per mondointasca.org …
foto di apertura: maiale ‘alla fiamma ossidrica’, una bella idea/catering per le serate del turismo milanese….
Mi scuso anticipatamente se stavolta narro futili vicende (assai poco attinenti a Viaggi & Turismo) che nulla fregano al cortese lettore, alla cui clemenza mi affido. E perorando un’assoluzione aggiungo che, come diceva Rick/Bogart in ‘Casablanca’, “è passato tanto tempo” dalle mie ultime elucubrazioni non aventi per oggetto vere e proprie esperienze viaggiatorie, eppertanto ‘semel in anno’, o giù di lì, ‘licet insanire’, nel senso di incazzarsi.
E venendo al dunque preciso che mi sto accingendo a manifestare alcune, anzi, tante, perplessità sulle manifestazioni di promozione turistica che si svolgono a Milano (né penso che differiscano molto nel resto del Belpaese e molto probabilmente anche altrove).
Laddove per manifestazioni di promozione turistica mi riferisco a quelli che antan erano detti ricevimenti o cocktails o presentazioni o serate (vabbè c’era la cena –tutti belli seduti- adesso derubricata in buffet, in piedi come le galline). Quegli happenings, per spiegarci, in cui ti invitano per illuminarti, dirti, cos’è e dov’è e com’è fatto un certo posto e infine perché andarvi (anzi mandare la gente, se sei scrivano tramite articoli, se invece sei tour operator contandogliela su), perché andare, ad esempio, a Madrid (in tal caso suggerirei) oppure a Malindi (mai stato, quindi decida il lettore) o a Pyongyang, Corea del Nord (anche lì non sono mai stato, ma, da quel che sento, e vedo in tivù, sconsiglierei una trasferta ai minori di 18 anni e a chi è privo di curiosità).
Ma torno ai suesposti eventi mondani, ancorchè ritenga più saggio definirli economici, visto che la maggioranza dei partecipanti vi si reca solo per risparmiare la cena a casa e vabbè se gli tocca deglutire tartine ammannite sei o sette mesi prima eppoi congelate e berci sopra uno spumantino (dicevasi antan in Piemonte, “de la balèta”). Questo il set mangereccio (sulla cui qualità e, importantissimo, “tipicità”, rinvio il lettore alle prossime righe) in cui un ufficio del turismo di un certo Paese invita gli addetti ai lavori turistici, leggasi i gazzettieri e gli agenti di viaggi (nonché gli amichetti connazionali, un po’ per amicizia e pierre, e un po’ per far numero, non si sa mai …).

Huevos con chistorra … Uova con salsiccia della Navarra (durante i Sanfermines di Pamplona alle 10 del mattino, sennò d’inverno…)
Da cui si evince che se si rendesse necessario un succinto commento telegrafico su ‘ste manifestazioni, incontri, presentazioni, non si potrebbe ricorrere che a un drastico “Che Palle!”. Nel senso di quanta ripetitività, dejà vu, banalità, che poi vuol dire assenza di fantasia, di un filino di inventività, di mancata ricerca di qualcosa non monotono, di nuovo. E invece, vai con la solita menata. Nulla cambia niente, salvo il dettaglio che è variata la location di questi happenings, dagli hotels chic del centro di Milano a quelli dai costi più umani della media periferia (o forse è tuttora vigente qualche manifestazione in alberghi da sciur, ma l’alto costo a cranio suggerisce a chi paga che non vale la pena invitare gente tipo il qui scrivente).
La solita solfa, dicevo, di cui al volgare ricorso agli attributi maschili per narrarne la noia. Arriva la gente, parla un signore che ne presenta un altro (di solito un politico o un assessore del turismo “di quel posto”), poi voilà le diapositive (ma non le fanno più vedere da almeno tre o quattro decenni) e un filmino, indi (quasi mai che si chieda ai gentili ospiti se hanno domande, se mai conoscono il posto presentato o se ci sono mai andati, e/o come ci si va) ecco un automatico quanto contestuale alzarsi del popolo invitato e l’andata a magnare.
E a mio personalissimo parere è proprio con le deglutizioni dette anche catering che si tocca il fondo di questi happenings tristarelli anzichenò. Eventi che non voglio nemmeno sapere quanto possano costare allo sventurato ente, ufficio che li organizza, per certo una bella cifretta, beninteso per minimo X di partecipanti (ed è forse per questo che gli addetti di quell’ufficio ne profittano per invitare e fare quattro chiacchiere –tanto, è tutto già pagato- con gli amichetti connazionali).
Tutto come prima, dunque, ‘sti happenings paraturistici milanesi? Beh, direi proprio di sì, o forse (solo) un filino peggio, datosi che, come già commentato, mi sembra che gli hotels tartinanti (+ spumantini) siano un filino meno chic d’antan e se non sbaglio si sono rarefatti quegli emozionanti ‘sorteggi alberghieri’ con gioioso gridolino della vincente pernottamenti free (una volta, colpo grosso, vinsi una pernottamento, uno, in un “3 stelle” di un paesino nel sud della Nuova Zelanda).
P.S. Si parlava di un filino di fantasia o quantomeno di un pochino di efficienza e concretezza in queste manifestazioni eppertanto è d’uopo venire al sodo, fare un esempio. Eccomi allora citare la recente presentazione di Salonicco, bella e storica città del nord della Grecia (e per questo mi girano le balle: quando vedo posti a me cari non ricevere le attenzioni che meritano). E quanto “di greco” (salvo una salsa molto somigliante al Tzartziki) non è stato ammannito ai partecipanti (affrettandomi a chiarire che ho lamentato l’assenza di roba, prodotti greci –da mangiare e bere- in vendita a Milano a costo ridicolo nonchè facilmente reperibili anche nel più sfigato dei nostri supermarkets….).

Dizionario gastronomico (per chi va nei Paesi ‘de habla castellana’)…. chissà che si ispirino quelli delle feste turistiche milanesi….
Esempio. Mangiare. Della Grecia sono arcinote le olive (quelle belle, nere, di Kalamata), niente; il Feta, eccellente formaggio (latte pecora o capra o misto), niente; né si è pensato di fare almeno vedere l’ottimo yogurth greco; e ci aggiungerei pure (più difficile reperirli o farli e più alto il costo, ma non si parla di spese folli) l’assenza dei gustosi Tiropita, manco questi (da cui si evince che, da masticare, sono stati proposte cosine che sarebbero state ok a una presentazione della –con tutto il rispetto- Islanda laddove l’assenza di sapori e profumi mediterranei li obbliga ahiloro a offrirti in assaggio una lisca di pesce veloce del Baltico….). Eppertanto lasciamo perdere (pure) i Dolmades (vabbè, li trovi più o meno simili nei ristoranti mediterraneo – orientali di Milano).
Esempio. Bere. Beh, ma che c’è di più tipicissimamente greco del Ouzo? Nonché estremamente economico (ricordo che una volta, in gita ad Alonissos, facendo loro bere recitando il motto dei Carabinieri –“Uso obbedir tacendo….”- ubriacai tutto il paese con l’Ouzo dei bar circostanti beninteso spendendo poche lire. Ma c’era questa profumata bevanda anicizzata (quanto può costare, un bottiglione, almeno 40 /42 dosi, 7, 8 euro?): macchè. E non parlo (dell’assenza) del meraviglioso vino bianco del territorio circostante Salonicco (l’ho provato io stesso colà aggirandomi tra bei paesaggi enobucolici). Manco parlarne. Anzi, ah: durante la presentazione tanti cenni sulla cucina in quella (bellissima) parte della Grecia…..
Altro (e ultimo) P.S. (mangereccio)…. e il Mussakà …. ma per favore (e magari ci fossero state le Melanzane alla Parmigiana, sorellastre del saporito piatto greco) … macchè, solo (fa pure rima) anonimi canapè (7 volte e mezzo più cari del Mussakà… anche surgelato … in vendita da qualunque Picard trovi per la strada …. )….
Scrivi un commento