza di ricatto.
A quel punto l’acquisto del terreno demaniale è un gioco da ragazzi. E fu così che lo squattrinato neo-madrileno, giunto dalla provincia con le pezze nel sedere, fece tanta grana da divenire presidente dell’Atletico, nonché opulento “ganadero” (allevatore di tori da corrida) e finì pure a fare il sindaco di Marbella.

Bar e Barberia. Religioni madrilene
bonomi guida Ristoranti Spagnoli
A Madrid, proseguì Trueba, è praticata la “Religione del Bar”. Vai a Barcellona e chi ti ospita ti mostra il suo ufficio, la bottega, il posto che gli dà da campare. A Madrid appena arrivi vieni subito portato al bar; al bar ci vivono, cominciano a frequentarlo dal “desayuno” (prima colazione) proseguono con lo spuntino a metà mattina, poi l’aperitivo con Tapas; al bar si sosta, si incontrano amici e clienti, ci può scappare una siesta e nessuno si scandalizza, si legge e nei bar più letterati c’è pure tempo per la “tertulia” (discussione), mentre (salvo in qualche bar chic), appesa in qualche angolo, la tivù gracchia sovrana.

E va infine segnalato il madrileno “culto del barbiere”, una istituzione tuttora viva ancorché in calo, colpa di tutti quei marchingegni elettronici e della stressante vita di oggidì che ha reso financo problematica la celebrazione della “siesta” (usanza tipicamente madrilena – definita “Yoga Iberico” da Camilo Josè Cela – che un tempo solo i cafoni interrompevano, telefonando nelle case tra le 14 e le 17 del pomeriggio). A Madrid, fino a pochi anni fa, esistevano barbieri “di ogni tipo”, posti di barba e capelli in cui variavano, si trattavano, ben definiti argomenti di conversazione.
C’era una barberìa in cui si parlava di donne e di toros, in altre si discuteva di politica o di teatro, di sport o di affari. Il tutto era preceduto dall’apprezzabile gentilezza del barbiere che appena sistemato il cliente sulla poltrona gli domandava affabilmente “Con conversaciòn o sin conversaciòn?”. Dopodiché – accadeva ai tempi di Franco – se il cliente sceglieva la “conversaciòn”, il barbiere replicava precisando “A favor o en contra?”.

Ma forse è passato troppo tempo dalla mia prima apparizione a Madrid.
“Allora” i ristoranti della calle de Segovia stavano aperti notte e giorno (chiudevano solo il tempo necessario per le pulizie) poi passò un po’ di tempo, dopodiché in occasione di una Pasqua (se ben ricordo) si tentò di moralizzare un mondo sempre più degenerato, cominciando a dare una limatina agli orari di apertura dei locali, e venne infine l’agonia del Caudillo a consigliare ancor più morigeratezza (mancava solo il buco nel muro per assistere alla messa). Giunti ai nostri giorni, accade che ormai anche a Madrid devi guardare l’orologio, ancorché, se devi mangiare, puoi ancora contare sull’umanità dei camerieri. *

Diversamente da quanto accade nel troppo sindacalizzato Belpaese, normalmente da un ristorante madrileno non sei respinto nonostante l’orario di chiusura sia stato sforato di un minuto.
Ma quant’acqua è passata sotto i bei ponti del minuscolo Manzanares (andarli a vedere, i “giri di città” non vi arrivano), meglio smetterla con barbosi ricordi.
Gian Paolo Bonomi
* A proposito di mangiare (e senza voler far da guida)! A Madrid è davvero valido non meno che foriero di risparmio il ristorante del Circulo de Bellas Artes (grande e lodevole istituzione dalla pregiata architettura nel punto più bello della città), gran rapporto qualità-prezzo, vista su Calle de Alcalà e inizio Gran Via. Un posto che non sembra subire più di tanto il passar degli anni e che pertanto mantengo segreto e segnalo solo allo scarno gruppetto di chi legge questa “Ode a Madrid”. Ode composta senza pretese e senza quindi pretendere lo stesso trattemento (un monumento!) dedicato dalla capitale hispanica all’autore di “Madrid Madrid Madrid”, il grande Agustìn Lara. El Flaco de Oro.

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3 MADRID NEL CUORE….

Qualche considerazione, commento, segnalazione (ma non è una ”guida”) sulla capitale imperiale definita da Machado ”frangiflutti di tutte le Spagne”…
gpb per mondointasca.org del 6/12/11

Madrid, Corral de la Moreria

Madrid, Corral de la Moreria

Una capitale da “vivere”, dall’alba a notte inoltrata. Le meraviglie della capitale spagnola sono universalmente note. Eppure ogni viaggio, specie se ripetuto nel tempo, riserba sempre nuove emozioni

Con Londra e Parigi, Madrid detiene la particolarità di essere stata la capitale dei tre più importanti imperi della storia moderna. Va infatti precisato che quanto a possedimenti coloniali, soltanto l’Impero tedesco ebbe vita effimera, mentre quello portoghese fu a lungo offuscato dallo strapotere spagnolo a sud dei Pirenei. Non si vorrà poi definire Impero la non lontana, italica burletta del nostrano Vittorio Emanuele III (Sciaboletta), per breve tempo (1936-1945) Re d’Italia e Albania nonché Imperatore d’Etiopia (meglio lasciar perdere).

Un Impero in pieno sole
Se poi si ricorda che sull’impero di Carlo V e di suo figlio Filippo II – a metà del Cinquecento – “non tramontava mai sole”, è d’obbligo commentare che nel contesto delle capitali di Stato Madrid fece una gran bella “carriera”. Solo pochi secoli, circa sette, prima dell’avvento dei due citati Asburgo sul trono spagnolo, Madrid nemmeno esisteva e dopo la sua fondazione restò per lungo tempo un anonimo villaggio (Magrit) dei Moros, avamposto lungo la linea di demarcazione che poco più a nord li divideva dai Cristianos. Con la Riconquista la città non uscì dall’anonimato e subì la vicinanza dell’importante Toledo (a 70 chilometri, già romana e visigota), fin quando (1561) il sullodato Filippo II decise di finirla con la scomoda regola della “corte itinerante” e la nominò capitale della Spagna (e di tutto quel ben di dio che fece gola ai pirati inglesi e francesi).

Siamo tutti madrileni
L’impero spagnolo è scomparso da molto tempo, da più di un secolo, ciò nonostante Madrid conserva e continua a vantare la maestosità e l’abitudine di “pensare in grande” tipiche delle metropoli che hanno fatto la storia. Passeggiando lungo gli immensi Paseos della parte moderna e nelle strette Calles della città vecchia (detta de “Los Austria”), si sente nell’aria che la funzione e l’influenza di “Madrid capital” non si arrestano ai confini della Spagna ma vanno oltre. Non per niente i legami con l’ex impero sono tuttora strettissimi, a tal punto che cileni o peruani o messicani si sentono di casa a Madrid più di quanto accada a Londra a canadesi o australiani o sudafricani. Ma anche il visitatore che non parla spagnolo (o ‘castellano’, sinonimo) a Madrid non trova difficoltà ad ambientarsi, a inserirsi nel frenetico ritmo di vita cittadino. Per il semplice fatto che la metropoli è invitante, attraente, ‘acogedora’ (accogliente). Soprattutto per i “cugini” Italiani, grazie a tanta storia condivisa e molte somiglianze linguistiche: tante parole del dialetto milanese, ad esempio “tomate” (pomodoro) e il verbo “ciulà” – da Chulo, bellimbusto dalle discutibili gesta – risalgono ai due secoli di dominazione spagnola nel Milanesado, per non parlare del napoletano “tenere” (per avere) e della “guapperia” (da Guapo, bello, ma anche bravaccio).

Carlos III

Carlos III

Palazzi e Musei per chi ama l’Arte
Da Madrid nessuno torna scontento. Non parliamo poi di chi ama l’arte: nello spazio di pochi metri, una corta passeggiata, il Prado, il Centro de Arte Reina Sofia e il museo Thyssen Bornemisza (trasferito qualche anno fa da Lugano) costituiscono la più grande concentrazione di arte figurativa nel mondo. Un itinerario “Sulle orme di Goya” propone una ben più lunga passeggiata attraverso Madrid, con 35 soste, alla scoperta di esposizioni, accademie, chiese, palazzi dove il grande pittore aragonese esercitò e insegnò. Il cultore della storia passeggia nella vecchia Madrid dell’impero su cui non tramontava mai il sole; visita l’imponente Palazzo Reale e va a prendere un aperitivo nel bar ove Hemingway scrisse memorabili articoli e racconti sulla Guerra Civile. Nei dintorni, l’Escorial, con il possente monastero e palazzo reale – non meno cupo che affascinante – e Alcalà de Henares, con la casa natale del grande Cervantes, completano l’offerta storico letteraria della capitale spagnola.

Il cibo del mondo a Madrid
Il gastronomo a Madrid ha i suoi problemi: nella scelta tra lo splendido pesce appena arrivato dal mar Cantabrico e gli arrosti castigliani, tra la selvaggina della Mancha e le sapide minestre andaluse. Sempre che non si voglia provare anche i ristoranti etnici: un Asado argentino, il Guacamole messicano, un Ceviche peruano, il Churrasco brasileiro.
Quanto al divertimento, lo sport, la vita notturna, basti ricordare il mitico stadio Bernabeu (quante batoste han rifilato i ‘merengues’ del Real alle squadre nostrane) e da marzo a ottobre la Plaza de Toros (il tempio, la Mecca della tauromachia: non ha diritto a fregiarsi del titolo quel torero che, ottenuta la ‘laurea’ in altre Plazas del mondo, non è venuto a ‘confermarla’ a ‘Las Ventas’).

Energie notturne, con la Movida
Chi possiede in serbo ancora un filino di energia, affronti la Movida, non senza ricordare che l’identicità del fuso orario tra la Spagna e il Belpaese é solo apparente: a Madrid si cena verso le 22 (un’ora, e anche più tardi in estate) dopo svariate soste nei bar a degustare le celeberrime ‘tapas’ (assaggi) dopodiché si parte per ritrovi e discoteche (e se vai “de tapas” non becchi le fregature delle nostrane Happy Hours: paghi quel che bevi e a parte quel che mangiucchi; non si fa di ogni erba un fascio, con riferimento ai bar milanesi laddove per un bicchier di vino ti cuccano da 5 euro in su).
E per dormire – potrebbero commentare i madrileni parafrasando una vecchia canzone di Dino Sarti – ci sarà tempo quando “sarém lassù en zima”.