Ciao Turin! Tra caffè, Punt-e-Més, Bicerìn e vecchio cuore granata
La mia gita a Torino la metto nero su bianco. Perché si parla di una trasferta in una città importante (lì si accumularono le ricchezze permettenti a Lapo di primeggiare nel gossip del jet set universale) alla quale sono oltretutto legato da mie vicende personali, più terra terra appetto a quelle di Lapo ma proprio per questo più umanamente interessanti e quindi meritevoli di narrazione. A Torino posso infatti risalire nella ricerca delle mie Radici talché, ricordando l’omonimo sceneggiato tivù (quante lacrime versammo per i boveri negri salvo poi ricrederci dopo gli ingaggi miliardari di Ronaldo, Amarildo, Adriano e compagnia cantando) sul treno che da Milano Centrale mi trasferisce a Porta Nuova quasi quasi mi paragono a Kunta Kinta.
Di Torino era mio nonno materno (ma mi affretto ad aggiungere che le origini della Gens – come da tomba quasi mausoleo nel locale cimitero – conducono a Porlezza, nordica località del Ceresio: precisazione che mi permette di dare dei teroni a quelli di Lugano). Una prova della torinesità dell’avo e seppur parzialmente mia? Meglio, due. Trasferitosi nella bastarda (né piemontese né lombarda) Novara, alla faccia del tempo il nonno mai perdette quel francesizzante ma ahilui pure cantilenato periodare (utile per cantare Les Feuilles Mortes) costituente un handicap mica da poco per i nati sotto la Mole. Quanto a me, venuto il mio turno di venire al mondo, sembra che l’idea di portarmi a nascere a Torino si dovette (forse) alla aficiòn alla città più che all’esistenza di un prozio primario ginecologo.
Un “Gian Paolo” DOC? Ormezzano!
Comunque sia, fortunatamente non nacqui ‘gobbo’, laddove le virgolette spiegano che non si tratta di malformazione fisica bensì del termine spregiativo omaggiato dagli aficionados ai correligionari calcistici del già citato Lapo (si parla di quella ‘Giuve’ tanto maldita dal me mai troppo amato Mago Helenio Herrera). E doppiamente meno male, perché, se bianconero nato fossi, oltre a dovermi immantinente suicidare (in tal modo togliendo uno juventino dalla circolazione) non sarei potuto tornare a rivedere la mia città in compagnia di Gian Paolo Ormezzano. Perché il mio paìs Gpo è veracissimo torinista doc, ma che dico, è vate, Spirit, Lider Maximo dell’Orgoglio Granata nonché, in subordine, tanto eccelso giornalista e pensatore da aver meditato e scritto il Vangelo del Vero Anti Juventino? Eccoci dunque in piazza Castello, in una sorta di Vertice dei 2 Gian Paoli, pronuba la comune crociata contro il Satana Calcistico. Vissuta in differenti contesti. Sadomasochista, la resistenza di Gpo, serenamente sopportante una minoranza cittadina di impuniti lupi travestiti da agnelli razzianti partite à gogò. Combattuta su due fronti la mia battaglia, perché – ebbene lo ammetto – pur io tifai toro, fin quando, giovinetto, in un derby a San Siro restai folgorato sulla Via Nerazzurra di Damasco e fu così che, tra giovanili sentimenti granata e nuove antipatie mutuate dal già lodato HH, la Juve mi sta sulle palle come se non più di quanto occupa gli attributi dell’altro Gian Paolo.
Ricordi granata e dolcezze piemontesi
Ma bando allo sport ancorché non abbrutito dal tifo, meglio narrare momenti di colto turismo (son venuto a Torino per questo) senza però tediare il lettore (per le solite info ci sono già le solite guide che provvedono alla bisogna) con il solito Museo Egizio, la solita Mole con incluso il Museo del Cinema, nonché la misteriosa Sindone (bisticciano sulla datazione, quando invece l’unico problema è crederci). Risulta più prolungata del previsto la sosta in piazza Castello. Vuole il caso che proprio davanti al Granata Store (ovvi ricordi del Grande Torino, maglie calze e tute ufficiali, gagliardetti e posacenere, tori rampanti col pallone tra le corna) con Gian Paolo (che nel prosieguo del racconto preciserò 2° onde evitare equivoci con lo scrivente) riconosciuto e osannato, sia situato lo storico non meno che magnifico Caffè Mulassano. Lì giunti si disquisisce col barman sulle differenze tra il Carpano e il Punt e Mes testè degustati, Gloriae Loci della vita torinese, né meno tradizionale – ma meno noto ai forestieri – è il Bicerìn (cioccolata, caffè e panna) che degusterò al caffè Nuovo Talmone (che bella, tanto tempo fa, quella tenera affiche dei due teneri vecchietti con la tazzina di cacao) prima dell’arvèdse sospirato dal treno.
Le “delizie” gastronomiche di Eataly
Lasciata piazza Castello Gian Paolo 2° mi scorrazza per Torino e grande è il mio piacere ammirando storiche strade (e quella via Po, che più torinese di così …), ampie piazze e spaziosi viali contornati da palazzi e magioni assai ben ripuliti, ristrutturati, ripittati, ripresentati (tutto merito – dei soldi – delle Olimpiadi Invernali, l’evento che trasformò Torino da zucca in carrozza). E oltre alle magnificenze di un’architettura deliziosamente francesizzate (mansarde, ardesia, gallerie, eleganti caffè che Milano se li sogna) Torino documenta e testimonia l’importanza (anzi la leadership) della nostrana cucina (da ‘ste parti manco arriverebbe a tavola la barbara cassoela brianzola) con Eataly, fenomeno della gastronomia oltre che ulteriore appeal per correre a visitare la capitale delVej Piemont.
Descriverlo? Elementare Watson: trattasi di una festa di palato, occhi, olfatto (ahhh.. si degusta carne cruda, tagliata, ça va sans dire, al coltello) e quant’altro vivaddio crea i presupposti del nobilitante edonismo.
P.S. Altri dati Sightseeing tour … Nello scorrazzamento torinese (con ascendente torinista) Gian Paolo 2° mi ha portato (forse non casualmente) a vedere dove fu travolto il beatnik granata Gigi Meroni, la birreria in via Pietro Micca in cui fu fondato il Torino (3 dicembre 1906) eppoi a sospirare sotto quel che resta (monumento volutamente salvato) di una curva del Filadelfia, stadio, anzi tempio, del mitico Grande Torino.
(Ahh la Goeba: aveva proprio ragione il Mago Herrera … delenda est? Magari!).
Scrivi un commento