E furzèin lavouren (Dino Sarti…) … e c’è chi dice che andiamo in giro a divertirci…

E vabbè, “L’uomo è ciò che mangia” (Feuerbach), dopodichè se l’uomo stesse anche un filino attento a ciò che mette sotto i denti ne guadagnerebbe davvero. Ne guadagnerebbe in, ça va sans dire (soprattutto oggidì che prima ti dicono di mangiare l’Olio di Palma poi d’amblè ti dicono di no, che è na schifezza) salute. Ne guadagnerebbe col portafoglio (compri il caviale dell’ex Urss, lo paghi al cambio di rubli e kopeki dopodichè scopri che lo fanno anche, più buono, nelle acqua di una sorta di  Volga Padano, dalle parti di Lodi, e ovviamente lo paghi meno). Infine, l’homo (sedicente) sapiens, ne guadagnerebbe (pure) in cultura. Anch’essa importante, la cultura, perché, a ben pensarci, di quanti dipinti in cui ‘se magna e se beve’ (che bello, al Prado, “I bevitori” alias “Il Trionfo di Bacco” di Velazquez…) è ricca la pittura universale (e se si parla di cinema, non è forse arte – pure un filino sexy, in quanto pre-amatoria – la cena in “Tom Jones” ricca di ammiccamenti e sguardi birichini)?

Da cui si evince che a manifestazioni come “Cibus”, in quel di Parma, sarebbe il caso che vi andassero tutti (in quanto ‘utenti del cibo’, nessuno arriva a sera senza aver mandato giù un boccone), non solo gli addetti al lavori e qualche scriba sedicente esperto di turismo. Un business, il turismo, non meno che un fatto di cultura facilmente collegabile al “mangiare” (n. b. sorry, ma, al qui scrivente, la parolona “gastronomia” rompe un po’ le balle, per non parlare della attuale, almeno secondo lui, demenziale deificazione di ancorchè bravi cucinieri, al secolo noblesse oblige, detti chefs, che ti friggono un uovo al burro, ci sparano su, a la buena de dios, un fico giulebbato non senza un “pizzico di caviale” e vai con i frenetici applausi di entusiaste plebi ristorantesche e/o televisive.

Tutti a Parma, dunque (peccato, perché è finita) a “Cibus”, a imparare, per saperne di più sui tanti dilemmi angoscianti chi va a tavola, perché, lasciata alle spalle la vicenda dell’ormai famigerato Olio di Palma (epperò, chissà che, alla pari di quanto accadde al ben noto capitano Dreyfus, non finisca pure lui riabilitato), dovremmo – ad esempio – saperne di più (dopo aver archiviato il metanolo e messi da parte i trigliceridi, troppo scientifici) anche sul sodio nell’acqua minerale (quella che pisci, pardòn, fai plìn plìn, dopo aver visto la pubblicità del Delpiero). E non parliamo, poi, della carne sudamericana (da importare) senza l’osso, e dell’olio di oliva, laddove quel “vergine” (a cui aggiungere l’altrettanto incriminabile “extra”) genera guerre non solo ideologiche più tremende delle tre Puniche (e guarda caso, per molti produttori italiani, quelli perbene e onesti, il nemico è proprio l’olio cartaginese, nel senso di tunisino….).

From Portugal with Love…

Dopodichè, per ri-farla breve, son stato a “Cibus”, che è diventato enorme (non parliamo, poi, gli stranieri). Ma tanto giulebbe, però, non impedisce che, pur ricco di tantissime, e ottime, cose da magnare & bere, quanto a business, affari, danèe, alias esportazioni, vendite etc etc etc, il Belpaese sia fregato da Paesi più scaltri (tra i quali, clamoroso al Cibali!, pure i deutsch … mah). O, per meglio dire, Paesi, quindi teste meno campaniliste nonché più pratiche, pertanto più capaci di pianificare e organizzare.

Cuccabile direttamente dal web (aaa occasionissima …) ….

 

 

 

 

 

E non è una balla: tanto per fare il solito esempio, contestualmente al qui commentato “Cibus” si officia a Milano un altro show mangereccio, dopodichè, pochi gg fa, nella vicina Verona è stato celebrato il Vinitaly, con ovvie, celestiali, bevute che – qualche minipecca non guasta mai – a Parma, non sono state ahinoi godute … (perchè, dunque, non unire, o quantomeno rendere concomitanti i due eventi?).  

Alla fine della fiera (dicevasi antan a conclusione di vicende e racconti) torno a Milano con campioncini di: aceto balsamico (ma quanto ne fanno, a Modena, di ‘sto intrigante figlio del mosto?); miele e burro d’arachidi (e per il mio personale arricchimento culturale scopro infatti che in tedesco si dice erdnussbutter); tisana di radicchio rosso epperò, beninteso, di Treviso (peccato, sottratto alle bronse, lo provi l’ignorante – nel senso di tuttora a lui ignoto – lettore: che meraviglia quel sapore amarognolo); citrosodina per digerire (con ruttino, però appena accennato…); olio d’oliva marchigiano (obviously, “100% italiano”, e vabbè, ma perché tutti ‘sti conati di isteronazionalismo, sarà mica il caso che si andrà a “morire per l’olio”?); un assaggio di Mozzarella “Auriemma”, nel senso di bufala, cazzpita, l’assaggi e sai dove mandare… quelli delle mozzarelle della tivù; una vaschettina di “Nocciolino”, pate à tartiner;  due Lecca lecca di un non meglio precisato Original Gourmet; e infine, last but not least, anzi, un ‘suave’ cioccolatino di “Cacao e sale dolce di Zìrvia/Cervia”, della (grande, fosse solo perché frequentata dal mè amìgh paolofigna) pasticceria Gardini in quel del Lido di Spina. Hic!