da Sportivamente mag …. nella foto di copertina: Xavier Bonomi (la aficiòn tennistica prosegue….)

La coppa davis 76 fuor di ipocrisie

Svezia, tennis a Baatad

Svezia, tennis a Baatad

Nel settembre del ’73 il “destrorso” – si fa per dire – generale Augusto Pinochet aveva preso il potere in Cile, intanto che in Italia era ancora di moda “essere di sinistra”. Figurarsi pertanto il casino che venne fuori quando l’Italia tennistica si qualificò per la finale di Coppa Davis, non solo contro il Cile ma pure a Santiago, nella tana del golpista. Apriti cielo! Immediati i cortei in cui si esclamavano slogan-mantra tipo “Non si giocano volé contro il boia Pinochet”. E si aprirono pure studi televisivi ospitanti dibattiti aventi per oggetto proclami ‘antifascisti’ (e per me anche antituristici) tipo “No al viaggio in Cile!”, “Niente Davis, si resta a casa!”.

Beninteso, avevo accennato all’ipocrisia, il deciso e perentorio “no!” alla trasferta sportiva era proclamato mentre rimaneva accesa la luce rossa delle telecamere. Ma appena terminata la diretta – come mi riferirono gli amici della federazione tennis – il senatore Pirastu, responsabile sport del Pci e soprattutto buon e appassionato tennista, zompò sui sorpresi giocatori della nazionale e intimò loro con tifoso entusiasmo “Mi raccomando, ragazzi, portate a casa la Davis!”.

E la crociata anti Cile ovviamente non si limitò a dibattiti tivù. Sui giornali l’intellighenziatuonava proclamando: “Abbasso il Cile reazionario, niente viaggi, niente rapporti commerciali, tantomeno quelli sportivi”. Peccato solo che l’Italia, chiamiamola “ipocrisia commerciale”, continuasse, sia pure di nascosto, a vendere al Cile e a comprare dal Cile merci varie e prodotti industriali (senza il rame molte fabbriche si fermano e il rame si trova, quasi, soltanto da quelle parti).

E peccato, in questo caso chiamiamola “ipocrisia sportiva”, che mentre si voleva impedire di andarvi a giocare a tennis, da ben due anni una squadra ciclistica sponsorizzata dalla Fiat andasse a correre regolarmente il Giro del Cile riservato ai dilettanti.

Come la storia e gli Annales tennistici raccontano, ‘alla fine della fiera’ – è proprio il caso di usare questo vecchio detto meneghino – Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli partirono per il Cile, contornati da addetti ai lavori, scribi e appassionati da me organizzati.

All’arrivo nella capitale cilena, oltre agli addetti al transfer e alla polizia posta alle nostre calcagna (dopo tanti blablabla rimbalzati dagli Appennini alle Ande, eravamo considerati alla stregua di pericolosi rivoluzionari bolscevici) a me e a Gianni Clerici – celebre cronista tennistico ma pure viveur – appare, bella quanto inattesa, la bruna Soledad. Ci avrebbe riservato una sorpresa.

Una sera, mancava poco alle 23, ora di inizio del Toque de Queda, il coprifuoco voluto da Pinochet, Soledad ci chiede se può fermarsi a dormire con noi. Il nostro albergo, lo Sheraton San Cristobal, è lontano dal centro, un taxi costa caro. Ci mancherebbe! Con mucho gusto! Congedati invidiosi aficionados, dirigenti e giocatori, ci affrettiamo cristianamente a ospitare la Muchacha. La quale, appena coricatasi, respinge una mano inavvertitamente vagante, chiede pardòn e porge un foglio dattiloscritto contenente il seguente testo: “Università di Santiago del Cile, facoltà di Medicina: con la presente si dichiara che la señorita Soledad XYZ è affetta da Dermosifilopatia. In fede prof. XYZ”.

Cosa esternare a Soledad se non un ammirato “Chapeau!” eppoi, eruditi dal detto latino “In dubio abstine”, concederci un riposante sonno?