Non delle Beffe (la Cena) ma dei Ricordi di un ormai datato viaggio nel Paese del Calmo Mattino, fra tennis, grandi magazzini, luoghi di vita (e ‘perdizione’!) e gustosa cucina all’insegna dell’aglio. Nel momento in cui spirano venti di guerra, il ricordo di un momento felice laggiù nel Sud Corea

La mè sciura (mia moglie in milanès e first sciura, in anglo/milanès, fu una ventina di anni la consorte del sindaco lumbard) invitata a una cena dalla Korean Air perché tour operator (nessuno è perfetto) mi segnala la possibilità di accodarmi. Saputo che avrei mangiato non solo in un ristorante coreano ma pure alla coreana (l’anno scorso a Berlino mi ritrovai in un ristorante messicano di polacchi ammannenti schifezze russe) accetto con piacere l’invito (e comunque, come mia prassi, contraccambio con la presente, doverosa marchetta), gentilezza che oltretutto mi faciliterà un piacevoleamarcord.

mondo corea danzaAntichi ‘contatti’ italo-coreani, tennis e pallone

Grazie alla manifestazione della Korean Air posso infatti ‘tornare indietro’ di 26 anni, anno del Signore 1987 e di una gita turistico–tennistica da me inventata per vedere Seoul, un po’ del resto della Corea e assistere a un match di Coppa Davis. Per la cronaca l’Italia trionfò sul team locale (uno striminzito 3 a 2) ma ci fu poco da vantarsi: erano finite le glorie di Pietrangeli e Panatta e ci arrangiammo col fratello minore del secondo, al secolo Claudio, e col nervosetto Paolo Canè che il Gianni Clerici pensò bene di battezzare Neuro.
Che bella trasferta fu. Anche perché, prima di partire, nonostante fossi già non più imberbe viaggiatore, della Corea sapevo poco. E penso che pure adesso i neoamici della Korean Air debbano faticare per farla conoscere, fosse solo per quella posizione, quasi un vaso di coccio, tra Cina e Giappone e per quel nome che si ritrova a dover spartire con la birichina e incazzosetta Corea del Nord (come noto, in economia la moneta cattiva, nella cronaca la cattiva notizia e nella vita la mala fama fanno aggio, contano di più dei loro virtuosi opposti).


Amarcord fra Nord e Sud: la penisola divisa
Pertanto, ai miei tempi, la Corea era una sorta di Carneade, noto solo per la Guerra (anni ’50, quanto tifo feci per i Marines, avanti e indietro dal 38° parallelo) e per la tragica disfatta (Mondiali pallonari del ’66, 1- 0) rifilataci dalla Corea del Nord. E chi ricorda concorderà che Caporetto fu uno scherzo (ancorché a me poco fregasse, tenevo, e tengo, solo per l’Inter). Ricordo ancora nome e cognome del giustiziere degli ‘Assurri’ di Mondino Fabbri. Fu Pak Doo Ik (n.b. in Corea si chiamano tutti o Park o Lee o Kim, c’è mica tanto da scegliere), dentista oltre che footballeur nonchè suddito del primo dei Grandi Leader (Kim Il-Sung) a gettare nella disperazione lo Stivale, che però fece in fretta a dimenticare: era estate e l’Italia di allora, agli inizi di una allegra ciucca consumistica prodotta dal miracolo economico, pensò subito bene di andare al mare a scurir le chiappe chiare. E c’era pure un’ulteriore Corea, ma si riferiva soltanto a un immaginario collettivo meneghino: l’è ona Corea, si diceva antana Milano per designare edifici superabitati, e chissamai quando, come e perché nacque questo detto in una città che, prima dei managers della Korean Air, di coreani deve averne visti pochini.

La lunga ferita delle due Coree
E fu così che con le suesposte, scarne conoscenze sulla Corea giunsi a Seoul per trascorrervi un soggiorno di una settimana che mi divertì al netto del già descritto Tennis e della canonica visita turistico-culturale. Consistente in un sopralluogo a residenze (con bei giardini) voluti dalle tante dinastie (importante la Silla, pressappoco all’inizio dell’era di Cristo) che come prima incombenza dovevano stare in campana dagli appetiti delle vicine potenze, in primis la Cina. Per non parlare del Giappone che nella prima metà del secolo scorso fece della Corea una sorta di colonia. Un storia complessa, quindi, quella coreana, destinata a concludersi, ai nostri giorni, con una particolarità davvero unica, a suo modo un record. Non è infatti azzardato commentare che la penisola coreana è occupata, contiene due Stati dalle differenze totalmente abissali, si parli di opposti. Al Nord quei balossi adoranti i loro Cari Leader che nel nome di chissà cosa (Marx non abita più a Pyongyang o non vi ma mai abitato) non aiutano i loro adoratori a combattere la fame (e intanto passano il tempo ad architettare bombe atomiche). I terùn del Sud Corea (un terzo dell’Italia, 50 milioni), invece, partiti da zero (e ci credo: con quei allora fanatici deiJaps in casa terrore e miseria garantiti) da brave formiche hanno creato quel signor impero della tecnologia e delle costruzioni che abbiamo sotto gli occhi (tanto per dire, nel Belpaese la meniamo a volte per decenni, tanti blablabla per tirar su un ponte o stendere un’autostrada: un’impresa coreana impiega una notte per la bisogna).

mondo corea bimbo 1Il Paese dell’aglio e della ‘Calma del Mattino’
A rendere piacevoli i miei giorni coreani contribuirono le seguenti mie vocazioni: 1 al risparmio causa pochi danèe; 2al gusto della trasgressione; 3 al bel canto; 4 passione per l’aglio. E accadde quanto segue. Ossessionato dal figlio richiedentemi di vestire come i suoi consumistici (non loro, i genitori) amichetti, appena a Seoul mi fiondai a It’aewon e feci incetta di magliette, tute e scarp de tènis (taroccate? manco Sherlock Holmes se ne sarebbe accorto) pagando 10 volte meno che a Milano. La trasgressione: che serate al Texas (quartiere Luci Rosse, non so adesso, ma il casto manager della Korean non mi dice), altro che Amsterdam! Il bel canto: in onore del genetliaco del Gianni gli dedicai un Granada (che nemmeno il Claudio Villa) e nella piazza sottostante si radunò una folla di seoulitiosannanti nonchè incuranti del diluvio. E quanto all’aglio, solo in Corea lo amano quanto me (che goduria gustarne i denti gentilmente omaggiati nel pittoresco mercato degli alimentari di cui, però, non ricordo il nome, forse Myong-dong). E parimenti (rieccomi a Milano) abbondante aglio mi ha deliziato nel Kimchi e nel Bulgogi proposti nella cena della Korean Air.

P.S. Unico rammarico risalente alla suesposta gita: non avere sperimentato quella Calma del Mattino che il Turismo coreano (unitamente all’info che Cheju-do è una bellissima isola, ma avendola sacrificata al tennis mi astengo) garantisce per magnificare il Paese (quello … della Calma del Mattino). Sono curiosissimo.