nella foto: “Lazzarotto Malocello” di Alfonso Licata, un bel libro di notevole interesse storico scritto in occasione del 7° centenario della intrigante impresa marittima del navigatore genovese”.

QUANTA STORIA (SCANDITA DALLA ”RISCOPERTA” DEL NAVIGATORE GENOVESE NEL 1312) TRA I VULCANI DELLA PIU’ ORIENTALE ISOLA DELLE CANARIE

Lanzarote, l’isola dei cammelli

"Lanzarotto Malocello, dall'Italia alle Canarie" di Alfonso Licata

“Lanzarotto Malocello, dall’Italia alle Canarie” di
Alfonso Licata

Sulle tracce della storia: quella con la “S” maiuscola e quella affidata a personaggi minori che hanno lasciato l’impronta (indelebile) del loro passaggio in territori, mari e isole. Come è successo a Lanzarotto Malocello da Varazze

Tanti posti nel mondo devono il nome a personaggi che figurano nella storia a differente titolo: l’America e Amerigo Vespucci, navigatore, la Bolivia e Simòn Bolìvar, libertador, la Rhodesia e Cecil Rhodes, uomo d’affari colonialista inglese. Ma ovviamente i nomi di terre e mari che si leggono sulle carte geografiche ricordano soprattutto i loro scopritori. Fa curiosamente eccezione – a voler essere estremamente pignoli e meticolosi – Lanzarote, magnifica non meno che diversa isola delle Canarie (l’origine vulcanica ne ha modellato inquietanti e fantastici panorami) che deve il nome a Lanzarotto Malocello. Non esattamente suo scopritore (laddove si fa riferimento a chi trova, inventa qualcosa dal nulla) perché le Isole Fortunate, il Giardino delle Esperidi del mito di Atlantide, erano già note nell’antichità, ai greci e – ci mancherebbe – ai fenici; si ritiene che furono visitate dall’ammiraglio cartaginese Annone e in epoca romana le descrissero Plutarco e Plinio il Vecchio. Ma alle civiltà greca e romana seguì quel Medio Evo che costituì una sorta di black out del pensiero umano, cancellando o lasciando poche tracce del Mondo Classico. In pratica le conoscenze storiche e geografiche (salvo, nel caso di quest’ultime, qualche trattato di dotti arabi) ripartivano da zero, o quasi, e sarebbe pertanto ‘historically’ poco corretto e ingeneroso declassare l’impresa di Lanzarotto a “riscoperta” di Lanzarote.

Lanzarote, rampa di lancio per le Americhe
Effettivamente, dopo i tanti secoli bui dell’Europa ‘barbarica’, agli albori del Rinascimento, l’uomo tornava ad allargare i suoi confini e in Italia il sorgere di illuminate Signorie fu anticipato da Genova e Venezia, già attive a oriente con importanti traffici e commerci. Era venuto il momento di oltrepassare le Colonne d’Ercole. Ed esplorando terre ormai dimenticate, presenti solo nei miti, tra immense acque il navigatore Lanzarotto scoperse nel 1312 la più nord-orientale delle Isole Fortunate. Un’impresa di notevole importanza storica e geografica. Da Lanzarote proseguì infatti l’insediamento spagnolo in quell’arcipelago che costituì una vera e propria ‘base di lancio’ delle esplorazioni e delle scoperte nell’America, per divenire in seguito un punto di congiungimento, di traffici e culture tra il Nuovo e il Vecchio Continente; di fronte, il continente africano le cui coste furono esplorate dagli allievi della mitica Scuola di Sagres voluta da Enrico il Navigatore).

Vite (quasi raso a terra) a Lanzarote

Vite (quasi raso a terra) a Lanzarote

Dalla Superba al Regno di Spagna. Via mare
Ovvio pertanto che in occasione del VII anniversario della “scoperta” di Lanzarote un Comitato composto da istituzioni italiane e spagnole commemorasse convenientemente l’avvenimento con manifestazioni in Italia e nell’isola che prese il nome dall’esploratore marittimo genovese. A Genova, quindi, i natali di Lanzarotto o più probabilmente – gli è intitolata una strada del centro storico – a Varazze (per tale motivo ‘gemellata’ con Lanzarote). Ma se sul luogo di nascita di Malocello esiste qualche dubbio, non ne esistono sulla scoperta di Lanzarote da parte sua. Già nel 1339 la famosa carta nautica di Angelino Dulcert, esposta nella Bibliotheque Nationale di Parigi, presenta nell’Atlantico, il Mar Oceana di Colombo, la Insula Lanzaroti Maroxelli (al fianco, quasi a dichiararne il possesso, la bianca bandiera genovese con la rossa croce di San Giorgio). Una famiglia, i Malocello, la cui ‘genovesità’ può essere, ma solo molto parzialmente, dubitata per la presenza di una dinastia normanna dei Maloisel (di cui un Lancelot, da Ancelot, cavalier servente, nobiltà, Tavola Rotonda). Non si esclude peraltro che il casato insediatosi sulla costa atlantica francese originasse dalla Superba. Una ‘città stato’ tanto potente quanto poco vogliosa – carattere dei suoi figli invariato nel tempo – di mostrare, sciorinare ricchezze e dominio. Basti pensare alla massiccia presenza di Genova nel Mediterraneo orientale e nel Medio Oriente.

Genovesi “finanziatori” di spagnoli e portoghesi

Salina a Lanzarote

Salina a Lanzarote

Nella narrazione della sua ambasciata (1403-1406) alla corte di Tamerlano a Samarcanda per conto di Enrico III di Castiglia, Ruy Gonzalez de Clavijo informa che fondaci, depositi e cittadelle di Genova non erano inferiori a quelli della Serenissima Venezia, ritenuta dominatrice assoluta di quei mercati. Ma gli interessi economici della Superba erano indirizzati anche a occidente (con risultati notevoli: un paio di secoli dopo la scoperta di Lanzarote i banchieri genovesi avrebbero condizionato la politica della corona spagnola mediante indebitanti prestiti strozzini). E in quel contesto operò Lanzarotto Malocello, salpato da Genova e approdato a Ceuta, porto sullo Stretto di Gibilterra con vista sull’Atlantico, assai frequentato da portoghesi e, guarda caso, dai businessmen genovesi. Una consolidato rapporto, tra Lisbona e Genova (in quegli anni Dinis I, re del Portogallo nominava un navigatore genovese comandante della sua flotta) che non esclude la presenza di Lanzarotto su navi portoghesi.

Isola di lava, cammelli, vite e clima ideale
Dopo lo sbarco di Malocello a Lanzarote non sorsero comunque incertezze e dissidi sulla sovranità: lo scopritore ne prese possesso a titolo personale istituendo nell’Atlantico una sorta di feudo. Ma di effimera durata: nel 1402 Jean de Bethencourt, nominato da Enrico III di Castiglia feudatario della vicina Fuerteventura, fece un salto a Lanzarote per scoprirvi solo poche rovine di un “viel chastel que Lancelot Maloesel avait iadiz fait faire”. L’isola diveniva spagnola e sulla sorte di Lanzarotto (salvo una versione che ne designò la morte a opera dei Guanci, gli Indios delle Canarie di origine berbera) fu mistero. È invece certo che le vicende di Lanzarote proseguirono con accadimenti, naturali e umani, tanto importanti da inorgoglire certamente chi la scoprì e le diede il nome. Negli anni 30 del ‘700 l’isola fu colpita per 6 anni da un’impressionante sequenza di terremoti che ne cambiarono totalmente la morfologia. Più recentemente Lanzarote ha costituito una delle più importanti carte vincenti del turismo spagnolo. L’isola possiede tutto per eccellere nel business del tempo libero, la cosiddetta ‘industria senza ciminiere’. Clima ideale, una sorta di primavera eterna, ovunque vulcanici paesaggi nero-lava, passeggiando o appollaiati su un cammello, oziando su spiagge sabbiose o girando tra variopinte coltivazioni (magnifico il contrasto di colori con la verde vite, racchiusa in buche che favoriscono la dissetante rugiada notturna, a Lanzarote piove poco). Un’escursione nella vicina, un breve braccio di mare, Fuerteventura fa meditare sui capricci della natura: Lanzarote color pece, ovunque nera lava, l’ex feudo di Bethencourt giallo e brullo,quasi un lembo del non distante Sahara.

Da Manrique a Riserva della Biosfera

Playa del paapagayo

Playa del papagayo

A Lanzarote, poi, dove la natura vulcanica potrebbe aver dimenticato qualche ulteriore richiamo turistico è subentrato il genio di Cesar Manrique, pittore, scultore, architetto, leggasi un poliedrico artista (nato nel 1919 nella ‘capitale’ Arrecife). Negli anni di grande slancio del turismo lanzaroteño Manrique ideò, suggerì, operò. Raramente una località deve tanto a un solo uomo. Dichiarata dall’Unesco Riserva della Biosfera, preservata (come tante isole di non facile raggiungibilità) da un turismo sbracato, mondana il giusto (vi hanno recentemente soggiornato Alonso e Massa, ma soprattutto per relax), in questi ultimi 700 anni è davvero cambiata tanto. C’è da scommettere che non la riconoscerebbe nemmeno il suo (ri?) scopritore, Lanzarotto (o Lancillotto o Lancelot) Malocello da Varazze (con tutto il rispetto per Genova).

gp bonomi x mondointasca.org del 8/2/12