Città di cultura arte tradizioni (per ”Europa, Città da scoprire” Edizioni TCI)

 

Girona, catedral

Girona, catedral

Intendiamoci, non è che Girona e soprattutto la sua provincia possano lamentare scarsi successi turistici. Anzi. La città è nota per la peculiarità dei suoi monumenti ed è quindi mèta di molti visitatori. Quanto ai dintorni, la Costa Brava (in catalano selvaggia) riceve ospiti di tutte le età (giovani clienti di discoteche, d’estate, terza età nei mesi più freddi) e di ogni provenienza (dai confinanti francesi alla new entry russa) vedi il viavai di charter all’aeroporto del Gironès. E non si parla di solo mare e sole. Oltre a valide credenziali gastronomiche, grazie a una raffinata cucina dai sapori chiaramente mutuati dalla Francia (Girona ne è distante soltanto una settantina di kilometri), l’appeal della provincia più nordoccidentale della Spagna vanta anche motivazioni culturali grazie al genio di Salvador Dalì. Nato nel 1904 a Figueres (a metà percorso dell’autostrada che da Girona conduce al confine francese), Dalì, non solo rese famosa la città natale (l’omonimo Teatro-Museo, gestito dalla Fundaciòn Gala-Dalì, è il più visitato della Catalogna) ma fece anche grandi public relations al nascente turismo della Costa Brava (basta citare i nomi di alcuni dei suoi invitati a Cadaquès, 75 km da Girona, negli anni ’20 e ’30: Garcìa Lorca, Picasso, Machado).

No problem quanto a successi turistici, d’accordo, ma se Girona non fosse così vicina all’ingresso in Spagna dalla Francia, non solo, se fosse soltanto qualche kilometro più a sud di Barcellona (da cui dista, invece, circa 100 km a nord, lungo la citata autostrada), beh, vuoi mettere quanti visitatori in più potrebbe vantare (tra il popolo di turisti in auto che da tutta Europa entrano nella penisola iberica attraverso il minipasso, 290 metri s.l.m., della Jonquera)? Perché? Facile. Chi entra in Spagna dopo un lungo viaggio si sente pervaso da una certa euforia e spinge sull’acceleratore fino alla destinazione finale, quasi sempre Barcellona. Parimenti, chi ha terminato la vacanza e guida sulla strada del ritorno non ha tempo –con la testa già ‘a casa’- per soste non logistiche. Ne consegue che qualche viaggiatore frettoloso non visita Girona solo ‘per colpa’ della sua posizione geografica.

Quanto alle strade e alla segnaletica è utile segnalare che in Catalogna (una delle 17 Comunidades della Spagna, province di Girona, Barcelona, Lleida e Tarragona) il catalano, una vera e propria lingua, non un dialetto, fa ormai aggio sullo spagnolo. A parte alcuni esempi di ‘omonimìa’ (Barcelona, Tarragona, Lloret), sovente le differenze tra il catalano e il castellano (spagnolo) non sono sensibili (Girona – Gerona, Figueres – Figueras, Rosas – Roses) mentre in altri casi sono marcate (Lleida – Lerida, Empordà – Ampurdàn, Platja – Playa). Vista politicamente la vicenda linguistica si complica un filino. La Catalogna, pardòn, Catalunya, si considera nazione e ha sempre difeso il suo idioma (proibito negli anni della dittatura franchista) fino ad adottarlo con ammirevole fermezza. Ne consegue che chi visita la Catalogna (di cui Girona e provincia costituiscono una sorta di deep south) si ammanterà di simpatia ricorrendo ai nomi catalani quando richiede informazioni.

A Port Lligat, Dalì....

A Port Lligat, Dalì….

Girona (poco più di 70.000 abitanti) vanta una storia antica, come tutti gli insediamenti umani in buona posizione geografica con una favorevole morfologia del territorio. La città è infatti situata alla confluenza di due fiumi, con vista su un fertile entroterra affacciato su una costa ricca di porti naturali. E’ inoltre circondata da colline, strategicamente utili per avvistamento e difesa, mentre i

vicini Pirenei, a nord, rinfrescano e proteggono. Le sono attribuite origini greche (vedi i reperti nel museo di San Pere de Galligants) e fu senza dubbio fiorente città romana (Gerunda). Dopo gli anni bui segnati dalla discesa dei Barbari (Visigoti, Vandali, Alani), dal XII secolo la città gode un progressivo, notevole sviluppo economico favorito dalla presenza di una importante colonia ebraica, la seconda della Catalogna. Nel ghetto (in catalano Call) sorto ai lati di una strada sotto la cattedrale, la Força Vella, non si produce solo ricchezza ma anche tanta cultura, non destinata all’oblìo. Con la recente apertura di un Centro di Studi Ebraici, Girona è infatti divenuta il più importante punto di riferimento nella penisola iberica della storia Sefardì, prima e dopo la l’espulsione degli Ebrei da parte dei Re Cattolici (1492). Nei secoli più recenti Girona vive le vicende della ‘nazione catalana’, un tempo estesa oltre i Pirenei, ritrovandosi coinvolta nelle dispute tra Spagna e Francia. La continua difesa della propria ‘indipendenza’, lingua e identità è stata coronata dal successo con la generosa e larga autonomìa ottenuta solo recentemente.

Una visita a Girona è incompleta senza provare la cucina del Gironès, territorio di eccellente gastronomìa dalle grandi tradizioni. Già nel XIV secolo si pubblica un “Llibre de Sent Sovì”, nel XV il maestro Robert de Nola, cuoco di Fernando di Napoli, scrive il “Libre del Coc”, esempio di cucina raffinata, speziata, saporita. I motivi di tanta importanza vanno ricercati nella capacità della cucina catalana di assimilare e fondere il meglio di quelle confinanti: la grazia delle erbe aromatiche della cucina provenzale, i succulenti piatti di quella pirenaica, gli eccessi barocchi e policromi dei piatti valencianos. Ottimi gli insaccati, la botifarra (salsiccia), llonganissa (salame), fuet (cacciatorino), tipici catalani la sanfaina(peperonata) e la escudella (minestra a base di cavolo) anche nella versione i carn d’olla (minestra con lesso), gustosa la escalivada (melanzane, peperoni rossi, cipolle e pomodori cotti sul fuoco a legna), dal non lontano mare si gustano la esqueixada (baccalà con peperoni, olive, pomodori) e il suquet (pesce in tegame di terracotta). Catalanissimo è l’allioli che non è maionese con aglio ma solo aglio pestato con l’olio nel mortaio. Chi coltivasse dubbi sulla differenza tra catalano e spagnolo, a tavola invece di una castigliana cuchara (cucchiaio) chiederà unacullera, la forchetta da tenedor diventa forquilla e il cuchillo (coltello) si chiama ganivet.

LA VISITA

La catedral

Barcelona, Casa Milà

Barcelona, Casa Milà

Edificio contrassegnato da una forte contrapposizione di stili. Romanico (1038) il chiostro e parte della torre, con l’abside e la navata (XIV secolo) progettati per un tempio a tre navate. Nel secolo successivo, stile gotico, la navata diventa unica (è la più larga al mondo) mentre la facciata è barocca (ulteriori rifacimenti hanno luogo nel XVIII secolo). Nel museo, bellissimi gli arazzi (X e XII secolo) Tapis de la Creaciò eBeatus. Imponente la scalinata d’accesso.

El Call

Attraverso il ponte di Sant Agustì si accede al Carrer da Força che dall’XI alla fine del XV secolo fu la strada principale del quartiere ebraico, chiuso da 7 porte. Atmosfera medioevale, strette strade in salita, piccole piazze, cortili con fiori e piante. Si visita il Centro Bonastruc ça Porta (con questo nome era conosciuto in Catalogna il Cabalista Mossè Ben Nahman) che riunisce il Museo di Storia degli Ebrei e l’Istituto degli Studi Nahmànides.

San Feliu

Moumento Storico-Artistico. Più che una chiesa sembra una fortezza (fu costruita fuori le mura nel XIII secolo, lavori proseguiti fino al XVII) con struttura romanica sovrastata da una navata gotica. All’esterno due torri sormontano una facciata barocca (XVII secolo). All’interno, sarcofagi romani e un Cristo Giacente del Maestro Aloi (XIV secolo).

San Pere de Galligants

Monastero benedettino del XII secolo (oggi sede del Museo Archeologico, in mostra oggetti preistorici, greci, romani, lapidi ebraiche). La chiesa costituisce un bell’esempio del romanico – catalano, con tre navate, un transetto e quattro absidi. Molto interessante il chiostro, con capitelli di grande importanza iconografica. Bello, per l’originalità del disegno, il campanile.

I Bagni arabi

Paesaggio in Catalogna

Paesaggio in Catalogna

Il nome va accettato con beneficio di inventario, trattandosi di una costruzione (XI – XIII secolo) più ispirata alle terme romane che ai bagni progettati nell’Islam. Notevole -vale la visita- il Frigidarium, destinato alle abluzioni con acqua fredda (in due locali adiacenti i bagni ‘caldi’) con una grezza volta ‘ad anello’ e una cupola sovrastante esili colonne.

San Nicolau

La chiesa, XII secolo, puro romanico–lombardo -uno dei più noti costruttori di chiese romaniche fu Mestre (Maestro) Ramòn Llombard, facile riconoscere le sue origini- è a navata unica e presenta (unico esempio in Catalogna) tre absidi trilobati e un ciborio ottagonale sostenuto da volte di forma semiconica. Un piccolo gioiello.

Convento di San Domenec

Chiesa e chiostro -tra i primi luoghi di culto domenicani in Catalogna (1252)- costituiscono una importante testimonianza del passaggio dal romanico al gotico. La navata unica (più di 13 metri) precede quella della vicina cattedrale. Arcate trilobate e capitelli ornati con motivi floreali stilizzati nel chiostro gotico.

Le case sull’Onyar

Costruite alla fine del medioevo a ridosso delle mura, le case multicolori, di vario architettura e costruzione ma tutte perfettamente presentate, alcune dipinte con forti tonalità, altre con tinte più riposanti, costituiscono un’attrazione assolutamente unica. Una sosta su uno dei ponti sull’Onyar è davvero obbligatoria.