Tra castelli, arte, vini, storia, lungo le rive della maestosa Saona
GPB ”El Maestro” per www.mondointasca.org del 01/10/08 – nella foto di copertina: la Saone
A Macon, città natale di Alphonse Marie Louis de Prat de Lamartine, lambita dal fiume Saona, la qualità della vita è buona. Per i viaggiatori di passaggio una sosta è quasi d’obbligo in questo territorio della Borgogna
Ma quant’è grande, questa Saona? A leggerne i connotati si pensa a un fiume di media grandezza, senza molte pretese: portata media 473 m/s, nasce nei Vosgi, dopo 480 km sfocia nel Rodano a Lione. E invece l’ampiezza delle sue dimensioni, ma soprattutto una maestosità che esula da dati e misurazioni, sorprende e colpisce. La visita a Macon, amena località nell’ultimo lembo di quella Borgogna (terra dei Burgundi, capitale Dijon) il cui ducato rappresentò nel medioevo una importante componente del nascente regno di Francia, è piacevole e intrigante.
Città dalle giuste dimensioni, circa 35.000 abitanti, Macon (punto di passaggio quasi obbligato per chi viaggia nella Francia centro orientale, tra Parigi e il Mediterraneo, la Svizzera e la Loira) dispone di tutte le ‘chances’ necessarie per garantire un sereno stop al viaggiatore e una buona qualità della vita a chi vi abita.
Palazzi storici e antiche case lungo la Saona
Come ovvio, la vita ferve e si gusta lungo la riva sinistra della sullodata Saona. Quanto alla riva destra, l’antistante Saint Laurent – collegata alla città borgognona dall’omonimo ponte – appartiene al dipartimento dell’Ain, Rodano Alpi, un territorio annesso al regno di Francia soltanto nel 1601 (da cui l’importanza di Macon come avamposto di frontiera).
Città natale di Alphonse Marie Louis de Prat de Lamartine, poeta, scrittore, storico e politico vissuto nel periodo storico intercorrente tra il I e il III dei Napoleoni, Macon non poteva esimersi dal dedicargli l’animato ‘quai’, da una parte moderne installazioni portuali (oltre che maestosa la Saona è anche navigabile) dall’altra palazzi storici, case antiche, caffè, brassèries, boutiques.
Per sapere (quasi) tutto su Macon non occorre investire molto tempo. Percorsi pochi passi dal citato, storico ponte, dell’antica cattedrale, la Vieux Saint Vincent, si ammirano soltanto due torri ottagonali (a tirare giù il resto, risalente al VI secolo, pensò l’anticlericale Rivoluzione di Marat, Danton e Robespierre). Poco distante una curiosa Maison de Bois attira per i decorati cornicioni (figure grottesche). Meglio una visita al Museo Lamartine (buon stile Reggenza) e al Museo nell’antico convento delle Orsoline.
Vigneti, villaggi e castelli medievali
Maestosità della Saona a parte, l’appeal di Macon risiede soprattutto nei suoi dintorni, il Maconnais, un territorio collinare sulla sinistra della strada che conduce a Tournus, in una sinfonia di paesaggi bucolici, vigne e villaggi, nobili manieri di campagna e possenti castelli medioevali. Fiore all’occhiello di un tour del Maconnais, Cluny costituisce una preziosità ancor più apprezzata perché raggiunta da una strada (poco più di 20 km) di grande bellezza. Dopo filari di vite e verdeggianti praterie, ristoranti, le bianche vacche della locale, vantata non meno che superpregiata razza Charolais, stop al Chateau di Berzè le Chatel, mica la solita fortezza bensì un signor baluardo difensivo del sudest della Borgogna. ‘Castrum’ nel X secolo, prima di diventare inespugnabile castello, fu oggetto del desiderio od obbiettivo di architettura militare da parte di preclari re francesi, leggasi Luigi XI ed Enrico IV.
Ammirati anche i giardini terrazzati di Berzè le Chatel (e beninteso percorrendo la strada ‘panoramique’ per Cluny, tristezza nel notare sfuggenti veicoli che si superano invano sulla quasi parallela superstrada) si va a Cluny non senza arrestare l’auto a Berzè la Ville. Motivo? Nella romanica Chapelle des Moines si ammirano ‘murales’ dell’XI (o XII, ben poco importa) secolo che la Rivoluzione cancellò nell’abbazia cluniacense.
Cluny, la “Luce del Mondo”, profanata e saccheggiata
Quanto a Cluny, il viaggiatore non si aspetti di ammirare eccessive vestigia di quello che fu il più grande tempio della cristianità (e sommo faro culturale – la Luce del Mondo, riconobbe il papa all’abate Ugo – della nascente cultura religiosa, artistica e letteraria dell’Occidente).
Si fa riferimento alla antica Abbazia benedettina che già verso il 1000, non paga di ospitare fino a 450 monaci, inviava a Roma sommi pontefici (Silvestro II e Urbano II). Dopo una decadenza iniziata nel ‘500 a causa della progressiva ingerenza dei re della Francia unificata, Cluny ricevette il colpo di grazia (meglio dire profanazione e saccheggio) dai soliti Rivoluzionari, sempre loro, Marat, Danton e Robespierre (d’altro canto Libertè Egalitè e Fraternitè mica si conquistano gratis, un prezzo andava pure pagato). Ciò premesso, a fronte di scarni resti della Grandeur cluniacense (ma l’Eau Bènite, l’ottagonale campanile della basilica di Saint Pierre et Saint Paul vale da solo la visita), l’’ensemble’ architettonico e storico di Cluny sorprende chi prevedeva soltanto una full immersion nell’architettura religiosa medioevale (o in ciò che restava del borgo monastico).
Haras, voluto da Napoleone all’ombra dell’Abbazia
Oltre a quanto costruito dell’Abbazia nel XVIII secolo, a bastioni, porte e torri (curiosa quella dei Formaggi), ben preservate, si aggiungono il settecentesco Hotel Dieu, il museo di Arte e Tecnologia. Per non parlare, piacevole sorpresa per lo sprovveduto turista non aficionado alle vicende equine, dell’Haras, un possente Centro Nazionale del Cavallo (voluto da Napoleone per le conquiste imperiali della Armèe) tra eleganti edifici e monumentali scuderie all’ombra del bel, già citato campanile dell’Abbazia.
A tavola con il novello Beaujolais
Ma oltre all’occhio anche il palato vuole la sua parte. Nel senso che tante generose visioni di vigneti e di non solo lattiferi armenti Charolais invitano alla tavola. Siamo o non siamo nel Beaujolais? E allora diviene un Must, un obbligo (starà poi all’utente visitatore decidere se proseguire i sopralluoghi dai piccoli produttori, a volte più attenti al dettaglio) un salto a Romaniche Thorins. Lì la Duboef, massima cantina di questo lembo del sud Borgogna, propone una visita a Le Hameau –Borgo – du Vin (poiché Grandeur Oblige, è tollerato financo chi -leggasi lo scrivano- non è totalmente d’accordo sul sistema di vinificazione del tanto decantato Nouveau).
Per chi non considera Vino solo quello rigorosamente Rosso (antan dicevasi Nero) e i ‘ciucatè’ ai quali basta bere, ecco – a un tiro di schioppo da Macon – Bianchi a gogò a Pouilly, tra i più èclatanti, il Fuissè. Un Blanc, il Pouilly, grande nemico del divino Chablis.
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