In giro nella terra dei Moghul, le regioni storicamente e culturalmente più interessanti del subcontinente indiano.
gpb x mondointasca.org del 25/9/13
È lo Stato indiano più occidentale, confinante con il musulmano Pakistan.
L’impronta britannica rimane nei numerosi hotel ‘riadattati’ alle esigenze del turismo moderno. Quelli locali (gli Haveli) sono una piacevole scoperta. Poi, in questa zona, cammelli a non finire
In ogni grande viaggiatore si nasconde il fanciullo turista…
Proseguo la narrazione della mia gita in India a riscoprire (vi andai quando si facevano ancora le foto con i rullini) due Regioni-Stati – il Rajasthan e l’Uttar Pradesh – alla cui conoscenza darà precedenza il globetrotter programmante i viaggi in quel Paese. Viaggi al plurale, e non esagero, perché il subcontinente indiano oltre che vasto (undici volte l’Italia) e complicato da girare, offre tantissimi e differenti panorami da ammirare nonché un’infinità di diverse genti, religioni e culture da conoscere, col risultato che un solo viaggio serve solo per poter dire di esservi stati (e a molti, ahinoi, basta questo) ma non di conoscerlo.
A Neemrana una fortezza divenuta hotel
Come accennato ho rivisto le due Delhi e per le solite descrizioni di statue e monumenti ho rimandato alle moderne web guides (ma che pena se confrontate con le mitiche Guide redatte e stampate quasi due secoli fa da herr Baedeker). Preferendo le note di colore, ho invece descritto il godimento dei suoi abitanti infilatisi sotto la prima doccia monsonica e i loro gusti matrimoniali, consigliando infine un salto all’Imperial Hotel per chi ama storia (Raj British) e architettura (Art Deco). E nel precedente resoconto ho narrato il 1° dei 6 giorni del tour in pullmino (alla fine saranno 1200 chilometri; strade mica male, autista attento a vacche sacre e, da queste parti, pure cammelli, fortunatamente meno svagati e imprevedibili). Appena entrati nel Rajasthan ho ammirato tra le rupi il Neemrana Fort (in parte trasformato in Heritage Resort) e concluso la giornata turistica all’Alsisar Mahal, in una camera tanto elegante da aver meritato in passato gente più importante dello scrivente.
Gli Haveli, ‘case da Maharajà’
Entro in diretta e mi trovo (2° giorno del tour) nella Shekawati region, informa Irfan neoamico leader della gita, terra Moghul da visitare per la folta presenza (ben 23 a Mandawa) degli (nome persiano) Haveli, magioni con cortile, sovente principeschi palazzi, pluridecorate da piacevoli affreschi (chi gira da queste parti procuri di soggiornare in un Haveli, albergo che, come gli Heritage, talvolta possono denunciare il passar del tempo ma un vero viaggiatore va in cerca di ben altro che la rubinetteria d’oro o i bidet firmati da Armani o D&G). Mi guardo bene dal lasciare Mandawa (curiosi quei pavoni svolazzanti tra i tralicci della luce) senza una sosta al Mandawa Castle, un posto che dire ‘da Maharaja’ è riduttivo, e non ricavo questa certezza visitando una delle 85 camere (che comunque mi dicono belle) bensì mediante la sola sosta al bar, elegante più che deluxe.
In groppa al cammello, Lawrence Style!
Si parte per Bikaner (170 km) e prima di chiudere la giornata al Heritage Resort (comodo ma moderno, di ereditato, poco) godo differenti sensazioni. Aggirandomi dopo il lunch nel datato Karni Bhawan, hotel dall’arredamento che più british (e vintage) non si può, penso al mio primo, squattrinato soggiorno londinese alla vista di una di quelle stufe elettriche che, maledette funzionavano solo infilandovi i pence (non avevo spiccioli? passavo la notte ‘barbellando’ – ‘rabbrividendo’ per i non lombardi – dal freddo). Ma se si parla della way of life nella Gran Bretagna di Churchill, le sale e le camere del Karni Bhawan di Bikaner potrebbe servire da interni di un remake di Mrs Miniver (che bel film!). Nel pomeriggio non ho tempo per pensare: come da programma vengo sollevato e posto in groppa per la canonica passeggiata cammellata, mi sento tanto Lawrence of Arabia (confessiamolo: in noi duri viaggiatori è sempre nascosto il turista pirla che si diverte con poco).
Il tempio dei topi a Bikaner
E sempre alla prese coi cammelli trascorre il mattino del 3° giorno (da Bikaner a Jaipur, più di 300 km), ma con fini più culturali. In una Camel Breeding Farm (unica in Asia, dice Irfan) ho conferma che nel Rajasthan la Nave del Deserto (non si diceva così alle elementari?) è di casa e apprendo inoltre che: se ha 2 gobbe è un dromedario (ma lo sapevo già); può stare 10 giorni senza bere (dopodiché può gargarizzarsi persino 100 litri); trasportare fino a 2 tonnellate; il latte della cammella contiene più insulina (esisterebbe una cura per diabetici) di quello della vacca (ma non ne riscontro la diversità nel gelato alla panna compreso nel costo della visita); il
cammello rajasthano è il più incazzoso di tutti gli omologhi camelidi. Ma Bikaner (poco lontana dal Pakistan) non offre solo gelati al latte di cammello o hotel fanè (anzi, la città, un milione di abitanti, conta su una elegante offerta alberghiera). Il suo Junagarth Fort, oltre a vantare una curiosa verginità (non fu mai conquistato) propone, trattandosi di una spaziosa cittadella, interessanti costruzioni militari e soprattutto magnifici palazzi e abitazioni civili. Da vedere. La narrazione del 4° giorno del tour nel Rajasthan e nell’Uttar Pradesh aprirà la prossima puntata e fin d’ora avverto il lettore sensibile che le prime righe saranno dedicate alla visita di un tempio in cui quei ‘balossi’ degli Hindu venerano i topi (quindi ratti à gogo scorrazzanti sui pavimenti, e vabbè, da percorrere, però, a piedi nudi).