EXPO’ 2015 …. ACCADDE DURANTE …. Episodi 1 2 3
Magnatina abruzzese….. Magnatina Slovena…. Marino giù le mani da Palazzo Marino…
nella foto di copertina: Milano, Cerimonia delle Balle del Toro in Galleria
1 MAGNATINA ABRUZZESE, MEGLIO A BRERA CHE ALL’EXPO ….
Sapevo di una Ambasciata d’Abruzzo, alias un ristorante in Roma dal menu ovviamente lardellato di specialità gastronomiche di una regione che nel Belpaese (e credo viepiù all’estero) è meno nota, e quindi visitata, del dovuto. Le ragioni? Mah, vai a sapere, forse “è colpa” della vicinanza di Roma doma, che si mangia il maggior boccone del turisti in visita nell’Italia centrale, oppure gli abruzzesi sono tanto schivi quanto modesti, nel senso che non se la tirano, o infine, e più probabilmente, si tratta soltanto di mia ignoranza delle vicende turistiche di quella regione. In effetti, ebbene lo confesso, la mia conoscenza dell’Abruzzo si circoscriveva alla strada litorale adriatica che tante volte percorsi in auto, diretto verso la a me cara Puglia (non senza, però, “approfondire” il mio know how abruzzese – ma forse si trattava di poca cosa – mediante uno stop in un ristorante di Vasto specializzato nel brodetto).
E adesso non vado a scoprire che pure a Milano c’è (ancorchè provvisoria, per la durata dell’Expo, ma vai a sapere, in Italia non c’è niente più definitivo del provvisorio …) una Ambasciata d’Abruzzo, oltretutto ubicata nell’ormai prestigiosissimo quartiere di Brera? E nel precisare che non si tratta di un ristorante aggiungo però che durante la mia visita ho degustato mangiari a me (scandalosamente, non meno che colpevolmente, ovvia colpa mia) sconosciuti. È’ infatti accaduto che, nel presentare agli scrivani di viaggi la loro regione, gli addetti alla promozione turistica hanno pensato bene di far conoscere alcuni sapori della loro terra ammanniti da cuoco & cuoca di un valente agriturismo. E fu così che ho scoperto delizie palatali che (almeno per un modesto aficionado alla cucina, quale mi ritengo) valgono il viaggio (nella terra del Vate Gabriele Rapagnetta, più noto come D’Annunzio, che Primo Levi giustamente definì forte e gentile )..
Tra tanto sfizio, dicevo, ho scoperto: il Fiadone, una sorta di saporitissima torta salata la cui semplice ricetta ( rimando al solito google) ti fa pensare se valgono la pena (e non mi riferisco al loro costo e al portafoglio di chi le inventa) certe complicate elaborazioni – con blablabla e relativi ohhh dei degustatori – della moderna cucina novella.
Dopodichè lo scrivente (quanto mai appassionato al cacio, da caglio) ha poi degustato un signor Caciocavallo (!), prodotto sotto la Maiella, mi spiega Enzo Giammarino che a Lanciano progetta servizi turistici per chi vuol visitare l’Abruzzo. E i punti esclamativi diventano 3 quando assaggio il Pecorino di Farindola (!!! appunto).
E sulla costa dell’Abruzzo ci sarebbero anche i Trabocchi o Trabucchi (quelle strutture pescherecce che in Romagna chiamansi Capanni) costì dotate pure di ristorante che tu cuoce ipso facto il pesce tirato su con la bilancia (o travocco).
Abruzzo, forte e gentile, e da vedere.
P.S. Last but not least (anzi….)… Ho poi gustato polpette (sapore base, formaggio) in densa salsa di pomodoro. Un mangiare da urlo che, anch’esso, “vale in viaggio”, ma stavolta pure a piedi ….
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2 MAGNATINA SLOVENA…. (durante Expò 2015)
Da antico aficionado nerazzurro mi affretto a premettere che la mia passione per la Slovenia non è dovuta alla difesa della (sempre inviolata, almeno lo vorrei e quindi lo spero) porta dell’Inter da parte di Samir Handanovic che non solo è sloveno ma è pure della capitale, Lubiana.
Né scadrei a (si fa per dire) basso livello gastronomico ribadendo le mie simpatie per la Slovenia solo perché colà un ditta, la Natureta, ammannisce semi di senape che uso accompagnare a tante pietanze per maggior godimento del palato.
Ammetto però (io, vecchio ubriacone proclamante che il vino è solo rosso e quelli bianchi non sono che bibite …) che mi sento un po’ sloveno appena posso accostare alle labbra un bel bicchiere dei bianchi Rebula o di Traminer.
Tutto ciò, quanto sopra, è molto, ma per un sedicente scrivano di viaggi & turismo non sarebbe sufficiente per complimentarsi, felicitarsi e festeggiare i successi della recente stagione estiva con Goran (Gran Capo del Turismo Sloveno in Italia, e ne scrivo solo il nome proprio considerandolo ormai un vecio amico, come lo fu il suo predecessore Boris).
Più turisticamente (e meno gastronomicamente o sportivamente) parlando, la Slovenia va visitata (non parliamo poi dal turista italiano (e Goran sta pure brigando per facilitargli il viaggio mediante un servizio ferroviario diretto Lubiana – Mestre). Va visitata perché “ha tutto” e preciso. Città d’arte, ovvio Lubiana, bella Maribor e – almeno per me, vi ho trascorso un paio di piacevoli ore . Novo Mesto. Bei paesaggi pedemontani, laghi compresi, per il riposo visivo del viaggiatore. Monti da sci (e qui, come si usa dire, basta il nome, Tina Maze, grandissima dello sci femminile). Gastronomia, vedi sopra (e non mi riferisco solo a vini e semi di senape….). E infine, parlandosi di viaggi e di beauty del corpo, tante le farms, (pure!) il mare, quel (a me caro) Adriatico il cui sale mi viene donato al termine di un incontro con la Slovenia nel loro ligneo (te pareva, con quelle foreste) padiglione all’Expò.
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3 MARINO SMENTISCE VOGLIE DI DIVENTARE SINDACO DI MILANO (MOTIVATE DA SUE PRETESE DI PROPRIETA’ DELL’OMONIMO PALAZZO SEDE DEL COMUNE ….)….
Invitato a traslocare dal Campidoglio (operazione invero difficile stante il tragico traffico di Roma, il kaos generato dal coming out del prete gay, gli scioperi dei mezzi pubblici e il metrò che esiste solo a parole) nella capitale lombarda temono che l’ex primo cittadino romano, Marino, faccia un pensierino a diventare sindaco di Milano accampando (in sede di dialettica politica) la proprietà dell’omonimo palazzo (quello davanti alla Scala) sede del Comune.
Dopo approfondite e accurate indagini (ancorchè in Lombardia la civile istituzione del Catasto risalga solo ai tempi di S.M. la mai troppo lodata – dai meneghini – imperatrice absburgica Maria Teresa d’Austria che con la sua illuminata politica rese grande Milano) Spigolature di Mondointasca.org è in grado di smentire e smontare le pretese su Palazzo Marino da parte della sullodata vittima di note spese un filino ballerine.
La bella costruzione milanese (a pochi metri dalla Galleria, quella ospitante il mosaico del toro, sulle cui balle – si dice – mena buono affondarvi i tacchi e compiere un giro di 90°) fu infatti voluta dal ricco banchiere genovese Tomaso Marino, che nel 1558 la commissionò all’architetto perugino Galeazzo Alessi (e se l’autore di queste righe ben ricorda e non dice balle, a fine ‘800 palazzo Marino, ormai vetusto, fu in pratica ricostruito e pare che della struttura originale sia rimasta solo la finestra in basso a sinistra di chi ammira).
Ma dimostrata l’insussistenza delle (eventuali) pretese del Marino (di ‘passare’ da sindaco di Roma a sindaco di Milano motivando la proprietà della sede del Comune milanese), la vicenda della costruzione nobiliare intriga perché intrisa di storia e letteratura.
Nel Palazzo Marino nacque infatti Marianna de Leyva (1575 –1650) figlia di Martino de Leyva y de la Cueva – Cabrera (quando mai un nobile spagnolo senza quei 6 o 7 canonici appellativi, e meno male che a quei tempi non usavano i biglietti da visita) e di Virginia Maria Marino. Appunto (ecco chiarito chi è il vero padrone del palazzo) la figlia del già citato banchiere genovese, finito nell’attuale piazza della Scala a fare i danèe con gli spagnoli del Milanesado. Ma se è per questo (senza dover venire a Milano) tutta Genova si arricchì con l’impero “sul quale non tramontava mai il sole…” vedi il caso di Andrea Doria che prestò tanti scudi all’imperatore Carlo V a un tasso, sembra, assai alto (poi dicono degli ebrei, i xènesi …) dopodiché quando al momento di restituire il prestito l’uomo più potente del mondo si ritrovò con problemi di liquidità il banchiere genovese pensò bene di pignorargli l’argenteria.
Ahhh Marianna de Leyva, ma (altro che Carneade) chi era costei (e la domanda metterà in difficoltà chi alla sera sta troppo tempo alla tivù a vedere il Pippo Baudo)? Orbene, si sta parlando della manzoniana Monaca di Monza, proprio quella che alla faccia della segregazione, mica era agli arresti domiciliari, per lungo tempo (1598 – 1608) se la fece (2 figli e aborti vari) con quel baloss del Gian Paolo Osio (per ulteriori info, acquistare i Promessi Sposi).
Qui giunti aggiungo soltanto che il babbo della Monaca Marianna, Martino de Leyva y de la Cueva – Cabrera, conte di Monza (Milano1550 – Valencia 1600) apparteneva a un casato di‘sciur sciur’, padroni, ad esempio, pure di una bella ed elegante magione tuttora visibile a Ozzero, pochi km a sud di Milano dopodichè ritengo ampiamente dimostrato che (salvo un peraltro comune caso di omonimia) l’ex sindaco romano Ignazio Marino nulle pretese può accampare sulla sede del Comune milanese eppertanto resti dov’è (sempre che non tenti di andare a fare il sindaco nella vicina…. Marino, hai visto mai, con quella omonimia ….).
Cos’è mai la storia, pensa tu: da farlocche “spesa di rappresentanza” in un ristorante romano sotto casa della mamma alla meneghina Monaca di Monza (“non c’è proprio più di religione” si diceva antan a Novara….).
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