A volte (non parliamo, poi, se in età avanzata) non ti ricordi cos’hai fatto 40 minuti prima. Pensa un po’ se è mai possibile ricordare cos’hai combinato (ben) 40 anni fa. Se però a quella data accadde qualcosa di simpatico, un pochino importante nonchè coinvolgente le tue vicende personali, il ricordo può presentarsi tuttora assai nitido alla faccia degli 8 lustri trascorsi.
Mi accade, ad esempio, ricordando un ameno viaggio a Santiago del Cile in occasione della finale di Coppa Davis, una sorta di campionato del mondo di tennis a squadre (17 – 18 – 19 dicembre 1976). Una gita, di gruppo, a me cara per tanti motivi, non solo professionali e tennistici, ma soprattutto perché lardellata di vicende un po’ serie (datosi che la politica è ritenuta tale) e un po’ birichine (“Il miglior modo per resistere alle tentazioni è cedervi”, sentenziò giudiziosamente Oscar Wilde). Ma andiamo con ordine.
In una delle due semifinali di Coppa l’Italia batte la Australia (3 – 2) eppertanto giocherà la finale (ah, mai dire Finalissima, Rino Tommasi si incazzerebbe e un po’ di ragione l’avrebbe) contro il Cile, ritrovatosi, nell’altra semifinale, ‘vincente a tavolino’, per il rifiuto dell’Urss di giocare contro un Paese governato da un dittatore, per la cronaca il generale Augusto Pinochet Ugarte. Un pensatore (si fa per dire) politico poco amante delle libere elezioni, il militare cileno, una sorta di compare (a mio modesto parere, confortato da una laurea in scienze politiche) dei suoi omologhi sovietici da poco succeduti a quella mammola delle libertà democratiche di nome Josif Vissarionovic, proletariamente più noto come Stalin. (Dopodichè qualora mi fosse richiesto se attualmente in Russia si sguazza nella libertà democratiche, risponderei, come quelli del Foreign Office, con un laconico ‘No Comment’… ma tiremm innanz mollando la politica…).
Quasi a imitare il Lupo Ezechiele, il tennis italiano, pertanto, si leccava i baffi datosi che la trasferta a Santiago sarebbe stata, sì, lunga e faticosa (almeno d’inverno il calendario del tennis mondiale si ferma), ma colà i giocatori cileni, Fillol e Cornejo, non erano per certo imbattibili.
Solo che la politica, te pareva, ci mise lo zampino mettendo a rischio la conquista italiana della agognata (era già stata persa nel ’60 e nel ’61, e altre sconfitte sarebbero seguite nel ’77, ’79, ’80 e ’99) ma erroneamente detta “insalatiera” (e anche stavolta, altra incazzatura di Rino, a anche stavolta, a ragione, perché la bowl messa in palio da mister Davis fu da sempre destinata a miscelarvi il britishissimo punch, non certo a condirvi la lattuga). Accadde infatti che la politica, nel nome e per conto del Pci, al secolo i comunisti, sbraitò per un deciso No alla trasferta in Cile (fosse solo per imitare l’Urss rinunciante, già detto, alla semifinale) orchestrando una decisa campagna giornalistica nonchè tivù invocante il boicottaggio del match.
Qui giunti, a compendio della suesposta vicenda posso ricordare due chicche, a mio modesto avviso utili per capire “cos’è mai la politica”. Uno. Da anni nel Giro ciclistico del Cile correva regolarmente una squadra (dilettanti) della Fiat senza che nessuno, meglio ripetere, nessuno, avesse mai fatto un plissè. Due. Al termine di un infuocato dibattito televisivo alla vigilia della partenza (a Fiumicino la squadra salì a bordo dell’aereo quasi clandestinamente, per non sfruculiare la sensibilità dei tovarich lavoranti nell’aeroporto…) il senatore piccì Pirastu, dopo aver debitamente tuonato contro la trasferta, e ben controllato che le telecamere fossero state convenientemente spente, da buon tennisofilo salutò i giocatori invocando un ritorno a casa con la Davis tra le mani (cosa non s’ha da fa per campare…). Questa, la cronaca politica che nell’autunno 1976 precedette quella sportiva ….
E adesso entra in ballo il qui scrivente. Nella tripla veste di (molto) aficionado al Tennis ancorchè misero giocatore (nel mio ‘score’ un solo match nella giovanile Coppa Porro Lambertenghi, mi ritrovai con un po’ di palle sulle righe e lì finì la mia carriera agonistica). Di giornalista (non solo di viaggi ma pure) di tennis (talvolta qualche giornale non poteva permettersi un inviato e con qualche riga a commento dei match pensavo alla bisogna). E di tour operator: in quanto sia pur modesto inventore di Viaggi Sportivi non potevo per certo snobbare le trasferte di addetti ai lavori e aficionados del mio sport preferito.
Ma eccoci in Cile. Laddove, come accennato, la situazione politica era delicatina, tutta colpa del citato generale Pinochet che 3 anni prima (11/9/73) mediante il solito Golpe (fotocopia di quello sovietico a Praga, pochi anni prima, carri armati in strada e taca banda…) aveva preso il potere (facendo fuori il povero Salvador Allende).
Una situazione politica che influì in 2 diversi momenti (professionale e sexy) del nostro soggiorno santiaghese. Nel caso giornalistico accadde che a causa del ‘canje’, scambio (18/12) di due capataz (Corvalàn, comunista, e Bukovsky, non solo ex comunista ma pure dissidente) la stampa tennistica italiana fu svegliata nottetempo dai giornali del Belpaese per essere inviata al ministero degli Esteri a informarsi sull’avvenuto baratto (dalla racchetta alla Cortina di Ferro….). Quanto, invece, al nesso “politica & sesso”, accadde che (come succede puntualmente in occasione dei Golpes, di Stato) anche il generale Pinochet decretò il canonico Toque de Queda, alias coprifuoco (oltretutto una roba seria, iniziava alle 21 o giù di lì). Col risultato che, non potendosi frequentare durante il giorno (colpa dei matches di Coppa Davis) le Casas de Putas (per spiegarmi, i nostri casini premerliniani) nel tardo pomeriggio restava quel giusto spazio di tempo per entrarvi senza, però, poterne uscirne fino al mattino seguente (allorquando, terminato il Toque de Queda, i ‘policias’ di Pinochet cessavano di sparare sulle notturne ombre comuniste). Ad ogni buon conto (politica o no) un’intera notte al casino resta sempre un piacevole ricordo da narrare ai nipoti…..
Ma se si parla di birichinate galanti (mica si può sempre, e solo, parlare di sport) l’ormai quarantennale gita tennistica in Cile riservò un’altra piacevole chicca. Alla quale sono in grado di dare un nome (è passato tanto tempo da poterlo fare -e male che vada c’è la prescrizione- di gran moda nel Belpaese): Soledad.
Capita che appena sceso allo Sheraton San Cristobal vengo avvicinato da una (gran) bella giovane che, previa presentazione (appunto, Soledad) si propone come guida (in gergo turistico, e in senso più lato, “accompagnatrice”). Solo che a questa proposta assistette anche il Giuàn, nel giornalismo sportivo ben noto per una doble pasiòn, per il tennis e per le donne. E fu così che grazie alle sperate grazie della hermosa cilena cominciò tra me e il Giuàn una sorta di derby denso di sensazioni. Per cominciare, giunti in escursione a Viña del Mar, e informati da Soledad che da quelle parti –tutta colpa della corrente antartica- l’acqua era da definire più gelida che fredda, per la sola libido di far vedere alla guapa guida cosa non sa affrontare un italico aspirante macho, giù un bel tuffo nell’oceano.
Poche ore dopo, battendo i denti in quanto ancor quasi ibernato, da cui tremenda caghetta, ma con quasi integra voce, dettavo al dimafonista del giornale del Giuàn il pezzo da lui scritto in totale mutismo da afonìa. Dopodichè quando lo scrivente e il di lui rivale pensarono bene di spiegare a Soledad che dalla loro pasiòn romantica sarebbe anche stato il caso di (spurcaciùn) passare a qualcosina di più concreto, la giovinotta si limitò ad aprire la borsetta, estrarre un foglio e consegnarlo alla nostra lettura. Nel quale foglio, un documento redatto dalla Facoltà di Medicina d Santiago del Chile, sezione (ay ay ay) di Dermosifilopatica, si attestava che la señorita Soledad blablabla possedeva quel male noto anche come Francese o Gallico nonché (derivante dall’antico greco) Lue. E a quel punto, concorderà il saggio lettore, non restava che obbedire all’antico suggerimento latino “In dubio abstine”.
P.S. per la cronaca (stavolta sportiva) dramatis personae della Coppa Davis in Cile, 1976, capitano Nicola Pietrangeli, giocatori, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci (oggidì commentatore di Sky e che bravo), Adriano Panatta,Tonino Zugarelli, presidente Federtennis Paolo Galgani, segretario Giuliano Annibali, più tanta Press tra cui (ubi maior) Rino Tommasi (già lodato) e (avrebbe detto Sandro Ciotti) “l’a me caro” Gianni Clerici, eppoi tanti magnifici aficionados…..
dopodichè ….
Pinochet mollò il potere l’11/3/1990…. non so se in Chile ci sono ancora i casini (che peraltro osserverebbero orari più umani essendo stato nel frattempo abolito il Toque de Queda) …. tantomeno so che fine ha fatto Soledad (risultandomi invece che a Viña del Mar l’acqua è ancora più fredda di una granita di tamarindo) … e so, infine, che il Cile è un gran bel posto da andare a vedere, perchè dopo quella gita per la Coppa Davis vi sono tornato 3 o 4 volte, dal desrto a nord ai ghiacci dell’Antartide, in mezzo i laghi e le tagliatelle, a mano, degustate a Capitàn Pastène, eppoi il Curanto sull’isola di Chiloè, andarvi per credere .
Si vas para Chile …
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