ISRAELE, CRONACA DI UN (INCURIOSITO) RITORNO 

per mondointasca.org – nella foto di copertina: Gerusalemme, Menorah, Israel Museum.

Gerusalemme, Muro del Pianto e Dome of the Rocks

Gerusalemme, Muro del Pianto e Dome of the Rock

Mi chiama l’Editorpadrone Pietro e mi fa: “C’è un invito ad andare a vedere Israele”. “E io ci vado”, gli rispondo immantinente, dopodiché, essendo già stato un paio di volte da quelle parti, aggiungo “e ti dirò di più: vi torno molto volentieri”.
Eccomi dunque arruolato in un viaggio proposto dalla Mariagrazia Falcone, che a Milano cura i contatti stampa del Turismo israeliano con gli scrivani di viaggi & vacanze.
Come detto, ero già stato nella Terra Promessa, nel senso di fatta sperare, per non dire assicurata, garantita, agli ebrei, in due momenti assai lontani nella storia.
La prima vicenda storica si riferisce a tempi talmente lontani da confondersi con la leggenda e miti religiosi e storici (profeti a parte, siamo ad esempio biblicamente ben certi, che Salomone è realmente esistito mentre si è incerti sull’effettiva esistenza di Shakespeare?).
Molto più vicini (primo ventennio del secolo scorso) sono invece l’accordo Sykes – Picot e la dichiarazione Balfour, vicende diplomatiche anglo – francesi che dopo poco meno di due millenni riconoscevano un “focolare” al popolo ebraico (cosa non si deve sapere per diventare dottore in scienze politiche, il resto lo appresi vedendo “Lawrence d’Arabia”). Gente –le tribù di Israele- dispersa da quei soldatacci dei romani sia perché (un filino troppo) polemica (provate a discutere con uno di loro, non parliamo poi se coniuge, e concluderete che forse forse è meglio discettare con un gesuita), sia, soprattutto, per quella loro religione così pervicacemente monoteista a fronte dell’affollato olimpo degli dei a quei tempi adorati nella Città cosiddetta Eterna. (Breve inciso d’attualità: rimasta oggidì a Roma una sola divinità, Totti Er Pupone, guardate un po’ che dramma si sta sviluppando a proposito del suo futuro, a dimostrazione che tutto il mondo è paese e non solo gli ebrei sono maledettamente polemici ….).
Sono invece, fortunatamente, più vicini nel tempo (ormai matusa, sì, ma con juicio….) i miei rapporti personali con Israele, nel senso dei due già citati viaggi. Il primo risale ai primi anni di vita dello Stato Ebraico (forse l’anno in cui girarono Exodus, 1960, non solo buon film ma anche ottima e veritiera narrazione storica degli avvenimenti che precedettero l’’indipendenza di Israele, 1948). E durante un breve soggiorno in un kibbutz mi affascinarono, e restano tuttora indelebili, i sacrifici affrontati dai Sabra (gli ebrei doc immigrati o nati nella regione detta dai cristiani Terrasanta). Ricordo, ad esempio, la precedenza data all’uso dell’acqua: prima per rinfrescare le tettoie degli allevamenti di polli, poi per le necessità domestiche. E ricordo pure che gli entusiasmi per la raggiunta indipendenza resero gli israeliani tanto canterini da farmi ascoltare almeno un decina di volte al giorno due canzoni che mi restarono ben appiccicate nelle orecchie: “Hava Nagila” e “Hevenu Shalom Aleichem”.

Gerusalemme, Israel Museum, il Tempio

Gerusalemme, Israel Museum, il Tempio

Motivi che, alla partenza di questa mia terza gita in Israele che mi accingo a narrare (e risparmio al preoccupato lettore la descrizione della seconda, fu solo una scampagnata con la neosposa venuta al mondo in  questo angolo del Mediterraneo) pensavo di ascoltare nuovamente, ancorchè, essendo trascorso tanto tempo, non in dosi massicce. E invece, peraltro avvertito all’arrivo da Uri Bar-El, nostra brava guida, dei due citati motivi manco l’ombra, anzi, nemmeno una audizione che fosse una, nonostante la quasi settimana trascorsa in Israele e la costante presenza in posti e locali pubblici. E parimenti è scomparso nei lustri l’uso di quel pionieristico copricapo (il ‘tembel’) verde oliva, a calotta, che fu simbolo della gioventù che un po’ studiava e un po’ faceva il militare (custoditolo nel tempo, mi son ritrovato, io solo, a indossarlo tra selve di visierati berretti con su scritto “NY Yankees” e “Los Angeles Dodgers”). Sic transit gloria mundi, ancorchè, a ben pensarci non è che oggidì nel Belpaese si giri ancora coi pantaloni alla zuava cantando “Vola  Colomba Bianca Vola” (un tempo inno ufficiale dei ‘ciucatè’, extra Piemonte detti ubriaconi -e approfitto per ringraziare la Dan Hotels, ottimo il loro Cabernet Sauvignon, della Cantina Segal, gentilmente omaggiatomi- ma questa, avrebbe detto Kipling, è un’altra storia).

Acri/Akko, minareto e campanile

Acri/Akko, minareto e campanile

Ho finito, a proposito di usi, cose e genti scomparse, salvo informare sugli assai pochi avvistamenti di turisti italiani, raramente avvenuti durante un lasso di tempo, e di posti visti, che potrebbero costituire una buona campionatura. Sarà forse soltanto una mia stolta sensazione, ma non vorrei davvero che –al momento di decidere dove andare- i miei connazionali se la facessero addosso pensando a una gita in Israele. Perché di terrorismo non ne so molto ma ho sentito dire che i posti più a rischio sono quelli indifesi, poco controllati, mentre nei voli in partenza per (o da) Israele gli ovvi controlli abbondano (alla partenza da Tel Aviv, in una sorta di siparietto mancava quasi che mi chiedessero se avevo cugine e perché tengo per l’Inter). Qualunque località turistica di un certo appeal, pertanto, può nascondere pericoli, ma è anche d’uopo precisare che se non viaggi (e resti come un pirla sotto un ombrellone a sentir parlare di colf) non vedi il mondo col risultato -non parliamo poi se ci aggiungi qualche ora di quella che Aldo Grasso chiama tivù generalista- che ti ritrovi scemo doc).
Niente paura, orsù, italici viaggiatori, armatevi (beninteso di guide, block notes e macchina fotografica) e partite! (per Israele, che non è “soltanto” un posto di “interesse religioso”…)!

Terminato il doveroso preambolo, preciso che la gita in Israele (per la cui descrizione rinvio alle prossime puntate) comportò il seguente itinerario: Gerusalemme – Mar Morto – Qumram – Massada – Deserto di Giudea – Bet She’an – Nazareth – Safed – Tiberiade – Capernaum – Magdala – Acri – Haifa – Megiddo – Cesarea – Tel Aviv – Giaffa ….

fine della 1ma puntata…. segue….
Shalom – Salam – Arrivederci – Dosvidania – Good Bye – Au Revoir – Hasta la Vista
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P.S. …. ISRAELE mini info dati numeri note curiosità (annotate durante il viaggio….)

Falafel

Falafel

Israele: 20.918 kmq (un quinto meno dell’Emilia/Romagna)
Popolazione: 7,5 milioni di abitanti.
Capitale: Gerusalemme
Unità monetaria: Shekel (Nis, New Israel Shekel, o Sheqel, o Sciclo) 4,2 circa per un euro
Mini-mini dizionarietto: Shalom/Pace(saluto) – Shabat/Sabbath/Stare fermi (sabato) – Kibbutz/Proprietà agricola collettiva – Moshav/Kibbuz in forma cooperativa – Haganah, in ebraico: difesa/Organizzazione paramilitare prima dell’indipendenza.- Palmach/Forze combattenti regolari prima dell’indipendenza – Tel/Collina – Aviv/Primavera – El Al/Verso l’alto – Talmud/Testo sacro – Torah/Istruzione, insegnamento.
Mini-mini dizionarietto gastronomico (solo per …. Curiosità, grafia e pronuncia, probabili): Tapuz/Arancia – Burekas/Pastasfoglia con formaggio – FalafelPolpette di legumi speziate e fritte – Gveena/Formaggio – Hummus/Salsa di ceci e sesamo – Halan/Latte – Lehem/Pane – Agvanya/Pomodoro – Salsiccia/Nacknick/Salsiccia  – Tahina/Salsa di semi di sesamo – Beits/Uovo – Matzah/Pane azzimo.