CANARIE, SETTE SORELLE FORTUNATE (CON RI-SCOPERTA DI LANZAROTE)
E nel 2012 si commemorano i 700 anni dalla ri-scoperta di Lanzarote compiuta (lo dice il nome) dal ‘xenese’ Lanzarotto Malocello…

nelle foto …. deserto a Gran Canaria, Tenerife dallo spazio, vigneti a Lanzarote, il Teide a Tenerife….

Lanzarote, las salinas

Lanzarote, las salinas

Conquistatori, navigatori, scopritori di nuovi mondi. Una natura lussureggiante e talvolta aspra, benedetta da un clima dolcissimo. Preziosità “frullate” a beneficio di un turismo dimassa sempre più imponente. Tanto alle Canarie, c’è posto pertutti!
Se Amerigo Vespucci può vantarsi di aver dato il nome a un continente,un altro navigatore italiano – nel suo piccolo – poco meno di due secoliprima fornì altrettanto involontariamente il proprio appellativo aun’isola dell’oceano Atlantico.
Nel 1312 il genovese Lanzarotto Malocello aveva infatti “riscoperto” le Canarie sbarcando sull’isola che ne ha eternato il nome. Una riscopertaperché – dimenticate nei secoli bui del Medioevo, con il bacino del Mediterraneo turbato dalle discese barbariche e successivamentedall’invasione islamica – le Canarie erano già conosciute durante l’etàclassica.

Isole sul bordo del “grande charco”

Ritenute le terre superstiti della mitica Atlantide, furono chiamate“Isole Fortunate” e “Giardino delle Esperidi”, tanto per evidenziare chele sette isole dell’arcipelago a ovest della costa africana non eranonote soltanto come entità geografica.
Fortunata è una terra dal clima dolce, ricca di frutti e baciata dal sole diuna tiepida, costante, eterna primavera. Chi non fosse d’accordo facciaun salto a Hermigua: tra viti e piantagioni di banane un cartellostradale all’ingresso della bella cittadina dell’isola de La Gomeraproclama “Aquì tenemos el mejor clima del mundo”.Due i fautori di un clima così invidiabile: le fresche correnti marine -una sorpresa per chi pensava di tuffarsi nelle calde acque tropicali o inquelle brodose del nostrano Adriatico – e l’anticiclone delle vicineAzzorre, periodicamente citato nel bollettini meteorologici.
A fine estate il connubio “aria-acqua” dà vita agli Alisei, quel vento in poppa che spinse Colombo a battezzare l’America con l’acqua di unpozzo de La Gomera (divenuto attrazione storica) che oggi dispensaidentici favori alle non vistose barche di ignoti velisti e ai lussuosiyachts di personaggi del jet set mondiale, che attraversano l’Atlantico(per gli ispano-americani “el grande charco”, la grande pozzanghera)
fuggendo dall’ormai infreddolito Puerto Banùs verso i tepori delleacque caraibiche.

I proventi del turismo? Quasi tutti nella “Peninsula”

Prima del grande balzo su “La Mar Oceana” (così chiamato dainavigatori e dagli ammiragli di Castiglia per il rispetto che incuteva e isegreti che custodiva) i necessari rifornimenti di bordo e una civettuolapunta di mondanità impongono una sosta a Puerto de Mogàn, nellaGran Canaria. Il direttore dello Yacht Club e del porto progettato nel
1980 da Raphael Neville (autore anche del sardo Port Raphael) fa unacerta fatica – riservatezza professionale e rispetto della “privacy” sonod’obbligo – a sussurrare i nomi dei “famosos y poderosos” componenti(leader assoluto fu a suo tempo Julio Iglesias); un Gotha del jet setche ogni Circolo della Vela agognerebbe ospitare.Puerto de Mogàn, in tutte le sette isole Canarie (Gran Canaria,Fuerteventura, Lanzarote, Tenerife, La Palma, La Gomera, El Hierro)
resta comunque, se non l’unica, quantomeno la più mondana, meglio dicasi raffinatamente snobistica località dell’arcipelago.
Se si esclude il citato Puerto (e la tranquilla Puerto de la Cruz, pionieradell’industria del tempo libero a Tenerife) è infatti il turismo di massa afarla da padrone nelle Isole Fortunate, dispensanti albergoni a 3, 4 e 5 stelle, discoteche, bowling, negozi di souvenir, ristoranti e pizzerie concibi e prezzi da catene charter.

Gran Canaria

Gran Canaria, deserto

Gran Canaria, deserto

L’invenzione del jet ha dato un colpo di frusta alla sonnecchiante storiadelle Canarie e una svolta alla precaria economia, sempre che non siascoltino le lamentele dei Canarios di nascita, secondo i quali la fettapiù cospicua del boom turistico è finita nella “Peninsula” (così è chiamata la Spagna metropolitana) o nei dividendi azionari degli
investitori centroeuropei.Ma appunto perché Fortunate, le Canarie si sono ritrovate con ilfenomeno del “Fastfood Turistico” localizzato e circoscritto alle duegrandi urbanizzazioni, concentrazioni alberghiere nel sud delle due più
grandi e importanti isole (Gran Canaria e Tenerife) capitali dialtrettante province. Se così non fosse, il compito del cronista sisarebbe limitato a un freddo elenco di alberghi, discoteche, “tablaos”di improbabili “flamenco” e a non esaltanti descrizioni di escursioni incammello con shopping incorporato.
E’ il caso quindi di dare un occhio alla scoperta delle “altre” Canarie,quelle più vere e genuine.

Santa Cruz de la Palma

Non esistono cammelli – buon per loro che non debbano affrontare lemaggiori altitudini del mondo in relazione alla superficie – sull’ “IslaBonita” ufficialmente e geograficamente nota come Señor San Miguelde La Palma, prolisso e bigotto nome (era l’usanza dei tempi) impostodal Conquistador don Alejandro Fernandez de Lugo. Oltre ai cammelli,
non esistono nemmeno (diciamo pure, fortunatamente) solideinfrastrutture ricettive, ove si escluda qualche albergo di dimensioniumane e un Parador nei pressi della capitale Santa Cruz. La Isla è però(e forse anche per questa assenza di turismo di massa) “bonita”,dolcissima, profumata, ricca di paesaggi incredibili. Il viaggiatore non
dovrà ricorrere a un bicchiere di ottimo bianco delle “BodegasTeneguia” – sì, un vino secco e non zuccherino alla stessa latitudine diLuxor e del Kuwait – né a un profumato sigaro di produzione locale: adare ebbrezza basta il panorama dai 2.400 metri del picco sovrastantela Caldera de Taburiente, il più grande cratere della Terra; è sufficienteaffacciarsi sullo spento vulcano San Antonio, un catino di nera sabbialavica trapuntata di pini verde smeraldo.Abituati a incontrare alberi e piante ad altitudini e in paesaggi bendefiniti, si restaperplessinell’attraversare campagne dove il castagnoprotegge le larghe foglie del banano, il fico d’India cresce sotto il pino.Santa Cruz de la Palma è inoltre, tra i capoluoghi delle Canarie, ladepositaria delle più ricche tradizioni storiche e artistiche
dell’arcipelago: porto di scalo sulla rotta delle Americhe, divennecentro di traffici e commerci gestiti dai fiamminghi, sudditi dell’imperospagnolo, che costruirono piacevoli case dalle balconate in stileandaluso-portoghese e importarono opere d’arte di buona fattura daGand, Bruges, Anversa.

Hierro, l’isola del meridiano zero

Penalizzata dalle minuscole dimensioni – è la più piccola del lotto,duecento ottantasette chilometri quadrati – e dall’assenza di unaccettabile porto naturale, El Hierro fu almeno compensata con laposizione più occidentale dell’arcipelago. Questa particolarità leassegnò, fin dai tempi antichi, il simbolico passaggio del convenzionale
Meridiano Zero e per secoli, in attesa della scoperta colombiana, aovest di Hierro si aprirono orizzonti sconosciuti, perdurò un misteroche affascinò generazioni di studiosi e navigatori. Se non che, pocomeno di due secoli fa, l’imperiale osservatorio geografico di Greenwich si appropriò del meridiano zero, lamenta il guardiano del faro di
Orquilla, vittima dell’espropriazione britannica, in un ottimo spagnolola cui purezza è garantita dai settemila “Herreros” intenti a lavorare unfertile altopiano contornato da boschi di pini, faggi e sabine.
Contraltare ai grandi agglomerati turistici di Tenerife e Gran Canaria, ilParador del Hierro pecca persino di eccessivo isolamento: al centro diuna spiaggia sassosa che si distende ad arco su una grande baia, nellapiù assoluta solitudine, è il non plus ultra per coppie in vena ditenerezze e manager stressati.

La Gomera: dai Guanchos a trampolino per le Americhe

Dallo Stretto di Gibilterra Colombo partì per la Scoperta dell'America (via le Canarie....)

Dallo Stretto di Gibilterra Colombo partì per la Scoperta dell’America (via le Canarie….)

Terza delle tre isole più occidentali, La Gomera, oltre al già accennato“mejor clima del mundo” (identica certezza è peraltro sbandierataanche nell’entroterra di Puerto Mogàn) possiede importanti ricordistorici colombiani “in esclusiva” (alla vigilia del “descubrimiento”l’isola era l’unica delle Canarie in cui era stata completata la “pulizia
etnica” nei confronti della popolazione locale, i Guanchos, eppertantole navi potevano ormeggiare in sicurezza).
La Gomera fu infatti una sorta di Capo Canaveral ante litteram e dalsuo porto cominciò il vero e proprio “lancio” verso l’Ignoto delleimbarcazioni comandante dall’Almirante de la Mar Oceana. Ovviopertanto il vanto delle guide locali commentanti – dopo aver indicato ilpozzo che contenne l’acqua imbarcata per la traversata – che “l’acqua
de La Gomera battezzò l’America” (o quantomeno i primi Indiosincontrati nel Nuovo Mondo). E gli entusiasmi dei “ciceroni” nonscemano durante la visita alla ben preservata chiesa della Asunciòn, adammirare il punto in cui il Descubridor assistette all’ultima Messa.“Colombo è bello”, è pertanto lo slogan imperante a La Gomera; ma
non mancano altre bellezze e curiosità: ad esempio i bei terrazzamentiche l’erba primaverile colora di verde intenso e l’intrigante “linguaggiofischiato” degli abitanti per comunicare tra le profonde vallate.

Gran Canaria e Tenerife, figlie dei vulcani

Situate al centro dell’arcipelago e di maggiori dimensioni rispetto allealtre cinque “sorelle”, Tenerife e Gran Canaria (i cui capoluoghicostituiscono le capitali delle due province canarie) sono anche le piùnote perché pubblicizzate dal turismo di massa (presente, ma inmisura inferiore, anche a Lanzarote e Fuerteventura).Oltre alla già accennata mondanità di Puerto de Mogàn, a un clima chenon è azzardato definire magnifico (24° di temperatura media, quasi
365 giorni di sole all’anno) a bucoliche “casas rurales” nell’interno ealla curiosità offerta dalla bella capitale Las Palmas (posta su una largastriscia di sabbia congiungente l’isola principale a La Isleta, permettedi scegliere quotidianamente il mare migliore in cui nuotare) GranCanaria entusiasma chi cerca quel poco che resta dei prodigi dimadrenatura. Ecco pertanto il quarantatre per cento del territorioecologicamente protetto; specie endemiche, e uniche al mondo,proposte da una flora senza pari.
Non meno ricca di alberi e piante, per la gioia degli scienziati, evantante di ospitare la montagna più alta di Spagna (l’assopito vulcanoTeide, 3717 metri) Tenerife può essere definita l’emblema, lostereotipo, un “condensato” delle Canarie.
Una sosta di pochi giorni permette di spaziare dalla storia (la bellacittà universitaria di La Laguna, prima capitale dell’isola) alla natura(vigneti e frutta nella lussureggiante Valle de La Orotava); da visioni dipaesaggi lunari (la salita al Teide, iniziata nel verde di foreste diconifere e conclusa tra inquietanti sculture modellate dalla lava) a magnifici panorami marini (Los Gigantes, nere rocce contornantiGarachico, bella cittadina storica già distrutta dalle lave del Teide).

Influenze africane a Furteventura e Lanzarote

lanzarote viteDato un occhio alla carta geografica si dubita che, a un centinaio di chilometri dalle sabbie e dai venti del Sahara, queste due isole possanorisultare “Fortunate” come le già descritte sorelle. In effetti i paesaggi cambiano; la natura, leggi la flora, si presentadiversa, meno rigogliosa, esuberante, per una minore presenza dialberi e piante autoctone;in compenso i paesaggi e i fenomeni naturali(la sabbia al “Fuerte” e la lava a Lanzarote) intrigano e piacciono; per
dirla turisticamente: “valgono il viaggio”.A Fuerteventura basta un veloce sopralluogo per capire che le Esperidi non vi abitano più, o meglio, a meno di impensabili sconquassigeologici succedutisi nei secoli, non vi hanno mai messo piede.
Il “Fuerte” – e giusto per fare onore al nome, Franco la trasformò inuna grande caserma della “Legiòn” straniera spagnola e vi inviò alconfino alcuni oppositori, tra cui Miguel de Unamuno – non è cambiatomolto dai tempi, inizio Quattrocento, dello sbarco dei nobili francesiJean de Bethencourt e Gadifer de la Salle.
Brulla e inospitale, popolata da capre disseminate su montagne nonossessivamente alte ma toste e ininterrotte, Fuerteventura tirò avantinel peggiore dei modi restando un feudo di famiglie in continua disputa, fino a essere – non più tardi di due secoli fa – incorporata nello Stato spagnolo, ma restando totalmente emarginata dal resto del
mondo.
Ma è proprio questo suo aspetto di lembo d’Africa staccatosi dal Continente Nero a intrigare il viaggiatore. Ultimamente le infinitespiagge sabbiose – battute da un vento talvolta fastidioso e sgradevole ma apportatore di refrigerio – si sono rivelate una vera ricchezza,attirando legioni di windsurfisti. Sono gli stessi “aficionados” alla
velocità e alle capriole acquatiche che tra Fuerteventura e Lanzarote guizzano, sguazzano e sgusciano con la loro flotta di “tavole” intornoal ferry carico di turisti e auto.

Il genovese Lanzarotto, non la riconoscerebbe più.

Lanzarote, più che un’isola è una curiosità, un mistero, un insieme disensazioni. Lanzarotto Malocello resterebbe perplesso davanti all’isolada lui “riscoperta” circa sette secoli fa. Da allora la morfologia èprofondamente cambiata. A metà del Settecento uno dei trecentovulcani di Lanzarote entrò in agitazione e per vent’anni ne distrusse la
geografìa; per dirla in gergo moderno la ristrutturò come un architetto.Un altro architetto, stavolta in carne e ossa, il lanzarotegno CèsarManrique, ha completato l’opera del vulcanico predecessore dandorecentemente all’isola un aspetto forse bizzarro e discutibile maaffascinante.
Architetti e look sono sinonimi di pianificazione e turismo organizzato. Non va negato che la Costa Teguise e Puerto del Carmen siano centri diinvestimento e sviluppo alberghiero: nonostante ciò le costruzioni el’ambiente non risultano ossessionanti e oppressivi. La campagna, poi, è deliziosa, ricca di colori, curata e accudita, quasi a fare da contrasto con i paesaggi lunari che si aprono all’ingresso del Parco Nazionale di Timanfaya.
Sul nero della sabbia lavica si sovrappongono, con una uniformità forse leziosa, il bianco dei muri e il verde di finestre, porte e comignoli di case che dopo il “maquillage” dell’architetto-demiurgo Manrique
appagano l’occhio ma possono aver perso la loro identità contadina. Meglio l’elegante turismo degli architetti o gli antichi Giardini delle Esperidi?

Segno caratteristico: turismo di massa

spagna canarie tenerife teideBenvenuti alle Canarie, dunque, un “ensemble” di isole forse “venduto”male perché – nel nome della tintarella e dimenticando tante altreattrazioni – se ne è evidenziata soltanto la “parte balneare”, quasi sitrattasse di Maldive “più vicine e a basso costo”. Ma ormai (concettoperaltro già affermato a suo tempo dal Cav. Benito Mussolini) “il
numero è potenza”, eppertanto, turisticamente parlando, i “grandinumeri” delle catene charter e dei mega alberghi superaffollati,“rendono di più” di qualche viaggiatore individuale, attento, intrigatodalle bellezze della natura.
Fortunatamente, nelle Isole Fortunate c’è posto per tutti e non solo perchi chiede di sparapanzarsi in piscina, ingerendo Coca Cola “allinclusive” a gogò.