Quelli del Turismo della Regiòn de los Lagos (un gran bel posto, laghi, vulcani, mare e isole tra la capitale Santiago e l’estremo sud del Paese, la Tierra del Fuego) mi scrivono chiedendomi se voglio fare una gita nel Cile ….

Vulcano Osorno, dal volo Hornopiren - Puerto Montt

Vulcano Osorno, dal volo Hornopiren – Puerto Montt

……… una domanda (dalla risposta, te pareva, scontata) contenente una proposta che era poi un invito, e di quelli da gran signori, perché oltre al mangiare, bere e dormire (invece del celeberrimo “lavatura e stiratura” reso celebre da Totò) l’omaggio era esteso pure ai voli necessari per arrivare colà eppoi per vedere quanto andava visto.

L’invito faceva cenno a una visita al Travelmart, la Fiera del Turismo dell’America Latina, una manifestazione itinerante che annualmente si sposta nei Paesi del Nuovo continente e quest’anno è finita in Cile, a Puerto Varas, poco distante da Puerto Montt che della Regiòn de los Lagos è la capitale. Ma ancor più dichiaratamente i managers della Sernatur (l’ente del Turismo cileno) motivavano questo loro investimento (mica roba da poco, almeno per quanto concerne i costi nel portare in giro lo scrivente, non tanto per il volare e il dormire quanto per il mangiare e il bere) con la decisione di far vieppiù conoscere (soprattutto agli europei addetti ai lavori turistici) quant’è bello e il loro Paese (che bello lo è davvero davvero, ma ciò sarà convenientemente e lungamente dettagliato mediante successivi scritti più seri e meditati).

A tanto valida motivazione si aggiunga poi che chi fa turismo incoming nel Cile non poteva ulteriormente sopportare che quei furbetti dei vicini argentini (con i quali non è che si guardino in cagnesco ma nemmeno si adorano) si pappassero in toto immagine e nomi di tante belle cose da vedere nel cosiddetto Cono Sur del continente americano lasciando poco più che le briciole al Cile che sta dall’altra parte delle Ande. Eh sì, perché (soprattutto per chi vive nel Belpaese, i cui antenati emigranti sono in gran parte finiti a Buenos Aires e dintorni a ballare il Tango) sarebbe il caso di ricordare che di Patagonia non c’è solo quella argentina, ma c’è pure quella cilena. E così pure, se si parla di Tierra del Fuego o di ghiacciai delle Ande, c’è, sì, una parte atlantica posseduta dagli adoratori di Maradona ma ce n’è pure una pacifica (nel senso di oceano) di identica bellezza (fors’anche più intrigante se al viaggiatore piacciono i vulcani, tra attivi e spenti ce ne sono 2000).

Maullìn

Maullìn

Ed eccomi pertanto a scorrazzare su e giù per il lunghissimo Cile, una infinita (qualcosa meno di 5000 kilometri, e tra monti, fiordi, coste frastagliate e vulcani è proprio il caso di misurare a spanne) fettuccia di terra affacciata sulle acque del Pacifico sudorientale, dal Tropico del Capricorno (e ciò nonostante brrr che freddo con quella barbina corrente di Humboldt e le altitudini andine) alle porte dell’Antartide.

Perché, grazie ai cosiddetti Pre e Post (prima e dopo la visita al citato Travelmart, evento turistico latinoamericano gestito però da un Gringo made in Usa) Fam Trips, avevo chiesto e ottenuto, nel rispetto di una doverosa par condicio, di vedere (oltre alla citata Regiòn de los Lagos) sia il Sud cileno, caro a Darwin e Magellano, sia il Nord del deserto di Atacama, che con la sua benefica terra arricchì l’agricoltura di mezzo mondo fin quando i soliti tedeschi non inventarono un fertilizzante chimico che mise fuori mercato il celebre Nitrato del Cile.

E fosse solo per parafrasare Aiazzone, nella trasferta non poteva non essere compresa un’isola, Chiloè (alla cui promozione turistica, dal municipio di Castro, la capitale, provvede l’effervescente Cecilia Yañez, ideatrice e quindi diletta ‘responsabile’ della mia gita cilena). Un posto da vedere perché oltre alle grandi dimensioni vanta 16 chiese gesuitiche Patrimonio dell’Umanità e il gioioso Curanto, un bel momento di amichevole vita sociale non solo perché si degustano sapidi cibi terrestri e marittimi cotti sottoterra (il tutto – come si diceva una volta – ‘innaffiato’ dal signor vino cileno, peraltro ormai ben noto nel Belpaese per l’aggressivo marketing che lo ha piazzato nei nostrani supermarket a prezzi davvero giusti).

Il centro di Capitàn Pastène all'epoca dell'emigrazione emiliana...

Il centro di Capitàn Pastène (poco distante dalla regione dei laghi)  all’epoca dell’emigrazione emiliana…

Una bella gita, dunque, che racconterò con l’attenzione dovuta a un Paese che di attenzione ne merita molta, soprattutto perché diverso da altre destinazioni sudamericane. Un posto ‘serioso’ il giusto (a Punta Arenas, sul freddo Stretto di Magellano, ho trascorso il giorno della Fiesta Patria, il 18 settembre, e tra i colbacchi della truppa e le prussiane divise dei loro ufficiali nella parata militare non sembrava davvero di stare sullo stesso continente del Samba e delle sventolanti tette carnascialesche). Un posto che però, grazie a costumi e tradizioni latine (ai Conquistadores seguì tanta emigrazione spagnola) lascia generoso spazio alle tante e piacevoli debolezze della vita (magnare bere dormire folklore per il godimento di chi non va in giro soltanto per mostrare l’abbronzatura al vicino di casa (ma chi va sulle Ande ricordi di portarsi appresso la Protezione 35).

C’è da fidarsi di quello che racconterò sul Cile? Beh, colà ho trascorso 15 giorni; tra voli per arrivarvi e poi per vederlo sono stato in aria per complessive 41 ore; e se si parla di distanze penso di essermi gargarizzato non meno di 33.000 kilometri, forse di più.

Per dirla col ben noto Racconto Mensile, anch’io sono andato ‘dagli Appennini alle Ande’. Ma mica quelle deamicisiane dell’Argentina: quelle del Cile.

x mondointasca.org 2009