1 Cile-Italia (1976 e 2011) di Coppa Davis
Dal 16 al 18 settembre 1976 la nazionale italiana di tennis sfidò il Cile per la conquista della Coppa Davis. Nel 2011 alta sfida per il ritorno nella Serie A, un Areopago mondiale di 16 Teams, del noto e storico torneo che assegna in premio la famosa “Insalatiera”. Ecco un Amarcord turistico-politico-sportivoInsalatiera che tale non è (preciserebbe il mio amico Rino Tommasi, tanto pignolo quanto dotto enciclopedico sportivo) trattandosi invece di una Bowl, un tradizionale recipiente usato dagli Yankees per il Punch, bevanda-intruglio moderatamente alcolica ammannita durante i Parties a chi, optando per una sbronza minore, non si inciucca di Scotch, Bourbon e Gin&Tonic. Cile-Italia di Coppa Davis, dunque. Ma stavolta si tratta di un semplice spareggio, chi perde resta in Serie B, mentre “l’altra volta”, laggiù nell’estremo sudovest delle Americhe, l’Italia andò a vincere l’argenteo trofeo messo in palio nel 1899 da Mr. Dwight Davis (allora studente, oltre che tennis man, ad Harvard, eppoi importante politico Usa).Palla e racchetta nell’emisfero sud
Una vicenda storica, era il dicembre ’76, la conquista della Coppa Davis (destinata a essere unica) che io vissi addirittura in triplice veste: di organizzatore della trasferta (stampa e tifosi); di cronista (quotidiani minori, riviste tennistiche e turistiche mica potevano permettersi di mandare un giornalista fin laggiù) e di viaggiatore (visto che era la prima volta che andavo in Cile, dovetti ritagliarmi anche il ruolo di turista). Eccomi pertanto – in occasione di questa nuova trasferta del tennis italiano nel Paese sudamericano – a ritenermi quanto mai titolato a comporre un Amarcord su quanto accaduto 35 anni fa. Titolato, e lo riaffermo, perché oltre alle già menzionate funzioni di organizzatore, scriba e viaggiatore, vissi sulla mia pelle (con apprensione e interesse per motivi professionali, con estrema curiosità perché dottore in Scienze Politiche) anche le tragicomiche (non meno che polemiche) vicende che anticiparono la partenza-fuga degli Azzurri per Santiago del Cile (nottetempo e soprattutto clandestina, pareva il contrabbandato imbarco di Eichmann per Israele inventato dal Mossad all’aeroporto di Buenos Aires). Vicende che devo comunque ringraziare perché mi permisero (se mai ve ne fosse stato bisogno) una volta di più (e forse definitivamente) che – ovunque, non parliamo poi nel Belpaese – la politica altro non è che ipocrisia allo stato puro. E passo a narrare.No, in Cile, non s’ha da andare!
Nel settembre del ’73 il (si fa per dire) “destrorso” generale Pinochet aveva preso il potere in Cile, intanto che in Italia era ancora di moda “essere di sinistra” (mentre adesso, ma è solo una mia idea, cadute le grandi ideologie del XX secolo, mi sembra che non ci siano più né destra né sinistra, e forse nemmeno il centro: colpa, forse, dell’impossibilità di assegnare un credo politico al Lele Mora e al bunga bunga). Figurarsi pertanto il casino che venne fuori quando l’Italia tennistica si qualificò per la finale di Coppa Davis, non solo contro il Cile ma pure a Santiago, nella tana del golpista! Apriti cielo! E di sicuro si aprirono le strade per cortei in cui si esclamavano slogan-mantra tipo “Non si giocano volé contro il boia Pinochet”. E si aprirono pure studi televisivi ospitanti dibattiti aventi per oggetto proclami ‘antifascisti’ (e per me anche antituristici) tipo “No al viaggio in Cile!”, “Niente Davis, si resta a casa!” (N.B. Stranezza, a quei tempi, nonostante quanto confessato da Kruscev, Stalin, quanto a bontà d’animo era ancora ritenuto più mansueto di una dama della San Vincenzo, talchè l’Italturist organizzava viaggi a Mosca senza che alcuno facesse un plissè. Mah).Negazioni (al viaggio) con “riserve”
Beninteso (avevo accennato all’ipocrisia) il deciso e perentorio “No!” alla trasferta sportiva era proclamato mentre permaneva accesa la luce rossa delle telecamere. Ma appena terminata la diretta (ricordo bene quanto mi riferirono gli amici della federazione tennis) il senatore Pirastu (‘responsabile sport’ del Pci e soprattutto buon e appassionato tennista) zompò sui sorpresi giocatori della nazionale e intimò loro con tifoso entusiasmo “Mi raccomando, ragazzi, portate a casa la Davis!”. E la crociata anti Cile ovviamente non si limitò a dibattiti tivù. Sui giornali la Intellighenzia tuonava proclamando: Abbasso il Cile reazionario, niente viaggi, niente rapporti commerciali, tantomeno quelli sportivi. Peccato solo che l’Italia (chiamiamola “ipocrisia commerciale”) continuava (sia pur di nascosto) a vendere al Cile e a comprare dal Cile merci varie e prodotti industriali (senza il rame molte fabbriche si fermano e il rame si trova, quasi, soltanto da quelle parti). E peccato solo (in questo caso chiamiamola “ipocrisia sportiva”) che mentre si voleva impedire di andarvi a giocare a tennis, da ben due anni una squadra ciclistica sponsorizzata dalla Fiat andasse a correre regolarmente il Giro del Cile (dilettanti).Alla fine, tutti in Cile!
Come la storia e gli Annales tennistici raccontano, ‘alla fine della fiera’ (è proprio il caso di usare questo vecchio detto meneghino) Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli partirono per il Cile, contornati da addetti ai lavori, scribi e appassionati da me organizzati (tutta gente, dai giocatori alla aficiòn, civile e per bene, il tennis non è mica quel coacervo di gasati con la puzza sotto il naso chiamato Pallone). E nel Cile che bel soggiorno (alla faccia del dittatore: se si dovesse confondere il turismo con la politica, quanti posti in meno si dovrebbe andare a vedere?) in quel dicembre del ’76. Era pure estate, ma a Viña del Mar la temperatura dell’acqua non superava i 14°, e fu così che, per ammaliare le bella Soledad tuffandomi nel Pacifico, rimediai afonia e cacarella che mi ridussero, ancorché brevemente, sul pavè. Conterò il tutto in una prossima confessione.
(1. Continua)
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2 Cile-Italia (1976 e 2011) di Coppa Davis (tomo secondo)
Dal 16 al 18 settembre 1976 la nazionale italiana di tennis sfidò il Cile per la conquista della Coppa Davis. Nel 2011 alta sfida per il ritorno nella Serie A, un Areopago mondiale di 16 Teams, del noto e storico torneo che assegna in premio la famosa “Insalatiera”. Ecco un Amarcord turistico-politico-sportivo
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