A’ Paris…. Place Pigalle? Meglio il Cimitero (il Père Lachaise, nella foto della hp)!

Era tanto che non andavo a Parigi. Due i motivi. Un bel giorno mi colpì (e ne sono tuttora felice) un “virus iberico” che, costringendomi a gustare e ammirare il più possibile della Spagna, ridusse i miei panorami francesi alla strada da Mentone a Perpignan (Barcelona). Eppoi stavano cambiando i tempi e le mode e nonostante i teatrali appelli del Gèneral De Gaulle la gallica Grandeur cominciava a rimpicciolirsi.

Dalla “due Cavalli” alle mitiche “banane” di Josephine
Alcuni esempi? Fino a metà anni ’50 nelle scuole del Belpaese la prima lingua straniera era il francese, vangelo della cucina i menu di Escoffier, noi giovinastri si andava con la “Citroen Due Cavalli/Deux Chevauxen argot Bagnole” sulla Cote d’Azur à chercher la femme. E nella precedente generazione i nostri padri avevano viaggiato in treno a Parigi, patetica mèta Josephine Baker danzante in mutandine bananate sottostanti il mitico nonchè nudo seno che per mesi sarebbe stato oggetto di commenti e sospiri nei caffè della provincia italiana (breve inciso, che strano razzismo e senso del pudore, esisteva a quei tempi “coloniali”: tette bianche no, quelle nere invece sì, di cui alle zinne al vento di Faccetta Nera!).
Amico spagnolo per “scoperte” francesi

tomba lla Granduer francese....

tomba lla Granduer francese….

Ma eccomi nuovamente nella Ville Lumière (a proposito di luci, che bello se un tecnico parigino facesse un salto a Milano ad aumentare di qualche candela la fioca illuminazione cittadina). Oltretutto senza far le corna alla Spagna dormendo nella non amata terra dei Gabachos (termine un filino spregiativo usato dalle genti ispanico-pirenaiche per indicare i franzosi). Ospite di Ignacio Vasallo, console nonché direttore della parigina Oficina spagnola del Turismo, secondo una libera interpretazione delle norme del Diritto Internazionale potrei infatti affermare di dimorare “nel mio Paese”. Parigi o cara, e non solo per fare il verso alla Traviata (perchè se si parla di soldi ti conviene accendere un mutuo prima di ordinare un Pastis – il più popolare anice bevuto in Francia – non parliamo poi in un Cafè del sciccoso XVI° arondissement che mi vede ospitato).

Andar per Cimiteri

Ma cosa andare a vedere (solitamente gli amori rappattumati e le minestre riscaldate generano pochi entusiasmi, ma se si parla di turismo a volta si torna volentieri nei posti già visti)? Meglio però cedere al buon senso e andare a scoprire qualcosa di nuovo. Ad esempio il cimitero Père-Lachaise. Uno storico posto, arcinoto però non programmato nei sightseeing tours di Parigi, col risultato che di quasi colti viaggiatori individuali ne trovi molti e invece latitano quei gruppi turistici cosiddetti ‘precostituiti’. E’ però anche vero che non è facile convincere un turista a visitare un cimitero, sempre che non si tratti di un posto un pochino ‘meno cimitero’: è il caso di Arlington a Washington, ci vai perché è più un ‘memorial’; nel Messico icementerios sono allegramente più variopinti di un festival dei tulipani in Olanda; nei cimiteri della Gran Bretagna, invece, più che di tombe si tratta di vecchie lapidi eppoi c’è tanto verde. E se si parla dell’abbinamento Viaggi & Camposanti giunga una lode al turismo made in Italy, che – unico nel mondo – può vantare ben due “giri della città” con stop e visita cimiteriale (a Genova Staglieno, a Milano il Monumentale).
Il Père-Lachaise è davvero “enciclopedico”
Quanto al Père-Lachaise già non intristisce, anzi rallegra, il nome del boulevard della porta di ingresso: Menilmontant (più affettuosamente Menilmuche), borgo assorbito dalla Ville Lumière solo a metà ‘800 e titolo di una delle più tipiche canzoni “parigine” (“Menilmontant, mais oui madame…” e chi poteva cantarla se non Charles Trenet?). E passeggiando tra edicole, cappelle e lapidi funerarie, non provi tristezza, impegnato come sei a ricordare chi c’è (o c’era, a fine ‘800 le spoglie del bon vivant Rossini furono trasferite alla fiorentina Santa Croce) e a collocarlo nel tempo aiutato da quanto leggi su lapidi e bronzi. Perché il cimitero Père-Lachaise è una sorta di “funereo museo” o se si preferisce di “enciclopedìa funeraria” storica, artistica, politica, mondana a cielo aperto.
Ultima dimora per Celebrità

Curiosa, poi, la storia di questa Spoon River di Vip parigini e non, risalente al Re Sole, o meglio al confessore di Louis XIV, Père François de la Chaise (1624–1709) che visse nella residenza dei Gesuiti ubicata laddove adesso si va alla ricerca delle tombe di Yves Montand (in ovvia compagnia di Simone Signoret), Oscar Wilde, Edith Piaf (poco lontano quella di Amedeo Modigliani, perché, vivaddio, il cimitero è multireligioso, come non poteva non essere un’opera pubblica creata -1804 – nella laica Francia di Napoleone). Le tombe che più mi hanno invitato a meditare? Quelle di: La Fontaine (belle storielle di animali perchè aveva capito tutto dell’uomo); di Chopin (e comprendi quanto inorgoglisca l’appartenenza a un vero popolo, tanti i fiori e i ricordi di polacchi); Colette (infinita, semplice eleganza dei marmi). Lascio il Père-Lachaise, ma sosto a Menilmontant offrendomi un meno costoso Pastis in un bistrot (il lettore conosce già l’origine di questo nome cosacco quindi non sto lì a dottorare) meno chic di quelli del XVI° dopodichè torno alla Parigi già nota.
L’altra Parigi, tra vecchio e nuovo
Non mi dilungo nelle pedisseque descrizioni del dejà vu rivisitato, bastano due telegrafici commentini (e una ‘dritta’ su dove mangiare decorosamente).
La statua di Giovanna d’Arco e il (magnifico) ponte Alessandro III continuano a essere assai ben pittati d’oro à gogò. – Quanto alla Tour Eiffel mannaggia ‘sto turismo di massa. – E quanto a mangiare: ‘Au Pied de Cochon’ come temevo ormai se la tira (bei tempi quando notturnamente sfamava i popolani travailleurs des Halles); la ‘Coupole’ almeno lei non ha svaccato (barman affabile mentre serve, bene, il Pastis ); resta com’è, da più di cent’anni, evviva, il Bouillon Chartier (la table culte de paris) al 7 di Rue du Faubourg Montmartre (nato per dar da mangiare a prezzi modici heuresement continua).
Ay ay ay, invece, Place Pigalle: fatto salvo (almeno una icona si salva sempre) il Moulin Rouge, il resto è solo Fast Food e Sexy Shops. Meno male che Toulouse-Lautrec è morto ma stranamente non riposa al Père Lachaise: peccato, gli avrei esternato i miei rimpianti.