COLOMBO O COLON O CHRISTO FERENS … OGGI 12 OTTOBRE (AUGURI A XAVIER)

Dia de la Hispanidad (e invece sarebbe potuto essere Er Giorno der Vaticano … vedi il perchè) e dall”’abuelo” un evviva ai 5 anni del muchacho
per mondointasca.org del 18/10/2007…

La regina Isabella di Castiglia (protettrice di Colòn)

La regina Isabella di Castiglia (protettrice di Colòn)

Parata per il “Dia de la Hispanidad”
12 Ottobre, scoperta dell’America, Fiesta Nacional in Spagna nonché “Dia de la Hispanidad” (la cui patrona, la Virgen del Pilar è festeggiata a Saragozza in una atmosfera di grande tripudio). Ai tempi di Franco la data era nota come “Dia de la Raza” e così è chiamata in alcuni Paesi dell’America Latina.
Ad esempio a Panamà, dove ho recentemente trascorso un 12 ottobre, comunque non festivo. Secondo il cosiddetto revisionismo storico, infatti, ci sarebbe poco da festeggiare, visto che i bianchi non si comportarono certamente da “caballeros” (o “gentlemen”) prima con i nativi Indios (o Redskins) eppoi con gli importati Africans. Se così fosse e tralasciando il dettaglio che nessun conquistatore ha mai studiato dalle Orsoline (ma non per questo la Lombardia dovrebbe cambiare nome solo perché quegli invadenti dei Longobardi si presentarono molto maleducatamente) quel baloss del Colombo non andrebbe commemorato perché reo di aver fatto da apripista a morti di fame (tali erano gli hidalgos) che in effetti (e su questo non ci piove) qualche disagio ai già residenti lo arrecarono. Resta il fatto che (revisionismo o non revisionismo) sulla Scoperta dell’America crediamo di sapere tutto ma sappiamo anche il contrario di tutto, cioè (quasi) niente, nel senso che già sul solo concepimento si sta ancora facendo un gran casino (vedi più avanti papi, re & C.).
A ogni buon conto l’importante è che l’America sia stata scoperta (prima o poi doveva succedere).

Colombo…in “volo”, tra Italia e penisola Iberica
Ciò premesso, a questo punto poco importa “se” lo Scopritore si chiamava Colombo o Colòn o Cristoforo o Cristobal o Christo Ferens, “se” nacque a Genova o a Lisbona, “se” era di fede cristiana o judìa, “se” aveva messo su (come garantisce il mio amico Ruggero Marino in un paio di libri sulla vicenda) una bella “combine” (per cuccarsi La Merica) col papa Innocenzo VIII (dei Cybo, famiglia guarda caso ligure e imparentata coi Medici) e invece (per la morte del pontefice -veleno? vedi sotto- sette giorni prima della partenza del Navigatore da Palos) si ritrovò a dover lasciare tutto quel bel pezzo di Terra Scoperta (ma “dicunt” che a tentarne l’urbanizzazione c’erano già stati i Vichinghi e/o i Fenici) ai Reyes Catolicos (e ri-guarda caso, sogghigna Marino, il papa che gli subentrò, Alessandro VI, Borja/Borgia -valido nepotista della nota famiglia specializzata in veleni, vedi sopra- era spagnolo).

 

La Scoperta dell’America

Ragazzzino andino col Chuyu....

Ragazzzino andino col Chuyu….

Data (il 12 ottobre) in cui la Spagna festeggia un (ex) impero che durò tre secoli (ogni malevolo riferimento a un Paese che recentemente si ritrovò un impero durato solo nove anni – storicamente, come possesso, solo quattro – è puramente casuale).
Un (se così si può dire) “enormissimo” impero (quello su cui il sole non tramontava mai) che tra i sudditi contava pure tre quarti d’Italia (il Milanesado e tutto i Sud).
Ma a essere festeggiata il 12 ottobre non è la Storia bensì la cultura spagnola (e quanto ne consegue, anche in vili termini economici) arricchita da un lascito oggidì valutabile in quattrocento milioni di esseri umani che parlano la lingua di Cervantes. Tanto per fare paragoni con le italiche vicende – e datosi che gli spagnoli sono quaranta milioni – è come se seicento milioni, un decimo, di appartenenti all’umanità parlasse italiano. E invece, se andiamo all’estero, non possiamo neppure contare sui peraltro cari -nel senso affettivo- svizzeri ticinesi, perché mica sarà italiano quella loro parlata che più lombarda non si può. Da parte degli spagnoli di festeggiare (con vanto) la “Scoperta”, v’è dunque ragione (e diritto).

Colombo: “nemo propheta in patria”
Ma –domandina- in occasione del 12 ottobre non potrebbe (anche) il Belpaese approfittare della data (ad esempio, “sfruttando” la “genovesità” di Colombo, i cui concittadini non lasciano nulla di intentato pur di “avere la sua convenienza”) fosse solo per farsi un po’ di pierre nel mondo (o nello Stivale si preferisce sempre e soltanto fare la parte dei sarti, pardon, degli stilisti e dei pizzaioli, laddove però, nel caso della pizza nulla si guadagna imperocché i napoletani, nonostante si vantino di essere “furbi”, non hanno mai depositato un copyright su Marinara e Margherita)?
Sembra invece che agli italiani del 12 ottobre non gliene freghi proprio un bel niente, mentre si festeggiano altre date di cui si potrebbe anche fare a meno se non fossero volute, per non dire imposte (e un paio sono state obbligatoriamente ripristinate) da chi è succeduto al citato papa Innocenzo VIII.

In attesa di “feste” italiane…
Peccato, perché di italica (quantomeno di discendenza) gente in giro per il mondo ce n’è parecchia e forse forse meriterebbe qualcosa di più (perché chi emigra si fa sempre un mazzo così, chapeau!) e stai a vedere che, attirati da chi ogni tanto si ricorda delle comuni origini, gli ex italiani e/o chi tuttora parla italiano potrebbe anche fare un salto nello Stivale (e far così felice il vicepremier e ministro turistico Rutelli che – poco sapendo di Turismo Incoming – continua a sperare in Babbo Natale, ma di viaggiatori costì ne arrivano sempre meno).
Ma forse forse possiede più identità nazionale chi se n’è andato appetto a chi è rimasto, vedi (a fronte del più sopra lamentato silenzio tra le Alpi e Capo Passero) nella newyorchese Broccolino i tradizionali festeggiamenti con parata in occasione del Columbus Day.

… ci sono pur sempre quelle spagnole!
Viva il 12 ottobre “spagnolo”, dunque, in attesa di un Viva un 12 ottobre “italiano”.
E soprattutto un Evviva al 12 ottobre, perché quinto compleanno (guarda caso, dia de la Hispanidad, e il “muchacho” davvero vale un Perù, terra d’origine della madre) del mio “queridisimo” nipote Xavier, eppertanto tanti auguri dal suo “abuelito”.
Post Scriptum – Chi mi accusasse di “nepotismo letterario” per avere doverosamente fatto gli auguri a Xavier, pensi piuttosto a quello che hanno combinato ‘pro-nipoti’ il citato papa Borgia -quel dritto della Mecca che secondo Marino cambiò pure il corso della Storia- e il mediceo Leone X, che appena gli nasceva un parente lo nominava cardinale d’amblè. Colombo invece no, pensava solo ai figli: fatta la cresta sui conti delle spese americane (e per questo i Reyes Catolicos si incacchiarono, ay ay ay el dinero), portava il malloppo alla Cartuja di Siviglia e lo consegnava (perchè “avesse la sua convenienza”?, genovese dunque era!) al suo Marcinkus personale, al secolo Fray Gorricio de Novara, nato appunto nella amena città piemontese eppoi trasferitosi in Andalusia con due fratelli, pure loro frati. Amen.

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COLON CRISTOBAL … ANZI (PER MARINO) CRISTOFORO COLOMBO

Papa Innocenzo VIII papà del “Almirante”? Vedi il libero di Ruggero Marino ….
per mondointasca.org del 7/12/2005

Sole andino dei Mapuche, Cile

Sole andino dei Mapuche, Cile

Libri e guide: Cristoforo Colombo l’ultimo dei Templari (La storia tradita e i veri retroscena della Scoperta dell’America) di Ruggero Marino – Sperling & Kupfer – Rai Eri – Pagine 340, € 18
E’ arcinoto che il politico genovese Paolo Emilio Taviani (scomparso quattro anni fa) fu un grande studioso di Cristoforo Colombo. Ma Ruggero Marino non gli è da meno. Se proprio si volesse cercare una differenza tra i due ricercatori, si potrebbe commentare che Taviani raccontò tutta la vita del navigatore, mentre lo storico-giornalista romano (a lungo una importante firma de Il Tempo) ha accentrato quasi esclusivamente i suoi sforzi nella ricerca della Verità sulla Scoperta. Una Verità nei suoi risvolti più importanti, quello politico e quello economico.
Gli studi di Marino cominciarono poco meno di quindici di anni fa con Cristoforo Colombo e il papa tradito (debitamente recensito da Mondointasca), un libro revisionista perché si permise di coltivare fieri dubbi su quelle che la Storia considerava ormai verità certe e assolute.
Si era proprio sicuri che a sponsorizzare l’impresa colombiana fu la Reina Catolica Isabella di Castiglia (sposa di quel marpione di Fernando d’Aragona) con tanto di gioielli impegnati e raschiatura del barile per raccattare quel che restava in cassa, al netto delle spese per la conquista di Granada?
Nel citato libro Marino intrigò il lettore avanzando l’ipotesi che il vero finanziatore della Spedizione colombiana fosse stato papa InnocenzoVIII, il genovese (guarda caso come i banchieri che per decenni gestirono le finanze della monarchia spagnola) Giovanni Battista Cybo.
Ma il papa morì pochi giorni prima (25 luglio 1492) della partenza di Colombo da Palos (3 agosto) e a succedergli fu eletto Alessando VI, al secolo Rodrigo Borgia, spagnolo. Preso atto della nazionalità del nuovo pontefice è superfluo stupirsi – commenta Marino – su quanto avvenne dopo la Scoperta.
Nella sua nuova opera Cristoforo Colombo l’Ultimo dei Templari. La Storia Tradita e i veri retroscena della Scoperta dell’America, il pervicace indagatore aggiunge altra benzina al fuoco della Italianità della Scoperta, aggiungendo scoop di assoluto interesse e personaggi storici di grande spicco. Non senza lamentare la piccola pecca delle note riportate a fine testo (si fa meno fatica a consultarle a piede di pagina) l’importante fil rouge del libro è costituito dalla clamorosa ipotesi (o per Marino certezza?) che Cristoforo Colombo fosse figlio naturale del citato cardinale poi divenuto Innocenzo VIII. A conforto di questa intrigante asserzione la grande somiglianza nei ritratti e nelle statue di Giovanni Battista Cybo e dell’Almirante Navigatore . Non solo.
Divenuta più dimostrabile la tesi del finanziamento papale a favore del figlio, il racconto di Marino intriga ancor più aggiungendo che vi fu una co-sponsorizzazione da parte del consuocero di Innocenzo VIII, il grande Lorenzo de Medici. Ago della Bilancia della politica italiana, gran mecenate della cultura e delle arti.
Ma anche Lorenzo de Medici scomparve prematuramente, a soli 44 anni, a fine primavera del 1492. A questo punto nessuno si domandi più perché si parla Castellanodalla California alla Tierra del Fuego (e negli States sta prevalendo lo spanglish).

L’autore
Ruggero Marino, brillante inviato de Il Tempo, è senza dubbio uno dei più importanti giornalisti di turismo e lo provano scritti numerosi non meno che attenti e dedicati a tanti angoli del mondo. Ma la sua grande vocazione (ma sì, si dica anche ‘pallino fisso’) consiste nel venire a capo della vicenda colombiana, un’impresa richiedente una vita di studi, ricerche, consultazioni degne di un certosino.

 

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SIVIGLIA & COLOMBO, PROPRIO UNA BELLA MOSTRA ALL”’ARCHIVO DE INDIAS”

12 OTTOBRE – SPAGNA E AMERICA RICORDANO IL GENOVESE, L’ITALIA NO
per mondointasca.org del 18/10/06 …

Granada, la Alhambra

Granada, la Alhambra

Colombo e la “Mèrica”, a Siviglia una Mostra, a Genova “nisba”…
Come sempre gli Italiani riescono a fare casino, a buttare al vento buone occasioni, non senza dimenticare quel che c’è (oltretutto non un gran che, visti i secoli di servaggio) di buono nel loro passato.
Prendete la vicenda di Cristoforo Colombo. Il 12 ottobre l’America festeggia a New York il Columbus Day e mentre scrivo queste righe, a Madrid si celebra il Dia de la Hispanidad (sotto Franco si chiamava il Dìa de la Raza) con le Forze Armate che sfilano tra il re e la statua del navigatore genovese.

Italiani in America. Per Colombo? No, per lo shopping…
A Genova, invece, “nisba” (o al massimo ci sarà qualche “manifestazioncina del putt” di routine, visto che nessun giornale ne parla). Dopo la morte di Paolo Emilio Taviani – grande studioso del “Almirante del Mar Oceano” – e fatta eccezione per un paio di intriganti libri del mio amico Ruggero Marino, sembra che al Belpaese di Colombo non gliene freghi proprio niente. Salvo ricordarsene – vedi articolo di Stella sul Corriere – per combinare una bella “scampagnata colombiana” a New York, come accaduto alle delegazioni della campana signora Mastella e della Regione Lombardia. Sembra però trattarsi di “quisquilie”, faccende più connesse allo shopping nella Grande Mela che con l’omaggio del (Bel)Paese al più noto dei suoi “Poeti, Santi, Eroi. Navigatori ecc” (devozione -semmai esistente- oltretutto macchiata da bassi interessi di bottega perché – asserirono i Lumbàrd e i Terùn – la gita era solo in funzione di andare a piazzare due tarallucci e un paio di bottiglie di Valcalepio).
A ‘sto punto, visto che in Italia se qualcuno si ricorda di Colombo lo fa soltanto “perché il dollaro è basso e così si piazza meglio la merce”, ho pensato bene di fare un salto a Siviglia a godermi (nello splendido Archivo General de Indias) l’Esposizione titolata “Colòn desde Andalucìa”.

… mentre a Siviglia, per esempio…
Una bellissima Mostra, grande documentazione, alcune novità (gli studi dell’Università di Granada sul Dna di quanto resta del corpo inumato nella Cattedrale di Siviglia ne hanno confermato l’appartenenza a Colombo) e soprattutto una intelligente suddivisione in quattro blocchi tematici. Che passo a elencare con brevi segnalazioni e commenti.

La mostra dedicata a Colombo
Profondamente legato al culto della famiglia, visse sempre circondato dai parenti. Non solo i due figli, Diego (nato in Portogallo nel 1480 dal matrimonio con Felipa Moniz de Perestrelo) e Hernando (nato a Cordoba nel 1488 dall’unione con Beatriz Enriquez de Arana), i due fratelli (Bartolomè e Diego) e la cognata portoghese (Brionlaja Muñiz) ma pure i nipoti.

E a proposito di questi ultimi ecco una piccola ma valida prova della tanto contestata “genovesità” (o quantomeno italianità) del Navigatore: mentre il resto della famiglia non esitò a cambiare il cognome in Colòn, i nipoti Juan Antonio e Andrea vollero continuare a chiamarsi Colombo, nonostante le fortunate vicende ispaniche dello zio.

Monastero della Cartuja
Quanto agli amici, oltre ai frati della Rabida (monastero vicino a Huelva) Juan Perez e Antonio de Marchena, intriga l’amicizia dello scopritore con Gaspar Gorricio.
Ma chi era costui? Si tratta di una mia vecchia amicizia; lo “conosco” da prima dell’Expò di Siviglia 1992 e cercai -invano: da quelle parti hanno sempre e solo pensato alla ormai perduta Banca Popolare, alla (da tempo) irizzata Pavesi e alla De Agostini- di saperne di più sfruculiando varie volte il vescovato di Novara (ove vissi la mia gioventù) Gorricio (Gorrizio) era infatti nativo della città piemontese e con due fratelli (anch’essi frati) si trasferì (!) a Siviglia nel monastero cistercense della Cartuja (è stato da poco riaperto, visitarlo, è bellissimo) e una volta conosciuto Colombo ne divenne il tesoriere (sì, un Marcinkus ante litteram, niente di nuovo sotto il sole).

“El Bagaje Cientifico” (Le Nozioni Scientifiche)
Colombo non mise mai piede in una Università, come disse ai Reyes Catolicos, ma imparò mettendo “Mucha Diligencia en la Experiencia” (per la nota serie: val più la pratica della grammatica). Ma quantomeno lesse (a differenza dei nostrani senatori e deputati che non sanno nemmeno chi è Mandela e cos’è il Darfur) il Milione di Marco Polo, la Storia Naturale di Plinio, la Imago Mundi e la Historia Rerum del papa Pio II al secolo Enea Silvio Piccolomini. Completò le conoscenze marittime con la lettura di altri classici, ancorchè, nel ritoccare le distanze terracquee fornite da Toscanelli e Alfagrano, “toppò” non di poco (visto però come finì la vicenda è il caso di non infierire).

“La Organizaciòn de los Viajes” (l’Organizzazione dei Viaggi)
In questa sezione della Mostra, Siviglia la fa (ovviamente) da padrona. Cominciata, almeno a livello di accordi e carte da bollo, l’Operazione America a Granada (firma delle Capitulaciones a Santa Fè il 12 aprile 1492) fu poi la capitale andalusa, almeno fin quando il Guadalquivir fu navigabile da navi che pescavano poco, a organizzare (imbarchi, merci) conteggiare e introitare (dazi, gabelle, dogana) spedire e importare: inizialmente, di oro mica tanto, ma almeno la gastronomia – in pratica ancora ferma all’orrido Garum romano – si rinnovava con peperoni, tacchini, patate, pomodori, per non parlare dei soldi tirati su dai nostrani Monopoli con l’arrivo del Tabacco.

“El Fracaso del Virrey” (l’Insuccesso del Vicerè)
Eh sì, bravo Almirante, Colombo non ebbe altrettanto successo come Amministratore e Politico. Nel settembre del 1500 Francisco de Bobadilla fu inviato dai Re Cattolici a Santo Domingo alla testa di quella che oggidì si chiamerebbe una Commissione di Inchiesta e (contrariamente ai lavori talvolta pluridecennali delle attuali commissioni) in breve scoprì che il Nostro ne aveva commesse di cotte e di crude. Tant’è che con i fratelli Bartolomè e Diego tornò a Siviglia debitamente “impacchettato” (nel testo della Mostra è scritto, più elegantemente, “encadenado”).
Due anni dopo Colombo realizzò un altro viaggio in America come Almirante, ma non più come Virrey e Gobernador de las Indias.
Una bella Mostra per davvero, quella su Colombo in Andalusia (non so però se sarebbe piaciuta alla campana signora Mastella e a Formigoni, Gobernador della Lombardia, ex Milanesado spagnolo).