Dallo Stretto di Magellano alla bella Regiòn de los Lagos alle Ande del deserto di Atacama, prima, veloce relazione anticipante più lunghe descrizioni
gpb per www.mondointasca.org del 14/10/2009
Paese che ha inizio a metà del Sud America (clima caldo) e finisce nelle gelide acque del Polo Sud (clima di conseguenza, ma per colmo di ironia chiamato “Tierra del Fuego”), il Cile è una lunghissima e interessantissima terra, baciata dalla Natura, sulla quale vale la pena soffermarsi ….
Los Lagos, in attesa del ferry
Quelli del Turismo della Regiòn de los Lagos (un gran bel posto, laghi, vulcani, mare e isole tra la capitale Santiago e l’estremo sud del Paese, la Tierra del Fuego) mi scrivono chiedendomi se voglio fare una gita nel Cile. Una domanda (dalla risposta, te pareva, scontata) contenente una proposta che era poi un invito, e di quelli da gran signori, perché oltre al mangiare, bere e dormire (invece del ben noto “lavatura e stiratura” reso celebre da Totò) l’omaggio era esteso pure ai voli necessari per arrivare colà eppoi per vedere quanto andava visto.
Cile: monti, colline e isole, illuminati dal Pacifico
L’invito faceva cenno a una visita al Travelmart, la Fiera del Turismo dell’America Latina, una manifestazione itinerante che annualmente si sposta nei Paesi del Nuovo continente e quest’anno è finita in Cile, a Puerto Varas, poco distante da Puerto Montt che della Regiòn de los Lagos è la capitale. Ma ancor più dichiaratamente i managers della Sernatur (l’ente del Turismo cileno) motivavano questo loro investimento (mica roba da poco, almeno per quanto concerne i costi nel portare in giro lo scrivente, non tanto per il volare e il dormire quanto per il mangiare e il bere) con la decisione di far vieppiù conoscere (soprattutto agli europei addetti ai lavori turistici) quant’è bello il loro Paese (che bello lo è davvero davvero, ma ciò sarà convenientemente e lungamente dettagliato mediante successivi scritti più seri e meditati).
Natura cilena e argentina sempre in gara, laggiù, nel sud…
A tanto valida motivazione si aggiunga poi che chi fa turismo incoming nel Cile, non poteva ulteriormente sopportare che quei ‘listos’ (furbetti) dei vicini argentini (con i quali non è che si guardino in cagnesco ma nemmeno si adorano) si pappassero in toto immagine e nomi di tante belle cose da vedere nel cosiddetto “Cono Sur” del continente americano, lasciando poco più che le briciole al Cile che sta dall’altra parte delle Ande. Eh sì, perché (soprattutto per chi vive nel Belpaese, i cui antenati emigranti sono in gran parte finiti a Buenos Aires e dintorni a ballare il Tango) sarebbe il caso di ricordare che di Patagonia non c’è solo quella argentina, ma c’è pure quella cilena. E così pure, se si parla di Tierra del Fuego o di ghiacciai delle Ande, c’è sì una parte atlantica posseduta dagli adoratori di Maradona, ma ce n’è pure una pacifica (nel senso di oceano) di identica bellezza, e anche più intrigante se al viaggiatore piacciono i vulcani; tra attivi e spenti ce ne sono duemila.
Cile, così lungo, così splendidamente diverso
Ed eccomi pertanto a scorrazzare su e giù per il lunghissimo Cile, una infinita (qualcosa meno di cinquemila chilometri e tra monti, fiordi, coste frastagliate e vulcani è proprio il caso di misurare a spanne) fettuccia di terra affacciata sulle acque del Pacifico sudorientale, dal Tropico del Capricorno (e ciò nonostante mica fa caldo, con quella barbina corrente di Humboldt e le altitudini andine) alle porte dell’Antartide.
Perché, grazie ai cosiddetti Pre e Post (prima e dopo la visita al citato Travelmart, evento turistico latinoamericano gestito però da un Gringo made in Usa) Fam Trips, avevo chiesto e ottenuto, nel rispetto di una doverosa par condicio, di vedere (oltre alla citata Regiòn de los Lagos) sia il Sud cileno, caro a Darwin e Magellano, sia il Nord del deserto di Atacama, che con la sua benefica terra arricchì l’agricoltura di mezzo mondo fin quando i soliti tedeschi non inventarono un fertilizzante chimico che mise fuori mercato il celebre Nitrato del Cile.
Il Curanto di Chiloè
E fosse solo per parafrasare Aiazzone, nella trasferta non poteva non essere compresa un’isola, Chiloè (alla cui promozione turistica, dal municipio di Castro, la capitale, provvede l’effervescente Cecilia Yañez, ideatrice e quindi diretta ‘responsabile’ della mia gita cilena). Un posto da vedere perché oltre alle grandi dimensioni vanta sedici chiese gesuitiche Patrimonio dell’Umanità e il gioioso Curanto, un bel momento di amichevole, tradizionale vita sociale non solo perché si degustano sapidi cibi terrestri e marittimi cotti sottoterra (il tutto – come si diceva una volta – ‘innaffiato’ dal signor vino cileno, peraltro ormai ben noto nel Belpaese per l’aggressivo marketing che lo ha piazzato nei nostrani supermarket a prezzi davvero giusti). Una bella gita, dunque, che racconterò con l’attenzione dovuta a un Paese che di attenzione ne merita molta, soprattutto perché diverso da altre destinazioni sudamericane.
Fiesta Patria quasi sottozero!
Un posto ‘serioso’ il giusto (a Punta Arenas, sul freddo Stretto di Magellano, ho trascorso il giorno della Fiesta Patria, il 18 settembre e tra i colbacchi della truppa e le prussiane divise dei loro ufficiali nella parata militare non sembrava davvero di stare sullo stesso continente del Samba e delle sventolanti tette carnascialesche). Un posto che però, grazie a costumi e tradizioni latine (ai Conquistadores seguì ovviamente tanta emigrazione spagnola) lascia generoso spazio alle tante e piacevoli debolezze della vita (‘magnare’ bere dormire folclore, per il godimento di chi non va in giro soltanto per mostrare l’abbronzatura al vicino di casa, ma chi parte verso il sole delle Ande ricordi di portarsi appresso la Protezione 35). C’è da fidarsi di quello che racconterò sul Cile? Beh, colà ho trascorso quindici giorni; tra voli per arrivarvi e poi per vederlo sono stato in aria per complessive quarantun ore; e se si parla di distanze penso di essermi gargarizzato non meno di trentatremila chilometri; forse di più. Quanto basta per poter essere fedele cronista. Dopodichè, per parafrasare il ben noto Racconto Mensile deamicisiano, anch’io sono andato ‘dagli Appennini alle Ande’. Ma mica quelle dell’Argentina: quelle del Cile.
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