IBERIA, ALI IN PLANATA…

Chiudono gli uffici in Italia di Iberia. Amarcord milanesi di antiche amicizie, infinite trasvolate, riti pallonari e incontri agrodolci. Adiòs Iberia!

rocioCorriere della Sera, 7 giugno, pag. 45: “Iberia chiude gli uffici in Italia. Fine dell’ufficio Iberia in via Albricci, a Milano: da fine mese i biglietti aerei per Madrid si acquisteranno sul web. Il gruppo Iag, del quale Iberia fa parte dal 2011 con British Airways, ha avviato il licenziamento collettivo di quasi tutti i lavoratori in Italia – 35 persone su 41 – dell’ex compagnia di bandiera spagnola. Il verbale d’accordo – riferiscono fonti sindacali – è stato firmato giovedì al ministero del Lavoro guidato da Giuliano Poletti. Il tutto, però, mentre i volli dall’Italia vengono rafforzati e il gruppo Iag chiude il consolidato 2013 con un utile di 527 milioni (770 prima delle partite non ricorrenti), contro i 613 milioni di perdita del 2012. Iag vuole puntare sulle Low Cost del gruppo, Vueling e Iberia Express. Mentre Iberia ha perso passeggeri: – 17% l’anno scorso, contro un + 3,4% di British Airways”.

AZ e Iberia, destini incrociati

Per certo una info di tal genere non avrà generato altro che chissenefrega, disinteresse o, al massimo, negli addetti ai lavori, la triste considerazione che i latini saranno anche bravi a cuocere spaghetti e pummarola e a deliziare i palati col Pata Negra, ma se si tratta di gestire una compagnia aerea – faccenda economicamente parlando non così impossibile, visto oltretutto il Turismo che possono offrire – beh, è proprio il caso di dire ‘sorvoliamo’ (e sorvolando sarebbe pure stato il caso di buttar giù dall’aereo certi pregressi manager (si fa per dire) della parastatale Alitalia, perché per dirigere una bottega non bastano una giacca & cravatta e la raccomandazione, ah no, si chiama vicinanza a qualche leader politico, e ne sa qualcosa anche Mamma Rai).
Ma, fine dei voli pindarici (e delle due sullodate compagnie, divenute ancelle, più bello che dire schiave, di sciur anglosassoni e sceicchi al arabeya) e torniamo a Iberia che ha tirato giù la clèr , di cui al suesposto annuncio nelle pagine Economia del Corriere (ultimo, breve inciso dedicato ad AZ) sempre così impegnato a non ammettere e dichiarare che quella di Alitalia è una solenne e triste conclusione di ‘na schifezza durata decenni).
Baffetti spagnoli dalla memoria corta

Un necrologio (Iberia deceduta, eredita British Airways) che, già detto, avrà lasciato indifferenti tanti lettori. Salvo il sottoscritto, che non solo si è un filino emozionato ma pure stava per uscirgli una lacrimuccia, come peraltro accade quando si rivive un flash back. E il mio Amarcord dell’Iberia milanese è lungo, continuato e soprattutto non solo business, laddove non mi riferisco a interessi di danée, anzi – a parte la mia pazza aficiòn, anzi amore iberico per quanto alla Spagna collegabile – sto parlando di solide e vere amicizie coltivate nel tempo con tanti suoi rappresentanti (salvo l’ultimo, un signore – se ben ricordo coi baffetti – ispanico, che però stranamente abitava nella ‘alemana’ Foresta Nera e faceva il pendolare su Mailand, il quale era forse dotato di non eccellente memoria imperocché dopo avermi visto parecchie volte – sui suoi aerei nonché tifando insieme España durante gli Europei in tivù – quando gli apparivo parafrasava don Abbondio domandandosi “Chi sarà mai costui?”).
Italia e Spagna in ‘volo’: amicizie e furbate

… Iberia ha trasportato molti toreri
Il primo rappresentante (si diceva così, non so adesso) di Iberia che conobbi (e siamo alla notte dei tempi, il paleozoico del turismo aereo milanese) fu – non ne ricordo il nome, come dice Rick-Bogart in Casablanca “E’ passato tanto tempo”) Aragonès, un brizzolato signore sempre molto formale e puntuale. O almeno era puntuale con me nel verificare, ogni volta che ci incontravamo, le mie conoscenze di aficionado alla tauromachia (e ricordo ancora la sua sorpresa quando gli spiattellai che Bizco, guercio, è un toro con le corna dissimili. Venne poi Felix Gomez, col quale legai a prima vista, per due motivi per me importanti: non solo somigliava in modo impressionante a Groucho Marx, ma ne possedeva pure l’humour; era gran aficionado al Real Madrid (e per quanto mi riguarda, se non c’è l’Inter di mezzo…).
Quanto agli italiani in Iberia, beh, ai due direttori mi legò (penso con reciprocità) una stima inferiore solo al livello di amicizia, che più sotto dettaglio. Invece un filino birbantelli (come si dice? “interessi privati in ….” ) gli allora ‘jefes dei tickets’ e dei ‘sales’ . Il primo aveva fatto aprire a parenti un’agenzia viaggi, dopodiché chi andava in Iberia a fare un biglietto veniva stranamente informato che c’era un’agenzia “che faceva buone tariffe”, si indovini quale….. Quanto alla persona “capo-vendite” (con marito agente di viaggi) grazie a un’indagine (a quei tempi facevo pure il tour operator , era d’uopo stare in campana) esperita con una morosa manager in un’azienda proponente viaggi incentives, non mi fu difficile scoprire che 10 minuti dopo una telefonata di richieste di info all’Iberia, quell’azienda veniva visitata da un’agenzia di viaggi, si indovini di chi…
Tangeri Felix e bevute postprandiali

E se Gomez era merengue (meringa, tutta bianca, come la maglia del Real Madrid) Paolo Tranchini, uno dei due direttori italiani dell’Iberia milanese, era buon tifoso nerazzurro, nel senso dell’Inter, eppoi gli piaceva il buon vino: che più per andare a salutarlo (stavo pure a due passi)? Né mancò il vino nei miei simpatici rapporti con l’altro italico (ma di madre andalù) caudillo della compagnia aerea spagnola, Pietro Lamia. Ma si trattava soprattutto di quell’anonimo spumantino liturgicamente offerto dalle compagnie aeree (oltre a Iberia ce n’erano tante in via Albricci) agli addetti ai lavori turistici in visita canonica (di regola il mercoledì). Lamia, tangerino (e ricordo le sue descrizioni della Tangeri felix tra le due Guerre mondiali) era poi un valido affabulatore. E le serate postprandiali (gli spagnoli dicono ‘sobremesa’) con Pietro non finivano mai (beninteso con vini migliori della pisciazza bevuta al mattino)…
C’è Bonomi e Bonomi…

Dalle mie vicende con Iberia non posso che trarne un bilancio più che positivo (al netto delle amicizie con gli avvicendatisi direttori, ispanici e indigeni, e sorvolando sulle gesta dei citati impiegati un po’ troppo osé). E poco importa se l’Iberia milanese fu “indiretta responsabile” di una delle più cocenti delusioni subite nella mia esistenza. Tanti anni fa, check-in all’aeroporto di Madrid, mi danno il posto 2A,: cazzo! sono in business, il massimo! Mi siedo, sorseggio la liturgica coppa di Cava offerta al decollo e comincio a farneticare (“ehh, finalmente l’Iberia ha deciso di vippizzarmi, ha scoperto che conto qualcosa, s’è resa conto che per la Spagna sto scrivendo molto e così m’ha upgraded….”) imperocché a metà delle farneticazioni arriva uno che mi dice “’sto posto è il mio” e aggiunge “mi chiamo Bonomi” al che io replico a muso duro “anch’io mi chiamo Bonomi”, solo che lui replica “mi chiamo Bonomi ma anche Bolchini” (nota, spaventosamente ricchissima Gens milanese e poco importa se nel Gotha dei danée meneghini ti aggiungono che “la mamma faceva la portinaia”), capisco tutto al volo e mi dirigo al sedile 35°, a pochi millimetri dal cesso di coda. Adiòs, anzi, Good Bye Iberia (vuoi mettere? un bel Paso Doble invece dello sfigato Valzer delle Candele? E vabbè…).

giovedì 19 giugno 2014

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2006 FITUR A MADRID … MURA A AVILA …. MATANZA A SEGOVIA

Alla Fitur Madrilena con dopolavoro di “nieve, cochinillos, corderos y matanzas” … gite ad Avila e Segovia
per mondointasca.org del 15/02/2006

Mercato in un barrio di Segovia

Post matanza in un barrio di Segovia

Come tradizione vuole, eccomi all’ennesima Fitur madrileña, invariabilmente in pieno inverno. Sennò – in occasione delle prime edizioni alla Casa de Campo – come te la saresti presa la pleurite se non con il gelido vento di fine gennaio che dalla Sierra de Guadarrama ti prendeva di infilata mentre zompavi da un padiglione a un altro? Freddo, pertanto, sicuramente, e se poi ti ritrovi con quel pelino di fortuna che non guasta mai (bene disse Shakespeare: “V’è nella vita umana una marea che colta al flusso conduce alla fortuna”, Giulio Cesare, atto III scena IV) ecco che ti ritrovi pure un po’ di neve (a scelta, in partenza dall’Italia o in arrivo in Spagna, poco importa).
Non parliamo poi se ti capita il “jackpot”, il massimo della buona sorte, neve qui e neve là, come gloriosamente accaduto quest’anno (quindi casini nell’andare dall’innevato nord Italia a Madrid e casini nel tornare per una tempestina di neve a Barajas la sera del ritorno).

Volare tra nuvole e neve
In tal caso chi è nato sciùr o lo è diventato in seguito – e quindi ha volato con la linea – non avrà scoperto nulla di nuovo, mentre chi più risparmiosamente si era affidato ai voli Low Cost (come appunto accaduto al Renzo Druetto, baldo amico dello scrivano) ha appunto scoperto cosa vuol dire non nascere sciùr.
Accade infatti che se viaggi con la linea e nel volo di ritorno accade qualcosa di anormale (non solo che qualche arbitro fischi un rigore contro la Juve, ma anche, ad esempio, la cancellazione del volo per caduta dell’aereo che stava venendo a prenderti) qualche addetto della compagnia aerea prima (o – più probabilmente – poi) si fa vivo. Mentre se voli Low Cost scatta immantinente la ben nota Legge del Gasùa (arrangiati, son cacchi tùa) sicché, se non ti compri subito un biglietto di un volo di linea, rischi pure di stare qualche mese in attesa di notizie, rivivendo pertanto quel recente film in cui un poareto trascorse mezza vita dentro un aeroporto.

“Sorpasso” Fitur
Low Cost o Linea che sia (tanto tra breve non ci sarà più differenza, sia IB che AZ praticano ormai tariffe forse anche più basse di quelle low-sfigate) anche stavolta approdo alla Fitur e subito apprendo dagli amici spagnoli che l’edizione di quest’anno è quella del sorpasso.
Partita anni fa (quelli della sede nella gelida Casa de Campo) in posizione di retroguardia, come tutti i concorrenti all’esordio, la Fitur si è via via gargarizzata l’italica Bit e (appunto quest’anno) l’albionica WTM, per ritrovarsi pertanto alle spalle soltanto del colosso berlinese ITB.
Non è compito dello scrivano, più portato – fosse solo perché più intrigante e divertente – a raccontare sensazioni e vicenduole di costume, sciorinare freddi numeri e statistiche, ma già che gli sono stati gentilmente passati dall’efficiente ufficio stampa, eccoli: 205.000 presenze di cui 105.000 professionali e 100.000 visitatori (i soliti barbari che – è accaduto anche alla Bit – non trovando più dèpliant da portare via, cercano financo di sfilare il reggiseno alle standiste; 843 espositori diretti, 12.065 le imprese coinvolte in questa grande kermesse turistica.

Per i turisti baresi ora c’è anche Cassano!
Non intendo comunque sfiancare il lettore con noiosi commenti, anche perché tutti sanno che – “tenendo” da una vita per gli spagnoli – la mia sarebbe una cronaca partigiana. Resta comunque il fatto che, mentre le Comunidades ispaniche fanno l’areclàm al loro turismo con fior di marketing e fatti-e-non-parole, in molte nostrane regioni si crede ancora che il turista sia accalappiabile con una tarantella, due olive e tre tricchetetracchete; siamo ancora ai carrettini siciliani con su Turiddu e Santuzza.

E vabbè.

Se pertanto il turismo incoming (dalla Spagna in Italia) non abbonda, quello in senso inverso va bene (così assicura l’amìs Carlos Hernandez, direttore del Turismo Spagnolo di Milano) ancorché lasci un filino a desiderare quanto a qualità, senza voler spaccare il capello sullo spessore culturale di chi viaggia.
Girava infatti voce in Fitur che si prevedono charter da Bari per vedere giocare nel mitico stadio Bernabeu il non meno (ma solo a Barivecchia) mitico Cassano (il cui cugino, proprio in quei giorni, appena atterrato a Bari dopo aver aiutato il footballeur ad affrontare la dura vita da emigrante in quel di Madrid, veniva impacchettato dalle Forze dell’Ordine e trasferito immantinente in gattabuia per spaccio di droga).

Gita “cultural-gastronomica” nei dintorni di Madrid…
Finita pertanto la Fitur (come sempre verso le 14 del venerdì comincia la Grande Fuga) eccomi alla testa della Vicenda Ludica consistente nell’accompagnare in una stramba gita la gentile Paola Colla (esausta dopo tante riunioni con quelli della Riviera Maya, della cui vicepresidente chi scrive si innamorò perdutamente, roba da cantarle Maria Bonita non appena presentati) e il Delfino Jean Paul (ormai Capo totale della Balda Squirrel e quindi a pieno titolo sedicente profesional di turismo). La gita? Ad Avila e Segovia non senza un collaudo di uno dei Pequeños Hoteles con Caracter, il Rusticae, di cui lo scrivano fa il corifeo in Italia) in un osto vicino all’Escorialchiamato Robledo de Chavela.
E perché stramba, ‘sta gita? Perché oltre ad essere compiuta in un freddo barbino (vedi le già citate contestuali nevi castellane e padane) le motivazioni dello spostamento erano equamente divise tra la fame di vedere e sapere dei due suesposti co-èquipiers e la fame di cordero (agnello, ma sorvoliamo sulle malelingue italiane a proposito dei due nomi) e cochinillo (maialino, e subito i sardi a dire porceddu) del loro Virgilio.

Matanza
Meglio sorvolare sull’appagamento delle esigenze culturali di Paola e Jean Paul, giusta la giusta legge sulla Privacy. Per quanto concerne chi scrive, dirò invece che in quel di Avila, al ristorante della Hospederìa de Bracamonte, il cordero risultò strepitoso, mentre il cochinillo segoviano se non proprio da inginocchiatoio si rivelò comunque gustosissimo. Ma all’ora della paciata di mezzodì Segovia aveva già entusiasmato il curioso terzetto mediante una magnifica quanto semplice e popolana matanza. Nel magnifico barrio de San Lorenzo (medioevale, quasi intonso, magnifico il romanico dell’omonima chiesa del ‘200) i neoamici della Pro Loco Atrio de San Lorenzoinvitavano Paola, Jean Paul e lo scrivano, dopodiché – previo sacrificio del porsèo (veneto) o purscèl (brianzolo) o nimèl (reggiano) – i tre gitanti procedevano all’assaggio di torrezno, costine e rosea cotenna abbrustolita del divino animale. Grazie Juliàn.

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2014 FITUR DI MADRID

España España y nada mas....

España España y nada mas….

Nel turismo la fiera spagnola è la prima dell’anno seguita a febbraio nella nostrana Bit, in retromarcia. In attesa della fiera milanese non resta che curiosare tra le novità offerte dalla manifestazione madrilena: viaggi, proposte curiose e vacanze a veder gli altri lavorare. Più le solite delizie: cibi e bevande per … intenditori!

Si dice negli States, e laggiù se ne intendono, che “Le fiere e i Saloni non servono a nulla” (soprattutto da quando hanno inventato internet, skype e compagnia cantando, aggiungo io) salvo poi concludere “però bisogna andarci”. Ciò premesso, non potendo farmi beffe della sullodata massima coniata dagli inventori del business eccomi alla Fitur, la Feria del Turismo che da 34 anni si officia a Madrid a metà gennaio. Una data abbastanza vicina alla celebrazione della Bit milanese, laddove gioco in casa, da farmi talvolta dubitare sulla ragionevolezza della mia andata in Spagna. Solo che alla Bit non mi godo quelle piacevoli (e invece in Fitur me le ritrovo tutte) chicche che passo a elencare.

Fitur vs Bit: 1 a 0. Ahinoi!
In primis gli animati stand delle regioni, comunidades, di Spagna, dove rivedo gente nota, compio rimpatriate, distribuisco e ricevo pacche sulle spalle e abrazos a volontà (e un tempo se magnava pure, mannaggia alla crisi). Oltretutto, avendo Turespaña deciso di non esibirsi alla Bit (2° anno, ay ay ay, mica belle per la rassegna milanese queste defezioni, perché pure la Francia e altri Paesi hanno dato forfait) non solo non saluterei i suesposti espositori che a Milano non verrebbero comunque, ma pure non potrei rivedere el mè amìs Carlos e chi lo precedette a illustrare le ispaniche bellezze nel loro ex Milanesado (1535-1701). Alla Fitur, inoltre, vado alla ricerca dei tanti amici collezionati girando in quella Latino America (tanto enorme quanto a me cara) che si estende dal caliente Messico alla più fresca Tierra del Fuego. A Milano, invece, ne abbraccerei pochi, giacché per ovvi motivi di lingua, storia, tradizioni e cultura, gli addetti ai lavori dei Turismos del Sur America partecipano in massa alla Feria madrileña, mentre molti non restano in Europa o attraversano l’Atlantico per la seconda volta in meno di un mese per partecipare alla Bit milanese.

Alla Feria, novità vacanziere (pata negra a parte)
Queste le motivazioni che ogni anno, a metà gennaio, mi convincono a trasferirmi alla Fitur di Madrid (volando sugli arancioni aerei targati Easyjet, datosi che Iberia, anticipando Alitalia nel processo di decadenza di compagnie un tempo gloriose, mi riferisco alla sudditanza pro British, costa di più e non è che ti tratti ‘a lo grande’).
E come se non bastasse, ai suesposti piaceri goduti durante il faticoso lavoro nel Recinto Ferial della Fitur (curiose passeggiate tra gli stand e in sala stampa degustazione di Jamòn de Pata Negra de Bellota, quest’anno, poi, che bello: io che gliela contavo su al “cortador” e lui che tagliava e mi porgeva lonchas/fette à gogo, una goduria) vanno poi aggiunte le piacevolezze non solo culturali cercate e trovate a Madrid. Laddove, oltre a rivisitare i soliti posti (per riprovare piaceri ma anche per vedere se ancora esistono: le mode e la plastica, si sa, fanno sparire tante cose belle) mi spingo financo a cercare novità. Qui giunti, nel timore di sforare l’usuale spazio gentilmente concessomi da questo baldo magazine, e datosi che le cose, viaggiatorie e non, viste e assaggiate alla Fitur e a Madrid, sono tante oltre che potenzialmente interessanti il lettore, passo a brevemente elencarle.

Viaggi ‘impegnativi’ su rotaie russe
Se si parla di Turismo in treno, posso segnalare ben due ‘dritte’. A bordo di Al Andalus (più che un treno, un Palacio sobre Ruedas/ruote)mis amigos della Renfe (vedi articoli sul Camino de Santiago in ferrovia) propongono intriganti non meno che vari itinerari, su e giù per la Spagna (come si viaggia? coccolati, e non solo). E ho scoperto poi una chicca tanto avventurosa quanto un pochino stanchevole (proprio l’opposto delle proposte Renfe): Natalia Tkachenko, “sales” di un t.o. tedesco mi parla di una andata in aereo a Mosca e ritorno da Pechino, e nei 14gg intercorrenti un bel soggiorno in treno (di notte si dorme e di giorno si scende per girare l’ex Urss, Siberia, Mongolia e quant’altro). A chi invece non vuol dormire sulle ruote (tanto meno se stesi su binari euroasiatici) né ama i soliti albergoni dove l’ospite diventa un numero) in Spagna e Portogallo la Ruralka propone 100 “hoteles con encanto”, in città ma soprattutto “in campagna” (la cosiddetta gente vuol stare in grazia di dio e lontano da tram e polveri sottili) e visto il successo si espande in Messico e Colombia.

Vacanze in tonnara andalusa
E vedendo un grosso tonno squartato e tagliato in uno stand Fitur da professionisti quasi chirurghi, mi sono informato sulle almadraba/tonnare tra Tarifa e Cadice venendo a sapere che tuttora tra aprile e giugno sono operanti; i clienti? i soliti japs/giapponesi ordinanti centinaia di tonni a botta. Una bella idea per chi vuole andare in Andalusia e nel contempo ama un certo folclore ancorché violento e nel Belpaese scomparso, tranne rari casi, e per di più mantenuti per fini turistici, sembra che molte nostrane tonnare siano state chiuse solo perché a fronte di incerti e faticati guadagni si fanno più soldi con i contributi regionali, ottenibili motivando qualche scompenso ecologico impedente l’arrivo dei tonni.

Nella capitale, ‘palato’ estasiato e (un po’) di cultura

A Madrid. Unendo nella giusta (2 a 1) misura palato e cultura ho visitato un Mesòn (magnare), un museo e un Bar & Vinos (tapas, restaurante e quant’altro). Al Mesòn “El Lacon” (Calle de Manuel Ferandez y Gonzalez)berenjenas/melanzane fritte con miele (piatto di chiara origine ebraica)habitas/fave con chopitos/calamaretti, due bei vasos/bicchieri ditinto/rosso e un Chinchòn, un anice secco a me caro. Mentre al El Anciano Rey de Los Vinos (Bailèn 19, vicino al Palazzo Reale) Huevos Rotos (da inginocchiatoio) rabo/coda di toro (Regalitos de Torito) e pezzi di pollo fritto da insaporire nel Cabrales (grande formaggio asturiano tipo gorgonzola) e su tutto tanto bel Vermouth (quello del grifo/spillato mi fa impazzire).
Ah, la cultura: visitare il Monastero delle Descalzas Reales: è (certamente) uno dei più bei musei di Madrid, tanto interessante quanto poco decantato.