Laddove per andare prima a Spina eppoi a Lugo (cittadini preclari Baracca, Compagnoni e il festeggiando Paolo) si passa per Quistello a comprare il Lambrusco mantovano
gpb per mondointasca org del 21/4/11 – nella foto di copertina: Lugo, Andrea Relencini, sistemato a dovere dalla Santa Romana Inquisizione (lapide ‘redatta’ da Guerrini….)
Cosa non si fa per festeggiare il compleanno di un amico! Chilometri in auto, pernottamenti, acquisti, assaggi e sorseggi, pennichelle e levatacce. Ma in fondo, va bene così. La vera amicizia nasce e muore a tavola! (In questa puntata: Milano-Mantova, Lambrusco e Lugo di Romagna, incluse dritte e segnalazioni)…
Giovedì 7 Aprile
Al mattino partenza da Milano (meglio sloggiare, stanno spuntando le foto con le “reclàm” dei candidati alle elezioni; dicono di dargli il voto, poi pensano loro al nostro bene, poveretti; ma come si fa a ridursi così?). Comunque, si va a festeggiare i 70 di Paolo in riva all’Adriatico; beninteso – come accade alle Compagnie di Giro recitanti a soggetto – si finirà dove ci portano il cuore (e il Lambrusco, altro potente ispiratore) mai però sconfinando oltre le dilette Romagna e la sua ‘dependance’ Emilia. Mi infilo pertanto sulla Milano-Mantova per scoprire che è nelle stesse condizioni di quando la percorsi alcuni anni fa allorquando era nelle stesse condizioni di quando la costruì nel 1820 (milleottocentoventi) S.M.I. Francesco II di Austria e del Sacro Romano Impero (da allora la strada, salvo qualche rotonda e un paio di scritte del Duce tuttora leggibili sui muri, non è cambiata: che pena, e invece di tanti blablabla per l’Unità del Belpaese e quel che l’è, non era meglio rendere percorribile questa importante arteria che unisce le capitali di due province lombarde?).
Lungo le rive del Po
Devo però percorrere questa sconcia strada (vecchia, mai allargata, migliorata, salvo qualche cartello del “massimo 30 all’ora” apposto tra rettilinei deserti con vista pioppi e in lontananza allevamenti di scrofe) perché per festeggiare Paolo è d’uopo passare per Quistello a caricare un accettabile contingente di nero (e robusto) Lambrusco Mantovano. Arrivo però tardi (colpa della strada, vedi sopra) alla locale Cantina Sociale (chiudono alle 12, secondo lodevole usanza contadina) e trovo pertanto il tempo per degustare due tortelli di zucca nella adiacente non meno che nota Ambasciata. Dopodiché mi concedo due passi digestivi. Un giretto di 10 minuti (mentre alla vicina San Benedetto Po – monastero e basilica, museo Polironiano – il viaggiatore vorrà dedicare maggior tempo) quanto basta per godere la vista di alcune case del primo ‘900 (Liberty, Floreale, Modernismo, Art Nouveau o quel che l’è) costruite dalla piccolo-media borghesia agraria lombarda. Siamo nelle Terre di Matilde di Canossa. Nata a Mantova nel 1046 (suo padre Bonifacio vi possedeva una reggia) la Gran Contessa dialogò con papi, imperatori ed è oggi ricordata per il “Sistema Po-Matilde”: castelli, avamposti, torri lungo il Padus (o se si preferisce il guareschiano Piccolo Padre).
Sobbalzi “naturali” a Spina
Ma veniamo al sodo. Caricata la merce sull’auto (che piacevole tintinnìo proviene dal baule) si prosegue per il Lido di Spinache per certo non sarà mondano come Cap Ferrat o Juan les Pins (al secolo Giovanni i Pini) ma quantomeno giova ai polmoni grazie a una eccellente pineta. Sotto questi ombrosi pini mediterranei capisci quanto sia tragico quel PM10 (alias le polveri sottili) che a Milano combattono solo a parole in attesa di Giove pluvio. E non solo respirando noti differenze tra Milano e Spina. Quanto a viabilità automobilistica, ad esempio, a Spina sobbalzi sul sedile complici le radici dei pini che ingobbiscono le strade; a Milano, invece, la terza cervicale si spappola zompando su lastroni sempre più sconnessi, in assenza di stradini livellatori (ma forse non ci sono soldi nemmeno per la sabbia livellatrice).
Glorie di Lugo: Baracca, Compagnoni e Squaquerone
Ma eccoci giungere alla mèta (vestiti: è passata la moda del Duce, che ci imponeva di arrivarvi ‘nudi’) accolti dall’ancora 69enne Paolo (ne fa 70 dopodomani ma è sempre meglio festeggiare i vecchi con un certo anticipo, non si sa mai!).
È però tardi, Ruit Hora, un sorso e si riparta! I motori tornano a rombare, in direzione di Lugo di Romagna, terra natale di Paolo, mio Scout e interprete in questi blitz dal profondo contenuto culturale. Nella città di Baracca (grande pilota, mi dice Paolo, peccato però che avesse la sifilide), Compagnoni(quello che a Reggio Emilia inventò il tricolore) e del mio babbo, la Azdora (in rumagnòl, reggitrice, padrona) moglie di Elio (compagno di banco di Paolo) ci attende a cena. Prima, però, Paolo fa provviste alla Crai acquistando hamburger diCastrato (la fine del mondo, con quel sapore così selvatico, una novità), Squaquerone (è la stagione giusta, le vacche sono stanche per l’inverno sostenuto) e (chi si appresta a pronunciare vorrà romagnolmente far schioccare le Z, come una frustata) Sulzèzza (per il volgo, salsiccia).
Dispute gastronomiche
Tanto ben di dio in bellavista mi fa pensare che in un solo bancone di gastronomia di un qualsiasi supermarket d’Italia o di Francia o di Spagna ammiri più squisitezze di quante ne trovi nel resto del pianeta (morale: al mondo esistono due razze, i latini e quelli che vorrebbero esserlo). Qualcuno non la pensa così? Si vede che non ha mai gustato una fetta di Culatello (o di Pata Negra) né succhiato una ciccia Canocchia (beninteso con cera e condita con olio extravergine e prezzemolo colto da non più di un’ora). La cena da Elio (Lasagne, Cacciagione, verdure alla griglia e Zuppa inglese) suscita qualche polemica (ma non sul RubyGate né sulle capacità ballerine di Fili, in Romagna sono tutti ‘riplobicàn’, e pure, vivaddio, mangiapreti). La disputa verte più prosaicamente sulle ‘bocce’ stappate dall’anfitrione: meglio il biondo Trebbiano o il corposo Sangiovese? Si torna a Spina. Poche ore di riposo in branda. Domani, vigilia dei 70 di Paolo, la Compagnia di Giro si sposta a Ravenna, laddove non c’è solo la tomba di Dante da vedere.
Maggiori info e chiarimenti alla prossima puntata…
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2 ”ROAD MAP” LOMBARDO/ROMAGNOLA (SECONDO EPISODIO, CONTIENE ‘DRITTE’ E INFO)
Ravenna, tagliatelle agli Strugoli, Mandriole, i Mulner, Anita Garibaldi, San’Alberto, un capanno da pesca, Peppino Garibaldi, Stecchetti (o Guerrini), Cà de Vèn, Paolo, Spina, Bruna, William, Piadina ecc. ecc.
gpb per mondointasca.org del 27/4/11
Vigilia e giorno del compleanno del Paolo. Trascorsi con “fuitina” dalle gentili consorti, a visitare luoghi noti, amici di vecchia data, locali dove si beve e si mangia come nemmeno in sogno. Con un pensiero ad Anita (Garibaldi) e un altro di Olindo Guerrini. Ravenna e dintorni, incluse dritte e segnalazioni….
Come raccontato nella puntata precedente, sono finito in Romagna-Emilia per festeggiare al Lido di Spina i 70 di Paolo, mio Scout rumagnòl, nonché “vicino di tomba” a Lugo e ‘tentato cuoco’ da qualche decennio.
Venerdì 8 Aprile
Fuggendo come da Buchenwald (una delle due signore-sentinelle non vigila giocando al Burraco col pc, l’altra è andata a prendere il sole) io e Paolo procediamo dal Lido di Spina verso Ravenna, laddove alla Gap Eventi abbiamo un puntello (ma casto: giusto un saluto con piadina e Sangiovese) con Bruna e Valeria sua erede, accorte ‘agentesse’ di viaggi (forse le ultime che ancora credono nella mia conoscenza del turismo). Prima, però, avrà luogo la solita non meno che immancabile sosta alle Mandriole (previo superamento del Reno al Passo di Primaro, oggidì mediante un ponte, per lungo tempo, nel secondo dopoguerra, usando come ferry i mezzi da sbarco dell’esercito britannico; dove esisteva il traghetto trovasi adesso un’osteria -col Castrato così così- un tempo umile negozio contadino in cui bere un bicchiere e comprare l’acetilene e quant’altro necessario per chi vive nei campi).
Ah… l’Eroica Anita…
Lasciata a sinistra Casal Borsetti (Paolo vi possiede un Capanno in cui non si è mai pescato un pesce che fosse uno, fortunatamente, perché i cefali di questi melmosi canali e fiumi sfocianti nell’Adriatico altro non sono che fango e squame, ‘na vera schifezza’) si curva a destra verso le Mandriole. Due i motivi della deviazione.
Uno: un riverente saluto, sia pur di passaggio, ad Anita Garibaldi (assai vicini, l’edificio dove spirò, il cippo commemorativo e la chiesa in cui fu provvisoriamente sepolta prima di finire sotto il monumento al romano Gianicolo). Grande, la brasileira Anita Ribeiro, e se già ne ammiravo da sempre il suo oscuro eroismo, figuriamoci quanto la adoro adesso, dopo averne raccontato le gesta in Brasile e Uruguay fianco al suo amato Peppino (che per sua fortuna è morto senza sapere chi fosse Lele Mora).
Zuccherini deliziosi. Fino a quando?
Secondo motivo di stop alle Mandriole: il Forno, semplice non meno che celebre (almeno per la Romagna-bene vivente da queste parti, vedi i Suv che vi sostano scaricanti sciure che vanno a fare shopping). In effetti non si tratta di un Prestinée qualsiasi, bensì dell’ultimo forno a legna della bassa romagnola (non so in collina), quindi un posto da vedere (e per umile che sia, si ammira di fianco pure il vecchio forno in mattoni). Morale: chi passa da quelle parti compri gli Zuccherini e il suo palato scoprirà nuovi sapori (presente i vari biscotti del Mulino Bianco? beh – con il dovuto rispetto – tutto il contrario). Al Forno scopro poi (sempre grazie al prezioso contributo linguistico di Paolo, per me tanto d’aiuto quanto lo erano le guide-interpreti Sioux per il generale Custer) qualcosa che non funziona tra i giovani del mio forse troppo ricco Belpaese. Apprendo infatti che i proprietari cercano da tempo qualcuno voglioso di dare una mano nella creazione del pane e dei già lodati Zuccherini. E la paga sarebbe, oltretutto, più che buona. Se non che – mi commentano – appena gli notifichi l’ora d’inizio delle infornate il candidato scappa via scattando come nemmeno il Berruti alle Olimpiadi.
Ravenna: liquirizia e referendum
Lasciate le Mandriole (e fatta un po’ di luce sulla disoccupazione giovanile) eccoci infine a Ravenna. Un posto che ha vissuto la Grande Storia e ne ha fortunatamente preservato tante testimonianze. Tant’è che oggi, in una bella giornata d‘aprile, incontro legioni di intelligenti turisti, balde scolaresche, gente che viaggia facendo andare la testa alla ricerca di monumenti, edifici storici. Io e Paolo, che baldi scolari ahinoi non siamo più, e nemmeno turisti intelligenti (ma solo perché da queste parti siamo ‘frequent travelers’) a Ravenna facciamo le solite cose (che però continuano a divertirci): si va nella curiosa (e fornitissima, vale uno stop) drogheria Giorgioni, e io vi compro la Liquirizia calabrese all’anice; dopodiché si affrontano le scale conducenti al Municipio per fotografare (di foto ne ho già una sessantina, ovviamente tutte identiche) la lapide rammentante che nel referendum del 1946 su 54.769 votanti scelsero la repubblica in 48.825 mentre a favore del nonno di “Fili” si espressero (qualche pirla in giro non manca mai) solo 4720 elettori (91 contro 9%, 2 a 0 e palla al centro).
Dai “Tajadèl” al pesce dell’Adriatico
Poi si finisce in via Limetta, ai Mulner (Paolo traduce subito, i Mugnai) umile ma genuino circolo (di fianco c’è Il Cervo, circolo, anche loro, di Mugnai, ma un filino più snob) a bere Albana e Sangiovese (venduti anche sfusi, come dovrebbe accadere in tutte le osterie degne di questo nome) mentre alcuni vecchi (anzi miei coetanei, o anche meno) giocano uno di quegli strani e azzardati giochi cartacei che in Romagna (almeno un tempo, ma anche adesso) vedevano un podere passar più volte di mano in una sola nottata.
Stavolta, però, io e Paolo abbiamo fatto Bingo! Ospiti della Bruna (nemmeno Corona trova più femmine che gli offrano Piadina, Tajadèl e Squaquerone) abbiamo messo i piedi sotto un tavolo della a me cara Cà de Vèn (Casa del Vino per i non Sioux). E la nostra anfitriona ci ha pure presentato il vicesindaco, ovviamente repubblicano – siamo a Ravenna – che nel resto del Belpaese sarebbe da tempo finito in un museo del Paleozoico politico. Ritorno al Lido di Spina, cena da William, eccellente cuoco più che Deus Ex Machina dei Bagni Piramidi. Pesce, ça va sans dire, “A lo grande” (o anche “de puta madre”) avrebbero commentato i miei amici spagnoli.
Sabato 9 Aprile (il “Giorno!”)
E venne quel dì, Paolo ne fa 70 (interamente buttati via! nemmeno un giorno messo a profitto!). Mangiatina alla trattoria La Rucola, a Sant’Alberto (poco distante dalle Mandriole) gestita, scoperta casuale, da un “fratello interista” (eccellente arredamento, bandiere nerazzurre, foto di Milito nel trionfo europeo al Bernabeu, sullo sfondo Mourinho). Quattro ore al desco (compresi i deliziosi Tagliolini con gli Strugoli). Ma ricordo solo il finale con Squaquerone e fichi giulebbati (detti anche caramellati). Lo Scalogno penso di digerirlo verso Natale.
N.B. A Sant’Alberto visitare la casa (adesso museo, interessante) in cui visse Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti, che descrisse il luogo natale con il seguente sonetto “Topi, zanzare e rane, gente pallida e scortese, tutte le donne son puttane, questo è il mio paese”. Morale: la cittadinanza di Sant’Alberto dedicò all’autore un monumento.
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