DiariodiRo 11

17 AGOSTO, giovedì

Disinvolto abbigliamento all’ippodromo di Ferrara (avete presente Ascot?…  tutto il contrario …)

Parmi logico che – anche nei momenti di libertà, nel senso di massimo relax vacanziero – una persona responsabile debba osservare e rispettare gli impegni mondani e sociali corrispondenti al suo rango. Ecco pertanto che durante queste mie ormai tradizionali, quasi storiche, vacanze ferraresi (per la precisione, e come a tutti noto, a Ro) è tradizione, quasi un ‘must’, che mi rechi ad almeno una riunione delle corse al trotto officiate nell’ippodromo di Ferrara. Un happening forse non eccessivamente mondano, nel senso di elegante (giudichi il cortese lettore nel prosieguo di questa chiacchierata) ma per certo meritevole di essere vissuto.

Accade infatti che anche a Ferrara alligni quella passione per le corse compiute dal cavallo in una delle quattro andature (appunto il trotto, eppoi il passo, l’ambio e il galoppo) tipica nel nordest del Belpaese (laddove le corse al galoppo – detto in elegante british, il Turf – sono, invece, meno amate, talchè, tra Romagna – Emilia e Veneto, di ippodromi del trotto ne esistono davvero tanti, e alcuni celebri: Bologna, Padova, Cesena, Trieste, etc etc).

Solo che a Ferrara, più che per tradizioni mondane, goderecce, sportive, economiche (danèe nel senso di scommesse) il trotto è presente per motivi storico – militari. La bella, non meno che storica e molto colta città emiliana ha infatti ospitato la più numerosa quantità di cavalli arruolati (anche per riprodursi in piacevoli monte) nel Regio Esercito Italiano (pertanto dalla seconda metà dell’800 alla fine della 2a Guerra Mondiale). Un periodo storico che si potrebbe definire gli epigoni del cavallo extra vicende ippico – sportive e alimentari (c’è chi ne mangia la carne, eppertanto esiste ancora qualche macelleria di carne equina, non escludendosi oltretutto che le bistecche del perissodattilo arrechino beneficio agli anemici….).
Tra le fine ‘800 e la prima metà del ‘900, si diceva, il cavallo contò ancora qualcosa, anzi parecchio, nelle vicende belliche (la ovvia Cavalleria…. vedi quel Caprilli che cambiò il modo di cavalcare… il grande concittadino del mè amìs Paolo – il lughese Baracca – cominciò in cavalleria e finì in aereo, abbattuto sul Montello…. prima dei camion targati Fiat i cannoni non potevano che essere  ippotrainati… etc etc…). E se proprio si volesse fissare una data sulla fine storica del cavallo nelle italiche vicende belliche, proporrei quella dell’Ultima Carica dei Cavalleggeri Italiani, sciabola sguainata contro cannoni e carri armati russi (mah, perché vabbè il romanticismo che più puro non si può, epperò) nella pianura di Isbuscenskji il 24/8/1942.

Ma dalla steppa ex sovietica si torni a Ferrara, per la precisione alla riunione di trotto alla quale assisto in compagnia del “mostro” Marco Lodi, laddove non voglio assolutamente paragonare il citato amico a quel mostruoso animale dello scozzese bacino d’acqua di Loch Ness che ogni anno appare regolarmente a  Ferragosto quando giornali e tivù son privi di notizie. No. Il Marco Lodi è, più semplicemente ma validamente, una mostruosa fonte di notizie, info, dati e riferimenti. Non parliamo poi dell’ippica (nel senso – torno a dire, siamo nel Belpaese nordorientale – del trotto) laddove è stato proprietario oltre che aficionado massimo, tant’è che ogni tre presenti nell’ormai quasi novantenne ippodromo ferrarese, tra addetti ai lavori e destinati (salvo rari casi) a perdere le scommesse il Marco ne saluta almeno uno (ma mai che mi dia un “cavallo sicuro”).

Xavier in Romagna principiante ai fornelli (dai Burdèl….)

Ma, ahimè, quest’anno nel ‘parterre des rois’ mancano però due vistosissime mignottone (almeno tali mi sembravano, all’apparenza, ancorchè “l’abito non faccia il monaco”…) che l’anno scorso scaldarono non solo il cuore di tanti machospettatori ferraresi, con l’occhio vagamente tra gli sgambanti cavalli e due culi ”da processo” delle sullodate, derivanti da una contestuale collaborazione di Madrenatura e di due Hot Pants davvero ai limiti estremi di decenza e centimetri quadrati. Venivano – se ben ricordo – dall’Est Europa, le due ragassole, so solo che quest’anno hanno latitato (forse hanno scelto ippodromi più chic non meno che danarosi) e a scaldare il mio antico cuore di peccatore – tra una corsa e l’altra – non m’è restato che una matronesca azdora di Cento (abbondanti tette in generoso decolletè ma scarso appeal in quanto semplice contadina). Quanto al resto, per il secondo anno consecutivo, nemmeno quest’anno, appunto, il Marco è stato capace di suggerirmi un vincente. L’anno prossimo, ça sans dire, tornerò, con una doppia speranza: di ricevere dal Marco Lodi la dritta di (almeno) un ”piazzato”, e di rivedere i due già ampiamente sullodati “culi (dell’Est) da processo”.
“Non si vive di solo pane” (ancorchè quello, tipicissimo, ferrarese, “muy rico” e curioso, sia meglio della gnucca rosetta meneghina…).

per mondointasca.org