Splendida città medioevale Patrimonio dell’Umanità…….

gpb per ”Europa, Città da Scoprire” Edizioni TCI

extrem - caceres 15Caceres, è la capitale di una delle due province (l’altra è Badajoz) della Comunidad Autonomadell’Extremadura (nella Spagna sudoccidentale, attraversata dalla strada Madrid – Lisbona). Con tutto il rispetto per la cultura geografica del prossimo, non è azzardato pensare che, anche per gran parte dei nostri turisti che hanno già visitato la Spagna, non solo la città ma anche la stessa regione siano sinonimo di Carneade, di posto misterioso. In effetti il turismo nostrano ha esagerato un filino e tuttora non demorde (ma qualcosa sta cambiando) nel circoscrivere la Spagna a Lloret de Mar, Torremolinos, Barcellona e (dopo che qualcuno si è stufato dei soliti bagni sulla costa mediterranea) Madrid.

Male: perché non conoscere le bellezze di madrenatura elargite dall’Estremadura e le meraviglie della Storia e dell’architettura offerte da Caceres, è davvero un peccato.

La regione (capitale Mèrida), salvo qualche landa sperduta nel nordest del Vecchio Continente, costituisce l’unico e ultimo polmone sano di un’Europa tossicchiante, alle prese con la precaria respirazione creata da smog, polveri sottili, inquinamenti. Ormai abituati alle nebbie malefiche e agli stop delle auto, non ci rendiamo conto che a un paio di ore d’auto da Madrid si entra in verdissimi panorami bucolici, mari di querce, ondeggianti colline trapuntate di sugheri e pini, abitate dal toro bravo delle ganaderìas (allevamenti) e dal cerdo (maiale) ibericopropiziante l’eccellente non meno che costoso jamòn (prosciutto) de pata negra (zampa, appunto del maiale iberico) de bellota (nutrito con ghiandae). Dove trovare, ormai, l’aquila imperiale, la cicogna negra, la lince iberica, l’avvoltoio, i cervi, la capra montesa, se non inEstremadura?

Tra tanto verde e aria pura, ma anche belle località storiche e soprattutto una città-museo, che più Patrimonio dell’Umanità (dal 1986) non si può: Caceres. Nel descriverla occorre restringere al massimo i commenti, le chiose, gli elogi, tanto è lo spazio che occorre per una elencazione notarile e obbligatoriamente sommaria dei suoi tanti monumenti.

In Extremadura tutto è storia....

In Extremadura tutto è storia….

La Storia di Caceres è lunga e curiosa perché ha un inizio (nel paleolitico superiore, 30.000 anni fa, l’età delle pitture rupestri rinvenute nella Cueva de Maltravieso nei dintorni della città) ma anche –e ciò è abbastanza singolare- una fine. Per fine si intende un lungo torpore, una decisa perdita di importanza iniziata alla fine del ‘600, quando cominciò a diradarsi il flusso delle ricchezze portate dall’America dai Conquistadores.In grande parte extremeños (dell’Estremadura) gli Hidalgos (figli di nobili decaduti, spiantati cavalieri che dopo aver cacciato i Moros si ritrovarono disoccupati) partirono verso l’avventura alla ricerca dell’Eldorado. Fin quando le miniere de las Indias fornirono oro e argento le loro città videro nascere palazzi e cattedrali (interessante, nella regione, una Ruta de los Conquistadores). Quando la pacchia finì, cominciò la crisi e un lungo oblìo dal quale Caceres sta ultimamente risvegliandosi con la meccanizzazione dell’agricoltura e l’apertura dell’università. Nell’intervallo tra le vicende dell’uomo paleolitico e l’impoverimento dei Conquistadores, a Caceres si erano insediati i Celtiberi, sull’altura dell’attuale città vecchia era nata la romana Castra Servilia e sulle sue rovine Lucio Cornelio Balbo fondava Norba Cesarina nel 25 A.C. (poco distante già esisteva, dal 78 A.C. l’accampamento di Castra Cecilia, attuale Caceres El Viejo). Caduto l’impero romano Caceres risentì delle lotte intestine tra i Visigoti Leovigildo ed Ermenegildo godendo invece un certo benessere sotto la dominazione araba (VIII secolo, la città fu ribattezzata Hizn Qazris) degli Almoravidi e degli Almohadi (che nel XII costruirono le mura tuttora ammirate dalla Plaza Mayor). Nel 1229 Alfonso IX de Leòn, occupando definitivamente Caceres, compie un altro passo della Reconquista combattuta dagli ascendenti dei già citatiHidalgos partiti alla ricerca di quell’oro che valeva un Perù (per gli italiani, mentre gli spagnoli dicono vale un Potosì).

VISITA

Plaza Mayor

Nella terra del Pata Negra....

Nella terra del Pata Negra….

Già nel XIII secolo, alla conquista di Caceres da parte delle truppe cristiane, la piazza era utilizzata come recinto per la fiera dell’artigianato e per le riunioni del Consiglio cittadino. I portici sono del XVI secolo con archi su colonne, le Mura Almohadi del XII secolodelimitano la parte orientale (nella torre del Bujaco, secondo la leggenda, 40 cavalieri cristiani furono sgozzati dalle milizie arabe agli ordini di Abu Jacob). Sulla piazza, l’Ayuntamiento (Municipio) edificio del XIX secolo.

Arco de la Estrella

Fu costruito nel XVIII secolo sul luogo occupato dal XV secolo dalla Torre Nueva. Il disegno è opera di Manuel Lara de Churriguera, uno dei più importanti Maestros del barocco. Di fianco, su una strada rievocante tempi medioevali, la Torre de los Pulpitos o Torre Nueva.

Casa de los Toledo Moctezuma

Il palazzo, databile tra il XVI e il XVII secolo, ora sede (con la vicina Torre de los Espaderos) dell’Archivio Storico Provinciale, prende il nome dall’unione tra un Conquistador di Caceres e la figlia dell’imperatore azteco Montezuna II. Nell’interno bei fregi pittorici, in uno strano insieme di effigi di personaggi della romanità e del popolo azteco.

Palacio de Mayoralgo

Costruito tra il XIV e il XV secolo presenta una bella ed elegante facciata del XVI secolo, con finestre bifore e un sontuoso scudo della famiglia Mayoralgo. All’interno, molto interessante, il patio con archi archi a sesto acuto in mattoni, tipico di una casa solariega (visite non ammesse).

Chiesa di Santiago

Il gotico-rinascimentale del XVI secolo mette in secondo piano alcuni particolari del romanico di transizione. Nell’interno, a una navata, diviso da una cancellata, la volta disegnata da Rodrigo Gil de Hontañon e sull’altare maggiore un bellissimo Retablo di Alonso de Berruguete (1558). Nella cappella Mayor un sarcofago plateresco e una statua policroma del Cristo de los Milagros (metà del ‘400).

Casa de Carvajal

Palazzo del XV e XVI secolo, mostra sulla facciata lo scudo della storica famiglia Carvajal, famosa per aver citato re Fernando IV davanti al Tribunale di Dio per la morte di due suoi componenti. Bello il cortile rinascimentale, ospitante, notevole curiosità, un fico millenario. A ridosso del palazzo una torre araba del XII secolo.

Palacio de Godoy

Costruito nella seconda metà del XVI secolo, fu casa del Conquistador Francisco de Godoy, a lungo impegnato impegnato in Cile e Perù in lotte intestine con le fazioni di Almagro e Pizarro. A rendere bella la costruzione basta il balcone d’angolo in stile manierista, uno dei più belli di Caceres.

Concatedral de Santa Maria

Databile a metà del XV secolo (sui resti di un tempio del XIII), in un marcato gotico sui frontespizi e all’interno (tre navate con volte a crociera), contiene non poche opere interessanti. La porta di ingresso alla sacrestia costituisce un bell’esempio del Plateresco Extremeño, belli molti Retablos barocchi nelle cappelle, magnifico quello dell’altare maggiore con stalli platereschi intagliati da Roque Balduque e Gulliè Ferrant. In una cappella laterale, curiosità, il Cristo de los Blaquez o Cristo Nero, una bella statua che –secondo la leggenda- uccideva chi si fosse azzardato a guardarla o a toccarla con le mani (oggidì i membri della Cofradìa la portano in processione a Pasqua indossando i guanti e un cappuccio).

Palacio de los Golfines de Abajo

Riceve il nome dalla famiglia che fu sepolta all’interno. La facciata, in eccellente stile Plateresco (il più importante esempio in città) è arricchita anche da notevoli esempi di gotico del XVI secolo. Vi furono ospitati i Re Cattolici. Nella Sala dei Linajes (Lignaggi, stirpi) sono elencate le differenti famiglie che si unirono con i Golfines.

Plaza e Casa de las Veletas

Una ‘plaza’ molto importante perché ospita due palazzi di grande bellezza e tradizione. La Casa de las Cigueñas (cicogne) vanta l’unica torre di Caceres (1476) cui fu concesso di conservare i merli, privilegio accordato dai Re Cattolici alla famiglia di Diego de Ovando o de Caceres, che sostenne Isabella la Cattolica nella guerra di successione contro la Beltraneja. La Casa de las Veletas (i pinnacoli, che fanno da corona alla sommità dell’edificio) o Casa Palacio del Aljibe (cisterna) fu costruita alla fine del XV secolo (la facciata è molto più recente) da Diego Gomez de Torres sui resti dell’Alcàzar (fortezza) almohade. Eccellente lo stato di conservazione della cisterna araba (XII secolo) nei sotterranei abbelliti da archi e colonne. Il palazzo ospita il ricco Museo provinciale con reperti di archeologìa iberica e romana.

Casa de Caceres-Andrade

Da Caceres a Merida

Da Caceres a Merida

Conosciuta anche come Casa del Mono (scimmia), risale al XV secolo e va visitata all’interno per il patio gotico e la bella scala con la statua di una scimmia (da cui il nome popolare). Fu museo delle Belle Arti, attualmente ospita la biblioteca di un Maestro della Real Accademia de la Lengua.

Plaza de San Jorge

Dedicata a san Giorgio, patrono della città perché conquistata da Alfonso IX nel 1229 alla vigilia del giorno dedicato al santo. La chiesa di San Francisco Javier (o de la Compañia de Jesùs) e la residenza dei Gesuiti, entrambe costruite nel XVIII secolo dalla Compagnia di Gesù, contrastano con lo stile rinascimentale degli edifici circostanti.

Calle Ancha

Congiunge la Plaza de San Mateo con la Puerta de Mèrida e va percorsa per la bellezze e la storia degli edifici che la delimitano, notevoli soprattutto le facciate con scudi nobiliari: dei Carvajal e degli Ulloa, degli Ulloa-Golfin, della Castillejo. Nella parte bassa, la casa-fortezza dei Paredes-Saavedra, di fronte quella dei Marqueses de Torreorgaz (torre del XVI secolo) oggi Parador de Turismo. Prima di terminare nella Plazuela de Santa Clara (convento del XVI secolo), la Calle propone la bella Casa dei Sanchez Paredes.

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2 SANTA MARTA DE LOS BARROS, IN EXTREMADURA…

Laddove un cronista viaggiatorio ‘di (grande) città’ si ritrova piacevolmente nella realtà di una cittadina della bucolica Extremadura, semplicità di vita e tutti amici … che bello…
gpb per mondointasca.org del 17/5/2012

Curiosa (e fantasiosa) "insegna" dell'albergo Kika di Santa Marta

Curiosa (e fantasiosa) “insegna” dell’albergo Kika di Santa Marta

Estremadura. Qui la ‘intrahistoria’ è maestra di vita
Cosa pretendere di più da un ‘contatto’ (entusiasmante) e da una condivisione (interessante) delle piccole-grandi ricchezze di un borgo del sud della Spagna? In Estremadura, a Santa Marta de Los Barros tutto questo è possibile

Nutro molta aficiòn per Miguel de Unamuno, poeta, filosofo, scrittore, drammaturgo e politico, per due motivi. In primo luogo per il coraggio dimostrato il 12 ottobre 1936 nel Paraninfo dell’università di Salamanca di cui era rettore. Ripetutamente interrotto mentre criticava l’eccessiva glorificazione della morte da parte dei franchisti presenti, il letterato basco pronunciò il noto, provocatorio (non meno che rischioso) anatema “Vincerete ma non convincerete” (dopodiché si beccò l’ennesimo “Viva la Muerte” dal generale Millàn-Astray, fondatore della Falange Española).

La grande storia minore di Miguel de Unamuno
Miguel Unamuno inventò e rese importante la Intrahistoria, leggasi la storia minore, quella interpretata dall’umile e anonima gente che nelle umane vicende ricoprì ruoli secondari quando non fu sconosciuto comprimario (senza loro, però, non studieremmo la Storia con la S maiuscola). Non nego l’audacia ‘pindarica’ che compio volando dalla Intrahistoria alla descrizione di Santa Marta de los Barros, campagnola cittadina nella provincia di Badajoz (che con quella di Caceres compone l’Extremadura, verdissima comunidad spagnola più grande della Svizzera). Ma audace non sono, perché, come è giusto che la Storia non dimentichi anonimi personaggi, parimenti, chi viaggia e racconta dovrebbe, almeno una tantum, dedicare qualche rigo a posti e località minori. Mica si può vivere descrivendo soltanto New York, Londra e Tokyo.

Ricchezza ‘umana’ dei centri (cosiddetti) minori
Eccomi dunque a Santa Marta, invitato – in quanto ‘periodista’ ritenuto, ahiloro, non solo aficionado ma pure al corrente di turismo e gastronomia – a soggiornarvi un paio di giorni durante una delle mie periodiche gite nella a me cara Extremadura. Invito accolto con entusiasmo, ma non per le sbafate seriali (a parte i problemi di coscienza, come i vecchi pugili faccio fatica a ‘fare il peso’ e nel contempo mica posso rinunciare al “Pata Negra” o a una “Carrillera al vino de la Tierra de Barros”).

Franzia o Spagna purchè se magna... (Jamòn de Extremadura)

Franzia o Spagna purchè se magna… (Jamòn de Extremadura)

L’entusiasmo scaturisce invece dalla piacevole constatazione che più invecchio e più amo la gente semplice e genuina. Che incontro prevalentemente nei piccoli centri, in quello che un tempo si chiamava il contado, mica nelle metropoli. Non ne posso più dei soliti blablabla della solita Gente (più o meno) Bene della Milano (un tempo) da Bere (adesso inscemita dalle Happy Hour); ormai ascolto solo aria fritta e pure noiosa. E si dà anche il caso che a Santa Marta abbia pure imparato cose nuove e non banali (oltre a conoscere gente e posti che potrebbero interessare chi viaggiasse questo angolo di Extremadura, a due passi dal Portogallo e dalle ‘romane’ Merida e Via o Ruta de la Plata).

Star Tivù tra amici e buona tavola
E passo alla cronaca. Giunto all’hotel Kika (tanto semplice quanto efficiente, Wifi gratuito in camera alla faccia di tanti hotels nostrani che non l’hanno o se l’hanno te lo fanno pagare) è già lì ad attendermi l’alcalde-sindaco Jorge Vazquez Mejias. Il tempo per una Caña-birretta e inizia una mia Full Immersion Santamartiana gestita congiuntamente dal solerte primo cittadino e da Maria Catena, grande aficionadaall’Italia ma soprattutto eccellente esperta di viaggi (e ci credo, è stata per anni dirigente del Turismo Extremeño a Merida, capitale della Comunidad). E si va a cena, beninteso a due passi, perché Santa Marta conta solo 5000 abitanti, ciò nonostante possiede pure una sua televisione di cui son divenuto Star al termine di una intrigante intervista. Ripresomi dallo choc causatomi dall’entusiastico benvenuto dei proprietari, al ristorante “Talega” (sono quei sacchetti di tela in cui nelle case contadine si custodiva il pane; bel nome) sono piacevolmente aggredito da sapori semplici quanto eccelsi (ay ay quel Lomo de Bacalao con Cominos y Espinacas).

Santa Marta e il Museo Geologico

(Durissimi) tempi che furono, ma non lontanissimi....

(Durissimi) tempi che furono, ma non lontanissimi….

Al lettore preoccupato per i succitati eccessi sibaritici mi affretto comunque a precisare che il neoamicoAlcalde mi ha anche mostrato la antica chiesa parrocchiale e una Ermita di buona fattura, dopodiché Maria mi ha preso in consegna conducendomi al Museo Geologico y Minero. Una istituzione culturale che non avrei pensato di trovare, viste le dimensioni di Santa Marta (già dotata della sullodata tivù). Ma c’è una spiegazione a tutto, perché vengo informato che in questa terra prosperarono molte miniere e in zona è presente il rarissimo Vanadio. Ma Los Barros (argilla, fango) è soprattutto un territorio vocato all’agricoltura eppertanto nella sezione Etnografica del piccolo ma valido museo ammiro strumenti, attrezzi, memorabilia, foto dell’antica società contadina (in Extremadura quanta fame soffrì l’umile gente!).

Churro, Caldereta e Vino. Questa è vita!
Quanto mai piacevole, la mia Full Immersion a Santa Marta ha goduto tre ulteriori chicche che ho voluto riservare al Galop Finale di queste noterelle. Al mattino, invece del nostrano, squalliduccio “cappuccio con brioche” (incellophanata nove mesi prima al Mulino Bianco) secondo tradizione vengo condotto da Jorge Vazquez al rito del Churro, prima colazione dei campesinos spagnoli (ma fortunatamente qualche locale dedicato alla bisogna lo trovi ancora, seppur a fatica, a Madrid e Barcelona). Dopodiché, pappata ‘sta umile pastella di farina che s’indora friggendo, procediamo verso una Festa di Primavera allestita per la Terza Età (quanti – per me – sbarbati, incontro) dal comune di Santa Marta tra tavoli e cucina all’ombra di un bel bosco. Mentre degusto una saporita caldereta, mi godo la vista di tanta gente che si conosce (nella mia metropoli, dopo circa vent’anni di incontri sull’ascensore mica ancora lo saluto il mio vicino di pianerottolo).
Gradito ospite alle Bodegas-Cantine Santa Marta, Cata (assaggio) di un profumato olio, eppoi due chiacchiere sul loro vino, previo accurato esame. Mi complimento con Maria Gracia Gomez Arrabal, direttrice vendite, e le chiedo se prevede di esportare qualche bottiglia nel Belpaese. “Bottiglie no, perché renderebbero poco”, mi fa la manager “in Italia inviamo invece enormi quantità di vino in cisterne” (che diventerà poi quel nettare Italy doc che vedrò sciovinisticamente lodato negli spot tivù). A Santa Marta de los Barros, Extremadura (e viva la Intrahistoria).