Teste mozzate e “rigenerate” in nuovi Stati (sette, più o meno ufficiali). Ma con preziosità architettoniche e spirituali notevoli, tali da far dimenticare le brutture di una cruenta guerra civile….

La fortezza/cittadella di Golubac, sul Danubio

La fortezza/cittadella di Golubac, sul Danubio

Sempre a proposito, a ricordo di ‘ex Stati dove sono stato’, di posti nel mondo che visitai ma che adesso, almeno di nome, non ci sono più, in un precedente scritto avevo avuto vita facile descrivendo la Rhodesia. Il Paese, salvo due cambiamenti (uno di poco conto, la variazione del nome, l’altro vide invece i whitessmammare lasciando il posto a quelli che il Berlusca definisce abbronzati) è infatti rimasto com’era, senza proliferazione di nuovi (o rispolverati) Stati all’interno. Se invece si parla, si vuole descrivere (ci provo in queste righe) la ex Jugoslavia, dio mi aiuti e il lettore mi perdoni. Perché una proliferazione, moltiplicazione di Stati come si è vista in questa fetta dell’Europa sudorientale (inizio anni ’90) non ha né ha mai avuto uguali nelle vicende del mondo. Una sorta di incasinata palingenesi, con tanto di chapeau al maresciallo Tito, al secolo Josip Broz, che per decenni tenne unito con lo scotch questo puzzle balcanico. Il colmo è poi toccato da quel mostro della politica internazionale partorito dagli Accordi di Dayton e chiamato Bosnia ed Erzegovina, una ‘partùs’ di assai difficilmente conviventi genti, razze ed etnie (mancano solo i Papua e gliApaches Chiricahua) che cordialmente si odiano ma – pensa tu – sono pure obbligate a sorridersi.
Nuovi, contorti confini
E se già incontravo difficoltà a orizzontarmi quando viaggiavo in Croazia o Serbia o Bosnia (no problem nella vicina Slovenia, oltretutto, come la nostrana Lombardia, ben educata dalle leggi dell’imperatrice S.M. Maria Teresa d’Austria) ecco aumentare le mie incertezze da quando, più recentemente, ai citati neoStati si sono aggiunti il Montenegro e (con la speranza che la Serbia non si incazzi, ma sto facendo il mio mestiere) il Kosovo. Una prova? Un paio d’anni fa nel sud dell’ex Jugoslavia (etimologicamente Terra degli Slavi del Sud) mi ritrovai geo-politicamente smarrito navigando nelle Bocche di Cattaro, in una gita a Mostar (con il bus transitante in un – fino allora a me ignoto – “corridoio” dalla Croazia ai Bosniaci per andare a fare affari e bagni nell’Adriatico) e in un’escursione a Cettigne (ex capitale del Montenegro laddove si inerpicò il bisnonno dell’attuale divo tivù Emanuele Fili per fidanzarsi con la regina Elena).

ILo storico ponte di Mostar

ILo storico ponte di Mostar

I Paesi dei monasteri
E se già incontrerei difficoltà nel situare luoghi visti da poco, figuriamoci quanto ardua potrebbe risultarmi una corretta localizzazione di quanto ammirai antan nella allora Jugoslavia. Ecco perché segnalo e telegraficamente descrivo tanti bei (anzi magnifici) monasteri ortodossi e altri monumenti scovati durante una lontana gran bella gita storico-culturale compiuta nell’interno del Paese (le cui due capitali, la serba Belgrado e la croata Zagabria non mi sembrarono fonte di grandi entusiasmi, più belle le più note, almeno agli italici, le città adriatiche).
Ma quanto alla loro esatta localizzazione (e sperando che tali tesori siano sopravvissuti alle varie pulizie etniche) provveda il cortese lettore, stante quel guazzabuglio di confini che è venuto fuori.

Meraviglie Serbe
Magnifico il monastero di Studenica (nella Serbia centrale, la regione meno visitata dalla guerra), patrimonio dell’umanità, voluto nel 1190 dal re Stefano Nemaja: due chiese (della Vergine e del re), affreschi bizantini del XIII e XIV secolo.
E bello (altro patrimonio dell’umanità) anche il monastero di Sopocani (nel Sangiaccato di Novi Pazar, Serbia centrale ma un po’ più a sud, ‘quasi Kosovo’, quindi posti ‘caldi’), donato dal re Stefano Vros 1°: a navata unica con abside (bellissimi affreschi, ho ancora una guida, ‘anteriori a Cimabue’).
In ossequio ai miei studi storici ‘pagai una visita’ (per dirla all’inglese) alla multietnica Novi Pazar, capitale del già citato Sangiaccato (già oggetto di lite al Congresso di Berlino, 1878, che fino al 1908 la assegnò all’Austria dopodiché ridivenne turca eppoi serba). Novi Pazar può interessare (ma chissà se è ancora multietnica, in tal caso sarebbe meno tragica di Sarajevo).

Bosnia Herzeg 3Il “Despota” delle chiese
Nel Kosovo (a 5 chilometri da Pristina capitale del neo Stato ‘ignorato’ dalla Serbia) trovasi invece monastero di Gracanica (altro ‘patrimonio dell’umanità’, e lo è anche, poco lontano, quello di Cecani), datato 1321, quindi precedente di 68 anni la battaglia vinta dai Turchi nella Piana dei Merli, tuttora fonte di frustrazioni serbe. Quei Turchi invero decisi nel punire, vedi a Nis (sempre Serbia ma Kosovo poco distante), la ex romana Naissus che ribellandosi fece arrabbiare il Pascià (1809) col risultato che a 1000 resistenti fu mozzata la testa e coi loro teschi costruita una (allegra) torre tuttora fotografabile.
Proseguendo il giro dei monasteri, beninteso ortodossi – e la somiglianza con le chiese russe aiuta a capire perché gli Zar hanno per secoli protetto e difeso queste terre balcaniche – sempre dalle parti di Rekovac si visiti quello bizantineggiante di Kalenic, costruito nel XV secolo dal “Plemic” (un nobile non meglio specificato) Bogdan, tesoriere del “Despota” Stefan Lazerevic (pensare ai soldi di un despota e costruire chiese, mah). Direttamente costruito nel 1406 dal sullodato “Despota” (e la località vicina si chiama Despotovac) il monastero Manasija ha di bello una cinta di mura intervallate da possenti torri (sovrasta tutte, come gerarchicamente logico, quella cosiddetta ‘del Despota’).
Fortificazioni sul Danubio
Basta monasteri, andrebbe bene un manufatto militare. Ecco allora la turrita cittadella medioevale di Golubac, sul Danubio, mura datate XIV secolo ma costruite su precedenti fortificazioni romane. Sempre in Serbia siamo, tra Voivodina e Kosovo. Posti che quando vi andai io erano (grazie a Tito) tranquilli. Poi vennero le pulizie etniche, la ex Jugoslavia andò a farsi benedire e a me restano ricordi indecisi (su quel che è accaduto alle belle cose viste).