Come (quasi) a tutti noto, le Canarie sono divenute una sorta di Terra Promessa per tanti Italiani, segnatamente i matusa e il loro contrario. Infatti, laddove molti cittadini del Belpaese di mezza età preferiscono il tran tran quotidiano ancorchè non ricco di grandi soddisfazioni, sono sempre più i “meno giovani” (e vabbè chiamiamoli pensionati) e i “più giovani” ad andarsene  (biglietto di sola andata) nelle citate, isole atlantiche, vis-à-vis all’Africa e da secoli territorio spagnolo (con alcune facilitazioni e ‘plus’ per chi vi risiede). Gli italiani più attempati vanno alle Canarie, per il clima (la tanto conclamata ‘Primavera Eterna’ del Giardino delle Esperidi esiste davvero), leggasi pertanto per ‘motivi di salute’ (tra nebiùn padani e lezzo dei megaincendi di monnezza della capitale…), ma se ne vanno anche – se non soprattutto…. – per motivi di danèe, nel senso che – al contrario di quanto avviene nella Spagna peninsulare, alle Canarie le pensioni non sono soggette a prelievi fiscali detti anche…. tasse. Gli italici “più giovani, invece, se ne vanno alle Canarie perché – appetto alla disoccupazione montante nel Belpaese – in quell’arcipelago che da sempre fa da ponte verso le Americhe – è più facile trovar lavoro, oltretutto non faticosissimo e pesante se si parla di turismo, expertise di quelle isole. Oltretutto, al pensionato italico necessitante servizi, va benissimo trovare il bottegaio, il trumbèe (in milanese, l’idraulico), l’agente immobiliare che parla italiano e oltretutto, da un pò di tempo, esiste financo un giornale locale nella lingua di Dante. Che più?

Lanzarote… las Salinas (in copertina, nera sabbia lavica sulle spiagge dell’isola…).

Tutto ciò premesso, ecco una bella domanda? Sanno forse, i Belpaesani divenuti ‘canarini’ (nonché quelli rimasti nello Stivale), chi fu, nome e cognome, del connazionale che alcuni secoli fa li precedette in questo trasferimento tra le acque dell’Atlantico (ma per altri motivi: di professione “faceva il navigatore”)? La poca passione dei prof italici per la storia e la geografia (la prima in pratica ignorata, la seconda recentemente abolita dal ministero della cosiddetta Istruzione) fanno temere che la Storia del primo italiano alle Canarie non freghi niente a nessuno…. . O forse forse a (quasi) tutti, salvo ad Alfonso Licata. Uno studioso che (se non proprio a tutte le Canarie) quantomeno a Lanzarote dedica interi volumi (siamo al 2°, editore ‘Lega Navale Italiana’), fosse solo perché il nome dell’isola è sinonimo (“lo dice il nome”…) di Lanzarotto Malocello. Navigatore che più di un secolo prima (seconda metà del XIV) aprì la rotta (almeno quella iniziale) dell’Atlantico al più noto concittadino xenese, quel Cristoforo Colombo, che appunto alle Canarie, per la precisione a Gomera, prima di scoprire ‘America, fece uno scalo “tecnico” (non meno che sentimentale, se risponde al vero il suo affaire con Beatriz de Bobadilla y Ulloa).
Avviso ai…. naviganti … “Lanzarotto Malocello” (sottotitolo, “Dall’Italia alle Canarie”) è un volume “tosto”, nel senso di assai dettagliato, accurato e documentato: mica per niente alla fine della lettura delle vicende malocelliane si tocca, quasi, ‘quota 600’ (pagine). Ma tanta documentazione (forse un po’ troppa quella in latino, e vabbè, si torna tra i banchi di scuola) ci fa conoscere (e alla fine si chiude il libro un filino stanchi, ma soddisfatti) il navigatore che diede il nome alla più nordorientale delle Isole Fortunate. Quella Lanzarote (una fetta di Sahara spostata nell’Atlantico da un curioso scherzo di Madrenatura) che ogni bravo viaggiatore dovrebbe conoscere. Perché alla Canarie, vabbè, abbronzatura oblige,  ma si imparano anche nozioni e info utili all’uso del cervello. Tanto per dire, per Lanzarote si intende anche Manrique, la Biosfera, Timanfaya, i Guanci.
Oltre, beninteso, a Lanzarotto Malocello (ormai ‘uno di noi’, grazie ad Alfonso Licata…) .

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