Se dico all’Angelo Serri e all’Alberto Monachesi (notoriamente marchigiani sennò mica avrebbero inventato “Tipicità”) che Rossini era “rumagnòl” (per la precisione, di Lugo) va a finire che quelli non mi invitano più ad happenings con sbafatina officiati, oltretutto, in amene locations (ho appena ascoltato i tanti politici lardellanti la manifestazione di promozione delle Marche, organizzata al milanese Piccolo Teatro da Angelo & Alberto, e a furia di inglesismi non so più scrivere nell’italica lingua del marchigiano Leopardi…).
Perché, d’accordo, il forse (sempre meglio evitare gli assolutismi) più grande Genio della musica lirica italiana (Rossini, non Leopardi, meglio chiarire, con tutti ‘sti giovani di oggidì acculturati dal uòtsap) nacque, sì, a Pesaro, ma, e ripeto, ma, il suo babbo (così si dice in Romagna) e sua madre, erano di Lugo e quantomeno lì fu, per certo, concepito (me l’hanno garantito burdèl storicamente ben informati, in primis il lughese doc Paolofigna…).
Ad ogni buon conto questo incipit, anzi, ouverture, rossiniana può non essere casuale per il semplice motivo che la (molto ben riuscita) manifestazione di “Tipicità” ha avuto come highlight  un piacevolissimo show (due eccellenti cantanti e maestro al pianoforte) di arie rossiniane.
Dopodichè, ça va san dire, esibita tanto deliziosa (davvero una chicca) cultura (musicale), “Tipicità” non poteva, business is business, che fare la rèclame alla sua, prossima, 26ma edizione, beninteso, noblesse oblige, a Fermo, dal 3 al 5 Marzo.

Tiziano a Palazzo Marino

Ma, da quel che ho capito (così occupato, com’ero, nello studio di una strategia per difendere almeno un pochino di sapido Ciauscolo dall’imminente, vorace assalto dell’onnipresente Banda della Tartina) a “Tipicità” non si parlerà, si fa per dire, soltanto di Lu Magnare (ancorchè chi scrive goda come un matto a innaffiare – pardòn ma antan si diceva così – il sullodato insaccato con la spumeggiante Vernaccia di Serrapetrona). No, l’Angelo Serri ha infatti precisato che a Fermo (nb chi vi andasse dedichi almeno un paio d’ore alla Biblioteca, ne uscirà sbalordito e oltretutto un po’ meno incazzato coi Papi, che, in effetti, nelle Marche qualcosa di buono la fecero) a Fermo, dicevo, si faranno conoscere (anche) altri dettagli, nel senso di altre cose, e vicende, non solo mangerecce, epperò “Tipiche” delle Marche. Perché sappiamo tutti delle tante altre Eccellenze inventate da ‘sti marchigiani (la cui “più popolata” città, come noto, è…. Roma….e bravi, che, almeno loro son riusciti a conquistarla…) tipo la moda, l’istruzione (vedi Camerino), i traffici (in quel di Ancona) e, last but not least, l’artigianato (ebbene sì! il bel cappello di paglia – vedi foto apertura – colà donatomi si è ormai logorato eppertanto … a Montappone voglio tornar….).
Ma, culturalmente parlando, al marchigiano happening milanese spetta pure un ulteriore merito (quanto, invece, al Pappare, ultima, breve parentesi, un bel basìn vada a Donna Rosa  – ahimè non presente – con le sue paradisiache Olive all’ascolana , che, come diceva, quand’erano ancora permesse, un’antica rèclame sull’autostrada To – Mi, Valgono il viaggio….).
Sto per congedarmi da “Tipicità” (pertanto salutando l’Angelo Serri e dell’Alberto Monachesi) e scopro che un gruppetto di ospiti della manifestazione cultural – mangereccia sta partendo per palazzo Marino (ispanico edificio di famiglia della manzoniana Monaca di Monza, adesso, ameni scherzi della storia, residenza del sìndic, le cui grida, però, sono sempre meno ascoltate da una città che pensa solo ai danèe).
Mi accodo fiducioso agli acculturati e con gioia scopro che (invece di andare a sentire qualche politico di turno) si recano a vedere (ebbene sì!, finalmente anch’io, a mò dei vip, partecipo a una sorta di vèrnissage, inaugurazione l’indomani), anzi, ad ammirare un meraviglioso  – ed è dir poco – dipinto di Tiziano, del 1520, la “Sacra Conversazione” (milanesi, popol mio, non perdetevela).

Al Palazzo Reale, impressionante però da non perdere (insegna… molto…).

Si conclude così una mia gaudiosa ‘minigita pedestre’ in Milano (tra casa, Piccolo Teatro, Palazzo Marino e ritorno al casolare) sponsorizzata dalle Marche con motivo  (direbbero gli spagnoli) di conoscere le Tipicità e godere il megaquadro del venexian Tiziano (ai piedi della madonna sono dipinti san Marco e il palazzo Ducale…).
Grazie, alle Marche, imperocchè (avrebbe scritto il Leopardi) il citato, meraviglioso dipinto è stato g.c. dalla pinacoteca ‘Francesco Podesti” di Ancona.
Ma che (generosi … e ‘tipici’) balossi sono mai, ‘sti marchigiani ….

P.S. Sto per tornare a casa, in Porta ‘Romana’ (nessuno, e niente, è perfetto … epperò, da buon padano, nonostante tanti tentativo non riesco proprio a far cambiare nome alla strada…)  e scopro che al Palazzo Reale hanno appena inaugurato una mostra dedicata alle inquietanti foto di James Nachtwey.
Inquietanti è dir poco. Perché Nachtwey, copio dal dèpliant gentilmente omaggiato, “”Da sempre fotografa il dolore, l’ingiustizia, la violenza, la morte”. Eppur (a vedere ‘sta tristissima dimostrazione di quanto, almeno al qui scrivente, l’Uomo ‘faccia pena’) bisogna andar… .  

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