1 CARTAGENA DE INDIAS, PERLA DEL CARIBE

Pochi posti nel mondo contengono tanta storia, folklore, tradizioni, colore (non per nulla è stata il set di tanti celebri film) posseduto da questa città colombiana, ambito porto nel Caribe.
gpb per mondointasca.org del 31/3/11

colombia cartagena baluardi 23Città dal fascino universale, Cartagena. Fascino che in tempi moderni le deriva dalle opere letterarie (specie di Garcia Marquez) e dall’essere stata “set” per numerosi film di successo. Ma anche per aver avuto una storia complessa e gloriosa…

La colombiana Cartagena de Indias, Patrimonio dell’Umanità dal 1984, oltre a una buona classifica in una ideale Hit Parade del turismo, può vantare una frequente presenza nella narrativa contemporanea. Una fama dovuta a Gabriel Garcia Marquez, salvo qualche altra pubblicazione di contenuto storico e novellistico, come il racconto Romancing the Stone (da cui una recente trasposizione cinematografica con Michael Douglas, girata però in Messico). Appartengono infatti alla ricca narrativa di ‘Gabo’, dedicata alla città in cui esordì nelle lettere, giovane redattore del giornale locale: ‘Del Amor y Otros Demonios’, ‘Cronaca di una Morte Annunciata’ e ‘L’Amore ai Tempi del Colera’ (opere, le ultime due, apparse anche sul grande schermo).

Libri e pellicole con un’unica “primadonna”: Cartagena
Ed esiste pure una Cartagena ‘cinematografica’, scelta da molti registi come set di importanti film. Nel 1968 Gillo Pontecorvo girò ‘La Quemada’ (con Marlon Brando e l’italiano Salvo Basile, che di Cartagena si innamorò a tal punto da decidere di vivervi per il resto dei suoi giorni). E anche se gli abitanti de la ‘Ciudad Heroica’ ricordano con preferenza La Quemada, il maggior vanto cittadino come ‘teatro di posa’ resta ‘Mission’, che la ‘fiction’ localizzò nelle foreste delle brasiliane Cascate di Iguasù, ma fu girato in gran parte nella Colombia affacciata sul Mar dei Caraibi. E due anni dopo Mission un’altra troupe procedette alle riprese di Cobra Verde, un film di Werner Herzog dal romanzo ‘La Vittoria di Ouidah’ di Bruce Chatwin.
Il più noto, e recente, ‘L’Amore nel Tempo del Colera’ (anch’esso ricavato da un’opera di ‘Gabo’ Garcia Marquez) chiude infine la rassegna dei film con Cartagena ‘protagonista’.

Dagli indigeni precolombiani all’affrancamento da Madrid
La cinematografia si è pertanto rivelata un buon veicolo pubblicitario a favore della città caraibica (capoluogo del dipartimento di Bolivar, 950.000 abitanti, 1400 chilometri a nord dell’equatore, 1060 da Bogotà, 1 ora e 10 minuti di volo) con relativo incremento del business turistico. E a un ‘appeal’ creato dalla celluloide (come se non bastasse il clima tropicale – 28° la temperatura media, ottima ‘estate secca’ dicembre-giugno, meno attraente il piovoso ‘inverno’ nei restanti mesi), Cartagena abbina un altro grande richiamo: le emozionanti vicende storiche.
Un passato che per noi europei (con tante scuse agli indigeni precolombiani) comincia con la Scoperta dell’America, prosegue con le imprese dei Conquistadores, attraversa le vicende di pirati e corsari, per concludersi con la ‘bolivariana’ indipendenza della Colombia da Madrid (tanto determinante fu l’apporto di Cartagena da procurarle l’appellativo “Heroica”).
Navigatori, cartografi, per concludersi con la ‘bolivariana’ indipendenza della Colombia da Madrid (tanto determinante fu l’apporto di Cartagena da procurarle l’appellativo “Heroica”).

Gli, scopritori, alle prese con i feroci Caribes
colombia cartagena casa gobernador 1La penetrazione spagnola nell’attuale Colombia cominciò con la fondazione di Santa Marta (1526, la più antica città del sud America) dopo una ventina d’anni di esplorazioni compiute dal sivigliano Rodrigo de Bastidas. Si parla dei grandi momenti della storia della navigazione, con il Mar dei Caraibi solcato da eccellenti personaggi: Juan de la Cosa – pilota con Colombo ed eccelso cartografo, autore del primo mappamondo -; Vasco Nuñez de Balboa – nel 1513 scopritore dell’oceano Pacifico -; Alonso de Ojeda e Americo Vespucci (ai quali, secondo alcuni storici indecisi, spetta ‘ex aequo’ la fama di aver battezzato ‘Veniciola’ l’attuale Venezuela). ‘Descubridores’ destinati a fare una gran brutta in fine, più per l’esecranda fame dell’oro che per mano degli ‘indigenas’ (gli antropofagi Caribes preferivano saziarsi con i miti Arawak dopo averli cacciati dai loro villaggi).

Nel 1533, nasce la Cartagena colombiana
E dopo Santa Marta sorse Cartagena. Alla testa di una spedizione eterogenea (una Nao, tre Caravelle, una Fusta, 150 uomini tra i quali 50 ‘negros macheteros’ e 22 cavalli) il 14 gennaio 1533 Pedro de Heredia, Conquistador madrileno, sbarcò nella terra degli indigeni Calamares e fondò un ‘asentamiento’, destinato – il 1° giugno dello stesso anno – a divenire una ‘ciudad’ cui fu posto il nome Cartagena de Levante (a ricordo della omonima spagnola, attualmente nella provincia di Murcia).
La giovane Cartagena (in seguito de Indias) ebbe però un’infanzia difficile. Già nei primi anni che seguirono la sua fondazione, quello che sarebbe divenuto il più importante e munito porto dell’impero spagnolo, fu vessato da devastanti incursioni dal mare. A opera di gente poco raccomandabile, una eterogenea e dispersa armata multinazionale (soldati, disertori, naufraghi, avventurieri, marinai, in prevalenza inglesi, francesi e olandesi; ma non mancarono portoghesi falliti nella tratta degli schiavi e negri africani sfuggiti alla schiavitù. Tutta gente che per secoli mise a ferro e fuoco i possedimenti spagnoli nei Caraibi. (1- continua).

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2 CARTAGENA DE INDIAS, TRA CORSARI E BUCANIERI

La ricca non meno che bellissima Perla del Caribe dell’impero spagnolo, assediata e più volte conquistata da uomini assetati di ricchezze
gpb per mondointasca.org

Pirati nel Caribe, anche negli alberghi....

Pirati nel Caribe, anche negli alberghi….

Legami Punici, per Cartagena. Il fondatore spagnolo Pedro de Heredia (1533) l’ha così chiamata in onore dell’omonima città spagnola sul Mediterraneo, a sua volta fondata dai Cartaginesi

Una lunga storia di sviluppo della città, sempre alle prese con dominatori, assedianti, avventurieri. Ma la tempra, per emergere, c’era già sin dai primi anni di vita, tant’è che divenne uno dei più importanti centri di smistamento delle merci provenienti dalla Spagna nel centro e sud America e, in senso inverso, delle enormi ricchezze ricavate dalle miniere e dei nuovi frutti della terra ricavati nel Nuovo Continente. Per questa doppia attrazione la località caraibica – tanto tipica ed esotica da essere stata scelta come set di importanti film storici – fu a lungo appetita da pirati e corsari.
Tra il 1543 e il 1741 Cartagena fu attaccata 12 volte, ancor più aggressioni subì Santa Marta, meno assalti ma più tragici danni lamentò Portobelo, sulla costa caraibica panamense (note le distruzioni operate nel 1668 da ‘Morgan il pirata’ e nel 1739 dall’inglese Vernon).
Predoni dei mari sommariamente catalogabili in: corsari (saccheggiatori legalizzati mediante una “patente” o “lettera di corsa” concessa da un sovrano); pirati (dal greco antico ‘peirates’, ladroni, agivano isolatamente); bucanieri, perché ghiotti di ‘bucan’, carne affumicata secondo le ‘ricette’ degli indigeni Caraibi e Arawak); e infine filibustieri, celebri quelli dell’isola della Tortuga (varia la provenienza del nome, probabilmente dall’olandese ‘vrijbuiter’, briganti, o ‘vrieboot’, imbarcazione leggera). È impressionante l’elenco delle incursioni piratesche – talvolta con motivazioni politiche, visti i tanti conflitti che nei secoli coinvolsero la Spagna con Gran Bretagna, Francia e Olanda – sofferte da Cartagena.

Francesi, Inglesi: pesos e battaglie

Al largo, pesca abbondante....

Al largo, pesca abbondante….

Esordì il 24 luglio del 1543 il francese Jean-François de la Rocque de Roberval, nei Caraibi noto come Roberto Baal (o Vaal). La conquista non comportò difficoltà, la giovane città era pressoché priva di difese, e i danni si limitarono ad alcune case distrutte e a un pagamento di 35.000 pesos. Nel 1559 un altro francese, Martin Cote, riprese il mare al termine di un assalto che gli fruttò 15.000 pesos (più 600, pagati ‘extra’ perché la città non fosse bruciata). Solamente 6 anni dopo la scorribanda di Cote, la Perla del Caribe colombiano ricevette una identica, non amichevole visita; cambiava soltanto la nazionalità dei malintenzionati. Era la volta degli inglesi. La mattina del 6 luglio 1565 i Cartageneros avvistarono 4 navi comandate da John Hawkins (nei Caraibi ribattezzato Juan Ancle) in compagnia di un migliaio di uomini e del giovane cugino, Francis Drake, futuro Sir e mito della marineria britannica.
A onor del vero Hawkins avrebbe voluto soltanto fare affari, vendendo 100 negri ospitati sulle navi, ma il governatore don Martìn de las Alas si rifiutò di avere a che fare con un luterano e pure pirata. Guerra fu e stavolta gli spagnoli, grazie anche all’aiuto degli ‘indigenas’, limitarono i danni respingendo i corsari della regina Elisabetta.

Drake impone riscatti ma verga una ricevuta
Ma Drake fece tesoro dell’esperienza e il 6 febbraio 1586 sottopose Cartagena a un assedio che si concluse con una richiesta di riscatto di 600.000 ducati, la messa in galera, a meditare, del governatore e del vescovo indecisi sul pagamento e infine una transazione a 107.000 ducati, con tanto di ricevuta che Drake – desideroso di non passare per un volgare pirata – rilasciò redatta in latino.
D’altro canto il pericolo costituito da tanto tragiche scorrerie aumentava perché aumentavano le fortune di Cartagena. Alle ricchezze garantite dall’argento e dall’oro giallo si aggiungevano i guadagni del cosiddetto Oro Negro, la famigerata Tratta degli Schiavi. Si calcola che tra il 1540 (ma risale al 1510 la concessione della corona spagnola di trasferire gli schiavi ‘a las Indias’ previo pagamento di imposta) e il 1870, almeno 10.000.000 di esseri umani furono trasferiti dal Continente Nero ai Caraibi.

Ricchezze e commerci, anche di schiavi
cuba gente 1La ‘Ciudad’ (titolo concesso nel 1574) visse il ‘600 come un vero e proprio “Siglo de Oro”. Le navi partivano da Cadice a fine marzo e approdavano a fine giugno scaricando ogni sorta di mercanzia (a Cartagena il Don Chisciotte fu letto nello stesso anno, 1605, in cui fu pubblicato in Spagna). Tra il 1604 e il 1640 furono vendute 35.000 ‘licenze di schiavitù, ma in realtà gli arrivi raggiunsero i 140.000 (il contrabbando collegato alla Tratta non era inferiore a quello dei tesori). Mediamente un abitante possedeva almeno 7 schiavi, i più ricchi fino a 25.
Tanto ben di dio corse seri pericoli nel giugno del 1620 con l’ennesimo attacco di non meglio identificati Fratelli della Costa (tra gli indiziati il tremendo Henry Morgan e François Nau, il sanguinario Olonese).
Prima che finisse il secolo (1697) riecco apparire la bandiera nera con teschio e tibie sulle navi di una potente flotta francese pagata da Louis XIV e comandata da un nobile, Jean Bernard de Desjeans barone de Pointis: 10 galeoni con 80 cannoni, eppoi 6 fregate, 4 corvette, 4 brigantini, 2 pontoni e 5 barche , 9.000 gli uomini trasportati. Per i Cartageneros si trattò di un altro disastro, con il vincitore sgradito ospite in città (vi trascorse un mese) a incassare riscatti e depredare opere d’arte da chiese, palazzi e conventi. Dovevano trascorrere soltanto 13 anni e Jean Baptiste Ducasse, dal Re Sole convertito da filibustiere in ufficiale, comandò un’altra ‘force de frappe’ arrecante le solite, tragiche devastazioni.

Fine dei pirati e del colonialismo
A inizio ‘700 in Europa cambiarono le intese ma a Cartagena cambiò soltanto la nazionalità del predone di turno. Con Francia e Spagna alleate il nemico divenne l’Inghilterra, che affidò le operazioni nei Caraibi al viceammiraglio Edward Vernon. Con il risultato che nel marzo del 1741 la città ricevette la visita di 21 navi da guerra, 170 da trasporto con 15.000 uomini, cui si aggiunsero 9.000 ‘marines’ e 2.000 ‘macheteros’ negri. L’assedio durò quasi un anno ma almeno stavolta – grazie al tosto eroismo di don Blas de Lezo y Olivarrieta, ricordato con un marziale monumento – si risolse con la sconfitta di Vernon.
Era il 5 aprile 1742, una data importante per Cartagena de Indias: dopo quasi 2 secoli, pirati, corsari, filibustieri e bucanieri finivano di costituire un costante, incombente pericolo. E una settantina d’anni dopo, oltretutto meritandosi il già menzionato appellativo di ‘Heroica’, la città si liberò dello status di colonia spagnola entrando a far parte della Grande Colombia. Chi oggi passeggia sui baluardi, sale sulle rampe dei castelli, si aggira tra i forti e le mura (9,5 kilometri degli 11,5 che costituirono il perimetro difensivo) può rendersi conto degli immani lavori compiuti dagli abitanti per la sopravvivenza. E’ lungo l’elenco delle difese approntate nei secoli, tante e sparse su tutta la baia: i forti del Boqueròn e di San Matias, XVI secolo; quelli di Santa Cruz, di Manzanillo, di San Fernando, di San Luis de Bocachica, i baluardi di Media Luna e del Reducto, il castello di San Felipe de Barajas, XVII; i forti di San Josè e di Santa Barbara, XVIII. Una rete di manufatti resa necessaria dalla morfologia del territorio sul quale don Pedro de Heredia fondò l’’asentamiento’, un’isolata lingua di terra separante il mare da una baia ricca di isole e lagune (Ciènegas), luogo ideale per allestirvi un porto sempre che fosse adeguatamente protetto. L’assenza di coste frastagliate e di rilievi (se si eccettua l’esigua altura de La Popa) costringeva pertanto i Cartageneros a costruire una ragnatela di ostacoli in cui imbrigliare visitatori non graditi.

Cartagena oggi: nel segno dei racconti di Gabo
E ugualmente ‘kolossal’ fu la costruzione (1650) del Canal del Dique (largo 9 metri, profondo 4) collegante la baia di Cartagena con il Rio Magdalena, corso d’acqua di grande importanza. A ‘pala y pico’, vanga e piccone, le uniche rudimentali ‘tecnologie’ del tempo, centinaia di ‘indigenas’ e schiavi negri crearono (dopo aver abbattuto una foresta di 25 chilometri quadrati per ricavare il legname necessario alla bisogna) un percorso navigabile lungo ben 114 chilometri. Superfluo evidenziare i benefici economici derivanti da questo collegamento tra il porto caraibico e Bogotà, evitando impercorribili territori e le montagne delle Ande centrali.
Grande, dunque, il passato di Cartagena de Indias. Averlo conosciuto permette un miglior contatto con l’ammaliante ‘Perla de la Colombia Caribeña’, mentre si visita la cattedrale, le chiese di San Pedro Claver, di San Domingo, il chiostro di Santa Clara, la Torre del Reloj, le piazze de los Coches e de la Aduana, il palazzo dell’Inquisizione. E rende ancor più avvincente passeggiare nelle ‘calles’ (in quella del Candilejo una scritta commenta che “sembra fatta da don Juan Tenorio”) della Cartagena ‘colonial’ di ‘Gabo’ Garcia Marquez, godere i multicolori costumi delle Palenqueras (le negre provenienti dalla vicina Palenque a vendere frutta), ammirare i tramonti dal Baluarte de Santiago